«Impossibile chiudere i poli»
«I tempi per ottenere il permesso di soggiorno si allungano perché c'è stato un picco, dovuto ai rinnovi della sanatoria e ai nuovi ingressi in Italia che hanno fatto aumentare le richieste del 44 per cento. Chiudere i poli significa, di fatto, allungare ancora più i tempi, anche perché la convenzione su scala nazionale con le poste, che doveva partire in giugno, è slittata sulla carta ad ottobre e non si sa con certezza quando e come partirà. Il rischio è quello di trovarsi scoperti, senza né poli né poste».
La posizione della questura in merito alla chiusura dei “poli per l'immigrazione”, paventata dai Comuni che fanno parte dell'iniziativa con una lettera al prefetto, è chiara. I tempi sono più lunghi perché maggiore è il carico di lavoro, e non vi è possibilità concreta di aumentare significativamente l'organico dell'ufficio immigrazione a causa dell'annosa carenza di personale della polizia vicentina. Far cessare l'attività dei poli - che fino ad oggi hanno rappresentato un modello di riferimento per tutta Italia - vorrebbe dire gravare ancor più sulla questura stessa e, di fatto, sugli stranieri.
Due recenti riforme hanno reso più comoda, peraltro, l'attesa di un rinnovo del permesso di soggiorno. Da giugno, infatti, il questore Dario Rotondi concede la proroga del permesso fino alla data dell'appuntamento per ricevere quello nuovo; in agosto, poi, la Gazzetta ufficiale ha pubblicato la cosiddetta "Direttiva Amato", con cui il ministro dell'Interno certifica come la ricevuta della domanda del rinnovo vale tanto quanto il permesso. In concreto: l'immigrato è in regola, con gli stessi diritti che aveva prima, fino a quando non ha in mano l'agognato documento. I mesi di attesa sono dunque "coperti", e tutti i Comuni, gli enti, le associazioni di categoria - alle quali la questura lo ha comunicato - devono adeguarsi a queste disposizioni ministeriali.
I comuni di Vicenza, Bassano, Schio, Chiampo, Arzignano e Tezze sul Brenta, come ha spiegato l'assessore berico agli Interventi sociali Davide Piazza, hanno scritto al prefetto Mattei affinché trovi una nuova forma di collaborazione con la questura, accusata di vanificare con i ritardi l'impegno anche economico delle amministrazioni locali.
I Comuni, inoltre, hanno precisato che gli immigrati si lamentano con loro per i tempi lunghi. Nei mesi scorsi, però, quando da Roma era stata avanzata l'ipotesi di affidare il servizio di raccolta dei documenti per il rinnovo del permesso alle poste, era stata verificata la possibilità di promuovere il modello vicentino (i poli, struttura rara in Italia ed estremamente funzionale) come alternativa. Un progetto che avrebbe potuto essere curato dall'Anci, ed in merito al quale l'onorevole Mauro Fabris aveva scritto al vecchio governo. Di quell'idea, però, non si è fatto più nulla: ora, con la chiusura dei poli - che dovrebbero cessare l'attività a fine dicembre - e con l'accordo con le poste ancora da definire, i disagi per gli stranieri potrebbero aumentare considerevolmente, anche se restano “coperti” e rispettati nei loro diritti. Se il picco di richieste degli ultimi mesi sta per essere superato, una soluzione per il futuro potrebbe giungere dalla chiusura della scuola di polizia, che garantirebbe alla questura personale in più. «Se il meccanismo dei poli funziona - aveva scritto Fabris all'ex ministro dell'Interno - non ha senso modificarlo.
È con la collaborazione e la sinergia, senza accuse reciproche o particolarismi, che si risolvono i problemi». Tempo per chiudere il caso in maniera positiva per gli stranieri, fino a dicembre, ce n'è ancora.
Ore più lunghe, il Rossi si ribella
Sciopero e traffico bloccato
Contestata la preside Biondi
di Anna Madron
Sono scesi in strada, hanno fermato il traffico e protestato tra striscioni e slogan.
