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14 OTTOBRE 2006
Dal Lago: «Meglio in via Moro»
La nuova caserma Usa. Ecco il progetto alternativo al Dal Molin elaborato dalla Provincia
Le mappe sono state consegnate a Hüllweck, che le porterà all’incontro con il ministro Parisi. I terreni sono di proprietà privata di G. M. Mancassola I campi di via Aldo Moro al posto di un pezzo dell’aeroporto Dal Molin: la Provincia cala l’asso sul tavolo della nuova caserma Usa. E lo fa alla vigilia del faccia a faccia romano fra il ministro della Difesa Arturo Parisi e il sindaco Enrico Hüllweck. Da palazzo Nievo, dopo il rincorrersi di voci, escono le tavole del progetto alternativo al Dal Molin. Non un’ipotesi volante, sussurrata a margine di una riunione, ma un progetto vero e proprio, che rimodula le esigenze di spazi e strutture manifestate dai vertici militari Usa, adattandole ai terreni che si sviluppano di fronte alla caserma Ederle, sul lato opposto di via Moro, nel quadrante est del capoluogo. Tutti i terreni hanno attualmente destinazione urbanistica agricola e sono detenuti da un gruppo di proprietari privati, nemmeno un metro quadrato è in mano alla Provincia. L’opzione sembra avere almeno due vantaggi: uno per gli americani, che potrebbero contare su una superficie che confina con la Ederle, eliminando ogni problema di collegamento fra i due insediamenti; uno per i vicentini, che vedrebbero definitivamente evaporare il dubbio che la pista dell’aeroporto possa essere utilizzata a scopi militari. Tutto il materiale è stato consegnato nelle mani del sindaco perché porti gli incartamenti all’incontro con il ministro fissato per lunedì nella capitale. «La Provincia di Vicenza non è contraria alla realizzazione di una nuova base militare statunitense - chiarisce in premessa la presidente Manuela Dal Lago - rivolgendosi al premier Romano Prodi -. L’analisi dei progetti, che ci sono stati sottoposti il 23 giugno scorso per un parere, ha riguardato la Provincia come ente sovraordinato e responsabile della pianificazione di area vasta e della viabilità ed è fondamentale per noi sapere se l’intero progetto presentato è vincolato all’area indicata o se è possibile individuare una collocazione alternativa. L’area ipotizzata all’aeroporto Dal Molin soffre di una grave carenza infrastrutturale, per cui è facile prevedere situazioni di criticità sia nella fluidità del traffico urbano, sia nei livelli di inquinamento acustico come atmosferico». «Da un punto di vista urbanistico - osserva la Dal Lago - l’ipotesi proposta snaturerebbe lo sviluppo urbano vicentino, mentre appare critico il rapporto con la pianificazione attivata dal Comune contermine di Caldogno, il quale per altro si è già espresso formalmente contro l’ipotesi. Nel caso in cui la scelta dell’area demaniale fosse vincolata all’ambito aeroportuale, bisogna contestualmente prevedere un congruo investimento teso a realizzare la rete viabilistica, infrastrutturale come di servizi indispensabili, con costi tali che non possono essere sostenuti dagli enti locali». «La Provincia di Vicenza - scrive nero su bianco la presidente - alla luce di queste considerazioni, propenderebbe per una soluzione alternativa, con minore impatto ambientale e maggior coerenza con gli insediamenti e strumenti urbanistici. A tal fine si sarebbe individuata l’area di viale Moro come ideale. Tale area, attualmente a destinazione agricola, prospiciente la caserma Ederle, presenta numerosi vantaggi. La contiguità con l’attuale caserma e il nuovo insediamento migliora i livelli di sicurezza e funzionalità, senza impatti sulla viabilità urbana, giacché i collegamenti interni verrebbero garantiti da almeno due sottopassi di comunicazione facilmente realizzabili; l’ubicazione del sito, nella periferia est di Vicenza, prossima all’autostrada, non lontano dalla rete ferroviaria, servito da assi viari adeguatamente dimensionati, permette un rapido accesso e deflusso. La nuova opera si inserirebbe in un contesto socio-economico e in un ambito urbano ed extracomunale in cui sono già presenti servizi legati all’indotto dato dalla caserma Ederle». A meno che non ci siano altri vincoli, «sconosciuti alla Provincia», che obbligano a scegliere solo e unicamente il Dal Molin.
