Immigrati in corteo
«La nostra protesta
non finirà certo qui»
(e. mar.) Ce l’hanno con i tempi della questura, con la Bossi-Fini e con Cgil, Cisl e Uil. Ieri non più di 150 immigrati hanno sfilato in viale Mazzini per protestare contro i ritardi nel rilasciare i permessi di soggiorno, «lasciando - a loro detta - gli immigrati in balìa della precarietà e del lavoro nero».
Una manifestazione, quella di ieri, che in parte risponde alle dichiarazioni della triplice e del questore, rilasciata due giorni fa: «Nella pratica di ogni giorno - attacca Nirou Morteza - la direttiva Amato non viene recepita da nessuno. E i Poli non rilasciano nessuna documentazione che sostituisca il permesso di soggiorno in attesa di rinnovo, siamo costretti a venire a Vicenza, ma queste cose vanno spiegate. L’immigrato deve essere aiutato, siamo stanchi di essere presi in giro e chiediamo di confrontarci con il prefetto al più presto».
Senegalesi, bengalesi, marocchini, extracomunitari dell’est europeo, ma soprattutto africani, tutti insieme al grido: «essere immigrato non è una colpa». Un variopinto corteo che ha sfilato per viale Mazzini, scortato dagli uomini della polizia e che ha congestionato il traffico all’altezza della rotatoria di viale Milano, facendo fare gli straordinari agli uomini della polizia locale.
Così tra canti, balli e rivendicazioni al megafono, gli immigrati hanno chiesto tempi certi per il permesso di soggiorno. Concetti che alla fine della manifestazione una delegazione ha ribadito al questore vicario D’Andrea che ha ascoltato le istanze degli stranieri.
Ma c’è anche da registrare, secondo alcune testimonianze, che dai palazzi nelle vicinanze di Corso San Felice, sarebbe piovuta una manciata di chiodi contro i manifestanti.
L’obiettivo non era il corteo d’immigrati, bensì il furgone che chiudeva il corteo da cui proveniva musica ad alto volume come succede spesso in manifestazioni di questo tipo.
A margine della manifestazione è l’assessore all’edilizia privata del Comune di Vicenza, Michele Dalla Negra, a commentare la manifestazione degli immigrati. «Sono presuntuosi e arroganti - si sfoga l’assessore - nei loro paesi non esiste neppure l’anagrafe e qui protestano per le lungaggini. Questo non è il paese del Bengodi».
Stranieri. Preoccupazione nei centri della provincia: «Se chiude lo sportello di Vicenza si rischia il black out»
«La Regione ora rifinanzi i Poli»
Il prefetto scrive a Venezia e ai Comuni
«Con la sanatoria altri 10 mila arrivi»
di Eugenio Marzotto
Continuare con l’esperienza dei Poli, far capire che la direttiva Amato deve essere applicata.
È il prefetto di Vicenza a prendere l’iniziativa con una lettera indirizzata alla Regione e agli assessori dei sette punti della provincia dove si raccolgono le pratiche degli immigrati, per dire che il progetto pilota deve continuare.
Condizione essenziale per supportare la questura nel rilascio dei permessi di soggiorno. Ieri era stata l’assessore ai servizi sociali del comune cittadino, Patrizia Barbieri, a dichiarare che Vicenza non metterà più un soldo per finanziare il polo della città. Sulla stessa posizione si erano schierati in passato altri amministratori sparsi in provincia, da Bassano a Schio, passando per Chiampo.
«Il problema - avevano dichiarato i comuni - è che i ritardi di sette, otto mesi da parte della questura nel rilasciare i permessi, continuano, nonostante gli sportelli periferici. Di conseguenza gli stessi Poli non riescono più a smaltire le pratiche e la loro funzione è inutile. Senza contare - ricordava la Barbieri - che la Regione difficilmente rifinanzierebbe il progetto di fronte alle inefficienza del servizio».
Invece, secondo il prefetto, la questura, Cgil, Cisl e Uil, bisogna tentarle tutte per mantenere in piedi il servizio, «in caso contrario la questura si paralizzerebbe».
È esplicito il prefetto nella sua lettera alla Regione, spedita per conoscenza anche a tutto il mondo produttivo vicentino: «Bisogna valutare con ogni migliore predisposizione, la possibilità di finanziare per il 2007 l’attività svolta in questa provincia dai Poli di segreteria sociale».
