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16 SETTEMBRE 2005 dal Giornale di Vicenza
Chi paga la moschea? Verifica sulle “offerte”
Gli accertamenti degli investigatori di questura e Finanza di Ivano Tolettini Da dove arrivano i soldi per il tempio di Allah a ponte Alto? Autofinanziamento o rimesse dall’estero? In questo secondo caso da quali nazioni arabe? Il progetto della grande moschea a Vicenza divide le forze politiche, interroga l’opinione pubblica ed alimenta interrogativi anche tra gli inquirenti che vogliono saperne di più. Soprattutto da dove vengono i quattrini che finanzieranno l’iniziativa religiosa-culturale. Non solo, i musulmani vicentini hanno preso in affitto il capannone di Ponte Alto, oppure hanno intenzione per il futuro di comprarlo o addirittura, come qualcuno sussurra, hanno già sottoscritto un preliminare per acquistare l’immobile per svariate centinaia di migliaia di euro? Il tipo di domande, considerando i tempi e il quadro internazionale, prevede un accertamento patrimoniale. L’obiettivo degli investigatori è quello di verificare il flusso finanziario. Si tratta di accertamenti di routine, che in particolari momenti acquistano un significato ancora più strategico. Libertà, pluralità e tolleranza religiosa sono valori assodati nell’Occidente laico di matrice cristiana, ma l’impetuoso avanzare dell’islam e del pericolo dell’estremismo, col suo fardello terroristico che potrebbe proliferare all’ombra dei centri di cultura e dei templi innalzati ad Allah, impongono non solo riflessioni, ma anche adeguate contromisure a livello d’intelligence. Per questo da quando il dibattito sulla nuova moschea è rimbalzato con forza sulle pagine dei giornali, in procura e in questura, e non potrebbe essere altrimenti, si è rinnovata l’analisi di quello che sta avvenendo con un occhio particolare alle fonti dei finanziamenti. Guardia di Finanza e Digos acquisiscono informazioni periodiche sull’universo musulmano nostrano, come del resto è comprovato dalle ripetute inchieste coordinate dalla Direzione distrettuale antiterrorismo di Venezia. Al centro delle verifiche non ci sono solo i flussi di denaro, importanti per capire chi manovra che cosa. Quando nel gennaio 2004 scattarono anche in città i fermi, tuttora al vaglio dei magistrati d’appello, nei confronti di due algerini considerati appartenenti al gruppo salafita per la predicazione e il combattimento, si parlava di collegamenti con l’organizzazione terroristica di Al Qaeda di Bin Laden. Una tesi, questa, che venne respinta dai diretti interessati, per i quali le riviste integraliste trovate in loro possesso ed altri documenti ritenuti compromettenti dai carabinieri, erano stati comperati in epoche non sospette, prima che il mondo si incendiasse con l’attacco alle torri gemelle. Del resto tra gli inquirenti c’è la convinzione che uno stato occidentale, dopo l’11 settembre, ha il sacrosanto diritto di sapere anche dove i musulmani ricavano i soldi per innalzare le loro moschee dopo che altrove, per esempio in Inghilterra, sono cresciuti i futuri terroristi. Non è una pregiudiziale contro l’islam, ma un doveroso realismo nei confronti di frange oltranziste - sul fatto che siano minoranze non c’è dubbio - che coltivano una lettura integrale e non tollerano la reciprocità. Cioè che i cattolici professino il loro credo a casa loro, come ha ricordato con la consueta lucidità d’analisi il vescovo emerito Pietro Nonis. Certo, l’imam Touhami Quelhazi, guida morale e religiosa della comunità islamica di Vicenza, è persona integrata ed ha sempre fatto professione di equilibrio e diplomazia. Crede e auspica che i seguaci di Maometto possano vivere in armonia con i fratelli cristiani perché integrati e non integralisti. Al di là delle parole di principio degli esponenti islamici, anche se importanti, negli ambienti giudiziari resta la convinzione che alla libertà religiosa si affianchi la doverosa trasparenza sulle fonti di finanziamento. Digos e Tributaria lavorano per capirlo. Non sempre è facile, perché le triangolazioni estere sono talvolta complicate per far perdere appositamente le tracce.
