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19 LUGLIO 2006
Roma dice: «C’era il sì di Berlusconi»
Roma dice: «C’era il sì di Berlusconi» di G. M. Mancassola Non c’è un no a maggioranza, ma non c’è nemmeno un sì. Il progetto di costruire una nuova caserma americana all’aeroporto “Dal Molin” resta sospesa nel limbo del consiglio comunale, nonostante cinque ore di dibattito, avviato a sorpresa mettendo in minoranza il sindaco Enrico Hüllweck. Di fronte a decine di cittadini ed esponenti di comitati che hanno affollato sala Bernarda, decisivi sono stati i voti favorevoli alla discussione espressi dalle forziste Fiorenza Dal Zotto e Chiara Garbin, e da Mario Bagnara dell’Udc. «Non siamo dei soci che aderiscono a una bocciofila - ha detto la Garbin - per questo chiedo in maniera bipartisan di condividere un documento da inoltrare all’attuale Governo per evidenziare le oggettive difficoltà nel realizzare l’opera e chiedere maggiori informazioni». I dubbi di Bagnara, invece, si sono concentrati sulla progettata inversione dei settori civile e militare dell’aeroporto: «Perché costruire una nuova caserma e non recuperare invece gli edifici già esistenti nell’attuale area militare?». Il voto. Sfilacciata prima del dibattito, la maggioranza di centrodestra ha ritrovato la compattezza sufficiente per respingere i numerosi ordini del giorno che miravano a impegnare la Giunta a esprimere parere contrario al progetto. Anche il secondo dibattito in 45 giorni sul Dal Molin non ha quindi prodotto documenti chiaramenti contrari, con l’unica dichiarazione esplicitamente favorevole al progetto espressa dal capogruppo forzista Andrea Pellizzari. Qualche tensione è affiorata anche nei banchi dell’opposizione, quando il verde Ciro Asproso ha distribuito un fac-simile di scheda referendaria per capire come si schieravano i colleghi. I diessini Luigi Poletto e Ubaldo Alifuoco hanno duramente replicato che non sono mai stati favorevoli alle liste di proscrizione. Il parere. Il clou della serata, tuttavia, è stato l’outing con cui il sindaco Hüllweck ha smentito il verbale del Comipa, il comitato misto paritetico regionale. Nel documento si afferma che nella riunione del 15 giugno il sindaco ha espresso parere favorevole, dando il via libera al resto dei commissari. Hüllweck ha dichiarato che il verbale non riporta la verità, affermando che in quella riunione si limitò a consegnare una lettera con la quale sottolineava come il parere contrario al progetto espresso dall’Edilizia privata non era obbligatorio né vincolante né esaustivo. «La risposta del dirigente comunale - si legge nella nota - deve pertanto ritenersi ininfluente e quindi non ostativa». Il sindaco ha ribadito che queste parole non rappresentano un parere favorevole, ma una sottolineatura sulla gerarchia decisionale, che attribuisce al Governo il sì o il no finali. Diversa l’interpretazione fornita dall’opposizione, che con Asproso, Dalla Pozza e Quaresimin hanno sostenuto la tesi che quella lettera, implicitamente, rappresenta un parere favorevole. «Aspetto una risposta dal Governo - ha concluso Hüllweck - se ad esempio mi diranno che ci saranno voli militari, sarò il primo a scendere in piazza per il no. Ma fino ad allora, non ha senso pronunciarsi». La disponibilità. L’ultimo colpo di scena è affidato a un documento esibito da Asproso, che riporta le parole pronunciate alla camera il 13 luglio dal sottosegretario alla Difesa Marco Verzaschi, che ha detto: «Si sottolinea che con la controparte degli Stati Uniti non è stato sottoscritto alcun genere di impegno, ma nell’anno 2004, dal precedente Governo, era stata manifestata una disponibilità di massima a tale concessione che al momento non si è tradotta in alcun accordo, subordinando tuttavia l’operazione alla formalizzazione di uno specifico piano, allo scopo di pervenire a una soluzione che sia condivisa da tutte le parti in causa. La concertazione è aperta, ma non c’è alcuna definizione della richiesta presentata due anni fa dagli Stati Uniti». La commissione. Nella vicenda interviene anche la commissione Territorio, che chiede di acquisire tutta la documentazione. «Nonostante la prevalenza di temi urbanistici nell’ipotesi di costruzione della nuova caserma Usa, la commissione Territorio non è mai stata coinvolta né è stata oggetto di informazioni e documentazioni». Di qui la richiesta inoltrata dal presidente Giuseppe Tapparello e dal vicepresidente Ubaldo Alifuoco.
