22 LUGLIO 2005
dal Giornale di Vicenza
«Dimissioni? No, qui si lavora bene
Ma ci vuole più gioco di squadra»
Allarme radioattività alla Beltrame
L’intervista
«Dimissioni? No, qui si lavora bene
Ma ci vuole più gioco di squadra»
di Diego Neri
Un biennio di lavoro puntato sull’organizzazione e sulla razionalizzazione. Con uno scopo: la sicurezza dei vicentini. Arrivato in città nell’estate 2003 dal compartimento della polstrada di Padova, dopo una lunga carriera, il romano Dario Rotondi festeggia in questi giorni i due anni da questore di Vicenza, e lo fa a modo suo: lavorando. Nel suo ufficio c’è un via vai di collaboratori dalla prima mattina fino a sera. I progetti sulla sua scrivania, ingombra di fascicoli, sono tanti, ma prima arrivavano in scala gerarchica i problemi da risolvere. E che, a conti fatti, riguardano quasi sempre il personale. Una coperta che, ovunque la si tiri, è sempre un po’ troppo corta per le esigenze di una città come Vicenza. Ma Rotondi va avanti lo stesso, ottimizzando le risorse a disposizione per far fronte ai problemi quotidiani.
- Signor questore, qual è il bilancio dei suoi primi due anni a Vicenza?
«Detto che i conti li fanno gli altri, e così pure sono gli altri a dover dare eventuali giudizi, posso dire di essere entrato in sintonia con la città. Sono soddisfatto per l’attività della polizia giudiziaria, perché le principali tipologie di reati, come furti, rapine o scippi, sono in calo, anche se, col mestiere che facciamo, non andremo mai in cassa integrazione. Ma sono contento anche dell’operato dell’ufficio immigrazione: i permessi di soggiorno vengono rilasciati in tempi accettabili, ma bisogna migliorare quelli delle carte di soggiorno e dei ricongiungimenti famigliari in vista del 2006, quando arriverà la botta dei rinnovi della sanatoria. E ancora non mi lamento dell’ordine pubblico, che non ha mai dato grossi problemi se non a Schio, con le manifestazioni per l’eccidio, che siano riusciti comunque a controllare. Dal punto di vista umano, infine, ho trovato persone eccezionali. Sì, sto bene qui».
- Nonostante più di uno abbia chiesto le sue dimissioni.
«Fa parte del gioco. Ma non sono io che risolvo i problemi, si lavora in squadra».
- E c’è gioco di squadra, a Vicenza?
«Se devo trovare una cosa che manca è proprio questa. Sia chiaro che è un problema nazionale, ma non c’è sufficiente coesione sociale, e anche a livello istituzionale a volte si nota qualche vischiosità. Con questa crisi economica, non c’è spazio per chi pensa solo per sé, perché in questo modo si affonda tutti».
- Faccia un esempio concreto.
«Lo stadio: a Vicenza c’è il Menti che fa acqua da tutte le parti, probabilmente andrebbe abbattuto e ricostruito perché è difficilmente recuperabile. Ma possibilità concrete di ricostruirlo mi sembra siano piuttosto modeste. Anche i tifosi non sono più numerosi come una volta. Comunque, questa città meriterebbe di meglio».
- Si fa un gran parlare di sicurezza, quella reale e quella percepita dalla gente. Vi sono realmente gravi problemi a Vicenza?
«Se i cittadini non si sentono sicuri vanno rispettati e aiutati».
- Anche con le “pantere”?
«La sicurezza compete alle forze dell’ordine, altri compiti sussidiari possono essere affidati ad altri enti, come agli ausiliari del traffico. Ma servono cautela e stretta osservanza delle norme, oltre al controllo che va compiuto su come operano queste persone. Creare equivoci invece è pericoloso, le competenze non vanno travalicate».
- Ma se vi fossero problemi di ordine pubblico con le “pantere”? Che so, la reazione di un immigrato, la botta data ad un ubriaco?
«Credo che il rischio sia solo teorico, ma è certo che ognuno si deve assumere le sue responsabilità».
- Come per le ronde padane, che lei ha fermato.
«Le “pantere” hanno un contratto, che non esiste con le ronde padane. Se l’attività di controllo è consentita dalla legge noi la facciamo svolgere. I principi devono essere rispettati, sia dalle “pantere” che dalle ronde (come ha ricordato ieri il ministro Carlo Giovanardi rispondendo all’onorevole Giovanni Didonè durante il question time, ndr)».
- Ma Campo Marzo è davvero invivibile, un covo di delinquenti?
