La clamorosa protesta degli avvocati «Il tribunale di Vicenza deve fallire»
Il presidente dell’Ordine Lucio Zarantonello: «I numeri sono da insolvenza della giustizia»
Vicenza è l’emblema della Caporetto della giustizia in Italia. Da fallimento. Se il popolo, che è il comitato dei creditori per eccellenza, fosse chiamato a pronunciarsi non potrebbe che mandare tutti a casa. Demagogicamente. Per questo la domanda di fallimento del tribunale è una protesta volutamente provocatoria, clamorosa ed unica nel suo genere.
Ma i numeri, come spiega il presidente dell’Ordine degli avvocati Lucio Zarantonello, sono obiettivamente da bancarotta della giustizia. Solo 16 giudici civili tra Vicenza e la sede distaccata di Schio per gestire quelli che al 31 dicembre di un anno fa erano 48500 procedimenti. E nel corso del 2006 la situazione è peggiorata. Non foss’altro perché il personale amministrativo che è andato in pensione non è stato sostituito.
Poiché di recente si è arrivati a rinvii di cause anche di 3 anni (2009, oh yes!), com’è accaduto a Schio, ecco che le associazioni che formano la spina dorsale dell’avvocatura hanno preparato un’istanza che non ha precedenti nella storia giudiziaria italiana. Hanno presentato l’istanza di fallimento della «giustizia a Vicenza». Sì, avete letto bene.
Se il tribunale fosse giudicato con i parametri utilizzati per analizzare un’azienda privata, dovrebbe essere chiuso perchè non è in grado di assicurare una risposta adeguata alle domande che salgono dal popolo. La sua missione è fallita. Del resto, una giustizia lenta e inadeguata, è la negazione della giustizia, dunque è il fallimento del servizio. Da chiudere e ripartire da zero.
Così ieri mattina pochi minuti prima di mezzogiorno gli avvocati Caterina Evangelisti, Claudio Mondin, Mario Zezza, Claudio Cataldi e Francesco Landi, dopo avere raccolto per due ore le firme di colleghi, cittadini e professionisti di altre categorie, hanno depositato un’istanza con una settantina di firme «affinché il tribunale adito - previ gli adempimenti di rito - dichiari lo stato di insolvenza della Giustizia di Vicenza, adottando tutti i provvedimenti del caso».
Non appena la cancelleria ha ritirato l’atto ed ha rilasciata la ricevuta dell’avvenuto deposito, l’avv. Landi, dall’alto dei suoi 84 anni portati con invidiabile leggerezza, ha commentato: «Lo so che a tanti sembrerà una boutade, ma qui si è veramente al collasso. Le risposte sono del tutto insufficienti. L’impegno dei giudici e del personale da solo non basta, anche perché la mole di lavoro si appesantisce e il quadro ogni mese che passa peggiora». Insomma, il paziente giustizia è trapassato.
Che cosa accadrà adesso quando il presidente reggente Giuseppe Bozza - costretto da più di un anno a cantare e portare la croce in attesa del successore di Pafundi -, vaglierà il “ricorso per la dichiarazione di fallimento”?
«Francamente non sappiamo - spiega l’avv. Mondin -. Potrebbe dichiararlo inammissibile e irricevibile oppure, come speriamo, trasmetterlo al ministero di Grazia e Giustizia affinché il guardasigilli Mastella si renda conto in che situazione siamo. Noi avvocati che patrociniamo le cause civili non sappiamo più che cosa rispondere ai clienti. In fondo, a leggerla bene, questa iniziativa dimostra il nostro grande attaccamento all’istituzione».
Non è mancato chi tra gli avvocati, in una giornata di notevole afflusso per le tante udienze ai vari piani del palazzo, ha storto il naso davanti a una decisione che è stata considerata dal sapore goliardico. Tenuto conto che i professionisti che ci hanno messo la faccia sono tutt’altro che dei goliardi, i commenti sono stati soprattutto favorevoli.
«Non c’è dubbio - spiegava Zezza parlando con un collega - che il dissesto si è andato progressivamente aggravando nel tempo, perché la scarsità di mezzi e risorse umane è sotto gli occhi di tutti. Le statistiche collocano il nostro tribunale all’ultimo posto in Italia nel rapporto tra numero di abitanti e numero di magistrati e impiegati: è possibile tutto questo?»
L’istanza prefallimentare si compone di tre pagine in cui sono sviluppati i punti del disastro. «Che cosa vuole che facciamo - spiega Cataldi -, dobbiamo ricorrere anche a queste forme di protesta per potere dire di avere fatto il proprio dovere fino in fondo. Gli avvocati hanno a cuore il sistema giustizia. Lo dimostriamo anche con queste iniziative all’apparenza estemporanee».
Il presidente Zarantonello snocciola le cifre del fallimento. L’indulto, anche se riguarda il versante penale, è stata la classica goccia che ha fatto deragliare il pianeta giustizia. Non si era mai avvertito un senso di disagio così profondo. Mancano i giudici, non c’è personale, i fondi sono stati tagliati e di conseguenza lo scenario che è davanti a tutti è sconfortante.
Che cosa fare per uscire da un simile pantano? Nessuno finora ha saputo proporre una medicina adeguata. «Se pensiamo che per bocca del suo massimo rappresentante, il presidente del tribunale reggente Bozza - conclude Zarantonello -, anche di recente è stato ricordato che una causa civile può durare in media anche 8, 9, 10 anni, ci rendiamo conto che bisogna trovare una risposta straordinaria. Senza una macchina della giustizia che in qualche modo funziona, uno Stato moderno non può dirsi tale. A Vicenza, e lo diciamo con amarezza, la giustizia è fallita. Qui non è un discorso né di destra né di sinistra. A Roma è ora che se ne rendano conto per davvero»