Le deputate riferiscono di un incontro «Sul Dal Molin c’è uno stallo preoccupante, con il tentativo di scaricare sul Governo attuale le responsabilità di quello precedente». È quanto riferito dalle parlamentari uliviste vicentine Lalla Trupia e Laura Fincato al ministro degli Esteri Massimo D’Alema, ieri alla Camera per riferire sui fatti del Libano. Le due parlamentari, che hanno consegnato al ministro una nota riepilogativa sulla vicenda della nuova caserma Usa, commentano: «Adesso il tentativo è quello di scaricare sul Governo attuale le responsabilità, peraltro non chiare, di quello precedente e, soprattutto ed ancora, di nascondere date, dati, nomi, ipotesi e accordi già realizzati». Al ministro D’Alema è stato ricordato quanto di importante si è verificato in città: «La notevole partecipazione dei cittadini, la raccolta di 7 mila firme contro l’ipotesi della costruzione di una nuova base Usa e il pesante intervento urbanistico che ne deriverebbe. L’Ulivo ha rispettato lo spontaneo aggregarsi dei cittadini intorno al tema della difesa dell’equilibrio della città e il percorso è stato seguito e accompagnato con interventi propri delle funzioni di parlamentari allo scopo di sapere sia ciò che faceva l’Amministrazione - assolutamente scorretta nell’informazione, parziale e deludente quando non distorcente - e ciò che ne sapesse il Governo attuale». La richiesta all’inquilino della Farnesina «è stata dunque chiara: confermare, vigilando, che le corrette e le coerenti risposte del Governo servano a chiarire, di più e meglio, la totale responsabilità delle Amministrazioni del centrodestra vicentine in questa tentata operazione di autoderesponsabilizzazione». E sempre in Parlamento - come riferisce il segretario vicentino dei Comunisti italiani Marco Palma - indirizzerà un’interrogazione l’on. Severino Galante, con l’obiettivo di chiedere conto sui lavori di bonifica e preparazione del terreno all’interno del “Dal Molin”. La risposta verrà data dal Governo durante il question time di mercoledì 25 luglio dal ministro della Difesa Arturo Parisi.