«Le segnalazioni non mancano, ma si riferiscono quasi esclusivamente ad episodi che avvengono di notte. E Campo Marzo ha un problema: la visibilità. Col buio in alcune zone è impossibile compiere controlli efficaci, non ci sono lampioni. Se lo vogliamo sicuro deve essere illuminato di più. Oppure dev’essere recintato, come avviene in altre città per i grandi parchi pubblici, che vengono chiusi di notte».
- Come si combatte la microcriminalità?
«Con la collaborazione di tutti. Occorre che ognuno si faccia carico dei problemi della società senza scaricarli sul proprio vicino. Serve un Centro di permanenza temporanea? Sì, ma non nella mia città. La discarica? Sì, ma da un’altra parte. E invece per risolvere i problemi servirebbero più partecipazione, e maggiore disponibilità».
- E la criminalità più grave, come la rapina ad Abano con la morte di un gioielliere e di un bandito?
«La situazione vicentina è migliore di quella padovana, ma con la mobilità attuale della criminalità non è possibile dormire sonni tranquilli. Non credo siano necessarie nuove norme, è sufficiente applicare o correggere quelle che già sono in vigore. È però necessario che i processi vengano svolti più celermente e soprattutto che le pene inflitte dai giudici siano effettivamente scontate».
- In città molti lamentano il diffondersi della prostituzione su strada, specialmente lungo la statale 11.
«Gli strumenti in mano nostra per fronteggiarla sono molto modesti, e i risultati di conseguenza non sono molto brillanti. Forse sarebbe opportuno esaminare qualche possibile innovazione in modo da impedire certi spettacoli notturni, che sono d’accordo a definire sconvenienti».
- Allarme bomba al mercato di Thiene, tre tunisini in volo che creano preoccupazione, ieri ancora bombe in metropolitana e paura a Londra... A Vicenza è concreto il rischio di attentati terroristici?
«A livello nazionale il rischio c’è, a Vicenza è più limitato. I controlli e le indagini, anche recenti, ci hanno rassicurato in questo senso. Certo, non bisogna abbassare la guardia. Nella nostra provincia vivono oltre 15 mila musulmani: per la stragrande maggioranza sono persone perbene, che vanno aiutate ad integrarsi. Gli attentatori di Londra? Evidentemente non erano così integrati. Da noi qualche problema lo si vede a scuola, con soggetti difficili, che non riescono a vivere in Italia in maniera equilibrata. Devono essere seguiti, come è doveroso con tutti i ragazzi in difficoltà».
- La crisi economica può ingigantire le disuguaglianze sociali, acuire i contrasti. Aumenteranno i problemi legati alla sicurezza?
«È un pericolo oggettivo. Ad esempio, dal mio punto di osservazione noto che qualche imprenditore non se la sente più di rischiare. Questo atteggiamento non fa bene all’economia. Per tirarci su dobbiamo rimboccarci le maniche, contro taluni modelli che ci propone la società. Oggi tutto viene spettacolarizzato: per andare in televisione bisogna fare immagine, non sostanza, e qualche volta ci cascano anche persone insospettabili. Devono essere l’impegno e il lavoro, anche silenzioso, i nostri valori».
- Signor questore, qual è l’obiettivo per l’immediato futuro?
«L’ottimizzazione, l’ulteriore razionalizzazione delle forze. Con questa situazione economica, il futuro, almeno quello a breve termine, consisterà nella necessità di migliorare le inefficienze. Ampliamenti d’organico non ne vedo all’orizzonte e, per supplire alle necessità, devo recuperare uomini, sfruttare al meglio risorse e attrezzature, specializzare il personale. Il mio compito è fornire sicurezza ai vicentini. Con le risorse che ho a disposizione e che, finora, non mi hanno mai deluso».
Romano, 57 anni, padre di tre figli fra cui anche un poliziotto
Ha retto ruoli di comando a Nuoro, Imperia, Roma e Padova
Il generale Dario Rotondi ha 57 anni, è nato a Roma, nel quartiere Ostiense. Padre di tre figli (di cui uno poliziotto), è laureato in Scienze politiche ed è in polizia dall’ottobre 1967. Prima di insediarsi a Vicenza ha retto, per tre anni, il compartimento di polizia stradale del Veneto, con sede a Padova. Anche in precedenza aveva ricoperto incarichi di responsabilità. Nel 1976 Rotondi riceve l’incarico di comandare la polizia postale di Nuoro; nel 1982 viene trasferito, con il medesimo incarico, ad Imperia. Qui si mette in luce e, nel 1988, viene chiamato a Roma, a lavorare nell’ufficio centrale della polstrada, alle dirette dipendenze del ministero dell’Interno. Dal 1991 al ’96 è dirigente in questura. Altri quattro anni a Roma, nella Divisione personale al ministero. Dal 2000 al 2003 opera a Padova. A Vicenza, prima esperienza da questore, è arrivato nel luglio di due anni fa.
