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14 MARZO 2006 dal Giornale di Vicenza
In coda al gelo, di notte, per i permessi di lavoro di Alessandro Mognon Edoardo dalla Moldavia è stato il primo: domenica notte si era già piazzato sul marciapiede davanti all’ufficio postale di via IV Novembre. Poi dalla mattina presto è arrivato il resto del mondo. Nel vero senso della parola: russi, ucraini, marocchini, cinesi, indiani. Edoardo ha tirato fuori un foglio a quadretti e tutti hanno firmato, con tanto di numero progressivo. Una lista uguale a quella che gli extracomunitari stanno facendo in tutti e 12 gli altri uffici postali cittadini e negli altri 98 in provincia dove li attende una lunga coda e dove le tensioni sono via via cresciute ieri sera e stanotte, mentre polizia e carabinieri continuavano a controllare i vari luoghi. Perché oggi alle 14.30 scatta il via per la richiesta dei permessi di lavoro. I posti sono a numero chiuso, come vuole la legge Bossi-Fini: per il 2006 non più di 170 mila lavoratori in Italia, cioè 20 mila e 300 per il Veneto e circa 4 mila nel Vicentino. Per questo è da domenica notte che sono iniziate le code. Destinate a diventare sempre più consistenti. Al punto che il Comune con l’appoggio della Prefettura ha messo in piedi un sistema di assistenza notturna. «Abbiamo organizzato delle unità di strada con la Croce Rossa per portare tè caldo e coperte davanti agli uffici postali - spiega l’assessore agli Interventi sociali Davide Piazza - ci hanno aiutato anche la Caritas e la Protezione civile, ci siamo divisi i turni e le zone. E c’è anche un servizio della polizia municipale». Coinvolto anche l’assessore Cicero, al suo ufficio infatti spetta l’incarico di sistemare le transenne per evitare assalti. Ammesso che si riescano ad evitare. Perché, come ammette lo stesso Piazza «questo delle liste a numero chiuso non è un buon sistema, andrebbe cambiato…». Andrebbe cambiato per evitare che migliaia di persone debbano dormire in strada al freddo per sperare di restare in Italia. Come Edoardo e l’assistente domestica russa che è pronta a farsi la notte assieme alla operaia cinese e a tutti gli altri. Davanti alle poste di Anconetta alle 13 ieri erano appena quattro gli extracomunitari “di guardia”, ma nella lista fai-da-te dentro al cestino della bicicletta c’erano 17 firme. E chissà a quanto sono arrivate alla sera. Tiene la lista un’altra signora moldava: «Faccio la badante da un anno qui nel quartiere, speriamo. Le code? Cosa ci possiamo fare, va bene così». È alle poste centrali in piazza Garibaldi però che si aspettano il grosso. Alle 16 ieri erano una trentina dentro le transenne già pronte. Nella lista in mano ad una cinese seduta davanti a tutti erano 72 i nomi. Ma potrebbe non servire a niente, visto che qualcuno comincia a preoccuparsi: «Sì, ma come facciamo se uno si iscrive, poi se ne va a casa e torna domani poco prima dell’apertura degli sportelli? - dice una donna russa, una delle prime della coda - qui c’è gente che si farà la notte, non è giusto». Piccolo conciliabolo (in italiano) con moldavi, cinesi e una signora africana e si decide: «Va bene, ogni due ore facciamo l’appello: chi non c’è lo cancelliamo». Facile a dirsi, un giovane serbo o croato non ne vuol sapere: «Io sono il numero 35 e adesso me ne vado, quello è il mio posto». Sarà dura, insomma, all’apertura degli sportelli. Tanto che uno dei responsabili dell’ufficio postale non nasconde qualche timore: «Servirà la presenza della polizia, potrebbero esserci problemi e noi non possiamo certo metterci a discutere. Certo non è un buon metodo, questo delle liste. Noi comunque abbiamo previsto sei sportelli aperti fino alle 17,30, ma prima della chiusura usciremo a ritirare tutti i kit di chi è ancora in coda, fino all’ultimo. E speriamo che le macchine elettroniche non si inceppino…». Infatti sarà l’ora di presentazione che compare sulla richiesta a decidere chi passa e chi no quando si arriverà agli ultimi posti disponibili: vince il posto di lavoro chi è più veloce, non chi è più bravo. E l’allarme “code” è via via cresciuto nella giornata in tutta la provincia. A Lonigo ieri sera davanti all’ufficio postale si segnalavano tensioni: oltre un centinaio di persone già in coda, nessun soccorso organizzato, tensioni sempre più forti.
