24 NOVEMBRE 2005

dal Giornale di Vicenza

Antenne “selvagge” «Serve una variante»
"La polizia mi ha pestato"

I Comitati devono raccogliere oltre 500 firme
Antenne “selvagge” «Serve una variante»

di Marta Randon

Una raccolta firme per un regolamento sull'installazione delle antenne: il Comitato per la tutela dai campi elettromagnetici di Vicenza non demorde e continua la battaglia. Qualche sera fa si è riunito per chiedere ai cittadini di sottoscrivere una mozione al sindaco. «La situazione è diventata insostenibile - denuncia l’architetto Giuseppe Padoan, presidente del Comitato - solo nella zona del centro ce ne sono 40, nell’intero territorio vicentino 160. E il numero continua a crescere. È ora di prendere in mano la situazione dal punto di vista normativo. Il nostro obiettivo è raggiungere 500 firme entro il 5 dicembre». Al Comune si chiede di predisporre una variante al Pat - Piano d’assetto territoriale (il futuro piano regolatore) che determini con precisione i criteri di installazione. «Non è vero che la giunta non può fare niente - incalza l’avvocato Francesco Vettori - tra il Comune e i gestori di telefonia esiste un protocollo d’intesa che dovrebbe tutelare i siti sensibili ma, come tutti possono vedere, a Vicenza esistono antenne vicino all’ospedale, alle scuole materne e ai licei. La giurisprudenza ha fatto capire chiaramente che, se il Comune non regolamenta la situazione, i gestori possono installare le antenne dove e come vogliono alimentando il mercato selvaggio». Il limite consentito dalla legge è di 6 volt per metro e il Comune si difende dimostrando che a Vicenza non si superano i 4 volt. Ma per il presidente del Comitato «il limite consentito dalla legge è troppo alto. Sarebbe come imporre 500 km all’ora in autostrada». Durante l’incontro il medico Sergio Signori ha spiegato gli effetti nocivi delle onde elettromagnetiche sul corpo umano. «Costituiscono un pericolo, soprattutto quelle prodotte dai telefonini di ultima generazione. Vanno in profondità e stressano le molecole. A lungo andare possono provocare danni all’apparato riproduttivo, alla vista e all’udito, fino a causare tumori. È necessario che la cittadinanza lo sappia». Di qui la richiesta, non solo di criteri che regolino l’installazione delle antenne, ma anche di un impegno più incisivo da parte dell’amministrazione per sensibilizzare i cittadini.


"La polizia mi ha pestato"

Genova. «Quando li ho sentiti arrivare pensavo fossero black bloc, ma invece era la polizia. E ha cominciato subito a picchiare». Con queste parole Arnaldo Cestaro di Agugliaro, 70 anni, ex sindacalista e vicino a Rifondazione comunista, racconta gli avvenimenti che lo videro coinvolto nel luglio del 2001, durante il G8 a Genova. Cestaro è la vittima più anziana dei pestaggi avvenuti all’interno del complesso della scuola in via Diaz la sera del 21 luglio 2001. Nella palestra della scuola Diaz, Cestaro stava dormendo assieme ai ragazzi del movimento no global. Interrogato dai pm Cardona Albini e Zucca, Cestaro ha raccontato che, dopo l’irruzione della polizia nella palestra, ha alzato le mani: «A quel punto, un poliziotto in borghese ha detto agli altri di fermarsi, ma loro hanno cominciato a picchiarmi prima con i manganelli poi a calci. Erano tutti poliziotti in divisa, mi hanno rotto un braccio, una gamba e alcune costole». Cestaro ricorda che tutti, alla fine del pestaggio, «chiamavano “mamma”, si sentiva chiamare “mamma” in tutte le lingue. Poi, dopo una mezz’ora, sono arrivati i barellieri e hanno cominciato a portare via i feriti. Io sono stato portato all’ospedale Galliera per ultimo». L’anziano pensionato non ricorda che nella palestra «ci fossero armi o bastoni» o che la porta della scuola fosse stata rinforzata dall’interno con le panche. Cestaro era arrivato a Genova da Vicenza con uno dei pullman organizzati da Rifondazione; aveva partecipato a un corteo, esponendo cartelli di critica contro la realizzazione della Valdastico sud. Poi si era fermato alla scuola Diaz per passare la notte. Ne è uscito con un braccio con fratture multiple, una gamba rotta, lividi ovunque e trenta punti di sutura tra le dita delle mani. Il controinterrogatorio delle difese dei 29 poliziotti, accusati a diverso titolo per la violenta irruzione del luglio 2001, ha riaperto polemiche e tensioni in aula, con frequenti battibecchi tra avvocati e pubblici ministeri che hanno costretto più di una volta il presidente Gabrio Barone a intervenire decisamente per rimettere l’udienza sui binari della correttezza processuale. Un’altra testimonianza drammatica è stata quella dell’infermiera genovese Monica Battifora, che era in forza alla sala medica allestita dal Genoa Social Forum. Battifora ha ricordato l’irruzione «da parte parte di un centinaio di rappresentanti delle forze dell’ordine. Io ero alla finestra, e mi ricordo che sulla strada c’era un ragazzo con le mani alzate. I poliziotti in divisa gli sono andati addosso, lui non è caduto subito, poi invece è andato giù e ho visto prenderlo a calci. È stato letterlmente travolto». L’udienza è stata aggiornata a questa mattina, quando saranno sentiti altri due testimoni.