Una necessità, secondo il prefetto, visto che il governo ha deciso di procedere all’ammissione di altre 350 mila domande presentate dagli extracomunitari, di cui circa diecimila riguardano la provincia.
«È evidente la necessità che i Poli continuino il loro proficuo lavoro, sia per i permessi di soggiorno che per i ricongiungimenti familiari», insiste Mattei che ricorda come in questo momento, in cui i tempi d’attesa per ottenere il permesso sono lunghi, i cedolini rilasciati dalla questura sostituiscono il documento, secondo quanto recita la direttiva Amato.
È preoccupato l’assessore ai Servizi sociali di Schio, Emilia Laugelli, per quello che può capitare dopo il 31 dicembre di quest’anno, data di fine convenzione tra questura, comuni e Regione.
«Dobbiamo ripristinare le stesse condizioni che ci sono state fino all’altro ieri. La questura deve evadere più pratiche possibili e la Regione deve mantenere il finanziamento. Se non ci sono questi presupposti - insiste la Laugelli - i Poli sono destinati a chiudere. A meno che non si trovino altre forme di finanziamento».
I comuni, secondo l’assessore di Schio, non vogliono chiudere il servizio dopo che per lungo tempo si erano risolti i problemi dei tempi d’attesa, «ma servono condizioni precise, anche perché la nuova sanatoria dei 350 mila costringerà ad altro lavoro».
E poi c’è la questione Vicenza, la volontà da parte dell’assessore Barbieri di non destinare più soldi al Polo cittadino. «Se Vicenza non facesse più da capofila - commenta la Laugelli - sarebbe un guaio per tutti i comuni, perché l’intero sistema di informatizzazione di trasmissione dati è convenzionato con il comune di Vicenza. Se non ci sarà la città che faremo?».
Sono 400 i vicentini intercettati
Numeri bassi per il Veneto
dove la spesa è di 9 milioni
di Diego Neri
Sono state quasi 400 le persone intercettate nel Vicentino lo scorso anno. Un numero non elevato, considerati i dati del Veneto, così come la spesa per le procure, che nella provincia berica non ha superato gli 800 mila euro.
I valori sono quelli stilati dal ministero della Giustizia e sono quanto mai d’attualità in questi giorni nei quali la questione intercettazioni è quanto mai all’ordine del giorno. È di venerdì il decreto del governo per punire quelle illegali, materia di scandalo e scontro politico oltre che di inchiesta per la procura di Milano che sta indagando sul caso Telecom. E dai dati emerge come in provincia il ricorso ai moderni sistemi d’indagine non sia, a detta degli esperti, esagerato o fuori norma. Anzi.
I 295 intercettati - tecnicamente si chiamano “bersagli” dalla magistratura vicentina - ai quali vanno aggiunti i 101 di Bassano sono però stati ascoltati da polizia, carabinieri e finanza e in maniera del tutto legittima, allo scopo di fare chiarezza e di scoprire gli autori di gravi reati. Complessivamente i magistrati in provincia hanno avanzato ai giudici 444 richieste, ottenendo oltre 840 decreti (è evidente che un indagato può essere ascoltato su più telefoni).
In questi numeri vanno comprese anche le intercettazioni ambientali, ottenute attraverso cimici o microfoni direzionali. Questa tipologia di indagine, più costosa rispetto all’ascolto delle chiamate, però non è molto utilizzata: lo si evince dalla spesa complessiva, che è di circa 2 mila euro in media per ogni bersaglio. Da questo punto di vista la procura di Bassano è la più economica, con una spesa pro-capite di 1700 euro. In queste cifre sono compresi anche i 22 euro giornalieri per il noleggio delle apparecchiature.
In Veneto sono state intercettate nel corso del 2005 poco più di 3mila persone, con un costo totale che sfiora i 9 milioni di euro. La parte del leone la fa Venezia, dove hanno sede però anche la Direzione distrettuale antimafia e la procura dei minori: in laguna i bersagli sono stati quasi 800, per una spesa di tre milioni e mezzo. A seguire, come costi, Verona (525 intercettati per 1,7 milioni) e Padova (878 bersagli per 1,4 milioni). Bassano è la procura più economica (175 mila euro) e col minor numero di persone ascoltate, anche per motivi di popolazione che insiste nel distretto.
