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09 MARZO 2006 dal Giornale di Vicenza
Barboni, ogni notte uno sgombero
Barboni, ogni notte uno sgombero di Gian Marco Mancassola Scatta il giro di vite sui senzatetto che orbitano intorno a monumenti ed edifici storici del centro storico. È il caso di palazzo Angaran, da alcuni giorni nel mirino delle cronache cittadine. Ieri il vicesindaco e assessore alla Sicurezza Valerio Sorrentino si è confrontato con i responsabili dei servizi sociali per costituire una task-force incaricata di occuparsi del gruppo di sbandati di nazionalità straniera che ogni notte prendono possesso dei portici del palazzo, lasciandoli al mattino in condizioni che il Comune non intende più accettare: escrementi, sporcizia, rifiuti. Tutto questo sotto gli occhi dei vicentini che transitano per ponte degli Angeli, a pochi metri dal teatro Olimpico. L’azione del Comune muove da un presupposto fondamentale: può scattare lo sgombero. Come spiega Sorrentino, nei giorni scorsi l’Inps, proprietaria dell’edificio, ha inviato al Comune una lettera, con la quale comunica che è stata presentata in procura una denuncia per l’occupazione abusiva dei portici. Si tratta della condizione senza la quale la situazione non avrebbe potuto sbloccarsi. Il vicesindaco, infatti, aveva più volte spiegato come il Comune avesse le mani legate, dal momento che si trattava di una proprietà privata: «Possiamo muoverci soltanto se viene fatta denuncia». Ebbene, la denuncia, l’Istituto nazionale per la previdenza sociale, ora l’ha fatta. Nella lettera - aggiunge Sorrentino - si fa anche cenno a un’altra decisione: quella di installare dei cancelli per evitare che i portici vengano liberamente frequentati senza alcun freno e controllo. «È proprio quello che chiedevamo e aspettavamo - commenta il vicesindaco - ora possiamo intervenire». La prima mossa dovrebbe andare in scena già questa mattina. Grazie a un accordo con Aim, verranno eliminate le campane per la raccolta differenziata che oggi si trovano lungo il Bacchiglione, proprio davanti ai portici. Le campane erano diventate ricettacolo di sporcizia e simbolo di degrado di uno scorcio che invece potrebbe essere uno dei più suggestivi, con veduta sulla torre dell’Accademia olimpica e sul palazzo del Territorio. Dei bidoni si erano lamentati anche i residenti, che non sopportavano più quel segno di lerciume proprio sotto le finestre delle case. D’altra parte, il caso di palazzo Angarano è esploso proprio in seguito a una lettera di Aim al Comune, con la quale l’azienda comunicava l’impossibilità di provvedere alla pulizia della zona di palazzo Angaran, occupata senza sosta, notte e giorno, dai disperati e dai clochard. Nei prossimi giorni, invece, si metterà all’opera una task-force composta da agenti della polizia locale e assistenti sociali. Il compito della squadra - spiega Sorrentino - sarà sorvegliare tutte le notti il gruppo di senzatetto che dorme sotto i portici. Ai clochard verrà offerta un’alternativa, vale a dire la possibilità di pernottare nell’albergo cittadino. Se si rifiuteranno, come accaduto in passato a più riprese, allora scatterà lo sgombero forzato. «Per un periodo di tempo, almeno finché non verranno montate le cancellate, i vigili si presenteranno tutte le notti e se necessario faranno sgomberi per ogni notte - annuncia l’assessore -. Sarà una lunga battaglia, ma è necessaria, perché lo chiede la gente e perché la situazione di degrado è diventata inaccettabile. Saremmo in difetto se non offrissimo un’alternativa, ma gliela offriamo e quindi non ci sono scusanti». E se dovessero trasferirsi poco lontano, magari sotto le volte della Basilica come già accaduto in passato? «Nessun problema, è un monumento pubblico, si può agire senza denuncia».
Ma il provvedimento del Governo stabilisce 1.500 ingressi per lavoro Provincia, stop agli stranieri Assunzioni solo se “italiane” Delibera dell’Ente che tutela immigrati e vicentini disoccupati di Eugenio Marzotto Disoccupati a quota 13 mila e nuovi flussi di stranieri previsti dal Governo che per la nostra provincia significheranno 1.500 nuove assunzioni. Il paradosso dunque sta nei numeri, in un territorio dove l’emorragia occupazionale non si è fermata, ma dove ci sono settori che chiedono una manodopera specifica. Le richieste riguardano operai del settore edile e adetti alla famiglia, in una parola, badanti e colf. La Provincia a questo punto tenta di “difendersi” dal flusso di nuovi immigrati, (ossia l’arrivo che deriva dalla domanda nominativa di assunzione da parte di un datore di lavoro) con una delibera del 27 febbraio scorso in cui si tenta di offrire una possibilità di nuovo impiego a chi il lavoro lo ha perso e per di più rischia, come nel caso dei lavoratori stranieri regolari, di dover far ritorno nel proprio Paese d'origine. Come dire insomma che prima dei nuovi arrivi, si cercherà attraverso i Centri per l’impiego, di ricollocare le persone in mobilità nell’edilizia e nelle famiglie nel ruolo di badanti. Il bacino da cui attingere è di circa 4.000 stranieri regolari e 9.000 italiani. Un dato che, anche alla luce delle quote d'entrata stabilite dalla Legge Bossi-Fini, ha convinto palazzo Nievo alla realizzazione di un apposito progetto, illustrato martedì alle associazioni economiche, imprenditoriali e sindacali. «L’obiettivo - spiega la presidente Dal Lago - è incrociare le richieste di nuovi arrivi da parte degli imprenditori con i bisogni di chi, già presente sul territorio, hanno bisogno di una nuova occupazione per non venire espulsi anche dal tessuto sociale». «Agli