L’imam: «Abbiamo tutte le autorizzazioni» Il Comune è dubbioso «Cosa facciamo? Acquistiamo un capannone, spendiamo soldi per ristrutturarlo e metterlo a norma senza avere la certezza che quello diventerà il nuovo centro islamico per gli immigrati della città? No, non siamo così sprovveduti, il Comune può sostenere quello che vuole, ma in quell’area possiamo fare una scuola, un centro e possiamo pregare, altrimenti non ci saremmo mai imbarcati in quest’avventura che per noi è diventata una necessità visto il numero di musulmani che ci sono in città». L'imam di Vicenza, Touhami Quelhazi non ha dubbi al riguardo e risponde così alle dichiarazioni dell’assessore all’edilizia privata Michele Dalla Negra, il quale ha sostenuto che in città non sorgerà alcuna moschea. Ma va fatta una precisazione: la costruzione di moschee è frutto di accordi bilaterali tra gli Stati che la chiedono e la ospitano e in Italia ce ne sono solamente due: a Catania e Roma, per cui il termine non è corretto e bisognerebbe parlare di centri culturali islamici, infatti con questa dicitura sono stati aperti tutti quelli che ci sono in provincia e in giro per l’Italia. «Per quanto mi riguarda - sostiene l’assessore Dalla Negra - quello su cui stanno lavorando in via Vecchia Ferriera è un capannone destinato a magazzino. In Comune non è arrivata alcuna richiesta di cambio d’uso. A quel punto, se ci arriverà una richiesta, affronteremo il problema, prima no. Sarebbe solo un processo alle intenzioni che porterebbe a sterili discussioni, senza dimenticare che il problema esiste e che va affrontato. Ma solo compatibilmente con quanto la legge prevede, adesso non possiamo dire nulla se non che quel capannone è un magazzino». Insomma, ci sono due versioni diverse: da una parte l’iman sostiene che le autorizzazioni ci sono tutte dall’altra il Comune prende tempo, considerando, però, che il problema esiste. Nel frattempo nell’agone politico si scatenano i detrattori, fra tutti la leghista Franza Equizi che ha presentato un domanda d’attualità per sapere come l’Amministrazione intende muoversi per impedire l’apertura della moschea. E sulla stessa lunghezza d’onda il vicesegretario provinciale dei leghisti, Alberto Filippi che in un comunicato puntualizza come questi luoghi di culto siano utilizzati per altri scopi «soprattutto per ospitare persone vicine al mondo degli estremisti o dei terroristi».
Il dibattito (a. t.) «Non c’è differenza tra islam moderato e islam estremista». «Le moschee e i centri culturali islamici sono centri di istigazione al terrorismo e reclutamento di kamikaze». «Se i musulmani vogliono pregare, preghino a casa loro o si acquistino un’area destinata a luogo di culto e si costruiscano la loro moschea». Detto e firmato: Franca Equizi, consigliera comunale leghista. «Non si può aprire le porte a chi viene a lavorare nel nostro paese e poi negargli la possibilità di pregare». «L’Amministrazione comunale operi per promuovere la costituzione di luoghi di culto di tutte le religioni, nel rispetto delle regole, perché è la tolleranza che ci divide dal fondamentalismo». «È vero che in alcune moschee è stato predicato l’estremismo. Per questo è importante la vigilanza. Ma bene ha fatto il ministro Pisanu a istituire la consulta dell’islam in Italia». Replicato e sottoscritto: Luigi Poletto, capogruppo dei Ds. È riassunto in questo batti-e-ribatti tra virgolette il confronto che ieri sera in sala Bernarda ha brevemente affrontato la questione della moschea che è in adattamento in zona industriale, in un capannone attualmente usato come magazzino e per il quale il Comune ha avuto finora solo una richiesta di sistemazione degli impianti termoidraulici. E le diverse valutazioni dell’Equizi e di Poletto sono anche il riassunto delle posizioni emerse negli ultimi giorni in città, dopo che sul “Giornale di Vicenza” è stata pubblicata la notizia dell’ipotizzata moschea in via Vecchia Ferriera. A sua volta l’assessore forzista all’edilizia Michele Dalla Negra è tornato a precisare lo stato burocratico e le valutazioni politiche in Comune: «Non sono per le guerre di religione, ma per il rispetto delle norme. Abbiamo appreso dalla stampa che lì ci dovrebbe essere prossimamente una moschea. Ma la destinazione d’uso del capannone a luogo di culto non c’è e non ci sarà, fosse per una chiesa, una sinagoga o una moschea. Non so se verrà presentata la richiesta di cambio urbanistico, ma non sarà certo accettata per una destinazione al culto. Sono possibili escamotage per aggirare la normativa? Saremo vigili». L’Equizi avrebbe voluto che sul “caso moschea” il consiglio sviluppasse un confronto politico ampio, da concludere con un “no” a ogni ipotesi sul capannone trasformato in luogo di preghiera e con un “ordine” impartito all’Amministrazione per far chiudere i locali di via dei Mille dove si ritrovano da anni i musulmani («perché non è in regola»). Ma lei e i leghisti sono stati lasciati soli: hanno deciso di negarle il dibattito anche gli alleati Forza Italia, Udc e Alleanza nazionale.
Beppe Grillo dopo il sequestro del computer a un vicentino «Scaricate i miei film Ma non rivendeteli» «Mi dispiace per lui, sono arrabbiato con eBay» di Ivano Tolettini
«Mi spiace per Alessandro. Belin, doveva svegliarsi prima. Io sono per la condivisione dei miei spettacoli. Mai avrei voluto che gli fosse sequestrato il computer, ma dopo avere avvertito eBay per tre quattro volte che togliessero dalla vendita su internet il mio film riprodotto illegalmente, i miei avvocati hanno presentato un esposto in procura ad Alessandria. Che cosa avreste fatto al posto mio?»
