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13 OTTOBRE 2006
Cisl ancora nel mirino degli estremisti
Cisl ancora nel mirino degli estremisti di Marino Smiderle «Attenta Franca». L’avvertimento in perfetto stile mafioso o, se preferite, brigatista, che gli imbecilli avevano scritto sui muri della sede della Cisl, in stradella Piancoli, ha avuto un suo seguito quasi immediato. Quattro giorni dopo la prima incursione iconografica, gli estremisti dal pensiero debolissimo sono tornati in azione. Nello stesso posto, per lo stesso motivo. Cioè, nella sede della Cisl per stigmatizzare la posizione a difesa dei lavoratori della Ederle (per i graffitari si tratta di servilismo nei confronti del «nemico imperialista americano») presa dal segretario provinciale di quel sindacato. Stavolta i colori e i pennelli sono rimasti nel cassetto. Al loro posto gli anti-americani hanno usato un coltello, o comunque un attrezzo munito di una lama o di una punta. Hanno inciso due grandi "A" (Anarchia? Autonomia? o più semplicemente acefali?) sul portoncino in legno della sede cislina e, per soprammercato, hanno ridotto in striscioline sottili i manifesti del sindacato appesi lì fuori. Infine, il danno meno simbolico ma patrimonialmente più fastidioso: prima di andarsene gli imbecilli dell’estremismo hanno divelto il citofono e il campanello, in un crescendo rossiniano di furia vandalica ammantata di furore ideologico. Franca Porto, comprensibilmente preoccupata e, ancor di più, delusa, ha preferito non commentare questa ennesima bravata. Il carico di solidarietà arrivato a stretto giro di posta in stradella Piancoli evidentemente non è bastato a convincere gli acefali a lasciare il proprio marchio di fabbrica. E, a dire la verità, nessuno si aspettava che potessero entrare in azione sul luogo del delitto a soli quatto giorni di distanza dall’impresa caratterizzata da varie scritte, dagli "ascari" all’"Attenta Franca", fino alle farneticazione circa i "servi degli Usa" che frequenterebbero gli ambienti Cisl. Facile prevedere che le indagini della Digos adesso subiranno un’ulteriore accelerazione. Finora si sono limitati a lasciare il loro segno, la loro firma, ma la paura è che dai gesti dimostrativi qualche buontempone passi alle vie di fatto, con gesti poco simpatici nei confronti delle persone. È vero, si tratta sicuramente di una minoranza di violenti, di persone che preferiscono la minaccia alla discussione. Di certo è la conseguenza della radicalizzazione con cui è stato trattato un argomento, la realizzazione al Dal Molin di una dependance della caserma Ederle, che avrebbe dovuto essere affrontato con tranquilla trasparenza da tutte le parti politiche in causa. Tornando all’ultima incivile incursione, non è detto che a compierla siano stati gli stessi della precedente. Così come è molto difficile attribuire le imprese vandalica sulla base della sigla lasciata. Tutti dettagli che, comunque, sono allo studio della Digos. Da quelle parti, però, non ci sono videocamere e, di conseguenza, l’identificazione dei responsabili non sarà molto semplice.
