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19 DICEMBRE 2006
A Vicenza si sta sempre peggio
A Vicenza si sta sempre peggio di Marino Smiderle Aiuto, Vicenza precipita. Perde posizioni su posizioni. Nessuno lo fa in maniera così eclatante. Anzi, per la verità una provincia che fa peggio c’è, è L’Aquila, che in un botto perde 28 posizioni. Vicenza è la seconda, partendo dal fondo, visto che di posizioni ne perde ben 23, passando dal 25° al 48° posto nella speciale classifica elaborata ogni anno da Il Sole 24 Ore. Il tema è la qualità della vita e da questo punto di vista stiamo perdendo punti nei confronti di altre realtà italiane. Mai Vicenza è stata così in basso. Classifica generale. Quest’anno la palma di provincia più vivibile va a Siena, che supera Trieste (la vincitrice dell’anno passato), Bolzano, Trento e Bologna. La peggiore invece è Catania. I parametri presi in considerazione dalla ricerca sono moltissimi e, per comodità statistica, sono divisi in sei grandi aree. Se nel 2004 Vicenza era la reginetta del Veneto, nel 2006 è diventata la befana dalle scarpe rotte: in pochi anni Belluno, Treviso, Verona e Padova l’hanno superata. L’anno prossimo, forse, si farà sorpassare anche da Venezia. Il 72° posto di Rovigo, invece, dovrebbe rendere più complicata la retrocessione all’ultimo posto. Tenore di vita. Almeno sul tenore di vita, leggi soldi, stipendi e pensioni, Vicenza non è poi messa così male. A livello generale occupa il 25° posto (su 103 province) e, sia pure in calo rispetto all’anno scorso, non desta preoccupazione. Ogni vicentino, in media, produce un valore aggiunto di 25.842 euro (22° posto), e ha un deposito bancario di 11.554 euro (30°). La pensione media, invece, è di 691,93 euro (29°) mentre un exploit che vale il 10° posto Vicenza lo mette a segno a proposito di polizze vita: nel 2005 la media del premio pagato dal cliente vicentino è di 1.623,8 euro. Ad abbassare la media (ma questo potrebbe essere considerato un pregio) è la bassa propensione al consumo, visto che la spesa annua media è di 839,4 euro (59°). Affari e lavoro. Poche storie, questo è il punto forte di Vicenza, sia pure leggermente intaccato rispetto al 2005. Perde qualcosa in spirito d’iniziativa (10,24 imprese registrate ogni mille abitanti, per un 59° posto complessivo, e 1,15 di rapporto tra iscrizioni e cancellazioni, che vale il 64° posto) ma va bene sul fronte occupazione (13°) e sul flusso dei lavoratori dall’estero (7°, il miglior piazzamento in assoluto, con il 14,24 per cento di occupati esteri sul totale). Servizi, ambiente e salute. Qui è un vero disastro, peggio ancora di molte realtà del sud di cui si è soliti pensare tutto il male possibile. In questo settore Vicenza è 97ª, roba da Sudamerica. Ma nel capitolo "L’efficienza della giustizia" c’è il peggio del peggio, con il rapporto tra cause esaurite e cause nuove e pendenti a quota 34,72. Qui siamo al 100° posto, solo Enna, Matera e Bari fanno peggio. Quaranta chilometri a ovest c’è Verona, che occupa il 1° posto assoluto, con il rapporto tra cause esaurite e cause nuove e pendenti sopra al 95 per cento. Recuperiamo qualche posticino alle voci longevità (80,7 anni è la vita media), mentre in ambiente e rischio sulle strade siamo a metà classifica. Ordine pubblico. Senza infamia e senza lode, con un 58° posto da onesto campionato di centroclassifica. Popolazione. I dati anagrafici non inducono all’ottimismo, visto che il 69° posto complessivo colloca Vicenza nelle retrovie. La variabile più penalizzante è la densità demografica (308,11 abitanti per km quadrato e 89° posto), ma anche in formazione siamo messi male (47,72 laureati ogni mille abitanti, 68° posto). Tempo libero. Negli svaghi Vicenza scivola al 61° posto. Male soprattutto "Il piacere di fare gruppo", visto che le attività culturali o ricreative ogni 100 mila abitanti sono appena 72,61 (93° posto). Va meglio per gli acquisti in libreria (44° posto) e il gusto a tavola (35°), mentre la passione per i film non genera qualcosa di meglio di un desolante 68° posto. L’opinione. Alla presidente della Provincia, Manuela Dal Lago, non fa ovviamente piacere che Vicenza stia scivolando