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24 AGOSTO 2006
Zona 4, la nuova sede è una giungla
Parco-Città. Il consigliere Luca Balzi (Ds) chiede che venga riaperta la questione dei locali destinati alla Circoscrizione. E segnala un altro problema di Roberta Bassan Ciao mamma, giochiamo a nascondino. Uno-due-tre e valli a trovare i bimbi. Dove sono? Hanno trovato la recinzione della casa rossa aperta e si sono infilati tra le erbacce, alte il doppio di loro. Ideali come nascondiglio. Peccato che quella rete dovrebbe essere chiusa e quel cantieraccio dovrebbe essere un giardino di erbetta e margheritine, non un regno infestato di gramigna, rovi, cartacce. E quella casa rossa dovrebbe portare all’ingresso la targhetta della circoscrizione 4 "Postumia". E invece al posto dell’ingresso, c’è una barriera naturale di erba incolta più alta della porta. Trentacinque mesi di abbandono, tanto è passato dalla costruzione della controversa sede. Siamo a Parco-Città, via Turra. La casa rossa dovrebbe essere la nuova sede della parlamentino 4 che non è mai stata consegnata al Comune e giace in totale stato di abbandono. La storia è annosa e si perde nel tempo e nei tribunali. L’immobile è stato realizzato da una società (Gamma Tre, titolare della concessione edilizia) invischiata poi in una vicenda di fallimento alla fine del 2004. Ma in realtà oggetto di una precisa convenzione tra il Comune e un’altra società (la Quadri) proprietaria del terreno, a cui l’amministrazione sarebbe ora pronta a fare causa. Il risultato ad oggi è questo: la sede c’è, ma è inutilizzabile dal Comune. Come se non bastasse, nei giorni scorsi i bambini che giocavano nel vicinissimo parchetto-giochi (una rampetta di undici scalini a separarli) hanno trovato un varco d’accesso, mai notato nei giorni precedenti, e si sono infilati dentro con ingenua curiosità. Le mamme sono preoccupatissime perchè quel cortile è infestato di tutto e hanno telefonato a Luca Balzi, consigliere di circoscrizione (segretario cittadino dei Ds). Balzi indica: il palo di recinzione del cantiere è stata effettivamente sradicata da uno dei blocchi di cemento che fungono da piattaforma, sfondata e allargata tanto da far passare comodamente una persona. È l’unico varco sul perimetro dell’area, all’interno della quale cresce di tutto, ricettacolo di cartacce, sacchetti di Fonzies, coppette di gelato. Regno di serpentelli, lucertole e bestiacce varie. Il consigliere teme che di notte l’area possa essere diventata ritrovo di ragazzi che, in piena oscurità e al riparo da occhi indiscreti, si facciano qualche fumata. E comunque - dice lui - non si ha conoscenza di chi va e di chi viene dall’area. Balzi ha preso di petto la situazione e, ieri mattina, ha presentato un’interpellanza urgente al presidente di circoscrizione Mauro Marchetti. Oggetto: la nuova sede del consiglio. Un carteggio di 12 pagine, frutto di precedenti interrogazioni, in cui si affrontano diatribe legali e iter amministrativi della vicenda. In buona sostanza Balzi chiede di riaprire al più presto il fascicolo della nuova sede, invitando l’assessore al Decentramento Roberto D’Amore in Commissione Territorio ad illustrare lo stato attuale della situazione. E inoltre a promuovere un coordinamento fra tutti gli assessorati coinvolti nel caso della sede. Rimane un ultimo particolare. In attesa di entrare nei nuovi locali, il consigliere chiede ancora una volta la copia del contratto di locazione degli attuali locali che ospitano la circoscrizione, in galleria Parco-Città 21, di proprietà dell’Istituto di sostentamento del clero. Richiesta che, denuncia il consigliere, giace inevasa da quasi tre anni. In attesa di capire finalmente se e quando potrà essere compiuto il trasloco definitivo. «Da contratto - dichiarava il 19 gennaio 2005 il presidente di circoscrizione Marchetti - dovranno darci le chiavi il prossimo 12 marzo». E attendeva con fiducia. Nel frattempo l’erbaccia è cresciuta, il rosso dell’immobile ha cominciato a scrostarsi, sconosciuti hanno sfondato la recinzione. E sono entrati nella "terra di nessuno".