«Attendiamo maggiori informazioni» L’Africa nelle mani del Coespu Vicenza dopo l’incarico G8 di Eugenio Marzotto È stata una delle poche decisioni passate con il voto favorevole di tutti i G8, gli otto primo ministri riuniti in Russia per un vertice mondiale sui destini del pianeta. I Grandi hanno dimostrato titubanze sul come affrontare il conflitto tra Libano e Israele, decisioni prese a metà sulla questione energetica e conflitti sui temi ambientali. Ma su una cosa hanno tutti alzato la mano destra per votare sì: «Su Vicenza si va avanti, il Coespu dovrà formare carabinieri e militari in grado di dare stabilità agli stati africani, grazie a tecniche di peace-keeping». Così la “questione” africana passa dal tavolo di San Pietroburgo al tavolo del Coespu di Vicenza, quasi preso di sopresa. Tanto che dalla caserma Chinotto, sede del Centro di eccellezza per le forze internazionali di stabiltà, commentano: «Siamo in attesa di avere notizie precise, per ora non abbiamo avuto nessuna comunicazione ufficiale». Ma intanto da Bush a Putin, dalla Merkel a Chiraq, passando per Prodi, tutti hanno confermato la volontà di investire nel Centro di formazione nato solo un anno fa. Ha fatto il giro del mondo la notizia che dai palazzi imperiali di San Pietroburgo, sede del vertice G8, i Grandi del mondo hanno deciso di affidare alla Gendarmeria di Vicenza, base strategica per gli interventi a scopo umanitario, la responsabilità di essere un riferimento mondiale per la formazione di soldati in grado di contrastare i frequenti conflitti dei paesi africani. Il lavoro consisterà nella creazione di una forza di stabilità africana e nell’assistenza tecnica e formativa della missione African Union del Darfur che potrebbe essere presto affiancata da una missione della Nato, per lenire la tragedia umanitaria ormai consumatasi e fare cessare il genocidio. Nei prossimi cinque anni il Coespu si pone l’obiettivo di addestrare 3.000 ufficiali e sottufficiali che, secondo il principio di “addestramento degli istruttori”, ritorneranno ai loro paesi d’origine e completeranno l’addestramento di almeno 4.500 ulteriori unità entro la fine del 2010.
La protesta degli immigrati sabato pomeriggio con un corteo dalla questura alla prefettura Stranieri, la marcia dei cinquecento Permessi di soggiorno e ritardi: «Vicenza tra le peggiori d’Italia» (al. mo.) «Saremo almeno in 500» dicono. Ma contano di essere molti di più gli immigrati che sabato prossimo alle 16.30 sfileranno in corteo dalla questura alla prefettura. Per protestare contro quella che definiscono una vera e propria discriminazione nei loro confronti da parte della questura e dell’amministrazione di Vicenza. Che fra grandi ritardi per i permessi di soggiorno e ostacoli di ogni tipo rendono loro la vita impossibile. A organizzare la protesta è l’Associazione Dhuumcatu, sede a Roma ma delegazioni in tutta Italia. Che ha scelto Vicenza per la manifestazione perché, dicono «in nessun altra città succedono certe cose». Come racconta uno dei responsabili, Siddique Bachcu, 40 anni, dal Bangladesh: «La questura fa aspettare 6-7 mesi per il rinnovo del permesso di soggiorno e il Comune ti dà l’appuntamento per ritirarlo. Ma se il permesso vecchio intanto scade quel documento (costa 5 euro: ndr) non vale niente. Insomma non viene riconosciuto dalle altre autorità. E così non puoi uscire dall’Italia, trovare lavoro, aprire una fornitura di gas e luce». Ancora: «Vicenza si distingue anche per impedire ai nostri genitori di vivere con noi. Dicendo che “è da troppo tempo che vivono fuori dall’Italia”. Ma cosa c’entra? Loro mica devono lavorare». Altro esempio: «La legge Bossi-Fini chiede di dimostrare di avere un reddito e un alloggio. A Vicenza la questura vuole anche vedere il contratto di affitto e il certificato con i metri quadri dell’abitazione. Così se mi nascono, mettiamo, due gemelli in un locale di 40 metri quadri, mi negano il permesso». Infine la questione dei 18enni: chi arriva alla maggiore età, anche se è nato in Italia, è considerato dalla legge un estraneo. E per non diventare clandestino deve provare di avere casa e lavoro: «E se io lo voglio mantenere ancora per qualche anno?» si domanda Bachcu. Insomma una Vicenza, dicono, poco accogliente. Così tutti davanti alla questura e poi decisi a farsi ricevere in prefettura: «Ci hanno già detto che il prefetto non c’è - dice il rappresentante degli immigrati - Speriamo nel capo di gabinetto. Di certo noi saremo lì: ghanesi, senegalesi, marocchini, indiani». La prima manifestazione, promettono, di una lunga serie.
