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19 MARZO 2005 dal Giornale di Vicenza
Scuola.Protesta per sei mila
Solo qualche decina di docenti ha incrociato le
braccia, aderendo all’iniziativa lanciata da Cgil,
Cisl e Uil. Il centro, invece, è stato invaso dai
ragazzi, che hanno intonato slogan contro la Moratti di Anna Madron Doveva essere anche lo sciopero degli insegnanti. L’occasione, l’ennesima, per dare sfogo alla protesta di una categoria tartassata e demotivata. E invece più che i prof., a mobilitarsi ieri sono stati gli studenti: in 6 mila - questa la stima uffciale - hanno “bruciato” le lezioni per unirsi al corteo organizzato dall’Uds e percorrere così le vie del centro, tra uno slogan antiriforma e uno striscione contro la legge regionale dei buoni scuola. Quanto ai docenti, pochi quelli che hanno aderito allo sciopero generale indetto da Cgil Cisl e Uil contro il mancato rinnovo del contratto, i tagli agli organici, il blocco delle immissioni in ruolo e una riforma che colleziona più critiche che consensi. Al Lioy, ad esempio, hanno incrociato le braccia 10 insegnanti su 45, 5 Ata su 19 e ben 500 studenti su 750. Nel vicino Pigafetta le cose non sono andate granché diversamente.I prof. in sciopero sono stati 15 su 70, mentre i ragazzi che non sono entrati in classe 453 su 800. Al Lampertico poco più di una decina su 160 gli insegnanti che hanno optato per la protesta, a fronte anche qui di un vero e proprio esercito di alunni che hanno preso parte alla manifestazione dell'Uds: 572 su 874 nella sede di viale Trissino, 107 su 132 nella succursale di Santa Caterina e 47 su 132 a Sant’Antonino. Numeri elevati, sempre per quanto riguarda i ragazzi, anche al Fogazzaro dove a sedere sui banchi ieri mattina erano appena 221 su 1300, mentre gli insegnanti che alla prima ora non sono saliti in cattedra erano 14 su 58. Circa una decina i prof in sciopero al Quadri, dove mancavano però all’appello 695 allievi su 1141 e infine 20 su 180 i docenti assenti all’istituto Rossi dove 400 alunni su 1300 non sono entrati a scuola. Dunque uno sciopero tutto studentesco, nonostante sul piatto della bilancia i sindacati avessero messo questioni pesanti come macigni per la categoria insegnanti: il rinnovo del contratto che rischia di saltare un biennio, i problemi irrisolti del precariato, la necessità di nuove assunzioni a fronte di un numero di iscrizioni che, in particolare in Veneto, è in aumento e non in diminuzione. Eppure ieri una vera e propria mobilitazione non c’è stata e, pur condividendo le ragioni di fondo della protesta, più di qualcuno tra i professori ha scelto di non scioperare in virtù della non indifferente trattenuta in una busta paga già all’osso. «Valutazioni, queste, sempre più frequenti, emerse anche nel corso delle ultime assemblee sindacali - spiega Luisa Volpato, segretaria provinciale Cisl scuola - a questo si aggiunge una grande delusione nel constatare che il governo fa orecchie da mercante e non mostra alcuna disponibilità a trattare». La scuola è insomma congelata e le possibilità di un disgelo, prima di tutto economico, appaiono ora più che mai lontane anni luce. «Di conseguenza subentra la rassegnazione - prosegue Volpato - insieme alla convinzione che solo attraverso un cambio politico potrà aprirsi uno spiraglio». Del resto nel giro di un anno la scuola è scesa in piazza almeno quattro volte, fanno notare i sindacati, che ricordano la grande mobilitazione del marzo 2004 contro la riforma e per il rinnovo del contratto, quella del maggio 2004 legata al pubblico impiego, quella del 15 novembre scorso che registrò un’adesione senza precedenti e infine quella di ieri, senza dubbio la più tiepida che la scuola ricordi. In compenso la presa di posizione dei giovani non è passata inosservata. «Eravamo tanti - commenta soddisfatto Taddeo Mauro dell’Uds - c’erano anche studenti di Verona, Cittadella, Schio che hanno partecipato alla manifestazione condividendo il nostro appello». Riassunto negli slogan urlati a squarciagiola e negli striscioni confezionati dai singoli istituti: “Il buono scuola è cattivo”, “Moratti-Galan: la scuola non si vende” e l’ormai immancabile “Morattila”. Indice puntato anche contro i politici locali che i ragazzi hanno “ringraziato” pubblicamente: «L’assessore Cicero per non aver preso parte, pur essendo stato invitato, al dibattito sul trasporto pubblico organizzato qualche settimana fa dall’Uds e l’assessore Abalti per aver lasciato trascorrere un anno prima di dare l’ok alla carta giovani». Insomma veleni e strali indirizzati anche alla volta della “53”, accusata di tornare indietro di 70 anni, «precisamente ai tempi della riforma Gentile - sbottano gli studenti - quando esisteva la scuola di serie A e quella di serie B. E solo chi aveva i soldi poteva permettersi di studiare».