Le due del pomeriggio. Il Beppe Grillo nazionale è in forma. Il comico-fustigatore italiano più popolare che riscuote travolgente successo di pubblico e critica per la ruvidità senza compromessi contro il potere con la “P” maiuscola, al telefonino è simpatico e coinvolgente come sul palcoscenico. Uno spasso.
È stato lui a chiamare da Cagliari, dove si trova in tour per chiarire il motivo della denuncia che qualche settimana fa ha spinto la polizia a presentarsi in casa di Alessandro B., studente vicentino di 19 anni che abita in corso Padova, a sigillare il suo apparato elettronico.
Progetto “Porta aperta” Emergenza povertà sono 5086 le notti dei “senza dimora” L’assessore Piazza: «Da qualche anno sono in aumento gli arrivi di italiani e stranieri in stato di estrema necessità e senza lavoro» di Chiara Roverotto Un’emergenza, una delle tante che l’assessorato agli Interventi sociali deve affrontare ogni giorno. Un’emergenza costosa, anche se è la Regione a stanziare la maggior parte dei finanziamenti. Ma, soprattutto, un’emergenza difficile, complessa che riguarda persone senza fissa dimora: vicentini e non. Barboni, ma anche giovani disoccupati, abbandonati dalla famiglia e che hanno perso la fiducia in loro stessi. Oppure ex carcerati o tossicodipendenti che si vogliono dare un’altra possibilità, che sperano di trovare una... “Porta aperta”. Ed è proprio questo il nome del progetto del Comune che va avanti dal 2001 e che in questi anni ha conosciuto un escalation non indifferente. Basta dare un’occhiata alle affluenze che ci sono state all’albergo cittadino per avere un quadro della situazione. Solo nel 2004 i pernottamenti in viale San Lazzaro sono stati 5.086 con oltre 100 persone che si sono presentate. Molti di più quelli di via dei Mille, dove ci sono alcuni appartamenti per la seconda fase del recupero, con oltre 6 mila pernottamenti e 151 persone accolte. Un’emergenza in crescita alla quale gli operatori del Comune vogliono dare una risposta anche nell’ambito di quel tavolo delle povertà aperto da tempo anche con le parrocchie. «Da qualche anno - spiega l’assessore al Sociale, Davide Piazza - in città arrivano parecchie persone italiane e straniere in stato di povertà estrema o senza fissa dimora alla ricerca di un lavoro per sopravvivere. Un disagio sociale rilevante per il quale ci siamo dovuti rimboccare le maniche e dobbiamo continuare su questa strada». Come? Il progetto presentato ieri, nel corso di una conferenza stampa, prevede nella prima fase la creazione di un’unità di strada con operatori adeguatamente formati per un aggancio precoce degli utenti lungo le vie della città. «E ancora momenti di ascolto delle persone in difficoltà - aggiunge Piazza - per l’inizio di quella che possiamo definire una relazione di aiuto. Senza dimenticare che provvediamo subito alla fornitura di generi alimentari e di conforto. Poi, le persone verranno accolte nelle strutture di accoglienza: l’albergo cittadino, piuttosto che gli appartamenti di via dei Mille dove inizierà un percorso di recupero. Daremo assistenza anche a quelli che arriveranno da altri Comuni con i quali ci metteremo in contatto per gestire con più incisività il fenomeno». Per quest’anno il progetto la “Porta aperta” potrà contare su oltre 284 mila euro (dalla Regione ne arriveranno 76 mila), soldi che serviranno per l’accoglienza, per gli operatori e per tutta quella rete di servizi che si devono attrezzare per gestire il progetto. L’inverno scorso con la Croce Rossa il Comune aveva firmato una sorta di convenzione per distribuire coperte e bevande calde per tutti quelli che dormivano all’aperto perché non trovavano posto alla Caritas o in altri ricoveri. Molti a detta degli operatori, un segnale inconfutabile che mette in rilievo quanto il problema della povertà estrema sia sentito in città. La denuncia, peraltro, venne fatta dalla Caritas alcuni anni fa e da allora il fenomeno è cresciuto al punto che molti fondi sono stati destinati al recupero di queste persone. Ieri, intanto, sono iniziati i lavori all’albergo cittadino di viale S. Lazzaro: i posti letto diventeranno quaranta, alcuni dei quali saranno riservati alle donne e verranno distribuiti 40 pasti alla volta in più turni sulla base delle esigenze che ci saranno. Per l’ampliamento della struttura sono stati messi in preventivo 500 mila euro e a già a partire da quest’inverno ci saranno posti letto in più. «“Porta aperta”- conclude l’assessore - sarà comunque in rete con tutte le altre strutture; il Mezzanino piuttosto che il centro Faustino e naturalmente la Caritas».
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