«Urbanistica, calunnie & gossip» di Mauro Carrer
Ubaldo Alifuoco in questa intervista a tutto campo si toglie qualche sassolino dalle scarpe. E ne ha per tutti. Punta l’indice sulle carenze amministrative del centrodestra che governa Vicenza, ma non tace quel non va anche dalle sue parti, nel centrosinistra. Spera nel nuovo partito democratico, ma ammette che se non sarà qualcosa di davvero nuovo non vale la pena nemmeno parlarne. Affronta i grandi temi della vita amministrativa vicentina, specialmente le questioni urbanistiche, ma precisa che non gli vanno le deviazioni ideologiche, i personalismi e un certo modo di far politica che sconfina nel gossip. E per certe velenose calunnie che lo hanno colpito preannuncia querele.
No a posizioni ideologiche: «Sulla base Usa la città vuole risposte» (m. c.) L’Alifuoco pensiero sul Dal Molin. Anche su questo tema Alifuoco rivela caratteristiche atipiche: lui che dovrebbe essere della scuola “Frattocchie”, dove il partito comunista formava i suoi quadri, preferisce il ruolo di centrocampo. Libero dalle ideologie e più portato a ragionare sul futuro. «Che ne penso del caso Dal Molin? È una questione importante ed urgente - dice il consigliere comunale diessino -. Pare che ci sia un gioco delle parti e non si capisce bene come stiano le cose. Mi pare evidente che qualcuno “ciurli nel manico”. Prima di definire una posizione politica bisogna sapere bene come sono andate le cose e quali sono gli impegni assunti. Ho chiesto che l'intero fascicolo riguardante la vicenda, che certamente è in mano all'assessore Cicero o al sindaco, sia messo a disposizione della commissione Territorio». Un problema come questo non è nato dall'oggi al domani, ripete Alifuoco. «Credo che vi sia un dossier alto almeno mezzo metro. Dov'è? Chi lo tiene? Cosa c'è scritto? Solo così potremo capire i margini di manovra aperti. Nel merito, sono stati sollevati due aspetti: quello del territorio e quello della pace e sicurezza. La città di Vicenza non è in grado di sostenere carichi urbanistici pesanti. L'arrivo in massa e in un colpo solo di un paio di migliaia (come minimo?) di nuovi cittadini da collocare nella zona del Dal Molin modifica radicalmente il carattere dell'area». Alifuoco si pone il dubbio di escludere l’intervento come quello prospettato anche per «responsabilità amministrativa». « Per altro verso, il problema della sicurezza, e quindi del grado di rischio presente a Vicenza - sottolinea il consigliere comunale - non deriva dal numero di soldatini ma dalla funzione della base. La funzione è determinata dal comando della Ederle, dal tipo di compiti assegnati ad esso, dalle caratteristiche degli armamenti, ecc. Questo rischio, come è ampiamente noto, è certo già elevato e durante l'emergenza in Irak lo è stato moltissimo. Ma non sarà la sola riunificazione della Brigata aviotrasportata a modificare (in peggio o in meglio) il problema sicurezza». Secondo Alifuoco vanno dunque distinti i piani della vicenda sul piano amministrativo e urbanistico, dalle posizioni ideologiche «che rischiano di essere controproducenti per le aspettative giuste di gran parte dei nostri concittadini». «Occorre essere chiari e soprattutto onesti intellettualmente - conclude Alifuoco - il problema di uno smantellamento della Ederle non è all'ordine del giorno del Governo Prodi. E se non fosse così allora bisognerebbe dirlo esplicitamente e bisognerebbe poi affrontare seriamente molte altre domande. Dove trasferirla? Non possiamo fare come per le discariche: tutti le vogliono ma vicino a casa degli altri. Infine vanno analizzati gli effetti per l'economia vicentina. E ogni ragionamento non può prescindere dagli attuali 700 dipendenti della Ederle».
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