«Basta con le manifestazioni-porcile» di Silvia Maria Dubois Dopo lo sciopero, il porcile. La mobilitazione studentesca di ieri ha innervosito non poco il vice sindaco ed assessore alla sicurezza Valerio Sorrentino, già provocato a dismisura dallo slogan “fucilate i fascisti”, cantato dai manifestanti per tutta la mattina sotto le finestre di Alleanza Nazionale. Il motivo di tale arrabbiatura? Lo stato in cui gli studenti hanno lasciato il centro storico. «Le più belle piazze della città sono piene di cocci di vetro, cartacce e bottiglie vuote - esordisce Sorrentino - ed è tutta la giornata che il Comune riceve telefonate di protesta da parte di residenti, commercianti e singoli cittadini allibiti per lo stato in cui si trova il centro». In particolare Sorrentino si riferisce ad «uno sparuto gruppo di ragazzotti che oltre a gridare slogan offensivi e sorpassati, attraversando le piazze più note ha lasciato dietro di sé una scia di cartacce e bottiglie». Un comportamento che ha costretto gli spazzini ad intervenire subito, circondati dai commenti e dai ringraziamenti dei cittadini, in piazza Matteotti, in piazza San Lorenzo e in piazzetta delle Poste. «Nessuno vuol prendere il posto del questore, unica persona legittimata a vietare precisi percorsi alle manifestazioni - prosegue il vice sindaco - ma ricordo che nel 2002 è stata emessa un'ordinanza per indicare un percorso alternativo a corso Palladio e corso Fogazzaro, vie che caratterizzano zone e palazzi storici più suscettibili al danno. Un'ordinanza che chiedeva altresì di evitare le manifestazioni a ridosso dei giorni festivi ma che non è stata ascoltata». Il documento, stilato il 2 luglio 2002 in seguito ad un lungo periodo di manifestazioni e proteste a cadenza settimanale, indicava come percorso alternativo, per i manifestanti provenienti da viale Roma, un circuito che “aggirasse il centro” proseguendo per piazzale De Gasperi, corso Palladio (quel tratto brevissimo che collega le due piazze sotto la torre), piazza Castello, contrà Mure Pallamaio, viale Eretenio e viale Dalmazia. Ma perché questo percorso, dopo un iniziale periodo di “obbedienza”, non è più stato effettuato? «Perché questa ordinanza non gode di una parte sanzionatoria, dunque può solo avere il significato di indicazione - puntualizza Sorrentino - però ora io chiedo esplicitamente che nessuna manifestazione passi più per corso Palladio, visto lo stato in cui è stato ridotto oggi il centro. La rabbia che provo ora è la stessa che provo quando attraverso Campo Marzo il sabato mattina e vedo tutta quella sporcizia. Certo, la libertà dei manifestanti è sacra, ma non è possibile che per la negligenza di pochi paghi l'intera città». Una rabbia che ha contagiato anche il collega-assessore alla mobilità Claudio Cicero, che commenta lapidariamente: «Se questo è il livello di civiltà di questi manifestanti, si qualificano da soli».
Iso 9000, l’arma segreta al servizio della “Cogi”
«Non c’è alcun giallo sulla fidejussione del teatro».
Lo sostiene il Comune riferendosi all’articolo
pubblicato ieri su Il Giornale di Vicenza.
L’Amministrazione comunale in una nota precisa che «la
norma sulla fidejussione è stata applicata
correttamente».