Dubbi sulla consultazione per la base Usa «Sei favorevole alla realizzazione del progetto Usa di costruzione di una nuova base militare nell'area dell'aeroporto Dal Molin di Vicenza?». Presentato in Comune ieri, è questo il testo del quesito che metterà insieme - dopo non poche discussioni al loro interno - i comitati riuniti nel "fronte del No". Si tratta del primo atto formale ufficializzato dall'appena costituito Comitato per il referendum sul Dal Molin che prova a utilizzare l'unico strumento giuridicamente concesso dalla normativa comunale: quello appunto di un referendum consultivo - che cioè dà un parere ma non decide - sul modello di quello svoltosi un mese fa a proposito di partecipazione popolare. Le procedure amministrative prevedono ora due scadenze precise: entro cinque giorni gli uffici municipali devono trasmettere il testo del quesito, con le motivazioni giuridiche scrittegli a supporto, al collegio di esperti tecnico-legali istituito in Comune e incaricato di dare o negare il "via libera"; poi entro un mese al massimo gli esperti daranno il loro giudizio inappellabile. La previsione sull'esito dell'esame giuridico e amministrativo non è facile. La chiarezza del quesito c'è tutta, quanto a sostanza. Ma i referendum consultivi possono essere svolti su materie di competenza comunale. Il "Dal Molin americano" è cosa comunale o no? Il comitato punta sugli elementi territoriali, viabilistici e urbanistici per dire che un giudizio della città, seppure non vincolante, è ammissibile, richiedibile e misurabile a colpi di Sì e di No nelle urne. La bocciatura potrebbe arrivare per via della stretta competenza statale nei rapporti diplomatici e militari con gli Stati Uniti. Finisse con un okay dei "saggi" giuridico-amministrativi, si metterebbe in moto una macchina dai tempi lunghi (raccolta e controllo delle firme, pausa di riflessione, indizione del referendum, campagna propagandistica) che porterebbe al voto non prima della primavera inoltrata. Benissimo che andasse con il calendario.
Riunione infuocata in sala Bernarda. E Sarracco chiama i vigili per “calmare” il pubblico inferocito di Antonio Trentin Ancora inutili tentativi di parlare di aeroporto e base militare progettata dalle forze armate americane. Ancora scontri politici in consiglio comunale. E, di diverso dal solito, un momento di brevi asprezze con il pubblico dei 'Comitati del No' direttamente coinvolto. Così l'ennesima puntata del caso-Dal Molin nello scenario sempre più nervoso della sala Bernarda. Ieri il momento bollente è arrivato dopo un'ora e mezza di schermaglie procedurali e dialettiche sul caso-Dal Molin. Confermando la minaccia fatta in precedenza («se ci sono applausi o fischi, che il regolamento non consente, sospendo la riunione») il presidente Sante Sarracco ha punito un rinnovato rapido battimani - scattato in polemica contro la non-accettazione di una richiesta di ampio dibattito - con la chiamata dei vigili e lo sgombero della sala Bernarda. La settantina di presenti ha risposto ritmando "ver-go-gna, ver-go-gna", ma poi ha potuto restare nell'aula consiliare, ad animi un po' raffreddatisi e sotto l'ammonizione di Sarracco a starsene quieta. Per non ascoltare granché, peraltro, perché di discussione a largo raggio non c'è stata nessuna traccia neanche stavolta. Il primo tentativo di ottenerla è fallito secondo il copione seguente. C'era in ballo il ragionamento seguente: «Il capo dell'Amministrazione discuta con il consiglio che cosa andrà a dire lunedì al ministro Arturo Parisi». C'è stato un diniego del sindaco (e in questa fase si è sviluppato l'episodio dell'applausino con sgombero). Poi la voglia di scontro verbale è stata inesorabilmente