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25 MAGGIO 2006
Al “Dal Molin” caserma in stile palladiano
L’aeroporto agli Usa. Ecco le prime immagini del progetto presentato dai militari americani in Comune per trasformare il lato di strada S. Antonino di Gian Marco Mancassola «L’estetica esterna degli edifici riprenderà i caratteri stilistici architettonici palladiani». No, non è la descrizione di una villa. È il progetto di una caserma. Questo, infatti, è uno dei passaggi salienti della relazione tecnica che illustra la palazzina studiata per ospitare il quartier generale della brigata statunitense. Quella scopiazzatura della Casa bianca sarà il cervello della nuova caserma che gli americani intendono costruire all’aeroporto “Dal Molin”. L’area prescelta, come si vede nella prospettiva aerea che pubblichiamo in questa pagina, è la porzione dello scalo oggi deputata alle attività civili e commerciali. L’operazione, infatti, prevede l’inversione dei settori, con il civile al posto del militare e viceversa. Per chi ha dimestichezza con lo stradario cittadino, i vertici americani puntano a insediare la nuova base, che si aggiungerà alla Ederle, sul lato di strada S. Antonino. La copia dei progetti sta girando da alcuni giorni, dopo la notizia che dal municipio è partito un parere tecnico negativo sui progetti a stelle e strisce. Destinatario del parere è il comitato regionale misto-paritetico, che si occupa di esaminare i nuovi insediamenti militari nel Veneto e che solitamente tiene in debito conto la voce delle comunità locali. Il parere tecnico, almeno stando alle dichiarazioni che circolano, sarebbe ben diverso da quello politico della Giunta, che ieri avrebbe dovuto dibattere dell’operazione per escogitare una via d’uscita al mezzo incidente diplomatico con il governo americano. L’assessore ai Trasporti Claudio Cicero aveva addirittura invitato quattro rappresentanti della caserma Ederle per illustrare agli amministratori le linee guida del progetto. Il sindaco Enrico Hüllweck si è però rifiutato di aprire l’esame delle carte e di far entrare nella stanza gli emissari della Ederle. Un altro mezzo incidente diplomatico, a quanto pare spiegabile con l’irritazione patita dal capo dell’Amministrazione, inascoltato martedì sera da un consiglio comunale che ha deciso di dibattere in aula l’operazione questa sera, per fornire indirizzi alla Giunta. Di qui il rifiuto del sindaco a trattare prima il problema. «Se le cose stanno così, ci prepariamo a presentare un ordine del giorno per fornire noi gli indirizzi alla Giunta - ironizza il Verde Ciro Asproso -. A nostro avviso sono imprescindibili alcuni paletti: la sicurezza, la compatibilità urbanistica e viabilistica e il contenimento della militarizzazione della città». In attesa della battaglia, circolano le immagini del progetto, che per i soli edifici vale quasi 300 milioni di dollari, tutti investiti su imprese vicentine. Gli alloggi per le truppe occuperanno buona parte dello spazio: nel rendering al computer assomigliano alle tipiche caserme americane, quelle visionate in film come “Full metal jacket”. I posti letto saranno 1.230, destinati ai soldati senza famiglia. È prevista poi una grande officina per la manutenzione dei veicoli militari. Due palazzine ospiteranno uffici amministrativi e il comando di battaglione. Al centro dell’area verrà ricavata una mensa unificata, capace di fornire pasti a 1.300 persone. Ci saranno una stazione della polizia militare e una dei vigili del fuoco. In ossequio alla tradizione americana, non mancherà un mega centro sportivo, con piscina al coperto, palestre per il fitness e il body-building, sauna, jogging indoor. È poi prospettata la costruzione di un parcheggio multipiano con ascensori, in grado di contenere fino a 832 veicoli. Infine, immancabile, il centro commerciale, con negozi, fast-food, barbiere e lavanderia. Tutti gli edifici saranno immersi nel verde e saranno dotati dei più moderni servizi, in particolare per quanto riguarda le linee telefoniche e informatiche. Una curiosità, da ultimo: dove oggi sorgono i campi da rugby (molto british, ma poco american), domani dovrebbe risplendere il “diamante” di un campo da baseball.
