23 SETTEMBRE 2004

dal Giornale di Vicenza

SCHIO.I disobbedienti adesso pretendono uno spazio sociale.
Comune, il buco nel bilancio c'è. + altri articoli.
Rifiuti, alt già a monte.
SCHIO. Quartieri, gli stranieri non votano.
CAMPIGLIA DEI BERICI.Fuga di gas, quattro operaie intossicate.

Dopo il corteo della scorsa settimana
I Disobbedienti adesso pretendono uno spazio sociale

(l. v.) Un centro sociale a Schio. O meglio, un più generico “spazio sociale”, «perché non ci piacciono loghi ed etichette». A lanciare la richiesta, che animerà certamente discussioni, è Libera Zone, collettivo giovanile dell’Alto Vicentino con roccaforti a Schio e Thiene, all’indomani della tre giorni di autogestione andata in scena lo scorso fine settimana in città. «La festa dell’autogestione e la "street parade", con 150 ragazzi della zona, sono state un successo e hanno lanciato un messaggio - spiegano i portavoce di Libera Zone Cristian Moresco e Francesco Pavin, leader dei Disobbedienti vicentini ai quali il collettivo fa riferimento -. Oggi la socialità è fasulla, confinata nei bar e nei locali a pagamento, mentre mancano completamente luoghi di espressione artistica e culturale dove i giovani siano protagonisti. Non pretendiamo di avere delle risposte definitive, ma chiediamo un confronto con altri attori sociali del territorio e le istituzioni».«Vorremmo che fosse chiara la nostra avversione al modello imperante della repressione del disagio giovanile, fatto ad esempio a Schio con la videosorveglianza quando la criminalità è bassissima: uno spreco di denaro che l’amministrazione, invece di tagliare nel sociale, potrebbe impiegare finanziando le cooperative della zona. Da parte nostra non vogliamo soldi dal Comune, ma solo fare vera socialità. Abbiamo bisogno di spazi di espressione liberi, non preconfezionati, dove possiamo mettere la nostra creatività e il nostro impegno. La discussione va allargata, parleremo con tutti perché non ci identifichiamo in alcun partito, ma chiaramente partiremo con l’assessore al sociale». L’assessore Emilia Laugelli, in Giunta anche al tempo del primo centro sociale scledense nel ’96-’97, accoglie la notizia come una novità: «Non so nulla di questa istanza, e mi riesce difficile commentarla. Quando si presenteranno ufficialmente vedremo che fare, lavorando comunque in staff con il sindaco. Sette anni fa ci furono delle difficoltà e il tutto durò pochi mesi: la stessa associazione che lo gestiva ci riconsegnò le chiavi chiudendo l’esperienza». Una vicenda che ricorda bene anche Pietro Da Dalt, allora comandante della stazione dei carabinieri di Schio e oggi seduto sui banchi dell’opposizione con Forza Italia. Che però preferisce non commentare: «Inutile parlarne ora: aspettiamo che si facciano avanti e poi vediamo. Al prossimo consiglio, comunque, presenteremo una mozione su legalità e sicurezza». Assolutamente contraria, invece, Alternativa sociale, che già prima della manifestazione aveva emesso un comunicato a firma di Alex Cioni: «I militanti di "Libera Zone" sono gli stessi che hanno occupato a Thiene l’ex consorzio agrario. È evidente che anche a Schio puntano a reclamare un sito da gestire gratuitamente per degli scopi esclusivamente politici in funzione non sociale e di confronto, ma per realizzare del mero proselitismo di fazione. A questo ci opporremo in ogni modo».


Comune, il buco nel bilancio c’è
Lo testimonia una lettera dei revisori, ma nessuno la vuol leggere
Tra sette giorni scade il termine per approvare in Consiglio comunale la delibera sugli equilibri dei conti Si profila un voto che prenda atto dell’ammanco
Anche il consulente tecnico incaricato dalla giunta ha consigliato di ricorrere subito alla procedura di "disavanzo"
Ieri sera ancora un lungo incontro Oggi riuniti il cda Aim e la giunta per attuare la procedura di ripiano

