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18 MARZO 2005 dal Giornale di Vicenza
Spunta il giallo della fidejussione
Spunta il giallo della fidejussione di Chiara Roverotto Il sipario sul teatro di viale Mazzini non si è ancora alzato, ma i colpi di scena non mancano. Anzi, ad onor del vero non sono mai mancati in questi ultimi mesi. Non è trascorso un giorno in cui nel cantiere più importante della città non accadesse qualcosa: scioperi, creditori ai cancelli, utenze non pagate e poi “misteriosamente” riallacciate nel giro di poche ore.E ancora presidi sindacali, manifestazioni lungo le vie del centro, ricorsi al pretore del lavoro con relative sentenze. Rispetto a due mesi fa, comunque, la situazione è cambiata: l’Amministrazione comunale ha deciso la rescissione del contratto con la Cogi, ora si attendono le contromosse di Coccimiglio, quindi dal 5 aprile il cantiere dovrebbe essere libero. In sostanza l’impresa di Firenze dovrebbe ritirare dall’area di viale Mazzini tutto il materiale edile di sua proprietà e poi si dovrebbe procedere o con un subentro (la prima della lista nel vecchio bando rimane la Vittadello di Limena) oppure con un nuovo appalto. Come si diceva, al copione si aggiungono nuovi colpi di scena e l’ultimo riguarda la fidejussione “versata” dalla Cogi al momento della firma e poi la penale quantificata dal direttore dei lavori attorno ai 480 mila euro. Ma andiamo con ordine, partendo dalla fidejussione: l’altro giorno sia il direttore dei lavori, l’ing. Mario Gallinaro, sia l’assessore ai Lavori pubblici Carla Ancora sulle pagine del nostro Giornale hanno affermato che la garanzia prestata dalla Cogi è pari al dieci per cento del valore dell’appalto come previsto dalla legge Merloni. Però i conti non tornano e basta dare un’occhiata al “capitolato speciale d’appalto del progetto esecutivo del teatro di Vicenza” per rendersene conto. All’articolo 31, che porta il titolo garanzia fideiussoria o cauzione definitiva, infatti si legge testualmente che «ai sensi dell’articolo 30, comma 2 della legge 109 del 1994 è richiesta una garanzia fideiussoria, a titolo di cauzione definitiva, pari al 10 per cento dell’importo contrattuale; qualora l’aggiudicazione sia fatta in favore di un’offerta inferiore all’importo a base d’asta in misura superiore al 10 per cento, la garanzia fideiussoria è aumentata di tanti punti percentuali quanti sono quelli eccedenti la predetta misura percentuale ». In sostanza l’articolo di legge è molto chiaro: « se il ribasso d’asta è superiore al 10 per cento, la garanzia fidejussoria è aumentata di tanti punti percentuali quanti sono quelli eccedenti il 10% . Ove il ribasso sia superiore al 20 per cento, l’aumento è di due punti percentuali per ogni punto di ribasso superiore al 20 per cento» . Quando vennero aperte le buste delle offerte nel settembre del 2002, ne vennero ammesse sette di cui due eccedenti la “soglia di anomalia” pari ad un ribasso del 21,3191 % e altre cinque inferiori a questa soglia non superarono la verifica in contradditorio, non riuscendo a dimostrare la congruità economica dei prezzi proposti. A seguito dall’esclusione per anomalia dei primi due concorrenti la prima offerta utile risultò quella della Cogi spa con un ribasso del 21,166 per cento. Quindi sulla base di quanto previsto dal capitolato la Cogi avrebbe dovuto prestare una garanzia di 2 milioni, 964 mila e 952 euro, mentre ha “versato” 1 milione e 482 mila euro, centesimo più centesimo meno, per cui meno della metà. Senza considerare che nel primo conteggio fa fede il 21 per cento mentre se si dovesse calcolare il 21,166% si andrebbe a 3.009.696, 17. Perché alla Cogi non sono stati chiesti i soldi che erano previsti dal capitolato? Ma non è finita: un altro punto interrogativo riguarda il calcolo della penale che il direttore dei lavori dovrebbe applicare nel momento in cui le opere previste non vengono realizzate. « Nel caso di mancato rispetto del termine indicato per l’esecuzione delle opere - si legge nel capitolato - per ogni giorno naturale consecutivo di ritardo nell’ultimazione dei lavori viene