Sicurezza. Blitz con la scala nell’area-dormitorio in via Torino Bivacco ex Domenichelli sopralluogo della polizia Rovistati sacchi a pelo e coperte, un africano portato in centrale di Roberta Bassan Blitz della polizia ieri mattina in via Torino, parallela di viale Milano, all’interno dell’area ex Domenichelli, dismessa una decina d’anni fa e diventata ora il bivacco di un gruppo di nord africani. Due pattuglie in divisa e alcuni uomini in borghese si sono presentati intorno alle 11 alla Torre Everest, condominio di 17 piani di via Torino, il più alto della città, che confina con l’area oggi fatisciente appartenuta alla gloriosa ditta di trasporti poi fallita. E dalla quale ogni mattina è possibile seguire lo spettacolo desolante del gruppo di ragazzotti che si tirano su dal sacco a pelo, fanno pipì, mangiano, bighellonano. Hanno chiesto la via per entrare nell’area, visto che l’ingresso da via Torino è stato reso inaccessibile dalla proprietà proprio per scongiurare le occupazioni abusive. E sono stati accompagnati nella viuzza di accesso all’Istituto scolastico Piovene dove, addossata alla recinzione che segna il perimetro dell’area, c’è una bicicletta bianca grazie a cui gli extracomunitari fanno leva per scavalcare. I poliziotti hanno quindi chiesto una scala per arrampicarsi e sono entrati nell’ex Domenichelli. Lì hanno verificato con mano la situazione: all’esterno, sotto la tettoia degli Arrivi, hanno trovato materassi, coperte e sacchi a pelo che hanno rovistato in maniera accurata. Raggomitolato all’interno di un sacco hanno trovato un extracomunitario che stava dormendo: l’uomo è stato portato in centrale e identificato. I poliziotti si sono portati anche dentro lo stabile della Domenichelli, ma senza pare trovare tracce di bivacco. Fuori invece, nel cortile, hanno potuto verificare il quartiere-dormitorio e lo stato di degrado lamentato con forza dal Comitato di Quartiere. Ovunque sporcizia, sacchi delle immondizie, tracce di escrementi. Anche la proprietà, per bocca dell’architetto Sergio Carta, già vicesindaco, ha annunciato un sopralluogo nell’area, coinvolgendo l’assessore alla Sicurezza Sorrentino, che dovrebbe svolgersi nei prossimi giorni.
«Siamo pronti a costruire nuove recinzioni» (g. m. m.) Qualcuno l’ha già chiamata l’“invasione dei boschetti fantasma”. In un municipio ancora a mezzo servizio per le vacanze d’agosto, l’emergenza del degrado che cinge d’assedio il centro storico è diventata la priorità da affrontare al più presto. La prima mossa del vicesindaco e assessore alla Sicurezza Valerio Sorrentino, reggente in assenza del sindaco Enrico Hüllweck, è stato l’invio di una serie di lettere ai proprietari delle aree prese d’assalto da sbandati, prostitute e tossicodipendenti per valutare le possibili soluzioni da adottare per ridurre il degrado. In particolare, Sorrentino ha scritto alla direzione del Piovene, per invitare l’istituto scolastico a chiudere il cancello dell’accesso posteriore, rivolto su via Torino. Quel corridoio, infatti, continua a essere sfruttato da un gruppo di africani per scavalcare la recinzione dell’ex Domenichelli e andare a dormire nell’area artigianale abbandonata. Sollecitato da alcuni residenti di viale Margherita, poi, il vicesindaco ha preso contatto con la proprietà dell’area verde di Porta Padova, ultima emergenza in ordine di tempo. Martedì sera è iniziato il ciclo di controlli a tappeto da parte della polizia locale, che verranno ripetuti tutte le sere per scoraggiare l’ingresso di malintenzionati nella folta vegetazione. Ma c’è anche un problema di salubrità e igiene: rovi, alberi ed erba sono cresciuti all’inverosimile, arrivando a nascondere le abitazioni. Una situazione sfruttata da sbandati e tossicodipendenti per trovare riparo lontano da occhi indiscreti. Nella vegetazione, però, si sono accumulati rifiuti di ogni genere, conditi da escrementi umani e animali che rendono l’aria irrespirabile. Di qui la decisione del vicesindaco di prendere contatto con la proprietà e sollecitare una cooperazione per rimediare al degrado dell’area. In particolare, Sorrentino chiede che venga riparata e rafforzata la recinzione, oggi lacerata e aperta in più punti. «Se dovesse essere necessario - precisa l’assessore - siamo pronti a intervenire sul marciapiede, che è suolo pubblico, innalzando una nostra recinzione per evitare che ci siano questi ingressi indesiderati». In questo consiste la seconda mossa: nella prossima Giunta, fissata dal sindaco per il 30 agosto, Sorrentino delineerà i contorni dell’emergenza e presenterà un elenco di possibili contromisure. Fra queste, c’è l’ipotesi di innalzare recinzioni pubbliche a protezione di aree private assaltate da malintenzionati. Infine, nei prossimi giorni verrà presa in esame anche la situazione di un altro boschetto fantasma, quello davanti all’ospedale S. Bortolo, lungo via Bandiera, sulle sponde dell’Astichello. Anche là, lo scenario è segnato da siringhe, bivacchi, disperazione, ma la proprietà è pubblica.
