Le motivazioni dei giudici di Venezia contro i quattro algerini
di Ivano Tolettini
Ci sono le prove che i quattro algerini arrestati dai carabinieri del Ros facessero parte di una cellula potenzialmente del terrore. Il quadro emerso dalle intercettazioni telefoniche e ambientali, i rapporti con altri indagati per terrorismo a Napoli, Salerno e Brescia; il loro linguaggio a volte volutamente criptico, il materiale scaricato da internet e il compiacimento per le azioni di Al Qaeda; per i giudici del Riesame di Venezia delineano un quadro di pesante gravità contro il presunto capo Farid Gaad, 36 anni, che per due anni gestì un internet point in corso S. Felice, il fratello Nabil di 22 anni, Alì Touati, di 33 e Khaled As di 30.
Il tribunale presieduto da Bertolino ha impiegato una settimana per depositare le motivazioni dell’ordinanza che costituisce un puntello importante per l’accusa.
IL GRUPPO. «Gli elementi evidenziati per ciascuno indagato - scrivono i magistrati dopo 23 pagine di ordinanza - fanno emergere che non solo condividono un’unica ideologia di matrice fondamentalista e di ispirazione “jihadista”, ma sono componenti attivamente inseriti in un “gruppo”, del quale a volte esplicitamente parlano, ben definito che ha manifestato condivisione per attentati terroristici».
Inutilmente, per adesso, l’avvocato difensore Paolo Mele senior ha cercato di dimostrare che il materiale raccolto dalla procura antiterrorismo di Venezia dev’essere letto in chiave religiosa, ma non ideologico-politico con finalità terroristiche.
LA RETE. La cellula vicentina, accusata oltre che di associazione terroristica anche di procacciare documenti falsi perché è referente per fratelli musulmani di passaggio in Italia, fa parte di «una rete logistica di sostegno al gruppo salafita per la predicazione e il combattimento coordinata dal terrorista algerino Djamel Lounici, già condannato a 8 anni di carcere con sentenza passata in giudicato per terrorismo».
LA JIHAD. Chi propugna la Jihad violenta si pone su un piano di adesione al programma terroristico di Al Qaeda, come appunto il gruppo salafita. Il call center vicentino di Gaad era «un punto di riferimento sicuro per esplorare, consultare ed acquisire materiale di inequivocabile contenuto jihadista».
I SOLDI. Tra il 2004 e il 2005 - il call center è stato chiuso a maggio di quest’anno - il negozio è stato al centro di «alcune movimentazioni di denaro fra gli stessi coindagati (oltre che in favore di connazionali) che confermano l’esistenza tra di loro di uno stretto rapporto che li legava da tempo». Nel negozio di Vicenza, scrivono i giudici, «oltre che una sorta di “zona franca”per coloro che erano portatori di un’ideologia islamica di tipo fondamentalista, anche un “approdo logistico” per lo svolgimento di attività riservate o collegate al traffico di documenti falsi».
IL CAPO. L’elemento di spicco è Farid Gaad, «persona appartenente a una compagine operante a Vicenza, e organica a cellule eversive animate da progetti jihadisti». Il 13 giugno 2005 nella conversazione telematica col fratello Rabah (Riad) a Londra, questi gli chiede: «Digli che Riad gli ha chiesto se c’è qualche gruppo della resistenza a Vicenza?». La risposta era stata: «Ti hanno detto che c’è la resistenza combattente a Vicenza!».
LO SCHERZO. I giudici dicono che sono inverosimili le versioni rese dai quattro indagati per respingere le accuse di non far parte della cellula. Come quella che certe espressioni erano uaste «per scherzo». Anche perché dal contenuto delle intercettazioni anche ambientali, emerge un quadro diverso. Farid Gaad in certe occasioni, come dopo gli attentati di Londra di un anno fa, fu molto sintetico col fratello Rabah in Inghilterra. Solo una comunicazione di 40 secondi per sapere «se andava tutto bene», quando in genere era più loquace, come quando gli raccomandò di essere più riflessivo e circospetto.
11 AGOSTO. Un anno fa come ieri, Khaled As conversando con l’aspirante kamikaze Yamine Bouhrama commentavano le notizie del fermo di una decina di terroristi musulmani a Londra da parte di Scotland Yard «del gruppo Abou Katada», «augurandosi che non appartenessero al “gruppo del Nord Africa”». Il gruppo di Vicenza ha anche «manifestato l’intenzione di unirsi ai combattenti in Iraq condividendone l’ideologica fondamentalista e si sono interessati ai connazionali espulsi o arrestati per terrorismo e si sono concretamente attivati per assisterli». Ecco perché a carico dei quattro ci sono gravi indizi «in ordine alla loro partecipazione all’associazione terroristica».