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18 MAGGIO 2006
Punti-casa, è muro contro muro
Consiglio. Disputa di 5 ore sulla riforma dei criteri di assegnazione degli alloggi. Si riprende oggi di Antonio Trentin Cinque ore di disputa non sono bastate per esaminare tutti i risvolti politici, ideologici e burocratici del provvedimento con cui la Casa delle libertà vuole riformare in Comune i criteri di assegnazione delle case popolari, privilegiando i richiedenti ‘stanziali’ e penalizzando i ‘foresti’, italiani o (soprattutto) stranieri che siano. Una linea da applicare seguendo la richiesta della Lega Nord, uguale a Vicenza come in tutte le Amministrazioni in cui il Carroccio sta in sala-comando. Arrivato a metà di un pacchetto di diciotto documenti da affrontare, dibattere e votare - a complemento o modifica della delibera-base - il consiglio comunale, quando ormai era notte, si è dato una pausa. Si ricomincia oggi pomeriggio, per un nuovo carosello di contrasti. Quanto “deve” valere la storia personale di residenti in città e nel Vicentino nell’assegnazione delle case popolari, quelle che si costruiscono con i soldi pubblici e vengono date in affitto a chi ha basso reddito? E quanto “può” legalmente valere una decisiva attenzione al periodo di residenza in zona (sotto forma di punteggi speciali nelle graduatorie) visto che l’edilizia residenziale pubblica risponde, per legge appunto, al bisogno economico o alla difficoltà sociale e non alla tutela etnica o all’anzianità di permanenza territoriale? Tra questi due interrogativi è rimbalzato lo scontro di ieri sera in sala Bernarda sulla novità portata in discussione dall’assessore alla casa Davide Piazza: cioè una nuova griglia di assegnazione dei punteggi spettanti al Comune a chi chiede un posto nella graduatoria Erp delle case popolari, con un quinto del totale (4 punti su 20) assegnabile a chi risiede da almeno 25 anni. Per la precisione: 1 punto in più garantito automaticamente e altri 3 attivabili nei ‘casi sociali’. «Pegno pagato al localismo esasperato della Lega Nord». Ha classificato così la delibera della giunta di centrodestra il diessino Luigi Poletto, individuando nel “criterio di residenzialità” un meccanismo palesemente mirato a tenere lontani i lavoratori immigrati regolari dalle zone alte delle graduatorie. E palesemente destinato a valere propagandisticamente oggi («parla alla pancia delle gente») ma a finire bocciato domani. «Una decisione che si prende a Vicenza sulla spinta delle scelte fatte a Treviso - ha confermato l’ex-leghista Franca Equizi, per una volta non troppo conflittuale con l’assessore, riferendosi all'Amministrazione a guida nordista del capoluogo della Marca - ma che è stata presa anche a Bassano dove non c'è un sindaco leghista, una decisione per dare risposta ai vicentini che chiedono una casa pubblica e si vedono sorpassati». Novità “totalmente illegittima”, per l’opposizione comunale, questa della preferenza per chi vive da più tempo non solo a Vicenza ma anche in provincia: «Le graduatorie dell’edilizia pubblica sono una risposta al bisogno economico o al disagio sociale non all’anzianità di residenza - ha spiegato ancora Poletto, anticipando una linea critica che è stata poi sviluppata anche da altri (tra i primi Dovigo dei Ds, Quaresimin e Veltroni della Margherita, Asproso dei Verdi, Carla Zuin di Vicenza capoluogo) -. L’illegittimità è già stata indicata nei pareri tecnici della Regione e del difensore civico. Se approvata, basterà un qualsiasi ricorso e sarà sospesa dal Tribunale amministrativo regionale. E tutto si tradurrà in un’ulteriore perdita di tempo per chi la casa l’aspetta, in una città dove è risibile la quota di nuove case popolari». Novità politicamente importante, ha controbattuto il leghista Alessio Sandoli, «che non vuole discriminare nessuno, ma solo favorire i cittadini vicentini» definiti vittime di un “razzismo alla rovescia”. Un provvedimento a tutela dei cittadini “della Padania” - secondo il riferimento politico-topografico fatto durante l’intervento - che anche la Regione Lombardia ha perseguito (ma il consigliere leghista ha correttamente citato anche la realtà di una bocciatura tecnica delle “preferenze ai residenti”, risolta a Milano con un aggiustamento normativo non presente nella delibera di Piazza). Mentre Forza Italia ha scelto il profilo basso, con svelti ragionamenti del capogruppo Andrea Pellizzari in appoggio alla linea leghista e con più articolate argomentazioni di Gianfranco Dori, Alleanza nazionale ha avuto qualche problema in più. Ha cercato una soluzione presentando un emendamento. Sarà esaminato e affrontato oggi, dopo che nelle retrovie consiliari c’è stato ieri un gran pissi-pissi per cercare convergenze anche con i partiti dell’Unione. Di che cosa si tratta? Si erano accorti da tempo, gli aennisti, che la “residenzialità” (misurata in anni) è un criterio che colpisce non solo l’immigrazione extracomunitaria, ma pure tutta l’immigrazione interna italiana (per capirsi: anche quella dei centro-meridionali arrivati per lavoro). Hanno proposto una modifica basata sul criterio di “nazionalità”: punteggi preferenziali a chi è cittadino italiano e residente vicentino “da almeno dieci anni”. Oggi si vedrà se l’idea farà breccia o se resterà vincente la linea più marcata con targa-Lega.