I dati dei primi mesi del 2006 sarebbero in linea con quelli dell’anno precedente e farebbero del Veneto, a parità di popolazione, una delle regioni in cui la magistratura fa meno affidamento alle intercettazioni per portare a termine le indagini. In passato, erano più volte arrivate indicazioni a ridurre ulteriormente il ricorso a questo tipo di tecnologia, soprattutto per questioni di bilancio. Peraltro, in varie occasioni è stata sottolineata l’importanza dell’ascolto per portare a termine inchieste scottanti e delicate, o per chiarire i diversi ruoli degli indagati.
Nuovo villaggio Usa a Quintarello?
La giunta deciderà entro dicembre
di Tommasino Giaretta
Vicenza e Quinto sempre più Usa-dipendenti? Sembrerebbe proprio il caso. Un anno e mezzo fa, la giunta di Quinto aveva chiuso la finestra in faccia agli americani i quali potrebbero adesso rientrare a palazzo Thiene nientemeno che dalla porta principale. La notizia della possibile realizzazione di un villaggio americano di 215 alloggi in località Quintarello ha avuto in paese l’effetto di un fulmine a ciel sereno. E non poteva essere diversamente considerato che nel febbraio 2005 la giunta del sindaco Secondo Pillan aveva detto «no» al mega villaggio a stelle e strisce.
Cosa è mutato dunque in questo lasso di tempo?
Principalmente il sito, in quanto non si tratta più di edificare il villaggio nella zona a ridosso dell’abitato della frazione di Valproto con la conseguente necessità di dover rivedere completamente l’assetto viario mediante la costruzione di un nuovo ponte sul Tesina.
La nuova zona individuata in via Quintarello dall’impresa Pizzarotti & C. Spa di Parma (aggiudicataria del bando di selezione dell’ufficio contratti immobiliari della Setaf) è un’area di 220 mila metri quadrati a sud, fra l’argine destro del Tesina e l’autostrada Valdastico al confine con Marola, a un tiro di schioppo dalla Ca’ Balbi e tremendamente comoda alla caserma Ederle.
Manca solo il consenso della giunta di Quinto e l’affare può dirsi fatto.
A pensare positivo è lo stesso sindaco Pillan il quale ha subito avviato i contatti con la presidente della Provincia, Emanuela Dal Lago e con le forze politiche presenti in consiglio dovendo dare entro l’1 dicembre una risposta definitiva.
«Questa è un’occasione unica - esordisce il sindaco Pillan - per ripensare e riprogettare il futuro della nostra comunità alla luce delle nuove esigenze, delle mutate condizioni economiche e sociali, delle direttive e delle indicazioni dei piani provinciali e regionali di coordinamento visti nel più ampio contesto al fine di essere parte integrante di Vicenza, intesa come “città diffusa”, considerato che noi siamo un comune di cintura il quale interagisce in modo armonico con le problematiche legate ai trasporti, alla viabilità, alle aree produttive e residenziali».
Ma non la preoccupa l’impatto che può avere un piano residenziale così concepito ad esclusivo interesse delle famiglie dei militari Usa?
«Appare opportuno in questo scenario - risponde Pillan - estendere il confronto anche al più ampio ambito dello studio per un nuovo piano di assetto del territorio attraverso un’attenta valutazione del tessuto urbano, del paesaggio rurale e delle condizioni socio ambientali del nostro territorio».
Ma quali sarebbero i reali benefici per Quinto da una simile operazione, oneri di urbanizzazione e Ici a parte? «La posta in gioco - conclude il sindaco - è molto alta e appetibile. Penso all’opportunità di assicurare un ulteriore sviluppo alla comunità, penso ai nuovi bisogni dei cittadini e dei giovani, penso alla possibilità di offrire nuovi servizi, penso a un possibile miglioramento del loro stile di vita».
Il sindaco Pillan si dichiara dunque possibilista, ma prima di pronunciarsi in modo inequivocabile cerca il confronto e la collaborazione con le forze di maggioranza, di opposizione e il coinvolgimento della popolazione. Se la risposta agli americani non dovesse essere un «sì» unanime, meglio ottenere un più largo consenso possibile.