Nel Vicentino gli immigrati sono più di 67 mila
La disoccupazione è in aumento anche tra loro di Giovanni Zanolo Chi sono e quanti sono gli immigrati a Vicenza? Perché sono qui? In occasione di un convegno organizzato dalla Camera di Commercio di Vicenza sul tema dell’immigrazione nel vicentino, Maria Cristina Ghiotto ha presentato un’accurata indagine statistica finalizzata a dare una risposta a tali domande. Nella sede della Camera di Commercio di corso Fogazzaro, di fronte a un pubblico in larga parte costituito da esperti del settore e rappresentanti istituzionali (tra cui gli onorevoli Giorgio Conte e Stefano Stefani) è emerso così il quadro di un «fenomeno che sta profondamente modificando il nostro paesaggio sociale assumendo dimensioni assai significative», spiega il presidente della Cciaa Dino Menarin. Secondo stime aggiornate al dicembre 2004, gli stranieri residenti nel vicentino sarebbero 67 mila, pari all’8% della popolazione di tutta la provincia. Al primo posto vi sono immigrati provenienti da paesi dell’ex Jugoslavia, subito seguiti da marocchini, bengalesi (che dal 1999 sono aumentati del 200%), albanesi, rumeni e ghanesi, per un totale di 157 paesi diversi. Un vero e proprio melting pot vicentino, un universo di uomini e donne i quali, negli ultimi sei anni, hanno richiesto il permesso di soggiorno nella maggior parte dei casi (63%) per motivi di lavoro e, nei restanti casi, per necessità di ricongiungimento famigliare. Ma è proprio sul tema lavoro che emergono i dati più interessanti: sorprende sapere che il tasso di occupazione della popolazione di origine non italiana è del 70%, superando così la popolazione autoctona, che non supera il 66%; o, ancora, che alla fine del 2004 le assunzioni di extracomunitari sono state più di un quinto su tutti i nuovi assunti (si pensi che in assenza della componente non comunitaria, il contingente dei contribuenti, nel triennio 2001-2003, avrebbe registrato una flessione pari al -4,2%). Tale presenza così rilevante si concentra prevalentemente nel settore delle costruzioni (28%) e in quello alberghiero (19%). «Il 10% della forza lavoro in Italia è immigrata - interviene il direttore flussi immigratori dell’Inps nazionale Francesco Di Maggio - Con la regione Veneto stiamo studiando un laboratorio di osservazione stabile per studiare il vero contributo che l’immigrazione sta offrendo all’economia sommersa del paese». «Nel 2006 vi saranno 5mila nuove assunzioni di colf che saneranno quasi del tutto la richiesta del settore - aggiunge l’assessore regionale alle politiche dei flussi migratori Oscar De Bona - Ma è importante che vi sia più collaborazione tra la Regione e gli enti locali, affinché l’osservatorio regionale non lavori invano». Ma non sono tutte rose e viole, come spiega l’assessore agli interventi sociali Davide Piazza: «La disoccupazione degli immigrati nel vicentino sta aumentando e si deve assolutamente evitare che si creino nuovi poveri. Il problema è come riuscire a far incrociare le istanze di lavoro prima di tutto con gli stranieri che hanno perso il lavoro». A ciò si aggiunge un ulteriore dato che non va sottovalutato: le autorizzazioni all’ingresso previste in base alla legge Bossi-Fini, infatti, hanno permesso appena l’1,5% del totale delle assunzioni «mostrando così la scarsa incidenza di questo strumento ed evidenziando come la quasi totalità degli ingressi al mercato del lavoro coinvolga persone già presenti nello stesso», spiega la Ghiotto. Una notizia, questa, che non sarà certo gradita alle migliaia di immigrati che da ieri notte sono in coda per ottenere la tanto sospirata domanda di assunzione che potrà offrire loro l’autorizzazione all’ingresso per sé stessi, o per parenti nel paese d’origine. In un incontro alla Camera di Commercio sono stati presentati i dati sull’immigrazione nel Vicentino. Lo studio presentato da Maria Cristina Ghiotto dice che sono l’8% della popolazione e che il 63% chiede il permesso di soggiorno per motivi di lavoro, il resto per ricongiungimento famigliare |