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11 NOVEMBRE 2005 dal Giornale di Vicenza
Okay, il prezzo non è giusto...
Marasma generale sull’opzione d’acquisto del vecchio supermercato: tutto sospeso fino a martedì di Antonio Trentin Quanto vale l’ex-Coop di via Cengio che era supermercato, è stata base logistica del censimento 2001 e potrebbe diventare supercentro per la famiglia gestito dall’assessorato agli Interventi sociali? L’interrogativo ha da ieri sera una clamorosa risposta in più: solo 650 mila euro (più tasse, probabilmente), come dice una "mezza perizia" fatta d’urgenza dall’Agenzia del Territorio, interpellata dopo il clamoroso stop di otto giorni fa in consiglio comunale alla delibera di compravendita tra il Comune e la Cooperativa Adriatica. Cioè la bellezza di 130 mila euro in meno di quanto l’Amministrazione era pronta a pagare, secondo il calcolo fatto dagli uffici municipali in base alla convenzione del 1982 che lega le due parti. E la metà della stima del valore di mercato (1,3 milioni di euro, ma senza considerare la detrazione dei diritti di superficie) che la Camera di commercio aveva fatto fare da un’immobiliare cittadina, per dare conforto alle preoccupazioni dei consiglieri comunali al momento del "via libera" all’acquisto. La carta dell’Agenzia del Territorio (ex-Ufficio tecnico erariale) planata ieri in sala Bernarda - non una vera perizia, ma il preannuncio di una parcella da 3 mila euro sulla base di un cespite immobiliare da 650 mila - è stata il pezzo forte di una rapidissima discussione servita soltanto a confermare il marasma generale. In teoria il Comune ha tempo fino al 15 di questo mese per decidere se esercitare l’opzione d’acquisto dell’ex-Coop in base alle vecchie pattuizioni del 1982. In pratica potrebbe esserci una proroga: l’assessore Davide Piazza, il più interessato al definitivo passaggio del vasto spazio del supermercato nel patrimonio comunale, sta tentando di avere una proroga dalla Cooperativa Adriatica. È tutta da vedere se ci riuscirà o se, dietro l’angolo di via Cengio, non ci sia magari un compratore privato pronto al rialzo dal giorno 16. In teoria ci dovrebbe essere un prezzo giusto da pagare. In realtà nessuno ha chiaro quale criterio di calcolo sia applicabile. E il tempo stringe, mentre restano in piedi sia i molti favori sulla sostanza dell’operazione (ubicare nell’ex-Coop ampiamente e costosamente restaurata una struttura multiservizio dedicata alle famiglie) sia i non pochi pareri contrari (troppo costoso da avviare e da gestire questo progetto degli Interventi sociali). Ieri sera in consiglio comunale il contorno polemico a questa sostanza ha offerto almeno un paio di cose notevoli. Il sindaco ha letto due pagine di ricostruzione di quanto era avvenuto il 2 novembre, quando tra le mani dell’assessore Carla Ancora era spuntato un parere dell’Avvocatura comunale, critico e assai dubitativo sui conti municipali, sollecitato dal capogruppo forzista Andrea Pellizzari. Si era tenuta nascoste le carte, l’assessore, scoprendole all’ultimo momento e contribuendo a bloccare la delibera? No, ha garantito Enrico Hüllweck: si era trattato solo di una faccenda di ritardi e fraintendimenti, dovuti al fatto che l’Ancora era in trasferta a Sossano e non sapeva come stava andando avanti il dibattito. Parlando dai banchi di centrosinistra, il diessino Ubaldo Alifuaoco ha fatto mostra di crederci, salvo sottolineare la realtà di una manifesta incomunicabilità tra uffici. Implacabile come ogni volta che c’è di mezzo l’assessore del suo partito Davide Piazza - al quale aveva già impartito in precedenza una lezione di "diritto padano" a proposito di nomadi & affini, troppo protetti a Vicenza rispetto a Treviso che sa fare «tabula rasa dei campi» - la leghista Franca Equizi ha intimato: «Mandare le carte alla magistratura!». Ipotesi di reato in vista? Per l’Equizi sì: e ha... dato l’ordine di provvedere al presidente del consiglio comunale. Che si è inalberato: «Provveda lei, se crede» le ha ribattuto, appunto, Sante Sarracco. «E allora la denuncio per omissione di atti d’ufficio» ha insistito la consigliera, ottenendo come risposta un «Vuole scherzare?» che non ha gradito e sul quale si è lanciata - ormai a seduta consiliare chiusa e registratori ufficiali spenti - con un allarmante e temerario «Qui si prospetta un danno erariale!». Per martedì urgono certezze.