di Piero Erle

Sembra una commediola di quelle che si va a vedere a teatro per ridere di gusto: «Mi chiedi se c’è una lettera? Beh, io gliel’ho spedita». «La lettera? Quello si è rifiutato di riceverla». «La lettera? L’ho firmata, ma non ce l’ho io: chiedi all’altro». «La lettera? Io non l’ho ricevuta». «La lettera? Io ce l’ho ma adesso non ho certo tempo per aprire la posta». Però purtroppo non c’è da ridere. Perché i protagonisti non sono attori professionisti, ma politici e amministratori. E perché la ’lettera’ è il responso di tecnici che sono chiamati per legge a vigilare sui soldi della città. La lettera, per inciso, è quella che i revisori dei conti del Comune (è l’unica notizia che si sente di confermare il presidente del collegio, Luigi Campana) hanno consegnato ieri mattina alle segreterie del sindaco Enrico Hüllweck, dell’assessore Carla Ancora, del presidente del Consiglio comunale Sante Sarracco e infine al ragioniere capo Paolo Andreatta, che è la persona su cui ricade la responsabilità prima di certificare che il bilancio del Comune è in ordine. Sì, perché entro una settimana, giovedì, il Consiglio comunale deve votare una delibera che assicura che il bilancio è in equilibrio. E invece no. Il bilancio del Comune non è in equilibrio. È questo che i revisori dei conti hanno scritto in quella lettera che nessuno vuol leggere in municipio, e tantomeno farla arrivare a occhi troppo curiosi (vedi pag. 13). Ma che il bilancio del Comune fosse in crisi lo testimonia il fatto che mercoledì, come noto, la giunta ha deciso di rivolgersi in tutta fretta al consulente prof. Maurizio Interdonato chiedendogli di risolvere quell’enigma che si era ripromessa di risolversi da sola già in luglio: la ’rimodulazione dei canoni’ dell’Aim. Vale a dire: come farsi dare dall’azienda di S. Biagio i soldi che sono già stati collocati nella lista delle spese del 2003 e del 2004, senza che qualcuno (in Comune o in Aim) finisca davanti a qualche autorità giudiziaria o fiscale, e senza che l’azienda dica al Comune “i soldi te li dò, ma con gli interessi perché ti anticipo canoni futuri”, perché questa faccenda degli interessi creerebbe una montagna di pasticci a chi deve collocare quei soldi nella voce ’spese’ del Comune. Ecco perché nessuno vuole leggerlo, il verbale dei revisori dei conti. Perché dice quello che il nostro giornale ha ripetuto da giugno scorso alla nausea: al bilancio 2003 del Comune mancano 2,6 milioni di euro che non sono arrivati dall’Aim. E il prof. Interdonato, pare, il suo responso l’ha dato. Quale? Quello che tanti e tanti tecnici ripetevano (anche loro alla nausea) ai giornalisti e forse anche ad amministratori un po’ sordi da mesi: articolo 193. Che non è musica per le orecchie della giunta comunale, perché “articolo 193” non è il nome di un complesso ma il riconoscimento, in base alla legge, che occorre “salvaguardare gli equilibri di bilancio”. E in questo significa che occorrerà prendere atto che c’è un... disequilibrio. Un disavanzo. Un debito fuori bilancio. Diciamolo con un termine che capiscano tutti: un buco. Sì, un buco nel bilancio comunale c’è. Perché dove c’è scritto ’10 milioni’ bisogna prendere atto che c’è una mancanza, un buco appunto, di 2,6: cinque miliardi di vecchie lire. E se non se ne prende atto, allora sì che iniziano i guai per gli amministratori. Invece si prenderà atto che c’è una cifra che non può entrare per il 2003, che c’è quindi un debito fuori bilancio, e che dovrà essere ripianato. Questo, pare, ha spiegato Interdonato. Che però il suo vero lavoro di esperto l’ha fatto dopo. Ieri sera infatti era in corso un consiglio di amministrazione dell’Aim (con il sindaco Enrico Hüllweck, pare) perché oggi, mentre il cda si riunisce da una parte e la giunta dall’altra a parlare di bilancio, dovrebbe scaturire fuori la soluzione. Il Consiglio comunale è vero, dovrà votare che c’è il buco e prendere atto che tutte le assicurazioni date dalla giunta e dai tecnici in giugno-luglio erano sbagliate (a questo punto, è facile ritenere che ci sarà bagarre politica, con tutte le dita puntate prima di tutto contro l’assessore al bilancio Carla Ancora, chiamata a difendere il suo operato). Ma subito dopo si potrà provvedere a chiudere il buco, e la legge prevede pure che il buco può essere ripianato “a rate”. Come si farà? Sempre grazie ai soldi dell’Aim. Non si sa ancora molto, ma il prof. Interdonato ha appunto elaborato una ’rimodulazione dei canoni’ che consentirà all’Aim di dare al Comune i soldi in più senza problemi. E questa volta, forse, la soluzione c’è davvero.