È stata una manifestazione massiccia quella di ieri mattina al Rossi, rumorosa e impossibile da non notare, visto il nutrito corteo di ragazzi che hanno deciso di disertare le lezioni - appena il 10-15% è entrato in classe - protestando in modo vistoso contro la scuola e la dirigente Zeila Biondi. Ma anche moltissimi docenti, a quanto raccontano i ragazzi, non condividono le nuove decisioni della preside.
Motivo della querelle, che tra l’altro coincide con il primo sabato dell’anno scolastico, giorno in cui per “tradizione” i ragazzi incrociano le braccia, è la modifica dell’orario che aggiunge una manciata di minuti a quello in vigore in passato.
In sostanza se la prima campanella quest’anno suonerà come sempre alle 7.45, l’ultima verrà invece posticipata alle 13.35 (anziché alle 13.15). Venti minuti in più che erano già stati deliberati dal collegio docenti qualche giorno addietro, fa sapere il vicepreside Giorgio Spanevello, che sottolinea come la recente circolare del direttore generale Carmela Palumbo sul rispetto dei sessanta minuti di lezione, là dove “cause di forza maggiore” non lo impediscano, non sia strettamente legata alla decisione presa al Rossi.
Tutto è nato, piuttosto, da una lettera con la quale la preside Biondi ha interpellato le aziende di trasporto, Aim ed Ftv, per capire quando, dal loro punto di vista, sarebbe stato più opportuno terminare le lezioni al Rossi, scuola caratterizzata da grandi numeri e da un’utenza che arriva gran parte da fuori città, servendosi non solo degli autobus ma anche delle corriere.
Alle 13.35, è stato il responso di Aim e Ftv, tutt’altro che ignorato. Anzi, messo subito in pratica con l’aggiunta, appunto, di quei venti minuti che portano le ore di lezione a 55 minuti. Senza obbligo di recupero per gli insegnanti, dato che i 60 minuti caldeggiati dalla circolare regionale sarebbero impossibili da attuare e si scontrerebbero con le già citate cause di forza maggiore, in altre parole con le carenze del servizio trasporti.
«Ci siamo mossi in maniera autonoma rispetto alle altre scuole - spiega Spanevello - cercando un’intesa con la controparte che non è mai stata raggiunta durante i numerosi incontri organizzati in Comune alla presenza dell’assessore Cicero e degli altri dirigenti».
Se l’accordo non arriva, dunque, meglio cercarselo da soli.
E così il Rossi ha fatto, confrontandosi direttamente con i propri interlocutori in materia di strade e mezzi di trasporto. «Uscendo alle 13.35 gli studenti trovano subito gli autobus e non aspettano - afferma Spanevello - anche se chi abita in provincia gioco forza torna a casa più tardi».
Uscire di scuola dopo l’una e trenta, tenuto conto che il 70% dell’utenza del Rossi arriva da fuori, significa per tanti giovani rincasare sicuramente dopo le 14 e magari più verso le 15 per chi deve recarsi in stazione e da lì salire su una corriera Ftv diretta a Montebello o a Noventa.
Di qui i malumori dei ragazzi che ieri mattina si sono fatti sentire prima davanti all’istituto e poi lungo le vie limitrofe dove sono transitati in massa, bloccando il traffico e creando non pochi disagi a chi a quell’ora si trovava a passare da quelle parti.
Intanto nell’istituto di via Legione Gallieno ad ogni singolo studente è stato consegnato un modulo da compilare, relativo al luogo di residenza e ai mezzi utilizzati, che poi verrà esaminato dalla scuola insieme alle aziende di trasporto. «Per capire - conclude il vicepreside - e possibilmente andare incontro ad esigenze particolari, soprattutto di coloro che abitano in zone poco servite dai mezzi pubblici. Per il momento, comunque, qualsiasi richiesta di uscita anticipata verrà soddisfatta, e così anche in futuro, se ci saranno ragazzi per i quali il nuovo orario costituirà davvero un problema insormontabile».