22 FEBBRAIO 2006

dal Giornale di Vicenza

«Con le basi americane Vicenza paga la guerra»
«Stop alle assunzioni di islamici»
Cercano casa, trovano la truffa
Raccolta firme per la contro-riforma

I deputati Bulgarelli e Zanella (Verdi) a S. Corona
«Con le basi americane Vicenza paga la guerra»

(c. c.) «Con le basi americane sul nostro territorio si paga una spesa di guerra agli Stati Uniti». Questa l’interpretazione di Mauro Bulgarelli, deputato dei Verdi che giovedì sera ha tenuto - assieme a Walter Peruzzi della redazione della rivista Guerre&Pace - una conferenza sulle servitù militari organizzata ai chiostri di Santa Corona dall’associazione Ya Basta. Bulgarelli aveva presentato nelle scorse settimane, assieme alla collega parlamentare Luana Zanella, un’interrogazione al ministro della difesa Antonio Martino sul futuro militare dell’aeroporto Dal Molin. «Stiamo seguendo con molta attenzione e preoccupazione - spiega Bulgarelli - la questione dell’ampliamento della caserma Ederle e della “erosione” da parte militare dell’area civile dell’aeroporto. Quale costo ha oggi per la collettività vicentina la caserma statunitense, e quale costo avrà con 5000 nuovi permessi per militari americani?». «Mi spiego meglio - prosegue l’onorevole -. Siamo in possesso di documenti ufficiali secondo i quali il 37% delle spese di stazionamento dei militari Usa devono essere pagate dall’Italia; più o meno lo stesso accade in Germania. Per questo dico che secondo me si tratta di una sorta di spesa accollata a coloro che hanno perso la seconda guerra mondiale. Quindi, al di là dei 40 mila euro che verrebbero corrisposti in questa operazione al Comune di Vicenza, i vicentini dovrebbero chiedersi quanta parte delle spese di stazionamento graverà poi su di loro come contribuenti». L’onorevole lamenta poi il fatto che in tutta Italia «vi sono circa 150 siti militari statunitensi, ma ne conosciamo solo 120, perchè altri sono secretati anche nei confronti dei rappresentanti del popolo italiano». Walter Peruzzi ha allargato ancora di più l’orizzonte delle considerazioni, accusando gli Stati Uniti di servirsi di basi militari come quella vicentina per «ostacolare la formazione di un’Europa troppo autonoma».


L’INTERVISTA. Il sottosegretario all’ambiente Stefano Stefani difende Calderoli e invita le imprese a privilegiare i lavoratori dell’Est Europa
«Stop alle assunzioni di islamici»
«Le vignette nella bacheca della Lega Nord? Non caliamo le braghe»