Il Pp10 alla fine passa ma tra urla ed insulti Quasi 4 ore di contestazioni di 300 residenti e poi il centrodestra disegna il nuovo Laghetto di Giovanni Zanolo Approvato, ma quasi era rissa. Con maggioranza risicata e un voto contrario all’interno della stessa Cdl, sotto un scroscio continuo di urla e insulti da parte della cittadinanza, è stato approvato martedì notte durante il consiglio di circoscrizione 5 il piano particolareggiato 10 di Laghetto. Dopo la scorsa seduta interrotta da un’invasione di massa dei cittadini, questa volta gli abitanti hanno trovato tutto lo spazio necessario per esprimere con particolare veemenza (e spesso sopra le righe) che il Pp10, così com’è, non va. Non sono tuttavia servite le ben quattro ore di interventi durante le quali i quasi trecento cittadini che occupavano l’aula magna scelta appositamente hanno fatto da padroni, zittendo gli assessori Zocca, Cicero e Piazza, impietriti dalla violenza popolare. Tuttavia, le stesse regole della democrazia in virtù della quale il presidente della 5 Marco Bonafede ha dato la parola a tutti (ma proprio tutti, tanto che l’ordine del giorno è iniziato all’una di notte) hanno dissolto nel nulla, con una semplice alzata di mano, le proteste di chi, giovani e vecchi, sono rimasti fino a notte tarda per cercare di capire meglio quale fosse il destino del loro quartiere e, possibilmente, decidere insieme: «L’esito del voto manifesta un evidente scollamento tra i rappresentanti politici del centro destra e i propri elettori – dichiarano i consiglieri di Vi cap, Ds, Verdi e Margherita – Ma i consiglieri di Fi, An e Ln hanno preferito cedere alle pressioni dell’amministrazione comunale». E i motivi di insoddisfazione sono tanti, dall’incertezza sul futuro per il Dal Molin alla viabilità: «Ventimila nuove abitazioni in tre decenni, con oltre 2500 abitazioni sfitte e poco meno di invendute, sono un motivo sufficiente per dire no al ricatto di chi pretende di costruire un nuovo quartiere per non perdere i finanziamenti Erp - attaccano i consiglieri comunali Ciro Asproso e Antonio Dalla Pozza, riferendosi all’ultimatum della Regione che, a quanto pare, non ristanzierebbe i fondi senza un’approvazione del progetto entro il 7 agosto -. La quotidiana congestione del nodo Marosticana-Dal Verme-S. Antonio dovrebbe convincere che abbisogna una seria rivalutazione d’impatto ambientale e viabilistico per via Dei Laghi». Ma non servono le promesse di Cicero di agire sui tempi semaforici. Rimane infatti la viabilità a rappresentare il cruccio principale. Anche per Bonafede che, di fronte al silenzio dei consiglieri della sua maggioranza (a parte i coraggiosi Gianello e Nuciari), cerca di calmare le acque: «Non giustifico ma comprendo i consiglieri, probabilmente intimoriti dalle urla della cittadinanza presente che, comunque, non rappresenta il parere di tutto Laghetto. Conosco molti pienamente soddisfatti del piano, che certamente ha dei difetti, e che forse si poteva spiegare meglio, ma che tuttavia potrà essere migliorato in consiglio comunale. Intanto abbiamo fatto quello che potevamo, basandoci, tra l’altro, proprio su un progetto del ’94 fatto dal centrosinistra». Ma niente da fare, per gli abitanti. E c’è chi chiede le dimissioni del consiglio, chi propone lo sciopero fiscale, chi raccoglie firme per una petizione popolare: «Peccato che non si sia cercata mediazione, cosa che non sarà più possibile in consiglio comunale - spiega Giancarlo Albera - Perché non è possibile un sereno dialogo con i cittadini interessati senza la mannaia del voto?».
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