I dispositivi di controllo hanno scoperto tracce di cobalto 60 in un vagone arrivato dalla Germania
Allarme radioattività alla Beltrame
Sigillato il ferro contaminato. Prefettura avvisata in ritardo
di Diego Neri
Allarme radioattività alle acciaierie Beltrame di viale della Scienza. I controlli hanno evidenziato come in un vagone ferroviario arrivato dalla Germania fossero presenti sostanze pericolose, che sono state poi riconosciute in tracce di cobalto 60.
La scoperta risale a mercoledì pomeriggio, ma l’allarme è stato dato solo 24 ore dopo. Ieri i vigili del fuoco, con Ulss e Arpav, hanno messo in sicurezza la barra di ferro incriminata e in serata, durante una riunione in prefettura, la situazione è stata definita sotto controllo. «Nessun rischio né per dipendenti delle acciaierie né per la salute pubblica», ha spiegato il capo di gabinetto Minieri.
Il caso è scoppiato a distanza di un anno e mezzo dal grave allarme cesio radioattivo che risale al gennaio 2004, e che aveva causato una chiusura dell’azienda fra un mare di polemiche. Proprio da quell’esperienza, però, la Beltrame aveva maturato la convinzione che fossero necessari controlli approfonditi: «Da allora abbiamo quadruplicato le verifiche - spiega Adolfo Bottene, direttore del centro industriale -. La rete è stata potenziata, i controlli li facciamo in ogni punto del ciclo di produzione. Siamo in grado di trovare anche uno spillo».
La presenza del cobalto era stata scoperta nel tardo pomeriggio, nel momento in cui il vagone partito dalla Germania passava sotto al portale d’ingresso. Subito è stato messo in disparte, in un luogo isolato, quindi è stato allertato l’esperto qualificato che ha cercato cosa ci fosse di contaminato, trovando una sorta di piatto di ferro e un altro paio di barrette con tracce del materiale radioattivo. «I livelli di radioattività erano molto bassi», precisa Bottene. La verifica sarebbe stata ultimata verso le 9 di ieri mattina.
I primi fax destinati al comando dei vigili del fuoco, all’Arpav, all’Ulss e alla prefettura sono partiti verso le 14.53. Un ritardo che ricalca quello del gennaio 2004, per il quale la Beltrame è stata rimproverata. «Non si trattava di un allarme grave, di un pericolo per la cittadinanza», si è difeso Bottene.
Verso viale della Scienza è partita alle 16.01 la squadra radiometrica dei vigili del fuoco. Con loro, ad operare, anche Arpav, Ulss e l’esperto qualificato della Beltrame. I pezzi di ferro contaminati sono stati chiusi in un pozzetto di cemento e sigillati, in un luogo lontano dai capannoni.
In serata si sono riuniti in prefettura, con Minieri, l’ingegner Vassallo dei pompieri, con i medici Poli e Merzari del servizio prevenzione dell’Ulss, la dott. Belleri dell’Arpav, la dott. Milan della protezione civile e il direttore dello stabilimento di viale della Scienza, Fulvio Mario. «Il livello di pericolosità del cobalto trovato mercoledì è di gran lunga inferiore a quello indicato come pericoloso dalla legge», è stato precisato. «Per questo non vi sono rischi per la salute». Durante l’incontro tecnico si è ragionato sulla destinazione della sostanza radioattiva, che probabilmente sarà stoccata in un bunker dentro l’azienda, vicino ai fusti di cesio dello scorso anno.
Non è peraltro la prima volta che, dopo l’allarme del 2004, alla Beltrame - dove scaricano ogni giorno centinaia di camion con tonnellate di materiale ferroso proveniente da tutta Europa e destinato alla fusione - arriva materiale pericoloso. È già accaduto in due occasioni negli ultimi sei mesi: «In gennaio - ricorda Bottene - si trattava di una crosta di vernice su un tubo».
Ora la società avvierà le pratiche per il risarcimento, ai danni sia del trasportatore che del fornitore. «Il problema è che probabilmente non sono dotati di strumenti di controllo sofisticati come i nostri». Ciò non toglie, peraltro, che l’acciaieria debba incamerare i costi dello smaltimento. La prefettura, in merito, ha già avvisato le autorità tedesche affinché collaborino nell’individuare il sito da cui quel piatto di ferro con tracce di cobalto è partito.