così in basso. «Tra le pieghe dell’indagine annuale pubblicata su Il Sole 24 Ore - afferma - c’è un aspetto, sconcertante, che non posso fare a meno, come amministratore pubblico e cittadina, di sottolineare. Mi riferisco alla voce relativa alla efficienza giudiziaria, che vede la nostra Provincia addirittura al 100° posto della graduatoria nazionale». «Mi auguro che il nuovo Tribunale - prosegue - possa costituire una risposta efficace a questa situazione, però mi permetto di dire che al di là della struttura, indispensabile per la nostra Comunità, è ancor più importante, anzi fondamentale, adeguare gli organici del nostro palazzo di giustizia». «Passando ad altri aspetti conclude - mi incuriosisce molto questa apparente dicotomia fra un Vicentino che sa divertirsi ed un Vicentino che invece dimostra, stando all’indagine, una bassa propensione a fare gruppo. Su questo, non credo di poter essere tacciata di sciovinismo se mi permetto di contestare. Ben venga un Vicentino che oltre ad essere Casa e Lavoro trovi anche il tempo per sé stesso e per divertirsi, ma di contro vorrei ricordare il fiorire di associazioni, soprattutto nel campo della solidarietà, dagli alpini a chi assiste l’handicap, che trova ancora pochi eguali nel resto d’Italia».
La commissione Territorio stoppa a sorpresa il piano urbanistico Blitz anti-Pp10 di Laghetto Fiera SpA, in dubbio il voto Settimana difficile per il centrodestra in consiglio comunale di Antonio Trentin Un blitz in commissione Territorio, dove il centrodestra aveva troppi assenti, e ieri sera è stata (almeno provvisoriamente) affossata l’operazione Pp10 di Laghetto. Non ci sarà dibattito e voto, oggi in consiglio comunale, perché la commissione non ha dato il regolamentare parere preventivo. L’eventualità che il contrastato piano urbanistico diventi adesso una delibera-flash - da approvare nella settimana tra Natale e Capodanno per incamerare un ricco contributo regionale per case popolari, secondo la motivazione dell’urgenza data dalla giunta Hüllweck - è rimandata alla buona volontà e alle presenze in città dei consiglieri di maggioranza. Già per oggi la minoranza aveva annunciato che non avrebbe fornito i numeri per far valida la seduta, figurarsi se garantirà il numero per fare legale una seduta consiliare tra Santo Stefano e San Silvestro. L’appuntamento odierno in sala Bernarda doveva aprire una settimana calda per l’Amministrazione Hüllweck: prima Laghetto e il piano di insediamenti che da anni suscita contrasti; poi, dopodomani, il riassetto in Fiera. Con la decisione presa dalla commissione Territorio, c’è già un primo risultato clamoroso. È successo tutto all’improvviso, a palazzo Trissino. In commissione c’era quasi al completo il centrosinistra - dubbioso da sempre sul piano, sensibile alle critiche del comitato sorto in zona Laghetto-viale Dal Verme, deciso a mantenere il caso-Pp10 legato al caso-Dal Molin - e non c’era il centrodestra: assenti la leghista Dal Lago e il democristiano Bagnara, annunciato in arrivo per tre quarti d’ora il forzista Galla. L’opposizione ha fatto i conti e ha chiesto di votare il rinvio del tema bollente: il presidente Alifuoco (Ds) non ha votato proclamando una “astensione istituzionale”; a favore di quello che diventava un k.o. procedurale del piano hanno votato Dalla Pozza (Ds), Asproso (Verdi), Cangini (Margherita) e Soprana (Vicenza capoluogo) con l’aggiunta dell’Equizi (gruppo misto); troppo pochi per mandare avanti la discussione i “no” di Tapparello (An) e della coppia Furlan-Dal Zotto (FI). Oggi il centrodestra e l’Amministrazione avranno di che passare al contrattacco, lamentando il rischio di perdere gli 8 milioni di euro di contributi alle imprese che costruiranno case popolari Erp. «Un problema che non esiste - sostengono per parare l’accusa Asproso, Dalla Pozza e Cangini - perché la Regione rifinanzierà, come ha già fatto due volte, i fondi per Vicenza. D’altronde la motivazione del rinvio, per approfondire il piano e valutarlo anche alla luce delle decisioni del governo sulla base Usa a Sant’Antonino, deriva proprio dalla delibera della Regione che finanziava il Pp10: i lavori dovrebbero iniziare