Era già scritto: «Non possiamo chiedere quei soldi»
L’incarico al prof. Interdonato riprende le parole di una delibera varata già nove mesi fa

(p. e.) Altro che di ieri. Molti in Comune fanno finta di dimenticarselo, ma la vicenda dei trasferimenti dall’Aim spa al Comune ha radici molto lontane.
Marzo 2001. Il Comune sigla i contratti di servizio con l’Aim spa e impone fitti, canoni e corrispettivi per i vari servizi (è una vicenda che nei mesi precedenti ha visto dimettersi il vicepresidente Antonio Zaccaria e poi far fuori l’intero cda, escluso il neo-amministatore Giuseppe Rossi).
Giugno 2001. Un’interrogazione del consigliere Ubaldo Alifuoco (Ds) pone alla giunta la prima questione: come fa il Comune a incassare soldi dall’Aim per la concessione del servizio elettrico, se la concessione stessa è rilasciata dal ministero e non dal municipio? La risposta arriva dai fatti 18 mesi dopo.
Dicembre 2002. La giunta riconosce che non può chiedere all’Aim per il 2002 il corrispettivo previsto per l’energia elettrica (2,3 milioni di euro) e quindi ri-aggiorna gli altri corrispettivi per gas, calore e sosta in modo da garantirsi comunque l’incasso previsto di 10 milioni di euro dall’Aim, sia per il 2002 che per il 2003.
3 dicembre 2003. È una data chiave. Perché la giunta approva una delibera che ufficialmente ridetermina i canoni da farsi pagare dall’Aim per il 2004. Ma la stessa delibera riporta nero su bianco anche altro: riconferma che non si possono chiedere i corrispettivi per l’energia elettrica, e aggiunge «che per effetto del decreto legislativo del 23 maggio 2000 relativo alla concessione di attività di distribuzione del gas tra Ministero dell’industria,-commercio-artigianato e società ’Aim vendite spa’ viene meno l’introito da parte del Comune del corrispettivo del servizio gas, così come in precedenza accaduto per il corrispettivo del settore elettricità per euro 3,6 milioni». La delibera (volutamente?) non scrive da quando viene meno questo maxi-incasso per il gas, ma la legge è entrata in vigore dal 1° gennaio 2003: la conclusione logica, che tutti si guardano dal ’tirare’, è che la cifra non può essere richiesta per il 2003. Viceversa, nonostante abbia scritto nero su bianco questo passaggio in dicembre, il Comune continua a conteggiare per il consuntivo 2003 tutta la cifra del gas richiesta all’Aim. Non solo: la delibera scrive anche che «per effetto delle nuove competenze dell’Ato Bacchiglione relative al servizio idrico integrato, il corrispettivo per la concessione del suddetto servizio di 306 mila euro non compete più al Comune di Vicenza a partire dal 2003». Ma anche questa cifra non risulta eliminata dai conteggi del Comune. Insomma, la giunta Hüllweck scrive chiaramente che sa di non poter chiedere determinate cifre ma... se ne dimentica. E per di più la delibera (volutamente?) non viene trasmessa all’Aim.
1 e 5 dicembre 2003. Il presidente dell’Aim Giuseppe Rossi scrive all’assessore Carla Ancora segnalando un altro problema: in base alle direttive dell’Ato Bacchiglione, il Comune non dovrebbe più incassare 1,3 milioni di euro di canoni per l’acqua-fognatura dall’Aim. Neppure per il 2003. In un incontro tra l’assessore e il dirigente Vianello si ipotizza di redistribuire le cifre su altre voci.
2004: 8 gennaio. Il cda dell’Aim delibera di puntare a riconoscere comunque al Comune 10 milioni di euro per il 2003: «la legittimità e modalità di attribuzione dei singoli settori dovranno tuttavia essere valutate - scrive nero su bianco il cda - sulla base delle indicazioni date».
26 febbraio. L’Aim torna a scrivere al sindaco Hüllweck e all’assessore Ancora per segnalare che non si è risolta per nulla la questione dei soldi dell’acqua che l’azienda non dovrebbe più versare al Comune, e che questo impedisce di definire il bilancio 2003.
19 aprile. È la data chiave. In casa Aim il cda riesamina tutte le cifre e scrive nero su bianco «viene rilevata la necessità di pervenire a una nuova definizione dei trasferimenti previsti al Comune che trovi piena giustificazione sotto l’aspetto normativo». E fatte le somme, si calcola che per il 2003 al Comune andranno poco più di 7 milioni di euro, e non più 10. Anche per il 2004 le cifre sono minori di quelle attese dal Comune. Non esistono riscontri oggettivi sul fatto che questa decisione venga comunicata al municipio.