applicata una penale pari all’1 per mille dell’importo contrattuale ». L’applicazione delle penali parziali rispetto al cronoprogramma che il Comune dice di voler applicare ora non hanno più molto senso visto che il contratto non è più in corso di esecuzione, ma è stato risolto per cui dovrebbero essere contati i giorni di ritardo effettivi. Da ricordare che la Cogi nei mesi scorsi aveva chiesto una proroga di 203 giorni visto che - a suo avviso - aveva eseguito opere che non erano previste dal capitolato. Ma la commissione collaudatrice al riguardo era stata molto chiara: nella relazione inviata al responsabile del procedimento lo scorso 3 febbraio, firmata dall’ing. Luigi Chiappini, si sostiene che il ritardo massimo poteva essere quantificabile in 20-40 giorni. Se, finora, si è sempre detto che i ritardi ammontavano a circa sei mesi per cui 200 giorni e se da questi si dovessero togliere i 40 riconosciuti dalla commissione ne resterebbero 160. Se l’importo dell’appalto con la Cogi è 13 milioni 477 mila euro, la quota giornaliera ammonterebbe a 13.400 euro che moltiplicati per cento farebbero già un milione e 400 mila euro. E tutto questo ci riporta all’articolo 19 del capitolato che cita: « L’eventuale ritardo dell’appaltatore rispetto ai termini per l'ultimazione dei lavori o sulle scadenze esplicitamente fissate allo scopo dal programma temporale superiore a cento giorni naturali consecutivi produce la risoluzione del contratto ». Insomma, il contratto con la Cogi poteva essere risolto ancora qualche mese fa.
«In cantiere non entra nessuno fino al 5 aprile» di Gian Marco Mancassola Il canto del cigno di Giuseppe Coccimiglio e della sua Cogi, l’impresa che avrebbe dovuto costruire per intero il nuovo teatro, è rimandato al 5 aprile. Ieri sera il consiglio comunale ha ospitato il dibattito più volte rinviato sul cantiere fantasma di viale Mazzini e alla fine autoconvocata dall’opposizione: ma della Cogi non si è visto nessuno. Al dibattito non sono stati ammessi nemmeno un rappresentante dei lavoratori e il direttore dei lavori. Il 5 aprile andrà in scena il contraddittorio fra l’impresa e il Comune, dopo che palazzo Trissino ha deliberato la scorsa settimana di chiudere con l’appaltatrice. Fino ad allora - ha chiarito l’assessore ai lavori pubblici Carla Ancora - nessuno potrà toccare alcunché, dentro l’area recintata. Sul fronte politico, sono state smentite le maliziosità della vigilia, che davano per incerta la presenza di buona parte della maggioranza. Il numero legale è stato garantito sin dal primo appello, con una piccola rappresentanza di operai del cantiere a far da spettatori. E dopo una riunione preventiva di due ore mercoledì sera, la maggioranza è andata avanti a testa bassa, compatta, bocciando i cinque ordini del giorno proposti dall’opposizione, ispirati soprattutto dalle preoccupazioni per il futuro degli operai e per il futuro del cantiere e dei rapporti con i prossimi appaltatori. Il canovaccio della piece consiliare si è dipanato su due leit motiv : da un lato l’opposizione ha riversato al microfono tutte le critiche per il ruolo giocato dall’Amministrazione nella gestione della gara, nell’aggiudicazione dell’appalto e nel controllo del cantiere; dall’altro il centrodestra, attraverso le sue diverse anime, che ha rintuzzato gli attacchi, difendendo sindaco e Giunta, criticando la normativa che lega le mani agli amministratori e relega le Amministrazioni pubbliche alla buona o cattiva sorte. «La vicenda - ha dichiarato il capogruppo dei Democratici di sinistra, Luigi Poletto - può essere letta come la metafora della disfatta dell’amministrazione, della sua incapacità di governare la città. Sono molti mesi che disfunzioni e ritardi e comportamenti lesivi dei diritti dei lavoratori si succedono in una sequenza da brivido senza che l’Amministrazione sia intervenuta con la necessaria decisione, con la necessaria ruvidezza». Poletto, con il compagno di partito Antonio Dalla Pozza, ha poi respinto la teoria del complotto o dello spiritello maligno. Giovanni Giuliari, di Vicenza capoluogo, ha mostrato perplessità per