Lì c’è l’acquedotto padovano (g. m. m.) C’è un motivo, a più riprese dichiarato dai diversi protagonisti, per cui gli Usa hanno richiesto proprio la disponibilità di una porzione dell’aeroporto Dal Molin: è l’unica vasta area del demanio militare ancora libera presente in città o comunque nelle vicinanze della caserma Ederle. Questo dettaglio agevolerebbe e renderebbe più rapida un’operazione già molto complessa e ostacolata. Se è vero come sembra che la Setaf gradirebbe avviare i lavori nel 2007, quindi in tempi rapidi per gli standard nostrani. La disponibilità di un’area demaniale, ad esempio, significa scansare ogni procedura urbanistica. Spostare il tiro, come chiede la Provincia, su un’altra superficie non demaniale, innesta nella vicenda alcune incognite per gli statunitensi: chi acquista i terreni? La Difesa italiana ha questa disponibilità economica nei suoi programmi? Serve una variante urbanistica? Quali sono i tempi per concludere l’operazione? Un’ulteriore incognita riguarda poi i tubi dell’acquedotto che rifornisce Padova e dintorni: le condutture passano proprio su quel lato, a ridosso di via Moro. Non è comunque la prima volta che viene avanzata l’ipotesi di conficcare la bandierina a stelle e strisce sui terreni di via Moro. In Comune, ad esempio, giace una bozza delibera proposta nel 2004 dall’allora assessore all’Urbanistica Maurizio Franzina: l’obiettivo era dare una risposta alla richiesta americana di realizzare un villaggio con 700 villette per circa mille famiglie su circa 400 mila metri quadrati.
Media day. Ieri il generale Helmick ha aperto le porte della Ederle ai giornalisti per “parlare” ai vicentini di Giovanni Zanolo Vicentini, non avete nulla da temere sulla nuova caserma al Dal Molin: sarà identica alla Ederle, si faranno le stesse cose, e non volerà una sola mosca senza che lo sappiano i carabinieri, come peraltro già avviene. Questo in sintesi il messaggio lanciato ieri dal numero uno della Ederle Frank Helmick in occasione del Media Day, una mattinata dedicata ai giornalisti per toccare con mano "tutto ciò che accade" al di là di quel filo spinato che, secondo gli americani, sta alimentando troppe fantasie e pregiudizi su quanto accade tra le mura della base. "Per questo siamo qui - ha esordito Helmick nella "Hall of heroes" - Vogliamo che i vicentini sappiano come si svolge una giornata tipo alla Ederle: quello che vedrete oggi sarà quello che potrete vedere al Dal Molin". Ma l'assenza dei verbi al condizionale nel parlare della futura base, nonché l'apparizione di una freccia con la scritta "Dal Molin" perfettamente uguale alle frecce che indicano le attuali presenze militari americane sul territorio vicentino, provocano l'improvvisa eccitazione degli ospiti: "Stop, fermi tutti - interviene Helmick, accortosi del possibile misunderstanding - la scritta che vedete sullo schermo indica solamente che al Dal Molin abbiamo attualmente due piccoli velivoli, presenti da molti anni. Tutto qui. Sulla futura base non diamo nulla per scontato, chiaro?". Yes sir, sissignore, veniva da rispondere, poco prima che fossero inoltre spiegate le basic rules, le regole fondamentali da seguire durante la mattinata: "Please, focalizzate le vostre domande solo su quello che vedrete oggi". Ovvero: non sognatevi di chiederci le cose più interessanti del tipo "se verrà usata la pista al Dal Molin" o quant'altro. Durante il tour, tuttavia, il vice comandante della Ederle Gordon Davis si dimostra meno rigido: "La trasformazione della 173ma brigata in "Combat Team"? - risponde a proposito di un'espressione "da guerra" che in molti ha evocato paurose scene da film - Rimarrà tutto come prima: non ci saranno nuovi armamenti, bensì solo una riorganizzazione puramente formale della brigata". Come dire che bisogna, una buona volta, togliersi dalla testa i lanciarazzi e i caccia aerei dell'Espresso. Sfruttando a questo punto il momento favorevole per nominare finalmente la parola tabù, "Dal Molin", si azzarda un affondo con il consigliere politico Vincent Figliomeni: la caserma si fa o no? Domanda sbagliata, scatta l'allarme: dopo uno sbrigativo "noi i nostri pareri tecnici li abbiamo dati, ora devono sbrigarsela Hüllweck e Parisi", arriva una tirata d'orecchi a tutti: "Credevo ci fossimo intesi - tuona Figliomeni - per le domande che esulano da ciò che state vedendo (ovvero scuole o dormitori) prenotate un'intervista con il generale Helmick". Dopo qualche momento di tensione torna l'atmosfera gioviale che ha caratterizzato tutta la mattinata. Insomma: meglio godersi il tour. Ed è in effetti la prima volta che le porte della Ederle vengono aperte in modo così friendly, amichevole, e con un tour così intenso: prima le scuole, poi il centro di addestramento per il "Lion Shake", poi il centro studi, i nuovi alloggi militari, il centro di accoglienza per le famiglie e, per finire, la sede dell'emittente radiotelevisiva Afn. Ogni singola tappa per mostrare quante energie vengono spese per integrare gli statunitensi nella cultura italiana e vicentina: dai corsi intensivi di lingua, alle gite organizzate, alle trasmissioni sulle leggi italiane, le attività sono davvero molte. In definitiva, è stata un'occasione per dare il chiaro messaggio: vicentini, non avete stranieri in casa e non abbiamo alcuna intenzione di fare "cose losche" alle vostre spalle: "I rapporti sarebbero più chiari - ha ribadito Helmick - se solo ci conoscessimo meglio. L'Espresso? L'Italia è un paese libero e si può scrivere quello che si vuole. Io mi limito ai fatti". Ok sir, messaggio ricevuto.