di Marino Smiderle

Stefani sta a Calderoli come i tedeschi stanno ai libici. In entrambi i casi il risultato è scontato: dimissioni a furor di popolo, e di Berlusconi. Solo che un conto è dare agli amici teutonici dei mangia-patate, un altro è andare in televisione e mostrare una t-shirt con immagini non propriamente inneggianti a Maometto. Tenuto conto che in entrambi i casi i protagonisti delle esternazioni sono rappresentanti leghisti del governo italiano (Stefani era viceministro alle Attività produttive e Calderoli addirittura ministro delle Riforme), il bailamme mediatico è assicurato.
- Allora, on. Stefani, il Consiglio federale della Lega pare aver digerito bene le dimissioni di Calderoli. Convinto anche lei che quella maglietta non doveva mostrarla?
«Mi pare che si sia esagerato. Io posso non essere d’accordo con quella provocazione, ma non accetto che venga messo sullo stesso piano un gesto, appunto, provocatorio come quello di Calderoli, con i consolati bruciati o con il sacerdote ammazzato in Turchia».
- Sì, però Calderoli è, era, un ministro. Non pensa che quel gesto poteva risparmiarselo?
«Ripeto, non c’è proporzione con la reazione libica. Dico, vogliamo ragionare come Fabris che dice che gli eventuali attentati futuri sono attribuibili alla Lega? Continuiamo a ragionare così e vedrete dove andremo a finire».
- Sta di fatto che le dimissioni sono state chieste e ottenute. Vuole dirci come è andata veramente? Berlusconi ha parlato o no con Bossi?
«Io Berlusconi lo capisco. Dico, arriva la rogna di Bengasi proprio nell’anno in cui dalla Russia il gas arriva con il contagocce. Ci sono degli interessi nazionali in ballo che un premier deve tenere in considerazione. Bossi l’ha capito, anche se l’altro giorno abbiamo posto alcune condizioni per restare nel governo».
- Pensa che ci saranno problemi e che qualche alleato si tiri indietro?
«No, mi pare che le condizioni che abbiamo posto siano condivise da tutti. C’è un punto che mi sta a cuore. Anzi, sono due i punti che mi stanno a cuore».
- Quali sono?
«Il primo è relativo alle radici cristiane della nostra civiltà. Nel massimo rispetto delle religioni altrui, non possiamo chinare il capo di fronte ai soprusi degli islamici. La mia paura è che, a causa dei fondamentalisti, che sono una minoranza, si vada verso uno scontro di civiltà».
- E il secondo punto che le sta a cuore?
«Penso alle imprese che assumono lavoratori stranieri. Per queste noi abbiamo auspicato di privilegiare l’assunzione di persone il cui credo non finisca col condizionare il nostro sistema di vita».
- Vuol dire stop all’assunzione di musulmani?
«Dico che chi ha assunto romeni, o polacchi o altri europei dell’est non ha complicazioni. Accettano subito il nostro sistema di valori e non ci sono pericoli».
- Non pensa di penalizzare gli islamici moderati e di dare la stura a una progressione che può portare alla guerra di civiltà?
«Io temo che lo sbocco sia quello, ma non per colpa nostra. Sono loro che si rendono responsabili di violenze inaudite. Sono d’accordo con quello che ha scritto Giuliano Ferrara: non bisogna calare le braghe di fronte a questa arroganza. D’accordo gli interessi, d’accordo la ragion di Stato, ma c’è un limite a tutto».
- La decisione di mettere le vignette nella bacheca della Lega ad Arzignano e a Dueville come la interpreta?
«Li capisco».
- Lo ritiene opportuno?
«Ma vuoi vedere che non siamo neanche padroni di esporre il nostro giornale, La Padania? Torno al discorso di prima: non dobbiamo calare le braghe».
- Dicono che la Lega trarrà vantaggio da questo atteggiamento. Dica la verità, l’avete studiata a tavolino questa performance di Calderoli?
«Io non so se la Lega guadagnerà voti. In ogni caso il nostro comportamento è stato coerente con quel che diciamo da tempo: dobbiamo essere orgogliosi delle nostre radici».
- On. Stefani, la Lega ha già fatto le sue liste per il Veneto?
«Lunedì saranno pronte. Per ora posso dire che tutti i parlamentari uscenti saranno presenti».
- Il problema è il posto in lista...
«Non mi piace questo sistema elettorale, ma dobbiamo adattarci».


Molti stranieri hanno segnalato di essere stati raggirati da due mediatori di agenzie immobiliari inesistenti
Cercano casa, trovano la truffa
«Hanno preteso soldi solo per i contatti con i venditori»

(d. n.) Raggirati da promotori che dicono di appartenere ad agenzie immobiliari. È quanto sostengono alcuni immigrati, che hanno segnalato alle associazioni di consumatori e alle forze dell’ordine di essere stati costretti a versare delle somme per dei contatti con proprietari di case che volevano venderle o affittarle. Contatti non andati a buon fine, che sono costati loro fra i 50 e i 100 euro. Il fenomeno, già noto in varie parti d’Italia, avrebbe messo piede anche nel Vicentino da qualche mese a questa parte. E a farne le spese sarebbero degli stranieri in cerca di un alloggio, più vulnerabili perché non conoscono le normative italiane, e che si rendono conto di essere stati beffati quando incontrano agenzie più oneste che spiegano loro che sono stati truffati. I rapporti previsti dalla legge sono chiari. Se uno si rivolge in agenzia per chiedere una mano a trovare casa il titolare non è tenuto a chiedergli nulla se prima non gli fa firmare un contratto. Ma in genere le ricerche sono gratuite fino a quando, attraverso la mediazione, il cliente non trova ciò che lo soddisfa. In questo caso, se ad esempio acquista una casa, è tenuto a versare una quota del valore dell’immobile all’agenzia; generalmente, la quota è del 3 per cento più Iva. Esistono però anche una serie di accordi diversi, di cui il cliente deve essere a conoscenza. In realtà, gli stranieri che hanno segnalato l’irregolarità hanno spiegato che a loro non era stato sottoposto nulla. Avevano conosciuto due persone, che hanno precisato di essere alle dipendenze delle agenzie “CasaVi” e “Trovalloggi”, che però non compaiono negli elenchi della Camera di commercio. Hanno riferito di essere stato sì messi in contatto con dei proprietari di abitazioni in città e nell’hinterland, in particolare ad Altavilla. Ma, per una ragione e per l’altra, l’affare non si era concluso: affitto troppo elevato, casa lontana dal posto di lavoro o altre questioni. Dopo alcune visite agli appartamenti, gli agenti immobiliari hanno chiesto agli immigrati conto del loro lavoro. E cioè hanno chiesto loro somme variabili fra i 50 e i 100 euro per ogni contatto. Gli stranieri, che non conoscono il meccanismo, hanno spiegato di aver pagato, con un po’ di fastidio perché non avevano messo in preventivo quella spesa. Ma hanno versato somme fra i 100 e i 600 euro ai due uomini, dei quali non hanno numeri di telefono: li incontravano generalmente in un bar e da lì andavano a vedere le abitazioni. Sarà peraltro possibile risalire a loro grazie ai proprietari degli appartamenti in vendita o da affittare. Il consiglio delle associazioni dei consumatori è di aspettare a pagare qualsiasi somma e nel frattempo di chiedere consiglio o a qualche legale o direttamente alle associazioni, e di tener conto che generalmente, salvo diverso avviso, le agenzie o i mediatori non devono pretendere nulla nel caso in cui il contatto non sia andato a buon fine.