la gestione dell’affidamento dell’appalto, pur apprezzando la cura e il rispetto delle norme al momento della chiusura del rapporto con la Cogi. Per Ciro Asproso (Verdi) serve una nuova gara d’appalto e la costituzione di una commissione d’indagine. A scanso di equivoci, la minoranza ha tuttavia ribadito a più riprese che il cantiere va portato a termine e nel più breve tempo possibile, come chiarito da Marino Quaresimin della Margherita: dopo tutta questa spesa, sarebbe assurdo abbandonare il cantiere al suo destino. Nella sua relazione, l’assessore Ancora ha ribadito la regolarità della gara d’appalto e del lavoro della commissione di gara, controfirmato anche dal Tar di fronte al ricorso di una delle imprese escluse. «La Cogi risultò in possesso di tutti i requisiti previsti dal bando e dalla legge sui lavori pubblici». La penale applicata, di 460 mila euro, è dovuta al ritardo quantificato in 120 giorni, ha concluso l’assessore. Una linea sposata anche dal forzista Ivo Radivo Furlan, che ha respinto l’idea che si sia trattato di una disfatta dell’Amministrazione: «Il Comune ha fatto tutto quel che doveva fare, senza prescrizioni morali, pur comprendendo i disagi dei lavoratori». A difesa dell’Amministrazione si è schierata anche la capogruppo leghista Manuela Dal Lago, che ha parlato schiettamente di malasorte: «Capita di incappare male, e chi fa amministrazione lo sa. È la legge Merloni il vero problema; per questo si prega sempre di essere fortunati e di trovare imprese serie. Non sappiamo ancora se la seconda impresa accetterà o se sarà necessario avviare una nuova gara. Non vedo particolari scorrettezze dell’Amministrazione, anch’io avrei cercato di portare avanti il rapporto con l’impresa il più possibile. Purtroppo, è andata così. Ma quando un’opera si inizia, si deve finire». Nessun intervento da parte del sindaco, arrivato a dibattito in corso dopo essere rientrato da Roma dove era stato impegnato in una riunione dell’Anci nazionale. Alla fine, bocciata anche la proposta di censura formale all’operato del sindaco e della Giunta «per le reticenze, la negligenza nella vigilanza, l’inadeguatezza nel rapportarsi efficacemente con le rappresentanze dei lavoratori e per l’incapacità dimostrata nella gestione dell’intera vicenda». A favore hanno votato soltanto i consiglieri di centrosinistra. Astenuti i tre di Vicenza capoluogo. La maggioranza, in altri termini, ha ottenuto ai voti l’assoluzione di sindaco e Giunta.
A Sant’Ambrogio di Valpolicella esiste un distributore di ecodiesel a base di colza il carburante tratto dai semi della pianta, ha un prezzo inferiore di qualche cent e inquina infinitamente meno. Riempire i serbatoi con l’olio per friggere è illegale Un pieno di colza, please Anche nel Vicentino va a ruba l’olio surrogato del diesel di Alberto Tonello La corsa dei vicentini di supermercato in supermercato alla ricerca, sempre più difficile, di olio di colza da mettere nei motori diesel potrebbe essere ad una svolta. Anche in Veneto, a disposizione di tutti i vicentini, c’è un rivenditore di biodiesel (olio di colza al 90% e girasole al 10). E questa volta è nel pieno rispetto della legge. Infatti acquistare al supermercato l’olio di colza da usare al posto del gasolio per l’automobile è illegale, in quanto si evadono le accise sui carburanti e le pene sono severissime (pecuniarie ed anche il carcere). Nonostante ciò, se l’olio di colza in questi giorni è praticamente introvabile, significa che anche i vicentini, incuranti dei rischi, hanno scelto di risparmiare un buon 40%, ma soprattutto di inquinare molto meno. Per tutti questi cittadini la soluzione legale si chiama Ecofuel, una ditta di Sant’Ambrogio di Valpolicella, sulle colline a ridosso di Verona, specializzata nella vendita di Biodiesel. «Noi possiamo vendere anche al dettaglio - spiegano dagli uffici dell’Ecofuel - a patto che l’acquirente abbia la partita iva. Tutto ovviamente è assolutamente in regola con il pagamento delle accise e i vantaggi sono due: il biodiesel costa un po’ meno del gasolio normale, ma soprattutto inquina infinitamente meno». Come