20 maggio. Il consigliere di amministrazione Alberto Filosofo scrive una lettera riservata al presidente Rossi, perché la trasmetta all’assessore Ancora, mettendo nero su bianco (in sette pagine) tutte le cifre del problema: il Comune rischia di trovarsi con un buco di bilancio perché non si tiene conto delle novità emerse nel bilancio dell’Aim e dovute per lo più all’applicazione della legge.
1 giugno. L’autorità Ato Bacchiglione scrive di nuovo al Comune di Vicenza confermando che, in base alle norme, il Comune stesso non ha diritto a chiedere canoni su acqua-fognatura all’Aim.
4 giugno. Il consigliere comunale Ubaldo Alifuoco (Ds) interroga la giunta per sapere se esiste una lettera riservata che denuncia un problema di bilancio dovuto a mancati trasferimenti dall’Aim. L’assessore Ancora dichiara di non aver mai visto quella lettera. Successivamente ai microfoni di TvA Vicenza conferma di non conoscere quella lettera e che, se le cifre di cui si vocifera fossero vere, si dimetterebbe, ma ’prima dovrebbe farlo qualcuno in Aim’. Per la cronaca, le cifre scritte da Filosofo si riveleranno vere.
5 giugno. Il Giornale di Vicenza arriva ad ottenere la lettera di Filosofo e divulga quei contenuti che rivelano pubblicamente che il problema del bilancio c’è.
8 giugno. L’assessore Ancora ammette di aver ricevuto, a fine maggio, la lettera di Filosofo. Ma rifiuta ogni commento sulle cifre «finché non vedrò il bilancio Aim». Il sindaco Hüllweck le conferma piena fiducia. Si riuniscono i revisori dei conti, su richiesta della capogruppo leghista Manuela Dal Lago, e stilano un verbale che asserisce che nel bilancio 2003 del Comune va tutto bene.
10 giugno. L’Aim chiama in causa due consulenti tecnico-legali (Gianni Giglioli e Alessandra Capuano Branca) per capire come può garantire al Comune i 10 milioni già scritti nel bilancio municipale.
1 luglio. La giunta vara una delibera che ’conferma’ che dall’Aim devono arrivare 10 milioni di euro per il bilancio 2003. Come? Con una "anticipazione finanziaria" sui canoni futuri di 2,6 milioni di euro, ottenuti con una “rimodulazione” dei canoni stessi.
3-5 luglio. Il cda dell’Aim approva il bilancio 2003, e il presidente Rossi scrive al sindaco per informarlo che l’azienda riconosce un’anticipazione finanziaria di 2,6 milioni di euro, con i relativi interessi. Il bilancio scrive la cifra 2,6, ma solo come ’conto d’ordine’ per il 2004. Il sindaco si scalda con i giornalisti: «Smettetela di parlare di ’buco’: lo ripeto, non c’è nessun buco».
15-16 luglio. Il Consiglio comunale vota il bilancio consuntivo 2003 con i 10 milioni di euro di ’trasferimenti da Aim’, con il voto della maggioranza compreso naturalmente il sindaco Enrico Hüllweck. Il giorno dopo lo stesso Hüllweck, come azionista di Aim, vota il bilancio 2003 dell’Aim con solo 7,4 milioni di euro destinati a ’trasferimenti’ al Comune.
20 luglio. I revisori dei conti tornano a riunirsi e chiedono di avere tutta la documentazione, congelando nel frattempo l’avanzo di amministrazione del Comune.
3 settembre. In municipio circolano bozze di delibere sulla ’rimodulazione’ dei canoni Aim, ma sono scritte in modo da costringere a rivedere il bilancio 2003 dell’Aim stessa, che è già chiuso e depositato. Riscoppia il caso.
7 settembre. Il centrosinistra presenta un esposto al prefetto Angelo Tranfaglia: «Valuti i documenti del Comune e dell’Aim».
15 settembre. Si riuniscono i revisori dei conti, che hanno ricevuto i dati sul bilancio dell’Aim, ma nessuno arriva a vedere il verbale che firmano sulla questione.
22 settembre. La giunta affida un incarico di consulenza al prof. Interdonato in cui riporta tra l’altro che «le nuove normative sopraggiunte nel settore della distribuzione di energia e gas hanno comportato per il Comune la cessazione dei rispettivi corrispettivi come pure quello relativi al servizio idrico integrato per effetto delle nuove competenze assunte dall’Ato Bacchiglione». Guarda caso, le stesse parole già scritte dalla giunta oltre nove mesi fa.