Emergenza abitativa. Appartamenti vuoti, più 22% in due anni: ora sono 3 per ogni famiglia senza tetto Le case deserte adesso sono 3200 Ma in Comune bussano in mille di Federico Ballardin
Ci sono tre case sfitte per ogni famiglia che chiede una casa popolare. Secondo uno studio condotto dai servizi abitativi del Comune, e pubblicata assieme all’edizione 2004-2005 dell’Osservatorio Casa, gli alloggi non abitati in città sono ormai 3.196, cioè 576 in più rispetto al 2004, anno del primo studio, con un aumento del 22%. Le domande per una casa popolare presentate nel 2004 erano state invece 967, di cui 925 ammesse. Tra queste ben 395 sono di persone che chiedono per la prima volta una casa popolare. Si tratta spesso di famiglie ormai fuori dal mercato standard, con affitti troppo elevati, e che chiedono quindi di entrare nella rete assistenziale. Una cifra che sembra costante nel tempo. Per risolvere il problema l’assessore ai servizi abitativi, Davide Piazza, pensa di chiedere nuovamente di usare la leva dell’ici per sbloccare il mercato immobiliare, di rivedere l’assegnazione di case popolari ogni cinque anni, di incentivare la ristrutturazione degli edifici tramite un contributo.
Calcoli errati nel dépliant comunale
Ma l’affitto concordato vola lo stesso (fe. ba.) Volantino “pazzo”, ma di successo. Che il mercato immobiliare vicentino fosse molto particolare lo si sapeva, e allora anche un dépliant informativo, che contiene evidenti errori di calcolo, può comunque ottenere lo scopo di incentivare i contratti concordati (139 nel 2006) per far diminuire gli appartamenti sfitti in città e allo stesso tempo garantire una pigione non troppo alta alle famiglie indigenti. A questo scopo il Comune il 12 febbraio del 2004 ha firmato un accordo territoriale con le associazioni dei proprietari (Anpe, Asspi, Uppi, Confedilizia, Appc) e degli inquilini (Coniav, Sicet, Sunia, Uniat, Federcasa). L’antefatto. È da parecchio tempo che il foglio distribuito dal Comune per incentivare gli affitti a canone agevolato (3 anni più 2) passa di mano in mano senza che nessuno si sia accorto degli errori di calcolo presenti nella tabella di paragone con il contratto standard (4 anni più 4). All’interno sono indicate tre tipologie di case da affittare dimostrando, con la forza dei numeri, che gli sgravi fiscali del contratto a canone agevolato finiscono per azzerare i vantaggi economici del contratto standard, che ha sì pigioni più elevate ma anche imposte superiori. Se nell’esempio uno e tre del volantino gli errori di calcolo sono comunque veniali, nel caso numero due, invece, i 1000 euro di differenza tra il contratto standard e quello agevolato sono francamente parecchi. Dépliant alla mano Fulvio Rebesani, segretario provinciale del Sunia (Sindacato Nazionale Unitario Inquilini ed Assegnatari) e primo redattore di quegli esempi conferma: «Effettivamente ci sono degli errori - dice - ma non saprei dire adesso se sono di calcolo, oppure di battitura e nemmeno a che punto della catena si sia verificato l’errore dal momento che sono stati controllati e ricontrollati più volte, in ultima istanza dal Comune». La conferma che si tratta di errori arriva anche da altri tre rappresentanti delle associazioni che hanno sottoscritto il patto territoriale con il Comune il 12 febbraio 2004. I dati. Nonostante tutto, però, da quella data sono stati firmati 335 contratti concordati, 196 nel periodo tra febbraio 2004 e dicembre 2005 (oltre la metà interessano cittadini extracomunitari). La maggior parte sono stati firmati nella zona 1 (30%), seguita dalla 3 (21%) e dalla 4 (20%). Nel 2006 quindi sono stati 139 gli accordi sottoscritti con questa formula. Si tratta in maggioranza di case grandi più di 110 mq (25%) seguiti da quelle medie (22% tra i 71 e gli 85 mq). Il canone di affitto pagato è in media compreso tra i 300 e i 450 euro mensili. Il contratto concordato. La legge 431/98 dà la possibilità di scegliere tra il contratto libero, di durata quadriennale e rinnovabile per lo stesso periodo, e quello concordato (tre anni più due). Gli svantaggi. Il canone d’affitto mensile è logicamente inferiore, in quanto questa formula è studiata proprio per favorire le famiglie a basso reddito. I vantaggi. Sono soprattutto di carattere fiscale. In primo luogo l’abbassamento dell’Ici dell’immobile affittato dal sette per mille al quattro per mille (come quello della prima casa), in secondo luogo una riduzione dell’Irpef per l’alloggio del 30%, infine una riduzione dell’imposta di registro del 30%. In alcuni casi affittare con un contratto concordato è più vantaggioso, come in questo esempio preso dal coupon distribuito dal Comune e debitamente corretto. L’esempio. (Appartamento in centro di 80 mq, subfascia media del valore di 200 mila euro, reddito annuo del locatore 40 mila euro). Con contratto “normale” di 4 anni più 4, il canone è di 7.200 euro l’anno, contro i 6.048 del contratto concordato (3 più 2 anni). L’irpef - che varia a seconda del reddito - costa al locatore 2.327 euro l’anno contro 1.400, l’imposta di registro 144 euro contro 84, l’ici 1.400 euro contro 800. Il totale fa un incasso annuo netto di 3.329 euro in caso di contratto normale, e di 3.764 in caso di contratto concordato con un guadagno di 435 euro (senza contare la durata inferiore della locazione).