dire, la scelta innanzitutto è ecologica e solo in seconda battuta anche economica. La ditta vende due tipi di biodiesel: una miscela al 25% per alcuni tipi di auto e un biodiesel 100%: «Anche i modelli che sul libretto di manutenzione dell’auto non mettono la compatibilità con il biodiesel 100% - spiegano dalla Ecofuel - in realtà possono circolare senza problemi, ma chi non vuole correre rischi può acquistare la miscela. Tutte le marche tedesche sono compatibili, le italiane si stanno attrezzando, ma rischi particolari non ci sono anzi». Il biodiesel infatti, composto praticamente da olio di colza esterificato (cioè trattato chimicamente) è più solvente rispetto al gasolio, ha le stesse prestazioni e permette al motore un movimento più rotondo. Ma soprattutto dal tubo di scarico non esce anidride carbonica e i parametri di inquinamento sono bassissimi rispetto al gasolio normale. Nonostante ciò il biodiesel di colza non è inserito tra le deroghe ammissibili per la circolazione con targhe alterne. Fin qui i pregi, ora veniamo a qualche disagio per chi decide di compiere la riconversione ecologica al biodiesel. La Ecofuel fornisce quantitativi minimi di 500 litri di carburante, che debbono quindi essere stoccati in una cisterna. Qui le possibilità sono tre. Acquistarne una dalla stessa ditta, da 1300 litri, con tanto di pompa, per farsi il proprio distributore personale, al costo di 1400 euro a cui si deve aggiungere l’iva, oppure da 500 litri, sempre con pompa a 650 euro, sempre da ivare. La soluzione più economica invece è acquistare il cosidetto cubo di plastica, che si trova dai rivenditori di materiale enologico, capacità 500 litri, al costo di 100 euro. E infine veniamo al dettaglio dei costi del carburante. Attualmente siamo sugli 87 centesimi litro più iva, con un risparmio di sei o sette centesimi rispetto al gasolio, risparmio che aumenterebbe se l’acquirente fosse in grado di scaricare anche l’iva.
Condotti test positivi negli Stati Uniti ( al. to. ) Diesel-Bi® è il nome commerciale del biodiesel, prodotto da Novaol. È un combustibile di origine completamente vegetale, fonte di energia rinnovabile e a basso impatto ambientale alternativo al gasolio convenzionale. Il Diesel-Bi® ha praticamente le stesse caratteristiche chimico fisiche del gasolio, di cui è un sostituto ottimale e somma, ai vantaggi prestazionali, quelli ambientali. Riduce le emissioni inquinanti, quali ad esempio: polveri (le famigerate PM10) idrocarburi policiclici aromatici ed incombusti, ossidi di zolfo. Essendo una energia rinnovabile, rispetto al gasolio non incide sul quantitativo globale di anidride carbonica prodotta, maggior responsabile dell'effetto serra, ed ogni chilo di gasolio sostituito corrisponde ad un risparmio di 2,5 chili di anidride carbonica. L'utilizzo del biodiesel negli impianti di riscaldamento e nei motori diesel, puro o in miscela, permette una sostanziale riduzione degli inquinanti. Oltre alla riduzione degli inquinanti tradizionali, si deve sottolineare che, all'interno di una stessa famiglia di inquinanti, la composizione qualitativa di quelli emessi dal biodiesel è diversa rispetto a quella del dal gasolio minerale e le caratteristiche di nocività sono assai inferiori. Il Dipartimento Minerario Statunitense ha condotto alcuni test sul particolato emesso dai motori diesel alimentati a biodiesel, ed i risultati documentano che la mutagenicità diminuisce del 50% rispetto al gasolio, collegando questo comportamento alla mancanza di composti aromatici e di idrocarburi policiclici aromatici (IPA). Altri test confermano che anche le miscela gasolio biodiesel diminuiscono il livello degli IPA ritenuti più pericolosi, come ad esempio il Naftalene, fluorene e benzopirene. Nel biodiesel non sono presenti metalli nocivi come il piombo, il cadmio, il vanadio ed altri, non contiene zolfo e quindi, oltre a ridurre il contenuto di solfati nel particolato, non contribuisce ad aumentare il rischio di piogge acide. Il biodiesel è biodegradabile al 95 % in 28 giorni, mentre il gasolio si degrada, dopo lo stesso numero di giorni, solo al 40%. |