E ci sono anche 900 mila euro da rendere a Uniriscossioni per tributi non incassati

(g. m. m.) C’è un’altra tegola piovuta nei giorni scorsi sui tavoli della Giunta, impegnata a imbastire una variazione di bilancio che potrebbe essere esaminata questa mattina. Si tratta di circa 900 mila euro che il Comune deve a Uniriscossioni, l'ente che cura l’incasso dei tributi comunali, per una mancata rispondenza fra quanto anticipato dall’ente sul monte bollette e quanto effettivamente raccolto dai contribuenti.L’assessore alle finanze, Linda Favretto, ha presentato all’esecutivo il problema che si sarebbe sviluppato in particolare fra il 2001 e il 2003 e i cui contorni si sono manifestati nel mese di agosto.Nel confronto fra la cifra anticipata al Comune per i ruoli, dovuti in particolare alla vecchia tassa rifiuti, e le somme riscosse ci sarebbe una forbice di 900 mila euro accumulata in quel periodo. Cifre che possono essere messe in conto a fronte di un monte bollette che a quel tempo valeva complessivamente circa 30 milioni di euro. Senza contare che, davanti al mancato pagamento di una cartella, la procedura per arrivare alla riscossione è complessa e molto lunga.A monte ci sarebbe anche una mancata corrispondenza fra gli archivi dei contribuenti comunali e quelli di Uniriscossioni.«Non si tratta di ammanchi, ma di regolare amministrazione: è normale non riscuotere il 100 per 100 dei ruoli», precisa l’assessore Favretto, l’ultima titolare delle finanze comunali dopo le precedenti gestioni affidate a Maurizio Franzina prima e Marco Zocca poi.La cifra diventa però un problema in una fase particolarmente delicata per i conti comunali. La coperta si fa sempre più corta e far quadrare il cerchio è un’impresa.Per questo ancora la Giunta non ha stabilito come pareggiare i conti. Da parte di Uniriscossioni ci sarebbe comunque la disponibilità a ricevere l’importo dilazionato in più rate.Una delle ipotesi al vaglio, quindi, è di sfruttare la variazione di bilancio da approvare a fine settembre, almeno per saldare una prima rata. Una seconda eventuale parte dell’importo finirebbe invece nelle caselle del bilancio 2005.Della vicenda si sta interessando anche l’opposizione: «Faremo i dovuti approfondimenti - chiosa il consigliere diessino Ubaldo Alifuoco -. Una cosa è ormai evidente: tutto quello che sta accadendo mostra come stia sfuggendo di mano la gestione del bilancio».


Rifiuti, alt già a monte
Si inizia facendo la spesa: no agli imballaggi inutili L’Aim insieme con Legambiente e Ascom vara la campagna “Scegli ecologico” per frenare la sempre crescente produzione di immondizie