entro la fine dell’anno, cosa impensabile, ed è la maggioranza di centrodestra che deve chiedersi perché c’è questo ritardo». Seconda questione in ballo, tutta da vedere anche questa: la trasformazione dell’Ente Fiera in Fiera SpA. Il comandamento dentro un centrodestra non compatto è: approvare tutto entro il 31 dicembre, come ha già fatto la Provincia presieduta da Manuela Dal Lago (che è anche capogruppo leghista in Comune e ha chiesto un rapido bis in Comune). Alleanza nazionale fa resistenza sulla questione tempi-e-metodi, non sulla sostanza: in Comune non concede la stessa disponibilità che ha dato in Provincia, non accetta che a dettare l’agenda siano la Lega Nord e la Dal Lago, chiede di poter discutere a fondo tutti i temi societari e gestionali riguardanti via dell’Oreficeria. Siccome a Palazzo Trissino nessuno sembra avere ben chiaro il perché dell’urgenza di votare già giovedì la mutazione della Fiera, tutti si sbizzarriscono sull’unica ipotesi circolante: che, approvando la cosa adesso, sia scansabile la novità della legge Finanziaria 2007 che disporrà la netta riduzione delle poltrone nei consigli d’amministrazione. «Fino a qualche tempo fa era un grande spauracchio - riconosce il sindaco - ma adesso mi pare che la cosa sia superata». Probabilmente perché la procedura di limitazione dei posti di amministratore (5 al massimo quelli di nomina pubblica) finirà per andare a regime solo alla fine dell’anno prossimo e adesso, intanto, si può partire con lo schema concordato tra enti pubblici e associazioni di categoria dopo anni di confronto: 3 consiglieri d’amministratore ciascuno a Comune, Provincia e Camera di commercio, 2 in tutto espressi dalle categorie-socie. «Se l’urgenza di questi giorni fosse solo per la questione delle poltrone da assegnare in tempo, sarebbe una cosa molto deludente» commenta Luca Milani, capogruppo comunale di An, protagonista dello stop «per questioni di metodo». «Se poi l’urgenza di nominare a gennaio un consiglio d’amministrazione pletorico improvvisamente non c’è più - aggiunge commentando le «sensazioni e voci» che dice di aver raccolto in municipio - vorrei capirci meglio, dopo che ci è stato detto che senza nuovo statuto subito addirittura non si potrebbe fare VicenzaOro». Collocato sul versante opposto, quello di chi preme sull’acceleratore decisionale, l’assessore forzista Pietro Magaddino a sua volta commenta seccamente il molto discorrere sulla questione-poltrone: «Prima viene definita la questione della Fiera SpA meglio è. Mi auguro che tutti stiano davvero interrogandosi non sui posti che ci saranno, ma sul futuro vero della nuova società».
La sfilata di estrema destra del 9 luglio fu vietata dal questore Dario Rotondi Eccidio, corteo nero illegale Inchiesta su 63 seguaci del gruppo “Continuità ideale” di Ivano Tolettini Il corteo di estrema destra era illegale. Hanno infranto il divieto del questore Dario Rotondi di partecipare alla commemorazione dell’Eccidio di Schio lo scorso 9 luglio, consapevoli che avrebbero turbato l’ordine pubblico in quanto avrebbero provocato la reazione della sinistra antagonista, che li vede come il fumo negli occhi e che sarebbe scesa a sua volta in piazza. Come poi è avvenuto. È la ragione per cui la procura di Vicenza ha messo sotto inchiesta 63 persone - oltre a simpatizzanti vicentini, ci sono padovani, veronesi, trevigiani e rodigini - seguaci dell’associazione culturale “Continuità ideale con la Rsi” ed è prossima la chiusura delle indagini. In testa alla lista degli indagati ci sono Alex Cioni (responsabile regionale Azione Sociale), Paolo Caratossidis e Roberto Fiore, segretario nazionale di Forza Nuova. Il provvedimento del pubblico ministero Paolo Pecori fa seguito al rapporto della Digos di quest’estate che riepilogava la giornata ad alta tensione nella quale alcune centinaia di militanti di estrema destra avevano sfidato il diniego della questura presentandosi a Ss.Trinità per la sfilata che avrebbe dovuto condurli all’ingresso delle porte dell’ex carcere, oggi biblioteca, dove furono uccise nella notte tra il 6 e 7 luglio 1945 dai partigiani 54 persone, molte delle quali legate al regime