bocciata: 24 i contrari di Forza Italia, Alleanza nazionale, Lega Nord e Udc; e solo 4 i favorevoli ad ascoltare Enrico Hüllweck e a cercare il confronto sulle contrastanti posizioni pro e contro la super-caserma statunitense, con gran parte del centrosinistra non votante («meglio evitare un dibattito strozzato che potrebbe finire con un documento per il Sì votato dal centrodestra, senza più possibilità di pensare a un referendum» è la spiegazione dei Ds). Il secondo tentativo è stato affondato dall’Amministrazione con un siluro tecnico-giuridico ben condito di opportunità politica: un articolo del 'Giornale di Vicenza' - presentato a supporto della richiesta - “non è un atto ufficiale" che possa motivare una discussione in Comune, neanche se racconta di 25 mila telefonate spartite tra Sì e No al progetto della caserma americana. Quindi: un inesorabile "non si può" dagli scranni alti del consiglio, un "non ammissibile" dettato congiuntamente dal presidente Sarracco e dal segretario generale del Comune Angelo Macchia. Ovviamente l'ipotesi-dibattito non avrebbe avuto scampo, comunque, perché il centrodestra manteneva i suoi numeri buoni per battere ai punti le minoranze vogliose di tenzone oratoria (e neanche tutte). Prima del doppio "niet" del centrodestra, il tema-aeroporto aveva monopolizzato anche tutta la fase iniziale del consiglio, quella in cui si affrontano le attualità più urgenti. Che, per la verità, erano stavolta già stagionate di una settimana. Aspettavano all'ordine del giorno alcuni quesiti che non avevano avuto risposta otto giorni fa, per l'assenza del sindaco: sui rapporti tra municipio e caserma Setaf in materia di informazione pubblica, sulla partecipazione di Comune e Aim alla progettazione della nuova base, sulle trattative condotte dall'assessore Claudio Cicero, sulle possibili contropartite promesse dall'Amministrazione militare Usa per un "sì" di Vicenza. L'accordo era che ieri ci sarebbero state le risposte. E in più c'era - esposta sotto altra forma - la già citata fresca curiosità su che cosa andrà a dire Hüllweck a Parisi. «Non se ne parla» aveva deciso il presidente consiliare Sante Sarracco: perché meglio se ne potrebbe parlare, era la spiegazione, la settimana prossima al ritorno di Hüllweck dall'incontro con il ministro. Il putiferio polemico scatenato a sinistra - con Antonio Dalla Pozza (Ds) particolarmente inviperito per "la presa in giro che continuate a farci” - è stato sopito dal sindaco stesso: «Se volete, rispondo». Come prevedibile, peraltro, sono state mandate a verbale - per un'ufficialità già molto raccontata con l'ufficiosità delle dichiarazioni a stampa e tivù - solo poche cose. «Mi confronterò col ministro e insieme valuteremo se è importante acquisire un parere ufficiale della città» ha anticipato Hüllweck, avvertendo che comunque «non possiamo esprimere atti legalmente vincolanti»: un modo in più per ricordare che la decisione finale sarà governativa, ancorché orientata (come Parisi ha scritto e il vicepremier Rutelli dichiarato) dall'indicazione vicentina. Quanto al resto, il sindaco ha negato pre-accordi con il comando Setaf in materia di esternazioni e conferenze stampa, ha profetizzato che «il governo ha già deciso cosa fare», ha garantito che andrà «a sentire se avremo, in caso di progetto approvato, tutto quello che Vicenza richiede». Tra le poche cose dette in replica dall’opposizione, un’accusa particolarmente forte di Asproso: «Aspettiamo sempre di avere le carte delle trattative di Aim con gli americani. C’è una parte dell’Amministrazione che sta lavorando in gran segreto per consentire agli Usa di dire che il progetto della loro base al Dal Molin è fattibile».