Istruzione. Il Coordinamento delle scuole di Vicenza ha dato vita a un comitato per la “legge popolare per una buona scuola”: punta a raccogliere l’adesione e le sottoscrizioni dei cittadini
Raccolta firme per la contro-riforma

di Anna Madron

Dalle parole si passa ai fatti. Ovvero alla raccolta firme per l’abrogazione immediata della legge “53” e dei suoi decreti. A proporla è il Coordinamento delle scuole di Vicenza e provincia (coordinamscuolevi@libero.it) che dopo aver accolto e sottoscritto la “legge di iniziativa popolare per una buona scuola” ha dato vita ad un Comitato con il compito di promuovere l’iniziativa e sensibilizzare i cittadini invitandoli ad impegnarsi in prima persona mettendo la propria firma in calce all’appello. Il testo della legge, che in questi mesi ha catalizzato l’attenzione non solo degli insegnanti, ma anche di tante famiglie, verrà presentato punto per punto nell’assemblea pubblica organizzata venerdì 3 marzo alle 20.30 nell’aula magna dell’Itc Fusinieri. In quell’occasione il Coordinamento spiegherà l’iter che ha portato all’elaborazione di questa legge, la prima e forse l’unica proposta concreta di riforma, in alternativa alla controversa “53”. Ma quali sono i capisaldi di questa legge nata dalla base e per la quale si potrà firmare anche nei banchetti che nei prossimi giorni verranno allestiti in città dal Coordinamento? Si parla innanzitutto, spiega Francesco Casale, portavoce del Comitato, «di una scuola pubblica, laica e pluralista, capace di garantire a tutti il diritto all’istruzione». L’obbligo scolastico viene portato a 18 anni e si chiedono «risorse certe e adeguate, almeno il 6% del Pil. Basta, inoltre, con i tagli continui che sviliscono la scuola pubblica e stop anche con i regali alle scuole private». Ancora: «Vivibilità delle classi e qualità della relazione educativa, in altre parole non più di 22 alunni per classe e continuità didattica dei docenti». Per quanto riguarda l’integrazione, in barba ai tagli selvaggi dell’ultima Finanziaria, si rivendica una dotazione aggiuntiva di insegnanti specializzati per far fronte a problematiche quotidiane: accoglienza, educazione interculturale, alunni disabili, disagio scolastico. «I programmi - recita in sostanza la legge - dovranno essere moderni, efficaci, condivisi e la funzione docente dovrà garantire stabilità, pari dignità e qualificazione. Inoltre è prevista la partecipazione di tutti alla gestione della scuola, con rilancio ed estensione degli organi collegiali elettivi». Dai nidi agli istituti superiori, sul tappeto ci sono poi tutta una serie di riforme. Per quanto riguarda i nidi d’infanzia se ne riconosce evidentemente l’importante funzione sociale, visto che il testo prevede il loro inserimento nel sistema di istruzione nazionale e il soddisfacimento di tutte le richieste da parte delle famiglie. E veniamo alla scuola materna: il terzo anno è reso obbligatorio e vengono chiesti due insegnanti per sezione con almeno dieci ore di compresenza settimanale. Quanto alle elementari il tempo pieno diventa “intoccabile” e dovrà soddisfare tutte le richieste, mettendo in campo due insegnanti contitolari e 4 ore di compresenza settimanali; nel modulo almeno 3 ore di compresenza. Alle scuole medie viene ripristinato e valorizzato il tempo prolungato, anche in questo caso con il soddisfacimento di tutte le domande, mentre per le superiori si prevede un biennio unitario, un triennio di indirizzo e una serie di attività di laboratorio in tutte le discipline. Infine la formazione professionale sulla quale la legge parla chiaro sottolineando che dovrà «arrivare soltanto dopo l’assolvimento dell’obbligo scolastico a 18 anni».