di Sandro Sandoli

Chi è sposato deve fare solo un piccoli sforzo di memoria: una famiglia di quattro persone vent’anni fa gettava ogni giorno nel cassonetto un sacchetto di immondizie, mentre adesso , se va bene, ne butta due. E quattro lustri fa, quando i figli erano ancora piccoli, ci si doveva disfare dei pannoloni e di tutti gli ammenicoli usa e getta necessari alla vita quotidiana dei bambini. Ma non siamo diventati più spreconi: quando si fanno compere non si fa attenzione all’imballaggio o al contenitore e a casa ci si ritrova “sommersi” dai rifiuti. Un esempio? Ci sono confezioni di biscotti con quattro-involucri-quattro. I quali, naturalmente, vengono pagati due volte: alla cassa del supermercato perché carta e plastica nessuno le regala e nella bolletta dell’Aim.E proprio l’azienda di contrà S. Biagio, assieme ad Ascom e Legambiente ha presentato ieri la campagna "Scegli ecologico”, che è un po’ l’uovo di Colombo, perché con la raccolta differenziata dei rifiuti si affronta e in parte si risolve solo metà problema, mentre con l’altra metà, quella che sta a monte, finora non c’era stato nessun approccio.La necessità di un’azione a tutto campo infatti l’annuncia subito il vicesindaco e assessore all’ambiente Valerio Sorrentino: «La produzione di rifiuti aumenta in continuazione e ormai ha raggiunto il chilo e mezzo giornaliero pro capite, Vicenza con un ottimo 37 per cento è nella raccolta differenziata la terza città italiana, ma si può fare di più. Cioè oltre all’amministrazione deve fare la sua parte anche il cittadino. Come? È semplice: quando si pone in relazione con il prodotto deve scegliere quello confezionato con la minor quantità di imballaggio e con più materiale riclicabile».Insomma il problema bisogna cominciare ad affrontarlo subito, quando si gira con il carrello tra i banconi del supermercato, perché quando si è a casa e si “travasa” la spesa dal sacchetto di plastica al frigo mezza frittata è già stata fatta. Spiega infatti l’ing.Ruggero Casolin direttore di igiene ambientale Aim: «Non sempre ci si rende conto che applicando corettamente le regole della raccolta differenziata o preferendo ad esempio prodotti con ricarica o vini e succhi di frutta in bottiglie di vetro oppure uova in confezioni di cartone si può partecipare in prima persona alla risoluzione di un’ importante questione: favorire il riuso di alcuni materiali e diminuire la quantità di rifiuti che non sono biodegradabili o che lo sono a lunghissimo termine, aiuta l’ambiente a ritrovare la sua armonia».E nella catena di attori che deve unire la campagna «Scegli ecologico» con i vicentini, un anello forte è quello di Legambiente. Spiega infatti Gaetano Callegaro: «Per la raccolta differenziata c’è la legge Ronchi, ma per un’azione diretta sui rifiuti la legislazione è carente. Dobbiamo quindi muoverci dal basso, come abbiamo già fatto a Valdagno e Sandrigo e come ora faremo a Vicenza». L’altro anello altrettanto forte, per la sua difffusione sul territorio e per il rapporto con il cittadino-acquirente, è quello dell’Ascom. Precisa il suo vice-direttore Ernesto Boschiero: «Scegliere i prodotti con imballaggi a basso grado di inquinamento è un problema di cultura, del quale noi ci stiamo facendo carico, individuando e indicando punti vendita o negozi di vicinato nei quali è possibile fare la spesa ecologica». Con un mezza promessa, strappata a Sorrentino, di una eventuale riduzione della tariffa rifiuti per quei commercianti che daranno una spallata alla produzione di immondizie.

Un vademecum per comprare limitando i danni all’ambiente

Ecco dieci esempi concreti di spesa consapevole e rispettosa dell’ambiente: acquistare la frutta e la verdura a peso, evitando di portare a casa la vaschetta in polistirolo e altri materiali plastici; per lo stesso motivo acquistare formaggi e salumi al banco; preferire le borse riutilizzabili (tela, juta e cotone); premiare le aziende che prevedono la ricarica dei loro prodotti; acquistare yogurt in vasetti di vetro; scegliere le confezioni di latte in vetro o policarbonato, meglio se a rendere, evitando il tetrapak; cercare vini e succhi di frutta in bottiglie di vetro, evitando il tetrapak e la plastica; utilizzare con parsimonia prodotti usa e getta come fazzoletti di carta, piatti e bicchieri, se esistono prodotti alternativi riutilizzabili; comprare uova in confezioni di caertone anzichè in plastica; evitare le confezioni multiple che aumentano gli imballaggi.Ed ecco le aziende aderenti ad ascom e partecipanti all’iniziativa: gruppo Sisa, supermercati Riviera, supermercati Berico, Il ceppo, Il pranzo è servito, latte e formaggi “Da Armando”, panificio Pedini, Parolin & Segato, frutta e verdura Targon, panificio-alimentari Antonio Zin


Il 12 dicembre solo gli scledensi torneranno alle urne per rinnovare i mini parlamentini di zona
Quartieri, gli stranieri non votano
Le modifiche al regolamento rimandate all’anno prossimo