Le Cattane al centro delle cronache fra clandestini, spaccio e terrorismo Le forze dell’ordine da anni indagano sui traffici illeciti che coinvolgono la zona di Diego Neri Guardie giurate in via del Carso? Se i residenti si dividono sulla necessità di rendere più pattugliato e quindi più sicuro il quartiere, gli archivi delle forze dell’ordine dimostrano come in zona negli ultimi anni si siano concentrati una serie di episodi da pagine di cronaca nera, collegata soprattutto all’altissima percentuale di cittadini immigrati che vi abitano. Una percentuale che l’agenzia immobiliare che controlla gran parte degli appartamenti di due palazzoni dove si concentrano gli extra ha cercato di diminuire, lasciando sfitti degli alloggi una volta liberati dagli stranieri. Fra spaccio e sospetti di terrorismo. Basta sfogliare gli archivi di questura e carabinieri degli ultimi tre anni per vedere citate continuamente via Monte Baldo ma, soprattutto, l’adiacente via del Carso, un’elegante stradina nel quartiere delle Cattane, fra l’Auchan e il Centro sport Palladio. Nel settembre 2003 fu trovato morto, in circostanze non del tutto chiare, un tunisino. Qualche mese dopo i carabinieri effettuarono delle perquisizioni nell’ambito di un’inchiesta sul terrorismo internazionale e sui presunti legami con Al Qaeda. In gennaio scattarono le manette - una vicenda giudiziaria peraltro molto controversa - per un musulmano. Nella primavera di un anno fa venne trovata una ragazza di 14 anni fuggita da casa nel Bresciano che aveva trovato ospitalità da alcuni magrebini, che furono arrestati. Poche settimane dopo altro arresto per un macellaio che aveva violentato una ragazzina dietro all’ex Coop, sempre in via del Carso. E ancora, procedendo a saltoni, l’estate scorsa i carabinieri bloccarono quattro marocchini accusati di spacciare hashish, e poi altre manette, sempre per spaccio. In settembre il questore Rotondi decise di compiere un giro notturno di perlustrazione delle zone calde della città, e non trascurò via del Carso. Qualche settimana fa nuovi arresti e il sequestro di un camion polacco che, parcheggiato lungo la strada, ospitava alcune clandestine. Senza dire dell’alto numero di persone coinvolte in svariate inchieste che insistono sul quartiere. Non che questo significhi che ci abita è un delinquente, ma semmai che molti soggetti problematici preferiscono trovare alloggio in zona. I numeri. I palazzoni in fondo alla via ospitano 158 appartamenti, gran parte dei quali ospitano cittadini immigrati. Molte sono le prostitute, tanti i travestiti che incontrano i clienti in casa. Da qui prima la richiesta di alcuni vicentini alle forze dell’ordine di intensificare i controlli, ed infine il contatto con le guardie giurate della “Vigile S. Marco”, che dalle prossime settimane inizieranno a pattugliare strada e androni tutte le notti, pronte a segnalare a 112 e 113 eventuali movimenti sospetti. Il tentativo dei residenti è quello di non fare del quartiere un ghetto: «Nessun problema con gli stranieri, anzi, la gran parte lavora ed ha una famiglia. Il problema è quello che in passato sono stati affittati gli alloggi senza verifiche, che hanno permesso una concentrazione di persone sospette che hanno fatto, o rischiano di fare, di via del Carso una sorta di terra di nessuno, di area franca in cui tutto è concesso. Ed è proprio quello che non vogliamo». Ora i proprietari degli appartamenti hanno accolto le osservazioni e, a costo di rimetterci di tasca propria, lasciano vuote le stanze pur di non affittarle a chi potrebbe creare guai. I residenti italiani sono spaventati «Questa è la via Anelli vicentina» di M. Elena Bonacini «Via del Carso e via Monte Baldo stanno rischiando di diventare sono una sorta di via Anelli vicentina: c’è di tutto, ho sentito più volte baraonda e arrivare la polizia. Non ho mai visto se ci sia spaccio, perché di notte sto a casa, ma certo anni fa era più sicuro. Basta vedere quante carcasse di vecchie bici e motorini ci sono vicino ai cassonetti». All’indomani dalla notizia che un comitato sta per firmare un contratto con le guardie private della “Vigile S. Marco” per avere un controllo notturno a proprie spese per porre un freno alla situazione di spaccio e prostituzione, a lanciare l’allarme, nel quartiere, è anche Carlo Giordano, residente in via Monte Baldo. «È una situazione pesante e un ragazzo era venuto a dirmi che volevano fare una petizione, poi non ho più sentito niente. Ho qualche dubbio però che tutti vogliano tirare fuori soldi per la vigilanza. E comunque non voglio dire che non ci siano anche delle brave persone tra gli