imprenditori e alle famiglie - rilancia l’assessore alle Politiche del Lavoro Giulio Bertinato - proponiamo l'alternativa di persone che concretamente hanno dato la loro piena disponibilità per altre tipologie di attività, come il badantato, le attività domestiche e l'edilizia. Si tratta di verificare i numeri di questa disponibilità e dare inizio ad una campagna di informazione attraverso i Centri per l'Impiego e la Rete per l'Immigrazione della Regione Veneto, in collaborazione con Italia Lavoro Spa e gli Enti Locali». Il progetto, architettato dalla Provincia, prevede incentivi economici ai lavoratori in mobilità che vogliano, dopo corsi di formazione, passare all’edilizia o all’assistenza di anziani. In particolare, per i lavoratori italiani che non hanno indennità o sussidi collegati allo stato di mobilitazione, con priorità agli iscritti alle liste di mobilità non indennizzata, alle donne in reinserimento e agli over 45, sono previsti contributi da 450 euro fino ad un massimo di 4.500 euro per il periodo di tempo necessario alla conclusione del percorso di inserimento lavorativo, comunque non superiore ai 10 mesi. In caso di assunzione a tempo indeterminato tale sostegno al reddito si trasforma in bonus a favore dell'impresa per la parte residua, sulle 10 mensilità spettanti a partire dalla data dell'assunzione. Un incentivo pari a 4.500 euro, inoltre, sarà erogato per la creazione di nuova impresa o per intraprendere un'attività di lavoro autonomo. Inoltre è previsto un contributo di mille euro per periodi di stages e corsi di formazione. Per quanto riguarda gli immigrati, siano essi presenti regolarmente con un contratto di soggiorno in scadenza o immigrati disoccupati che devono essere reimpiegati, sono previsti contributi di 5.000 euro a datori di lavoro e famiglie per assunzioni a tempo indeterminato e di 1.500 euro per assunzioni a tempo determinato con almeno 12 mesi continuativi. Certo, ora si tratta di mettere in moto la macchina delle indagini e dei colloqui, dai costi non indifferenti e dai tempi non del tutto definibili, tenendo conto che dal giugno 2005 ad oggi ci sono stati 11 mila ingressi di stranieri, 7.769 conferme e 2.300 richieste di assunzioni.
La riorganizzazione dello stabilimento prefigura lo spostamento in Repubblica Ceca delle lavorazioni meno fini Nuovo “piano” alla Marzotto Sono a rischio 140 dipendenti di Marco Scorzato Centoquaranta posti di lavoro a rischio. Due lavorazioni, filatura e tintoria, che potrebbero prendere la strada di Nova Mosilana, in Repubblica Ceca. È questa la doccia fredda, temuta da molti ma sempre scongiurata, contenuta nel piano di riorganizzazione dello stabilimento Marzotto di Valdagno che l’azienda ha illustrato l’altro giorno, davanti ai rapprensentanti sindacali del settore tessile, nazionali e locali, e alle Rsu. Un piano che ribadisce la centralità del sito produttivo di largo S. Margherita, dove saranno mantenute le produzioni di qualità, il campionario e la ricerca di prodotto. Il problema, per la città, è il rovescio della medaglia. Se qui resta la qualità, le lavorazioni meno fini hanno in mano il biglietto per l’espatrio. Per ora i sindacati hanno chiuso la porta al piano di riorganizzazione presentato da Stefano Sassi, amministratore delegato della Marzotto, e da Massimo Lolli, direttore delle risorse umane, (insieme al direttore di stabilimento e al responsabile del personale). «In sostanza il piano prevede che i reparti di filatura, tontoria e preparazione filatura vengano spostati a Nova Mosilana», spiega Antonio Visonà, della Uil. In Repubblica Ceca, già nel ’99 e poi nel 2003, erano state trasferite parti di queste lavorazioni, con un gran numero di addetti e un costo della manodopera assai contenuto, circa un terzo di quello italiano. L’azienda intende quindi proseguire lungo il solco tracciato. A differenza degli anni scorsi, però, adesso c’è l’accordo tra azienda e sindacati, sottoscritto al ministero a fine novembre 2005, in cui sono stati posti certi paletti ai modi della riorganizzazione. Ed è a quello che ora si appellano i sindacati, per ribadire il proprio “no” ad una ristrutturazione così massiccia. «La tessitura resterebbe a Valdagno - precisa Visonà commentando le previsioni contenute nel piano aziendale - ma a rischio sarebbero circa 140 persone: la dirigenza ci ha parlato di una novantina di possibili esuberi, cui si aggiungono una cinquantina di dipendenti in età pensionabile. Queste prospettive non sono accettabili, proprio in base all’accordo di Roma. Quel testo prevede che ci sia un’approfondita discussione delle misure da adottare e che ci sia una limitazione dell’impatto sociale. Secondo noi il piano proposto dall’azienda non è socialmente sostenibile e comunque non ci convince neanche a livello di strategia industriale». I sindacati sembrano orientati a ragionare con l’azienda sui dipendenti in età pensionabile, alzando però un muro su riorganizzazioni più ampie. «L’accordo quadro di Roma è il nostro riferimento - afferma Maurizio Ferron, rappresentante della Cgil -: là si dice che Valdagno è sito strategico. Perché ciò sia vero non basta mantenere produzioni di qualità. Anzi, il piano che ci è stato presentato indebolisce questo stabilimento». L’allarme in azienda e in città per la situazione occupazionale si sta diffondendo rapidamente e, per Visonà, è «parzialmente giustificato». Le partita comunque resta aperta. Oggi i lavoratori si riuniranno in assemblea, mentre le parti si ritroveranno il 17 marzo per ripendere la discussione.
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