Neo-italiani? 2200 in attesa Gli stranieri potenziali cittadini se passa la proposta del Governo di Nicola Rezzara e Antonella Fadda Arzignano e Montecchio potrebbero spalancare le porte ad un’ondata di nuovi “fratelli d’Italia”. Nelle due città dell’Ovest Vicentino oltre duemiladuecento stranieri sono pronti ad un futuro da italiani in piena regola, in virtù delle nuove norme sulla cittadinanza contenute nel disegno di legge del governo Prodi. L’acquisizione della cittadinanza comporta anche il conseguente diritto al voto per i maggiorenni. Il provvedimento, tuttavia, riguarderebbe anche i bambini nati sul territorio del nostro Paese da almeno un genitore, che ha raggiunto l’ormai famigerato lustro necessario alla naturalizzazione. La riduzione da 10 a 5 anni dei tempi necessari per ottenere lo status di “italiani” a tutti gli effetti, non potrà che avere conseguenze sull’accesso degli immigrati alle pratiche di regolarizzazione, qualora l’iter parlamentare giunga a compimento. Per ora si tratta di una proposta, ma gli uffici dell’anagrafe, riferiscono i due Comuni, sono già stati contattati per richieste d’informazioni per la naturalizzazione sin da subito. E secondo le ultime statistiche disponibili i nuovi italiani per decreto - se, come si presume, ne faranno richiesta - saranno prevalentemente di origine bangladese, serba, indiana, albanese e ghanese, seguiti a ruota da marocchini e senegalesi. Una cifra ragguardevole, considerando che con le vecchie norme a richiedere e ottenere lo status di cittadino italiano, nei comuni di Arzignano e Montecchio, erano annualmente poco più di qualche decina di stranieri. Il giorno seguente la proposta di abbassare a cinque anni di residenza il limite per ottenere la cittadinanza, gli uffici comunali di piazza Libertà erano già pieni di stranieri a caccia di informazioni. Sono, infatti, 1.516 i possibili nuovi italiani se il disegno di legge verrà confermato. La cifra comprende tutti i cittadini stranieri iscritti all’anagrafe al 31 dicembre 2001, figli minori inclusi. Fra tutti i 4.630 stranieri che ad oggi sono residenti ad Arzignano, i minorenni sono 1.235: fino alla maggiore età non potranno fare richiesta di cittadinanza, ma la “erediteranno” direttamente nel caso venga concessa al padre. Quotidianamente ci sono stranieri che si recano in Comune per chiedere informazioni sull’iter burocratico per la naturalizzazione; un’operazione che però avviene in prefettura e alla quale il municipio pone solo la firma finale. Nel corso del 2006 sono già 34 gli stranieri che hanno ottenuto la cittadinanza con la vecchia normativa dei dieci anni, in prevalenza albanesi, ghanesi e marocchini. Attendista il sindaco Stefano Fracasso: aspetterà che il disegno di legge si concretizzi prima di tirare le somme. «Siamo ancora alle fasi iniziali - spiega -. È importante che ci sia la certezza burocratica. Dal momento della presentazione della domanda di cittadinanza, infatti, possono passare anche cinque anni prima di ottenerla, anche se tutto è in regola. E’ necessario innanzitutto smaltire una burocrazia molto complicata». Fracasso sottolinea l’occasione mancata dalla Comunità europea: «L’Italia si è allineata con gli altri Paesi che prevedono la cittadinanza fra i cinque e gli otto anni. Ma forse sarebbe stato meglio che l’Ue avesse fatto una direttiva uguale per tutti». Ed aggiunge: «La cosa più importante è che la naturalizzazione venga costruita nella vita quotidiana attraverso la condivisione delle regole di convivenza». Nel caso la legge dei cinque anni passasse, gli uffici dell’anagrafe sarebbero coinvolti da un notevole aumento di lavoro, ma l’incremento delle pratiche non sembra preoccupare l’assessore responsabile Giandomenico Giacomello: «L’aumento di lavoro è prevedibile perché si concentreranno assieme gli stranieri in Italia dai cinque ai dieci anni» spiega. Ma ribadendo il messaggio del sindaco, aggiunge: «Il problema vero è però quello della convivenza civile. Per diventare italiani ci vuole l’adesione ai diritti fondamentali, perché non si ripetano i recenti fatti di Brescia». Secondo l’ufficio anagrafe comunale sono 694 gli stranieri, residenti in Italia da più di cinque anni, che potrebbero chiedere di iniziare l’iter per ottenere la cittadinanza nel nostro paese. «Ma non tutti chiederanno di