fascista. «Immaginavamo che ci fosse un procedimento penale aperto anche se non conoscevamo il contenuto - spiega Cioni -. Il problema del diniego della questura è che esso è venuto dopo quattro anni in cui la manifestazione era stata consentita. Io ritengo che democraticamente tutti possano manifestare le proprie opinioni e che sia ingiusto limitare il nostro diritto col pericolo che altri possano provocare incidenti. Il problema non è nostro, anche perché noi non abbiamo mai provocato incidenti». Se la gran parte degli indagati è accusata di avere partecipato alla manifestazione non autorizzata destinata, come ha denunciato la questura, a «commemorare la vicenda storica conosciuta come Eccidio di Schio», undici manifestanti devono rispondere anche di resistenza a pubblico ufficiale per avere sfondato il cordone utilizzando le aste delle bandiere. Si tratta di Cioni (Torrebelvicino), Caratossidis (Padova), Fiore (Roma), Fabio Baroni (Rovigo), Cesare Boschetti (Schio), Giovanni Vettorello (Teolo), Nicola Ferrarese (Rovigo), Andrea Minchio (Padova), Marco Capuzzo (Albignasego), Diego Fracasso (Vigodarzere) e Marco Michielotto (Villafranca Padovana). Si ricorderà che dopo la scaramuccia iniziale per la quale in undici sono stati indagati per resistenza, un gruppetto venne autorizzato a raggiungere, per deporre una corona di fiori, l’ingresso delle ex carceri dove vennero trucidate con la mitraglia i detenuti. Adesso si è appreso che le indagini contro i seguaci di estrema destra sono praticamente concluse. Per gran parte di essi si profila la richiesta dell’emissione di un decreto penale di condanna, mentre per coloro che hanno precedenti ci sarà il rinvio a giudizio davanti al tribunale di Schio. «Per il futuro valuteremo forme e modi - conclude Cioni -. La commemorazione dell’Eccidio non ha alcuna valenza politica, contrariamente a quello che taluni si ostinano a sostenere, perché si tratta invece di commemorare dei defunti uccisi ingiustamente. Ci spiace che con il cambio di governo da parte della questura sia mutato l’indirizzo. Fino a un anno fa l’autorizzazione veniva data. Ritengo che, al di là delle idee di ognuno di noi, la forza di una democrazia sia quella di rispettare la visione dei vinti». L’elenco degli indagati per la manifestazione Ecco l’elenco delle persone finite sotto inchiesta. I vicentini sono capeggiati da Alex Cioni, 31 anni, di Torrebelvicino, seguito da Domenico Obrietan, 59, di Sovizzo; Cesare Boschetti, 47, Schio; Daniele Beschin, 27, Arzignano; Manuel Piazza, 31, Malo; Giovanni Boschieri, 22, Asiago; Alessandro Fontebasso, 40, Vicenza; Pierantonio Todesco, 41, Bassano; Gilberto Zanella, 47, Schio; Alessandro Mussolin, 29, Vicenza; Samuele Randon, 31, Trissino; Paolo Isetti, 28, Cornedo; Eugenio Cacciavillani, 25, Montecchio M.; Cristian Chiarello, 35, Arzignano; Fabio Baretta, 30, Monticello Conte Otto; Tommaso Soldà, 29, Valdagno; Silvano Berti, 31, Altavilla e Nicola Valeri, 34 anni, di Vicenza. I padovani sono Paolo Caratossidis, 30 anni; Andrea Minchio, 29; Diego Fracasso, 24, Vigodarzere; Andrea Turco, 19, Selvazzano; Giovanni Vettorello, 23, di Teolo; Alessandro Baldan, 30; Luca Bolzonello, 27; Francesco Turco, 20, Selvazzano; Marco Capuzzo, 20, Albignasego; Nicola De Leo, 35; Alberto Saccardo, 20, Vigonza; Manuel Sartori, 21; Marco Michielotto, 21, Villafranca; Silvio Irace, 22, Fontaniva; Giordano Coracino, 27; Stefano Schiavon, 22; Matteo Barbiero, 26; Nicolò Santinello, 20, di Conselve; Manuel Nardo, 29, Cadoneghe. I veronesi sono Filippo Gioco, 20, Matteo Castagna, 30, Negrar; Riccardo Sorio, 30 Villafranca; Andrea Giacomelli, 28, Bussolengo; Massimiliano Fiorini, 22; Francesco Carrano, 20; Manuel Melis, 29, Verona; Daniele Montagna, 22, Sona; Andrea Iacona, 23; Antonio De Negri, 22 anni. I rodigini sono Ennio Boschetti, 47; Nicola Ferrarese, 45 e Fabio Baroni, 44 anni. I trevigiani sono Giuseppe Zito, 24 anni, Endriu Sciascia, 19, Alberto Longo, 19, Davide Visentin, 21, Loris Fagaraz, 32, di Moreno di Piave; Nicola Usoni, 31, Michele Recchia, 37, di Sernaglia e Matteo Granziol, 21 anni. Infine, Massimo Perrone, 36, di Sabaudia e Roberto Fiore, 47 anni, di Roma.