Dopo il secondo gesto intimidatorio in stradella Piancoli, ancora solidarietà per la Porto. Poletto: «Estremismo cialtrone ma minoritario» Dopo il secondo attacco alla sede della Cisl in quattro giorni, «tutta la Cgil rinnova la propria solidarietà alla Cisl vicentina per gli atti vandalici che ieri hanno nuovamente colpito la sede». «La Segreteria della Camera del Lavoro - si legge in una nota -, a nome di tutta l'organizzazione, esprime la propria vicinanza a Franca Porto per i vili atti d'intimidazione perpetrati nei confronti della sua persona e dell'organizzazione che rappresenta. Intimidazioni e minacce come quelle indirizzate alla Cisl sono atti che non colpiscono mai una sola organizzazione ma feriscono indirettamente tutto il movimento sindacale e più in generale la democrazia e la libertà di opinione. La storia del sindacato confederale italiano è l'esempio migliore di convivenza di opinioni diverse, di libertà di espressione in un confronto libero e democratico». «Il rifiuto della prevaricazione, dell'intimidazione e della violenza - prosegue - è nel dna di Cgil, Cisl, Uil. Anche quando il confronto politico è stato vivace non è mai venuto meno il rispetto per le persone e per le opinioni diverse. Per questo la Cgil condanna con forza coloro che vorrebbero portare il confronto sul futuro della nostra città, per gli aspetti inerenti la vicenda "Dal Molin", sul terreno dell'aggressione personale e politica». Sul fatto interviene anche Luigi Poletto, capogruppo Ds in Consiglio: «Estremismo mascalzonesco e cialtronesco. Ma anche minoritario: per quanto la città sia lacerata sul caso Dal Molin il confronto si svolge entro le coordinate di un confronto serrato e a volte duro, ma democratico e rispettoso. Chi nasconde la propria pochezza morale dietro l'anonimato di scritte minacciose non rappresenta assolutamente pezzi di città, ma solo pulviscoli di inciviltà».
Quelli regolari sono 3456 e vivono in 1192 nuclei familiari. Scuole prese d’assalto Bassano città multietnica Immigrati vicini al 10 per cento della popolazione (r. f.) A Bassano, gli immigrati sono 3456 e vivono in 1192 nuclei familiari. Costituiscono più dell’8 per cento della popolazione residente e sono la sintesi di decine di etnie. La comunità straniera più numerosa è quella marocchina con 661 persone, seguita da quella albanese (288) e dalla rumena (246). Nel comprensorio bassanese, gli immigrati sono 11.080, ovvero il 6,3 per cento degli abitanti, molti dei quali gravitano in città. Secondo gli esperti e gli analisti, i dati sono destinati a crescere ulteriormente per effetto dei sempre più frequenti ricongiungimenti familiari; fra qualche anno, gli stranieri saranno il 10 per cento della comunità cittadina. Tra gli immigrati, infatti, aumenta sensibilmente di anno in anno il numero delle donne, dei minori e dei nuovi nati. Stando ai dati diffusi dall’assessorato ai servizi alla persona, che di recente sull’argomento ha promosso un incontro al quale hanno partecipato tutte le forze territoriali che a diverso titolo sono interessate dal fenomeno, su 126 matrimoni celebrati a Bassano nei primi nove mesi di quest’anno, con rito civile o religioso, 23 sono misti. Nei tre nidi comunali, soprattutto nell’asilo di via Chini, la presenza dei bimbi immigrati è sempre più forte: si è passati da 27 su 180 nel 2004 a 40 su 180 nel 2005. L’effetto si avverte anche nelle scuole dell’obbligo e alle superiori cittadine. Gli alunni iscritti agli istituti bassanesi per l’anno scolastico 2005-2006 erano in totale 892, contro i 739 della precedente annualità. Scendendo nel dettaglio, 161 frequentavano le materne pubbliche, 239 sedevano sui banchi delle elementari, 154 su quelli delle medie e 338 erano gli iscritti alle superiori. «Parlando di minori, tra i problemi più sentiti c’è quello dell’alfabetizzazione - ha rilevato l’assessore ai servizi alla persona Federico Finco - molti bimbi e adolescenti immigrati arrivano sui banchi di scuola senza conoscere una parola d’italiano. La barriera linguistica ostacola fortemente il loro inserimento nella comunità scolastica e in quella sociale. Ma mette in difficoltà anche gli insegnanti. Per questo motivo, nell’ambito del progetto comprensoriale "Convergenze interculturali" abbiamo privilegiato l’aspetto dell’integrazione degli adolescenti con la promozione di attività di alfabetizzazione destinate agli alunni immigrati frequentanti la scuola dell’obbligo e corsi specifici per i cittadini italiani coinvolti nei programmi di integrazione sociale e scolastica. Interventi dove la figura del mediatore culturale ha avuto un ruolo di primo piano». |