Il tribunale amministrativo boccia le norme locali e la Giunta dà l’ok a nuovi impianti su edifici pubblici Antenne, meglio piccole e tante Così il Comune risponde al Tar di Mauro Sartori Stop al proliferare incontrollato di stazioni radiobase. E per non incappare in esposizioni elettromagnetiche esagerate, le antenne potranno essere poste pure su edifici comunali, così saranno tenute sotto controllo. La svolta ha del clamoroso, almeno per quanto riguarda Schio. Il Tar Veneto, con sentenza del 15 giugno 2005, ha annullato un passaggio del regolamento edilizio comunale che prevedeva, fra le altre cose, la distanza minima di 150 metri fra le antenne e le cosiddette strutture sensibili, edifici come scuole, palestre, impianti sportivi, centri assistenziali e sanitari, per finire a parchi o altri luoghi pubblici di ritrovo. Il Tar ha di fatto sancito la prevalenza della normativa nazionale e regionale su quella locale. «Dopo tale sentenza si potrebbe verificare il proliferare incontrollato di stazioni radiobase», ammettono sindaco e assessori in una riunione di giunta. Parole seguite immediatamente dai fatti: piovono sul loro tavolo richieste da parte dei massimi concessionari di telefonia mobile e che riguardano varie zone cittadine. A questo punto l’ufficio tecnico comunale, una volta espresso il parere favorevole dell’Arpav, non può che prendere atto». In città ha fatto discutere la proposta, avanzata da un gestore al parroco del S. Cuore, di posizionare un ripetitore sopra la scuola materna di via Riboli, a fronte di un lauto compenso da reinvestire nelle attività parrocchiali. Sulla vicenda non vi sono novità, come ha comunicato lo stesso sacerdote ai rappresentanti dei genitori. La novità arriva invece da palazzo Garbin ed è succosa. La giunta ha emanato gli indirizzi generali per la localizzazione delle stazioni radiobase che, come ammette il sindaco Luigi Dalla Via nella delibera, «è l’unica possibilità di tenere sotto controllo questo aspetto ambientale, garantendo così la tutela della salute e dell’ambiente senza intralciare i diritti dei gestori di telefonia mobile». Ed ecco apparire l’aspetto innovativo, che parte da un presupposto: con l’affermarsi della tecnologia Umts, che prevede una minore potenza di emissione di onde elettromagnetiche, ci sarà un incremento del numero delle antenne in città. Questo ovvierebbe ai grossi concentramenti di campi magnetici, dovuti alla consistente richiesta in un dato posto, abbinato alla lontananza degli impianti. È il caso della cittadella degli studi, dove si trovano al mattino circa 2 mila ragazzi, pressochè tutti muniti di cellulare e liberi di telefonare nei minuti di ricreazione. Meglio tante piccole antenne che poche ma potenti. Forti di una proposta del genere promossa da Anci Sa srl, una società a capitale pubblico controllata dall’Anci, gli amministratori scledensi avanzano un’ipotesi inedita: «Posizionando le antenne anche su suolo pubblico si garantirebbe il miglior controllo della localizzazione delle stesse ed un costante monitoraggio dei campi magnetici». Questo è uno degli indirizzi affidati alla direzione dei lavori pubblici e all’urbanistica per l’elaborazione del piano che dovrà localizzare i siti in cui si potranno collocare antenne nel territorio comunale. |