diventare italiani - afferma il responsabile dell’ufficio anagrafe, Antonio Scarpenedo -. Ad oggi, tra chi può già avviare le pratiche di regolarizzazione seconde le vecchie norme, solo venti stranieri si sono recati in Prefettura». La maggioranza di immigrati, che ha già chiesto di ottenere lo status di cittadino e avere il passaporto italiano, sono originari del Bangladesh, seguiti dalla Repubblica Dominicana e da alcuni residenti provenienti dal Marocco. Ma secondo le ultime statistiche, in virtù del dimezzamento degli anni di residenza del nuovo disegno di legge, numerosi stranieri di ben altre comunità si stanno rivolgendo agli uffici comunali per chiedere informazione circa i documenti per ottenere la nazionalità. Nella cittadina castellana gli immigrati che potranno ottenere la cittadinanza, perché hanno maturato cinque anni di residenza in Italia, sono i 202 residenti provenienti dal Bangladesh, seguiti dai serbi (127), dagli albanesi (96 ) e dai ghanesi (65). «Nel caso in cui la legge entrasse realmente in vigore in autunno - spiega il vicesindaco Agostino Pilati - c’è da aspettarsi una corsa all’ufficio anagrafe per la certificazione, con un conseguente aumento di pratiche da evadere. Ma sono certo che in quel caso arriveranno dal governo centrale delle direttive e comunicazioni per fare in modo che il lavoro quotidiano degli uffici non ne risenta». Riguardo le polemiche che hanno infiammato l’Italia negli ultimi giorni, il vicesindaco Pilati ha le idee chiare: «È sicuramente giusto che gli stranieri residenti regolari nel nostro Paese, dopo un certo numero di anni, abbiano la possibilità ed anche il diritto di diventare italiani. Sono persone che lavorano e che vorrebbero partecipare attivamente all’economia e alla vita sociale italiana». Ma contemporaneamente invita alla cautela. «Mi sembra che dimezzare in maniera così drastica gli anni di residenza, da dieci a soli cinque, sia precipitoso. Sarebbe stata più logica e naturale una via di mezzo. Cinque anni, per una serie di questioni legate all’integrazione, alla conoscenza dei diritti e doveri legati alla cittadinanza, oltre naturalmente alla lingua, sono effettivamente troppo pochi».
Chiampo. Stranieri a quota 11,9% In fila agli sportelli per informazioni «Saremo ingolfati» di Matteo Pieropan Già da qualche settimana, lo sportello stranieri e l’ufficio anagrafe del municipio hanno registrato un aumento di afflusso di extracomunitari che richiedono informazioni in merito al disegno di legge sulle nuove norme sulla cittadinanza. Le provenienze dei potenziali beneficiari del provvedimento sono diverse: Africa, paesi dell’Est, India. E tutti fanno la stessa domanda: ossia se ci sono novità sulla nuova legge che consentirebbe loro di accorciare la strada verso la naturalizzazione italiana. «Sono proprio gli extracomunitari i più informati su questo argomento - spiegano gli impiegati del municipio -. Da inizio agosto, almeno una ventina di persone a settimana (in maggioranza indiani maschi)si presenta allo sportello per chiedere informazioni più chiare sull’entrata in vigore della legge». A Chiampo risiedono oggi 1.498 stranieri su un totale di 12.591 cittadini, pari all’11,9%: 942 maschi e 556 femmine, mentre 363 sono i minorenni. Lo scorso anno sono state rilasciate soltanto tre cittadinanze. Da gennaio fino ad oggi ne sono state rilasciate altre tre, ma il trend è in aumento. «Ci troveremo sicuramente con un ingolfamento di pratiche e di richieste da soddisfare», prevedono all’ufficio stranieri. Con i nuovi criteri proposti dal governo, infatti, gli addetti ai lavori attendono un aumento di richieste di cittadinanza dei residenti stranieri; ma per ora l’anagrafe non rilascia alcuna cifra ufficiale. Cauto il commento dell’assessore al sociale Samuele Negro, in attesa che si compia l’iter parlamentare. «Cinque anni sono pochi e dieci troppi. Si tratta di stabilire un tempo ragionevole e puntare soprattutto sul grado di integrazione. Bisogna capire se una persona è bene inserita o meno. A Chiampo svolgiamo i corsi di italiano per extracomunitari, ma l’affluenza è minima. All’interno del Consiglio territoriale per l’immigrazione, di cui faccio parte, gli stessi rappresentanti delle varie comunità straniere non sanno la nostra lingua».
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