extracomunitari». Chiacchierando con i residenti, per la maggior parte disposta a parlare ma, per timore di rappresaglie, non a presentarsi con nome e cognome, emerge un quadro variegato, che va dalla paura alla massima tranquillità di Ennio Martini, che abita proprio di fronte ai condomini “incriminati”, i civici 37 e 39. «L’articolo apparso sul giornale mi ha stupito - afferma - perché nonostante io abiti qui davanti non mi hanno chiesto niente. Qui la situazione è tranquilla, a volte ci sono dei litigi ma l’ultima volta che si è visto un ubriaco è stato per capodanno. Il sottopasso? L’hanno chiuso perché ci dormivano dei senzatetto. Non so se ci siano prostituzione o spaccio nei condomini, ma in strada non vedo niente». A parlare con lui, insomma, sembra di essere in un altro posto rispetto a quello descritto da altri residenti. «Qui è l’immondezzaio di Vicenza - attacca infatti un altro - non solo per gli immigrati. Tutti i giorni vedo una ragazza che parcheggia, scende con a tracolla una borsetta e sta lì ad aspettare. Dopo una mezz’ora arriva un uomo, accosta, prende la borsetta e se ne vanno ognuno per la propria strada. Cosa crede ci sia dentro? Non vedo molto altro, perché escono solo di notte. Ci vorrebbe un’altra Italia, noi abbiamo pagato e paghiamo le tasse per dare da mangiare a loro che non lavorano. E se lavora uno su 10 gli altri trovano in qualche modo i soldi». Proprio su questo argomento interviene anche un altro residente di via del Carso, la cui casa è molto vicina ai condomini. «Ho parlato con un paio di extracomunitari - racconta - e hanno problemi a trovare un lavoro. Il fatto è che per alcuni bravi tanti altri non lo sono e non sono abituati a rispettare l’ambiente e le persone che trovano. So che c’è lo spaccio, ma mi pare che il problema sia un po’diminuito perché in molti sono andati via e ci saranno 20/25 appartamenti sfitti perché i proprietari non vogliono affittare a extracomunitari». Sulla vigilanza privata è scettico: «Ci sono pro e contro. Può essere valido, ma se vogliono stanno attenti agli orari dei passaggi e poi fanno quello che vogliono nel resto del tempo». Alla vigilanza, del resto, crede poco anche un vicino, per il quale «il problema è nato tutto da quel condominio, che non doveva essere costruito. La vigilanza è inutile se quando arresti i delinquenti poi li rimetti fuori. È chiaro, quindi, che non ti senti sicuro».
«L’ex Coop è divenuta
una discarica di rifiuti» (g. m. m.) Rifiuti, escrementi, puzza di orina, preservativi, vetri rotti, segni di bivacchi. Avrebbe dovuto diventare un centro per la famiglia, e invece è un luogo della disperazione, un riparo dal freddo, una latrina a cielo aperto. È l’ex Coop di via Cavalieri di Vittorio Veneto, zona residenziale fra le Cattane, S. Bertilla e Villaggio del Sole. Rimasti attoniti nell’assistere al naufragio del progetto coltivato dall’ex assessore agli Interventi sociali Davide Piazza, ora gli abitanti della zona sono arrabbiati per le condizioni di abbandono in cui versano lo stabile e il parcheggio annesso, confinante con un parco giochi frequentato da molte famiglie e bambini. Del malessere si fa portavoce il presidente della circoscrizione 6 Matteo Tosetto, che nel progetto di Piazza aveva creduto molto, tanto da appoggiarlo con prese di posizione personali e del suo parlamentino. Il centro della famiglia, però, naufragò sotto il peso delle fratture interne alla maggioranza di centrodestra in consiglio comunale e delle stime troppo diverse sul valore dell’edificio, che il Comune avrebbe dovuto acquistare dalla Coop Adriatica. Con Tosetto ci sono anche i consiglieri di zona Giobatta Orsetti, Mauro Gobbo, Giuseppe Vezzaro, Marco Rossi. La richiesta a lungo termine è il recupero totale e la riqualificazione di tutto il complesso; la richiesta a breve, invece, è un’azione di pulizia dell’area e rimozione dei rifiuti, organizzando controlli per evitare che dentro l’ex supermercato entrino sbandati per trascorrere la notte. «I poliziotti di quartiere e le volanti - spiega il presidente Tosetto - hanno già avviato controlli, che hanno eliminato i pernottamenti abusivi. Noi ci auguriamo che l’arrivo della stagione fredda non trasformi questa struttura in un dormitorio abusivo». Resta comunque il problema della pulizia, soprattutto del parcheggio che confina con il parco giochi: Aim non può intervenire perché la superficie è privata e gli stessi vigili sostengono che possono sgombrare i personaggi che occupano abusivamente lo spazio dell’ex Coop soltanto in presenza di denunce da parte della proprietà. La bomba igienicosanitaria resta accesa.