«L’estensore dell’articolo ha effettuato i conteggi in
modo puntiglioso - sostiene il comunicato del Comune -
ma ha dimenticato quanto prevede la vigente normativa
sui lavori pubblici, in particolare l’articolo 8 della
legge Merloni che disciplina il “sistema di
qualificazione” per le ditte che partecipano agli
appalti dei lavori pubblici. Tale articolo, al comma
11 quater, indica che “le imprese alle quali venga
rilasciata da organismi accreditati, ai sensi delle
norme europee della serie Uni Cei En 45000, la
certificazione di sistema di qualità conforme alle
norme europee della serie Uni En Iso 9000, ovvero la
dichiarazione della presenza di elementi significativi
e tra loro correlati di tale sistema, usufruiscono dei
seguenti benefici: a) la cauzione e la garanzia
fidejussoria previste, rispettivamente, dal comma 1 e
dal comma 2 dell’articolo 30 della presente legge,
sono ridotte, per le imprese certificate, del 50 per
cento”. Il bando di gara, in ossequio a questa
previsione legislativa, ha indicato la possibilità per
le imprese certificate di fornire la cauzione
definitiva ridotta del 50 per cento alla sola
condizione di dimostrare il possesso della
certificazione di qualità ai sensi delle norme sopra
richiamate.
L’impresa Co.Gi. ha presentato in sede di gara il
certificato di “sistema di qualità” in conformità ai
requisiti della normativa Uni En iso 9002; 1994 (Iso
9002 ; 1994), valido per il campo applicativo delle
“Costruzioni di strutture in cemento armato e di
edifici civili e industriali”, rilasciato dal “Dnv -
Det Norske Veritas”, ente accreditato dal “Sincert”.
Pertanto - conclude la nota - trattandosi di ditta in
possesso della certificazione di sistema di qualità,
l’importo della cauzione richiesta alla ditta Co.Gi. è
stato obbligatoriamente e correttamente ridotto del 50
per cento».
«Gli operai devono essere retribuiti» Sul teatro la
Cgil chiede più garanzie (c. r.) «I lavoratori del cantiere del nuovo teatro sono in lotta da due mesi per difendere diritti sacrosanti e allo stesso tempo elementari, in un paese civile e democratico: essere retribuiti per la loro occupazione e riprendere a lavorare». La Fillea con la segreteria provinciale della Cgil non perde tempo dopo la seduta del Consiglio comunale che si è tenuta giovedì sera. «A questo punto - chiarisce la nota - l'amministrazione si deve attivare, o direttamente o tramite gli imprenditori vicentini, a partire da quelli edili, per dare una prospettiva lavorativa ai dipendenti della Co.Gi. Riteniamo che chi ha responsabilità politiche o economiche dovrebbe sentire il dovere morale di sostenere questi lavoratori. Riconfermiamo, inoltre, la richiesta che venga loro pagato il salario del mese di febbraio direttamente dal Comune, come previsto dalle leggi sugli appalti e dalle norme contrattuali. Non siamo i soli a pensare che il contratto con la Co.Gi. dovesse essere rescisso da tempo. Il Comune si assuma la propria responsabilità e non si trinceri dietro l'Ispettorato del lavoro. Per questo riteniamo prosegue il comunicato - che affermazioni false e volgari espresse da qualche consigliere di maggioranza nel dibattito consiliare non meritino risposta. La nostra responsabilità e il nostro impegno sono la risposta migliore a chi non ha argomenti e rifiuta il confronto, votando per negarci la parola in consiglio.Se in tempi brevi non otterremo risposte da Comune e imprese, proporremo alle altre organizzazioni sindacali di coinvolgere tutti i lavoratori edili in iniziative di mobilitazione, fino allo sciopero della categoria». Sul cantiere interviene anche Giorgio Langella consigliere provinciale PdCI. «Su questa vicenda - si legge in una nota - mi auguro che rimarranno impresse nella memoria alcuni aspetti. Innanzitutto, il fatto che le principali vittime dell’intera vicenda sono sempre i lavoratori. Inoltre, vanno sottolineate le mancanze che hanno accompagnato questa vicenda. C’è stata l’assoluta assenza “ufficiale” del sindaco e della giunta in Consiglio comunale. Il loro silenzio istituzionale è stato assordante. Ma c’è di più: il rifiuto di discutere pubblicamente del problema ha evidenziato il loro grande disprezzo per le istituzioni che dovrebbero rappresentare e governare. Ci sono voluti quasi due mesi di silenzi, di pettegolezzi, di velate accuse a “spiritelli maligni” perché qualcuno della giunta dicesse l’altro ieri qualcosa di ufficiale in Consiglio. Sulla riunione pesa l’assenza in aula, all’inizio della discussione, del primo cittadino, del protagonista “principe” della vicenda. Questa assenza mi sembra emblematica - ribadisce Langella - di una cronica mancanza di attenzione ai problemi scottanti della città. Nella vicenda del cantiere ci sono troppi punti oscuri, troppe manchevolezze, troppe superficialità perché si possa affermare che è tutto opera della “malasorte”. In poche parole sindaco e giunta non sanno governare! E dovrebbero rassegnare le dimissioni». |