di Mauro Sartori

Il 12 dicembre gli scledensi torneranno alle urne per rinnovare i consigli di quartieri. E gli immigrati resteranno ancora a guardare. Tanto rumore per nulla, verrebbe da commentare. Dopo le feroci polemiche seguite, poco meno di un anno fa, all’approvazione di una mozione della maggioranza che allargava agli extracomunitari privi di cittadinanza italiana, ma residenti a Schio da almeno tre anni, il diritto al voto per l’elezione nei quartieri, per i referendum consultivi e a una rappresentanza esterna in consiglio comunale, al dunque resta tutto come prima.Beninteso, la volontà politica espressa dal centro-sinistra rimane tale, ma se ne parlerà più avanti. I rinnovi incalzano, e ci sono delle scadenze da rispettare, come quella che non si dovrebbero far passare sei mesi dalle amministrative. Che si sono tenute il 13 giugno. Fatti quattro conti, domenica 12 dicembre sarebbe l’ultima utile. E per quella data è impensabile che si arrivi ad una modifica del regolamento per gli istituti di partecipazione, in grado di introdurre le novità. Da notare il plurale utilizzato perché, come conferma l’assessore Mario Benvenuti, che fra le sue deleghe ha pure quella dei quartieri, in ballo ci sarebbero diverse modifiche, e non solo quella per aprire le porte agli stranieri: «È vero. Stiamo discutendo da tempo sulla necessità di rivedere i criteri di nomina dei presidenti (attualmente ottiene la carica chi prende più voti nel quartiere), ed anche la regola che esclude chi assume successivamente cariche amministrative. Il discorso è complesso ma, dopo una serie d’incontri con i sei consigli ancora in vigore, si è appurato l’esigenza di procedere ai rinnovi nei tempi stabiliti».Ci sono molti fattori da tenere presente: due presidenti in essere sono stati eletti in consiglio comunale, c’è da dare continuità ai programmi ed alcune manifestazioni seguite dai quartieri, come ad esempio il carnevale, non sono molto lontane. Inoltre, ad aprile ci saranno le elezioni regionali, che condizioneranno eventuali ricorsi alle urne per altri scopi.Si vota a dicembre, dunque, e i circa 300 extracomunitari che potrebbero godere dei diritti previsti dalla mozione deliberata in consiglio, dovranno aspettare. Non è detto però che l’attesa duri cinque anni (tale è la durata dei consigli di quartiere), altrimenti il presunto diritto si rivelerebbe una beffa.
«Le variazioni al regolamento potrebbero essere applicate successivamente - spiega Benvenuti - Tanto più che avvertiamo la necessità di compiere un cammino condiviso con i quartieri, senza calare loro decisioni dall’alto».L’argomento resta dunque all’ordine del giorno, ma se ne riparlerà nel 2005. Per la delusione di Boubacar Dieng, rappresentante della comunità senegalese, che sulle pagine del mensile “Schio” aveva recentemente auspicato un’apertura immediata del diritto di voto.Un auspicio che ha fatto imbufalire la segreteria leghista locale: «Ricordiamo al portavoce dei senegalesi, che l’attuale sindaco di Schio, Luigi Dalla Via, è stato eletto sindaco al ballottaggio con, più o meno, lo stesso numero di voti riportati dal «no» al voto agli immigrati nel referendum consultivo di marzo - afferma il segretario leghista Pietro Bastianello - In quell’occasione non venne raggiunto il quorum, ma bisogna stare attenti a parlare di insuccesso. 9 mila scledensi si sono espressi chiaramente. Il medesimo numero che ha eletto il sindaco. Prima di prendere decisioni, è meglio riflettere».


Fuga di gas, quattro operaie intossicate
L’incidente per la rottura di un tubo
Evacuata l’azienda, produzione bloccata per parecchie ore, 60 mila euro di danni