Il Coordinamento migranti scrive al prefetto. E sulla residenzialità annuncia ricorsi Gli stranieri e la città ingrata «Ora ci difenderemo da soli» di Alessandro Mognon Non lo dicono, ma lo pensano: Vicenza non li vuole. Perché la situazione per i 70 mila immigrati della provincia negli ultimi cinque anni, raccontano, è peggiorata. Così il coordinamento delle associazioni e comunità dei migranti del Vicentino ora farà da solo: addio a quel Consiglio territoriale che li ha trattati come un fastidio e via alla creazione di un organismo autogestito pronto a dare battaglia. A partire dal ricorso al Tar contro l’ultima norma sulle case popolari che li discrimina rispetto ai vicentini. Difficile dar loro torto, nell’unica o quasi città italiana che penalizza i call center, che fa pagare 78 euro per avere l’idoneità di un alloggio (e se salti l’appuntamento li devi ripagare) e che dà le case popolari solo a chi è residente da 25 anni. Per questo, spiega il responsabile del Coordinamento stranieri Morteza Nirou «in questi 5 anni di riunioni del Consiglio territoriale con prefetto, questore e assistenti sociali ci siamo vergognati. Non solo non siamo riusciti a fare nulla, ma le cose per noi sono andate sempre peggio. E come potevamo, se alle riunioni le istituzioni locali si presentavano con i progetti già scritti e pronti e non ci chiedevano niente?». Così hanno preparato una lettera per prefetto, presidente della Provincia, sindaci e assessore ai flussi migratori della Regione dove spiegano il perché delle loro dimissioni dal Consiglio territoriale dell’immigrazione. A firmare gli extracomunitari delle 12 associazioni del Vicentino: l’associazione senegalesi, gli ivoriani, i ghanesi, la comunità yugoslava, i mauritani, la comunità islamica, i pakistani, le donne immigrate nel Veneto. Un addio ma anche un ultimo appello per non rompere un rapporto su cui contavano. «Abbiamo sempre creduto in questo strumento e ci siamo impegnati con lealtà e con fiducia convinti che il dialogo fosse il sistema migliore per ottenere risposte ai problemi degli stranieri». Il risultato? «Che in questi anni le condizioni dei migranti sono peggiorate non solo economicamente ma anche per la precarietà e le incertezze quotidiane». Fra norme, leggi e provvedimenti comunali tutti a loro sfavore. L’ultimo, quello che favorisce chi è residente a Vicenza da 25 anni per l’assegnazione dell’edilizia popolare, è stata la mazzata finale. Ma parte da lontano, la delusione degli stranieri a Vicenza: «Per telefonare la domenica dobbiamo andare a Camisano o a Creazzo perché qui i call center sono chiusi - continua Morteza Nirou - In questura dobbiamo prenotare un appuntamento per prendere un appuntamento. Una follia. L’anno scorso l’allora prefetto Tranfaglia aveva promesso che in 20 giorni avremmo avuto il permesso di soggiorno. Ma se facciamo la domanda oggi dobbiamo aspettare il gennaio del 2007». E poi la storia delle agenzie private che si fanno pagare per “accelerare” le pratiche e che, racconta Fatima Mbaye dell’Associazione donne immigrate «a volte saltano le code come se avessero dei diritti in più». Ancora: quella super tassa da 78 euro «che esiste solo a Vicenza» per avere il certificato di idoneità dell’alloggio: «Perché qui sì e a Creazzo no?». Ma cos’ha Vicenza di diverso dalle altre città? Nirou ha un’idea: «Sono stati i politici a creare questa atmosfera negativa. Come per la questione di via Torino e via Napoli, un’esagerazione. Nessuno ci difende perchè non abbiamo diritto di voto. Nemmeno i sindacati confederali, che ci hanno sempre messi in secondo piano». «Paghiamo le tasse, i contributi, cerchiamo di partecipare - dice Babacar Gueye, del Senegal -. Ma non ci ascolta nessuno. E oramai spendiamo più soldi per gli avvocati che per vivere. E tutto quello che vogliamo sono gli stessi diritti degli altri cittadini». Intanto assieme agli extracomunitari di tutta Italia incassano la decisione del neoministro alla Solidarietà sociale Ferrero di accettare tutte le 480 mila domande di regolarizzazione. Comunque hanno deciso: basta sentirsi inutili ma tutti uniti con il coordinamento migranti di Verona che ha creato un sindacato autonomo. Se Vicenza non li vuole, faranno da soli.
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