Il caso. Da lunedì prenderà il via il progetto che durerà almeno fino alla fine di novembre Presidio fisso delle forze dell’ordine Viale Milano, pattuglie dalle 7 alle 24 Polizia, carabinieri e vigili urbani si alterneranno in tre turni con una stazione mobile o un camper fermo in strada La decisione arriva dopo anni di richieste del comitato stanco della situazione di degrado e delle risse fra immigrati di Diego Neri Alla fine il comitato di viale Milano l’ha vinta. Da lunedì parte il progetto che prevede un presidio fisso da parte delle forze dell’ordine nel quartiere che comprende anche via Torino, via Firenze e via Napoli. Polizia, carabinieri e vigili urbani si alterneranno con tre turni giornalieri. Militari e agenti saranno presenti in tre o quattro, sulla stazione mobile o sul camper. E la decisione, che giunge dopo anni di solleciti, suscita già le prime polemiche. Da anni il comitato lamenta una situazione di degrado e di ordine pubblico, legata a frequenti episodi di microcriminalità (spaccio, prostituzione, aggressioni, risse, ubriachi): un fenomeno connesso, secondo i vicentini, alla presenza massiccia di cittadini immigrati, che hanno rilevato le attività commerciali e gran parte degli appartamenti. Ma il caso di viale Milano è conosciuto anche a chi non vi risiede. Da lunedì, e fino alla fine di novembre, le forze dell’ordine stazioneranno in zona dalle 7 alle 24 (o all’una). Avranno il compito, così come stabilito negli accordi fra il questore Dario Rotondi, il colonnello dell’Arma Luciano Zubani e il comandante dei vigili Cristiano Rosini, di pattugliare la zona, sostando nei luoghi di aggregazione, di controllare le persone sospette e tranquillizzare i passanti. Si tratta di una forma di prevenzione che dovrebbe portare pace in uno dei quartieri più caldi della città, spesso al centro di vicende di cronaca. Fra l’altro, va ricordato che un anno fa la finanza arrestò venti persone che facevano riferimento ad un bar poi chiuso per spaccio di hashish e cocaina a giovani vicentini, e che via Torino è stata al centro anche di indagini sul terrorismo internazionale. Il Comune, col vicesindaco Valerio Sorrentino, aveva da tempo fatto proprie le richieste della gente. La decisione ha creato però dei malumori fra i sindacati di polizia. In particolare, Luca Prioli, segretario regionale del Coisp, ha sottolineato come «il piano sia positivo, perché viene incontro ad un’esigenza dei cittadini, ma creando non pochi disguidi in questura, dove c’è carenza di personale. Distaccare 3-4 agenti per viale Milano significa toglierli da altri servizi. Perché il questore e il prefetto non hanno pensato prima di ottenere l’aggregazione di altri 10 poliziotti dalla scuola che sta chiudendo (10 sono già aggregati) prima di far partire l’iniziativa? È un ulteriore disagio ad una categoria duramente colpita anche dalla finanziaria».
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