Vietata la pattuglia “padana”
Scontro verbale in piazza Castello
tra Guardie verdi e forze dell’ordine
di Silvia Maria Dubois
Guardie padane contro guardie vere. È stato a dir poco scintillante, ieri, lo scontro (verbale, per fortuna) fra divise verdi e divise delle forze dell’ordine ufficiali. Agli sceriffi del nord, infatti, è stata vietata l’autorizzazione alla preannunciata “ronda” pomeridiana nelle zone calde della città, contenute nel quadrato urbano fra via Torino, campo Marzo, viale Roma e giardini Salvi.
Un divieto - la notizia si è diffusa fra gli aderenti all’ultimo minuto - che ha scatenato le ire dei leghisti ed acceso gli animi dei simpatizzanti.
Sono le 17 quando viale Milano, luogo in cui doveva inaugurarsi il percorso della “pattuglia verde”, è sempre più vuoto, mentre piazza Castello, poco più in là, si riempie di carabinieri, poliziotti e vigili urbani, una trentina in tutto.
Qualcosa non quadra. O forse quadra tutto alla perfezione: la manifestazione è stata proibita, e le forze dell’ordine controllano che il divieto venga rispettato. Dopo un’ora, all’orizzonte, da viale Roma, spuntano le camicie verdi (che, nel frattempo, sono riusciti a “lavoricchiare” ugualmente, fermando due punkabestia che infastidivano i passanti), una quindicina circa, capitanate da un’incollerita Franca Equizi dotata di berretto, camicia e smalto verde. Immediata la collisione verbale con il commissario Michele Marchese e il vice questore Tiziano Zonta (questi ultimi sfoderano tutte le loro doti di mediazione, cercando di non sentire le provocazioni).
Partono parole grosse, si chiamano rinforzi, direttamente da Rosà arriva l’on. Giovanni Didonè. I diverbi si infittiscono, si duplicano, ci si mette in mezzo anche qualche passante, si minaccia una strategica passeggiata fra le vie del centro, dove abbinare alle spese anche qualche controllatina qua e là. Ma non c’è niente da fare: lo shopping dei leghisti è bloccato. «Siamo allibiti - spiega la consigliera comunale Equizi - la questura proibisce a noi di monitorare la città, compiendo un’azione gratuita a favore dei cittadini, mentre autorizza una manifestazione a cui hanno partecipato 400 fra immigrati e aderenti dei centri sociali e domani (oggi) permette la sfilata di oltre 1500 aderenti all’estrema destra».
«Abbiamo già fatto altre iniziative del genere in varie parti della provincia e non capiamo perché ora non possiamo riproporla - spiega il responsabile delle guardie padane provinciale Gianmarco Simonetto - noi non vogliamo sostituirci a nessuno, controlliamo la città e chiamiamo il 113 nel caso ci sia qualcosa che non va».
Da questo pomeriggio scaturiranno molti nervosismi e una richiesta precisa: rimuovere il questore. «Presenterò un’interrogazione parlamentare martedì prossimo - annuncia Didonè - chiederò al ministero adeguati provvedimenti nei confronti del comportamento del questore. Quello che è successo qui oggi è gravissimo».
«E pure io ho già scritto una domanda d’attualità dove chiedo di far dimettere il questore - aggiunge la Equizi - chiedo, inoltre, che sulla questione intervenga il prefetto al fine di garantire i diritti di tutti i cittadini. Mi auguro che quello che è successo oggi non sia dettato da qualche decisione politica».
Il questore Dario Rotondi, da parte sua, sentito in serata si limita ad un “no comment”. Quanto al diniego dell’iniziativa, dalle forze dell’ordine emerge che questo non nasce dal divieto di manifestare le proprie idee, bensì dalla necessità di impedire di pattugliare, sostituendosi all’atto pratico all’attività abituale svolta dalle forze dell’ordine stesse.
A riprova di questo, sembra che gli organizzatori siano stati invitati a cambiare la natura dell’iniziativa. Ora, però, rimane solo un dubbio: le camice verdi dicono di aver fatto altre ronde nel Vicentino in passato e di non aver mai avuto problemi d’autorizzazione, mentre dagli uffici di viale Mazzini questo non risulta.
Costruzioni, i lavoratori stranieri aumentano
ma sono sempre i meno pagati e i più a rischio
La Fillea-Cgil: «La legge Bossi-Fini va cancellata. Occorre una nuova norma che estenda le libertà civili»
di Natascha Baratto
I lavoratori stranieri: i meno pagati, inquadrati a livelli più bassi e quelli più esposti al rischio di infortunio. A Vicenza tra i 7 mila dipendenti iscritti alla cassa edile industriale gli stranieri sono 2.400; tra gli artigiani invece in Veneto nei 9 mila iscritti alla cassa edile ci sono 2.700 ’foresti’, di cui 750 del Vicentino.
Il sindacato è sempre più multietnico, come è stato spiegato alla seconda assemblea nazionale Fillea Cgil dei lavoratori stranieri ospitata a Vicenza. «Il ricorso al lavoro straniero - ha esordito Franco Martini, segretario nazionale Fillea - avviene essenzialmente per coprire una carenza di forza lavoro, a partire dalle mansioni che stanno in fondo alla scala dei lavori professionali; è la conferma che il lavoro straniero non viene considerato un capitale professionale, tra l’altro già in essere visto il 20% di figure professionalizzate e qualificate, ma manovalanza a poco prezzo, un capitale che può danneggiarsi, anche irreparabilmente, data la facilità di sostituzione attraverso il vasto serbatoio di braccia messo a disposizione dal mercato illegale e clandestino».
Soprattutto nell’edilizia, hanno poi continuato i vari interlocutori, si nota sempre più un aumento esponenziale degli addetti: negli ultimi anni i lavoratori iscritti alle casse edili sono aumentati più del 400%. E la maggior parte sono lavoratori in nero o precari. «Noi siamo obbligati - ha spiegato Martini - a combattere contro politiche sbagliate, che individuano nella diversità il male. Per questo è in atto la battaglia contro la Bossi-Fini: il nostro settore dimostra che connettere il permesso di soggiorno alla possibilità di svolgere un lavoro non può che avere come conseguenza l’aumento della quota di clandestini».
Fulvio Fammoni, segretario nazionale Cgil, ha poi continuato: «La legge Bossi-Fini va semplicemente cancellata: ci vuole un’altra legge organica e ci vuole un’altra politica per l’immigrazione che estenda le libertà civili e democratiche per gli immigrati. Si tratta di affrontare temi quali il diritto di asilo, di voto, a partire da quello amministrativo, la riforma della cittadinanza, il passaggio di competenze agli enti locali in luogo del Ministero degli interni e delle forze di polizia ed altro ancora».
«A Vicenza - ha spiegato Toni Toniolo, segretario generale provinciale Fillea - abbiamo, ormai da vent’anni una presenza straniera sempre maggiore, soprattutto di immigrati provenienti dall’Est, cui negli ultimi anni si sono uniti anche magrebini e africani. Dopo tangentopoli è scoppiato il caso dei diritti violati: il lavoro precario e in nero è sempre maggiore. Ed esiste ancora il caporalato: è una vergogna per il nostro paese pensare che ci sono ancora delle persone che sfruttano gli stranieri, offrendo a loro paghe misere ed insufficienti e facendoli lavorare per molte ore al giorno».