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11 LUGLIO 2005 dal Giornale di Vicenza
La rassegna stampa completa sull'eccidio di Schio
Il vicesindaco nonché assessore alla sicurezza e ideatore del servizio di vigilanza
assicurato dalle pantere stronca l’iniziativa leghista, parla di gente più adatta a
giocare a bocce che a pattugliare mentre la rivale la mette sul piano economico di Silvia Maria Dubois «Tanto rumore per nulla». Così il vice sindaco Valerio Sorrentino definisce il caldo pomeriggio di passioni che le guardie padane locali hanno vissuto sabato pomeriggio con le forze dell'ordine, dopo che la loro "ronda" era stata vietata. «A parte la presenza inquietante della Equizi, gli altri mi son sembrati quattro pensionati più adatti ad una partita di bocce che ad un pattugliamento - racconta Sorrentino -; anche quella di voler rimuovere il questore mi sembra una provocazione fuori luogo: la manifestazione è stata vietata per delle buone ragioni. A Vicenza, poi, c'è già che si occupa di tutelare i cittadini». Il riferimento è alle divise ufficiali, ma anche alle ultime integrazioni, con l'arrivo di quattro "pantere" in campo Marzo. «La loro presenza ha avuto un effetto indotto micidiale - spiega Sorrentino - : oltre ad essere davvero efficaci e ad agire affinché le ordinanze del Comune vengano concretamente rispettate, ora basta addirittura che comincino ad esser visti girare per produrre un effetto deterrente in tutto quello che si può definire malavitoso. Presto, dunque, il loro lavoro sarà esteso alla fascia notturna e, in seguito, anche ai giorni feriali». «Le pantere di campo Marzo non sono nemmeno iscritte nel registro delle guardie giurate - gli fa eco la consigliera leghista Franca Equizi, protagonista indiscussa nel gruppo di "rondisti" di sabato -, mentre, per contro, nello statuto dell'associazione onlus delle guardie nazionali padane, è previsto questo servizio. Non solo: noi monitoriamo il territorio a costo zero, mentre quelli che lavorano per il Comune sono pagati con i soldi di tutti». E sul mistero (e rincorsa di smentite) relativo a precedenti iniziative simili già effettuate ed autorizzate nel Vicentino, cosa che dagli uffici della questura non emerge, la Equizi risponde: «Ne abbiamo fatti, eccome, anche in paesi della provincia, come Schio. A Vicenza è stato popolare quello del 2002, ci sono tanto di foto e testimonianze a riguardo. Forse questo questore non se lo ricorda bene, oppure, le autorizzazioni ci erano state date all'epoca dal suo predecessore». Un fatto, però, rimane incontestabile nella cornice di sabato: il forte appoggio dell'opinione pubblica, più volte intervenuta a difesa delle camicie verdi e, in certi casi, addirittura intromessasi nel diverbio con le forze dell'ordine. «La gente ha bisogno di sentirsi sicura - conclude la consigliera comunale, preannunciando imminenti iniziative - l'appoggio straordinario che ci ha dato sabato pomeriggio, purtroppo, dimostra che questa sicurezza non sono ancora in grado di garantirla i circuiti abituali di difesa del cittadino. Vuoi per mancanza di personale, vuoi per altro, ma le forze dell'ordine sembrano non bastare. E allora mi chiedo perché non far intervenire anche noi che siamo al pari di chi sta lavorando ora in campo Marzo. Non vogliamo sostituirci a nessuno, vogliamo solo controllare la nostra città e segnalare a chi di dovere tutte le sue irregolarità. Gratuitamente».
Sopralluogo non autorizzato e pericoloso (d. n.) Un sopralluogo non autorizzato, con comunicazione giunta con qualche ora d’anticipo rispetto all’inizio delle “ronde”, che poteva generare problemi di ordine pubblico. Sono queste le motivazioni che hanno spinto la questura a bloccare sul nascere i controlli della Guardia nazionale padana che sabato pomeriggio voleva effettuare delle verifiche contro la microcriminalità e l’immigrazione clandestina in centro città, in particolare nella zona di Campo Marzo e intorno alla stazione. A rigore, la ventina scarsa di militanti rischia la denuncia per non aver rispettato un provvedimento dell’autorità (articolo 650 del codice penale), ma l’impressione è che da viale Mazzini abbiano intenzione di non calcare la mano anche perché molti dei manifestanti non sapevano che il sopralluogo non era autorizzato. Ma per comprendere appieno cos’è avvenuto sabato pomeriggio in viale Milano è necessario fare un passo indietro. Il primo luglio il responsabile provinciale delle Guardie padane, Gianmarco Simonetto, aveva comunicato in questura che nel pomeriggio del 9 luglio avevano intenzione di compiere un «monitoraggio» in centro città. Nei giorni successivi erano usciti degli articoli sui giornali e la questura, venerdì, visto che i vertici provinciali della Lega Nord avevano assicurato di non essere coinvolti direttamente nell’iniziativa, ha convocato in viale Mazzini Simonetto, e con lui s’è presentata Franca Equizi. I funzionari, con questore Dario Rotondi, hanno spiegato che per l’autorizzazione serviva una richiesta specifica per poter fare una «manifestazione», come quelle ricordare dalle Guardie padane nei commenti di sabato sera. Una manifestazione - cioè un corteo - sarebbe stata senz’altro autorizzata. Le Guardie, però, dopo una lunga riunione, hanno deciso di formalizzare la richiesta per un «sopralluogo», cioè una sorta di controllo. Per questo, dopo aver analizzato il caso, già «nella mattinata di sabato - precisa la polizia - era stato negato l’assenso». Cionostante, nel pomeriggio una ventina di Guardie padane si sono presentate lo stesso ed è nata la discussione con polemica conseguente. A quel punto, però, non aveva senso discutere in strada, perché il «no» era già arrivato da qualche ora. Di qui i rischi di natura penale. Ma perché il «sopralluogo« è stato negato? Il motivo principale è di ordine pubblico. Le Guardie, in “divisa”, girando fra gli immigrati di Campo Marzo o di via Napoli, avrebbero potuto creare problemi, sommovimenti, reazioni violente difficili da prevedere, soprattutto se le “guardie”, che non sono autorizzate per fare controlli, li avessero promossi. Una questione di opportunità, insomma. Se il gruppo di Equizi e Simonetto se fosse presentato in “borghese”, non ci sarebbe stato bisogno probabilmente nemmeno di chiedere l’autorizzazione. |