Nomadi, flop al vertice dei sindaci
Non si trova l’accordo sulle proposte. Tutto rinviato al 24
di Giovanni Zanolo
Porte chiuse, atmosfera di grande riservatezza e un’unica dichiarazione ufficiale senza alcuna novità di fatto. Questo il risultato, visto dal di fuori, delle oltre due ore di incontro svoltosi ieri in Prefettura fra sei sindaci dell’alto Vicentino e il prefetto Pietro Mattei sul problema nomadi. «È tutto rinviato al prossimo incontro di lunedì 24, sempre con il prefetto, che avverrà dopo ulteriori riunioni private fra di noi» spiega il sindaco di Santorso Piero Menegozzo, delegato come unico portavoce “ufficiale” dagli altri cinque primi cittadini di Schio, San Vito, Malo, Piovene e Marano.
Al termine della riunione, infatti, degli altri partecipanti e del prefetto stesso non c’era traccia, tutti probabilmente usciti da porte laterali. «C’è veramente troppa pressione mediatica, preferiamo mantenere per ora il massimo riserbo» spiega Menegozzo, assalito dai microfoni e dalle domande dopo due ore e mezza di attesa. Ma il silenzio, come spesso accade in questi casi, non fa che aumentare gli interrogativi ed alimentare le fantasie: cosa si saranno mai detti i sei sindaci durante tutto quel tempo a proposito di una questione che negli ultimi giorni è improvvisamente arrivata sui media nazionali? È prevalsa la linea dura di Piovene e Malo, compatti contro la creazione di piazzole per le roulotte, o è stato trovato un compromesso? Ma Menegozzo non cede: «Posso solo dire una cosa: il fatto che sei sindaci si siano messi d’accordo per affidare ad uno solo l’incarico di parlare a nome di tutti è già, di per sé, un segno di fiducia reciproca». Non c’è stato davvero nessun punto d’attrito? «Non si è discusso di fossati e nemmeno di un esodo dei nomadi in altri comuni, cosa alquanto improbabile. L’unica cosa che posso dire è che abbiamo chiesto maggiore presenza della Prefettura per arginare i futuri flussi dal Bresciano e dal Bergamasco». Cosa significa in concreto? «Non posso dire oltre». E dei 70 nomadi che da decenni vivono in quelle zone? «Troveremo il modo di prendercene cura. Non c’è da parte di nessuno l’intenzione di fare un campo unico, né di rendere Schio off limits. Il fossato è stato fatto solo per limitare l’accesso. Ma ho già detto troppo, risentiamoci dopo il 24».
Si è trattato insomma solo di un primo passo con ancora nulla di concreto (almeno ufficialmente) questo primo “G6” tra i sindaci dei comuni coinvolti nel “nomadi-gate” di Schio, scoppiato dopo lo scavo del fossato anticarovane di via Lago di Misurina e finito sui media nazionali. Una risonanza confermata ieri dalla presenza allo stesso tavolo dei sei sindaci anche di Roberto Berardi, funzionario dell’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali della Presidenza del Consiglio dei ministri. «Dopo una segnalazione del caso da parte dell’Opera nomadi - spiega Berardi con marcato accento romano - il nostro ufficio ha chiesto di partecipare alla riunione di oggi. Un incontro di sicuro molto utile per iniziare ad affrontare il problema dei nomadi in modo serio e senza tensioni». Un semplice osservatore, dunque, o qualcosa di più? «Oggi solo osservatore - continua il funzionario dell’ufficio governativo - ma lo scopo della nostra attività è proprio quello di non lasciare che certe problematiche vengano affrontate solo a livello locale. Nostro compito è quello di aiutare a risolvere tutti i problemi che scoppiano sul territorio nazionale cercando di fare ragionare le parti. Non va dimenticato, ad esempio, che l’Italia si è presa alcuni impegni a livello internazionale in merito ai diritti del fanciullo».
Quali vie prospetta per uscire dall’intricata questione scledense? «Anzitutto si dovrà trovare una sistemazione per i 70 nomadi già presenti, cercando di andare oltre le tensioni tra i comuni. Il discorso del fossato si inserisce in un problema preesistente: dobbiamo trovare un lavoro agli adulti ed assicurare l’educazione per i minori. Lo sgombero non risolve nulla. I sindaci devono smussare gli estremismi e trovare una proposta valida».