di Diego Neri

Una crepa alla tubatura che porta il gas freon alle celle frigorifere e quattro operaie, colte da un principio di asfissia, restano intossicate. Azienda evacuata e grande spavento, ma fortunatamente le donne non sono gravi. La produzione però è rimasta bloccata per parecchie ore, con un danno economico che, dalle prime stime, ammonta a circa 60 mila euro.L’incidente si è verificato ieri mattina a Campiglia dei Berici, all’interno della “Pai” del gruppo “Ilta” di via Donanzola. L’azienda, di cui sono titolari Giampaolo Nizzetto e il figlio Dario, opera nell’ambito della macellazione di tacchini, anatre e polli, e ieri mattina erano al lavoro circa 150 dei 330 dipendenti.Erano circa le 7.40 quando la prima operaia, addetta alla macellazione dei polli nel tunnel 3, ha avvertito un improvviso mal di testa. Subito dopo gli stessi sintomi sono stati avvertiti da altre tre colleghe, di cui una ha perso conoscenza per qualche istante. Immediato l’allarme, durato tutta la mattinata. In base ad una ricostruzione, confermata dai responsabili della “Ilta”, una ventola dell’impianto di aerazione si è rotta andando a colpire la tubatura che porta il freon nelle celle dove sono conservati migliaia di polli. Il danno non sarebbe stato ingente: un taglio di pochi centimetri nel tubo da cui ha iniziato ad uscire il gas. Essendo inodore, nessuno se n’è accorto fino a quando, pochi minuti dopo, un’operaia si è sentita male. Inizialmente pensava a qualche problema personale, ma quando il mal di testa improvviso ha colpito altre colleghe, che si trovavano tutte vicino a lei, il loro responsabile ha compreso che c’era qualcosa che non andava ed ha dato l’allarme.Sono arrivate le ambulanze e nel frattempo gli operai sono stati evacuati. Per questioni di sicurezza, sono stati fatti uscire in cortile non solo quelli che lavoravano nel tunnel 3, ma anche quelli degli altri reparti, tranne il magazzino, che ha sede dall’altra parte della strada. Compreso che poteva trattarsi della fuoriuscita di un gas, sono stati allertati prima i vigili del fuoco di Lonigo, quindi i carabinieri della compagnia di Vicenza col luogotenente Vito Ruscigno e lo Spisal. In mattinata, per i controlli, è giunto anche l’Arpav. Spaventati i dipendenti, radunati in cortile in attesa di sapere se potevano tornare al lavoro: «Temevamo un attentato», hanno riferito.Graziella Chiumento, 41 anni, che vive a Casale di Scodosia (Padova), la slava Glorja Bulutic, 23, Poiana Maggiore, via Caldumare, Fanseyni Drame, senegalese, che vive a Montegalda in via Roma e infine Naima Msafti, 26, marocchina di Noventa, via Anguissola, sono state accompagnate prima all’ospedale di Noventa e di qui trasferite a Vicenza. Sono state visitate e dimesse: se la caveranno in pochi giorni. Fortunatamente non hanno riportato gravi traumi: infatti il freon avrebbe saturato l’aria togliendo ossigeno e provocando quindi i malori.La produzione della "Pai" è rimasta ferma per tutta la mattinata, quella della macellazione dei polli fino a sera, sia per eseguire i lavori di riparazione che per aerare i locali. Già da mezzogiorno l’aria era, secondo l’Arpav, assolutamente respirabile. «Sono precauzioni, perché i tecnici ci hanno assicurato che è tutto a posto - spiega uno dei responsabili della ditta -. fortunatamente la prognosi delle operaie è lieve, cosicché non si tratta nemmeno di infortunio sul lavoro e fra un paio di giorni torneranno in azienda».L’incidente ha provocato seri danni economici alla “Ilta”. Alcune migliaia di polli, che erano nel tunnel 3 fra la catena di montaggio e la vasca di bagnatura, sono stati gettati. Inoltre, resta da quantificare l’ammanco dovuto al blocco della produzione. «Il danno lo stimiamo per il momento fra i 50 e i 70 mila euro», precisano dalla “Ilta”.

I sindacati criticano la gestione del personale
«Una preoccupante disorganizzazione»

«Il grave incidente di ieri è soltanto l’ultimo degli infortuni accaduti in queste settimane alla “Ilta-Pai” di Campiglia dei Berici». La denuncia è dei sindacati Cgil e Cisl, che con un comunicato hanno preso posizione su quanto avvenuto ieri mattina nella sede dell’azienda di macellazione del pollame di Campiglia. I sindacati di categoria Fai, Federazione agroalimentare italiana, ricordano come nel maggio 2003 l’operaio di origini sarde Giovanni Simula, 27 anni, che viveva a Noventa e lavorava per una ditta di Pordenone, morì stritolato da un ingranaggio mentre lavorava in appalto esterno alla “Pai”.«Le organizzazioni sindacali e i delegati di fabbrica attendono da sei mesi delle risposte chiare ai tanti problemi che si trascinano da tempo - precisano Mario Carollo, della Cisl, e Lorenzo Bedin della Cgil -. Problemi che riguardano i ritmi e i carichi di lavoro, la gestione dell’orario di lavoro con l’aumento di parecchie ore di straordinario nelle ultime settimane, ma anche la precarietà dei posti di lavoro, il clima intimidatorio nei confronti del personale».Secondo i sindacati, che lamentano di non essere stati ricevuti ieri, la “Pai” sarebbe colpevole di aver creato un clima di chiusura con i rappresentanti dei lavoratori, «mentre continua una preoccupante disorganizzazione aziendale». Cisl e Cgil inoltre chiedono che Spisal e Ispettorato del lavoro verifichino le modalità degli infortuni e facciano migliorare le condizioni di lavoro all’interno dell’azienda. Nello stesso tempo auspicano che «una ripresa delle relazioni sindacali potrà essere di giovamento a tutti».Dal canto suo, l’azienda ribadisce come l’incidente di ieri sia stato provocato da un guasto e come nel giro di pochi minuti l’allarme sia rientrato grazie alla corretta applicazione delle normative. «Con i sindacati parleremo - precisa l’azienda - per trovare gli accordi migliori per i nostri dipendenti».