Montecchio/1. Il Consiglio vara la regolamentazione. Maggioranza divisa Phone center, ecco le regole Sono una decina concentrati per lo più ad Alte di Luisa Dissegna Giro di vite per i phone center di Montecchio. Il Consiglio comunale ha adottato un regolamento per i dieci centri di telefonia internazionale, quasi tutti concentrata ad Alte, gestiti da immigrati. Il provvedimento che mira a proporre le linee guida per questi esercizi ritenuti «fuori controllo». Con la nuova disciplina dei phone center, approvato nell’ultimo consiglio con soli due astenuti di Rifondazione comunista e Verdi preoccupati che il provvedimento si trasformi in uno strumento di ordine pubblico, in questi locali viene ora normata l’attività di telefonia. Con il nuovo regolamento di disciplina dei phone center, approvato all’ultimo consiglio con soli due voti astenuti di Rifondazione comunista e Verdi preoccupati che il provvedimento si trasformi in uno strumento di ordine pubblico, in questi locali viene ora normata l’attività di telefonia. Mentre per tutte le altre attività commerciali congiunte - vendita di cibo, bevande e quant’altro - i gestori si dovranno attenere ad una prossima ordinanza sindacale che paragona questi esercizi alle tradizionali rivendite. La normativa comunale già esaminata dalla commissione consiliare statuto e regolamenti, il cui iter è stato condotto dal consigliere Tullio Cortivo, consente ai phone center dodici mesi per mettersi a norma, oltre scatteranno provvedimenti. L'orario di apertura va dalle 7 alle 22, con la possibilità per il titolare di gestire autonomamente un orario di servizio di 13 ore giornaliere ma nei limiti sopra richiamati, oltre ad un giorno di chiusura settimanale. «Il nuovo regolamento intende normare l’attivazione del servizio, le prescrizioni igienico sanitarie, i requisiti dei locali, gli orari di apertura, affinché i locali siano idonei a ricevere i fruitori del servizio - spiega il sindaco Maurizio Scalabrin - È mia intenzione, dopo l’ordinanza emanata nell’estate 2004, intensificare azioni di controllo sui phone center che diventano impropriamente centri di ritrovo, nonché fonti di disagio per la città». Per arginare gli inconvenienti, dunque, a Montecchio dovranno essere rispettate in primis nuove norme sanitarie e aspetti logistici-strutturali, come ad esempio la presenza di due bagni nel negozio, per siti con metratura fino a 60 metri quadri; con l’aggiunta di altri servizi igienici all’aumentare dell’ampiezza del locale. Le misure della sala d’attesa, invece, saranno stabilite in proporzione al numero di cabine telefoniche presenti. Le norme avranno esecuzione immediata per chi vorrà aprire nuovi esercizi di questo tipo e in caso di subentro. «I requisiti - approfondisce il consigliere Cortivo, delegato alle problematiche sulla sicurezza e opere di Alte - garantiscono di fatto il rispetto degli standard analoghi a quelli degli esercizi pubblici e commerciali e sono commisurati all’elevato transito di persone che si verifica in questi centri». Dai banchi del consiglio quasi totale l’alzata di mano favorevole alla delibera. «I centri di telefonia generano una certa preoccupazione nella popolazione. In realtà non è tanto l’attività in sè a destare allarme, quanto piuttosto quelle collaterali che potrebbero vivere nell’illegalità» aggiunge Tullio Cortivo. «L’integrazione deve avvenire con gentilezza e fermezza ma alle nostre regole - conclude Scalabrin - Con il nuovo regolamento non si vince la partita ma si gettano legalmente le basi per una forma di convivenza civile». |