25 OTTOBRE 2005

dal Giornale di Vicenza

«Soldi spariti da una perquisizione»
Uno tsunami di critiche sul carissimo progetto di centro per la famiglia
Sicurezza, ecco le telecamere nella zona calda di viale Milano
SCHIO.Ex Cella, casa delle associazioni

«Soldi spariti da una perquisizione»
Brigadiere finisce sotto inchiesta coi due marescialli per furto

di Ivano Tolettini

Nell’inchiesta sulle indagini antidroga illegali che ha spinto il gip Agatella Giuffrida a firmare tre ordini di custodia nei confronti di marescialli dell’Arma in servizio a Valdagno, spunta una brutta storia di soldi. Coinvolge un quarto appartenente del nucleo operativo della compagnia valdagnese in servizio tra il 2004 e 2005, quando avvennero i fatti al centro delle indagini. I quattrini di cui si parla sarebbero stati prelevati durante una perquisizione in casa di un arrestato il 30 maggio 2004. Di questo presunto furto - la denuncia parla di 8500 euro - ma quelli contestati ufficialmente nel capo d’imputazione per adesso sono 35, devono rispondere i marescialli Francesco Menolascina e Ignazio Mirigliani, nonché il brigadiere Anacleto Saccozza. È estraneo a questi fatti, invece, il sottufficiale Andrea Marcon, difeso dall’avv. Lucio Zarantonello, che si trova ai domiciliari per gli altri episodi legati all’induzione allo spaccio. Il brig. Saccozza si è difeso con i superiori dicendo di essere stato in un’altra stanza dell’appartamento al momento della perquisizione “incriminata”, tuttavia per il pm Vartan Giacomelli gli indizi raccolti sono da valutare. Dunque, non solo le accuse di avere istigato allo spaccio di droga con l’utilizzo di agenti infiltrati illegali; la falsificazione dei rapporti alla Procura e l’uso di metodi violenti contro arrestati - per Menolascina ci sono anche il favoreggiamento personale dell’arrestato Riccardo Bauce e l’omessa denuncia degli operai clandestini da questi usati nella sua attività di gestione dei rifiuti -, ma anche, quasi non bastasse, il sospetto vergognoso di essersi impossessato di denaro di un indagato. E non è tutto perché a Menolascina e Mirigliani, il quale domani compirà 45 anni e sta rientrando dalla Colombia, dov’era in servizio all’ambasciata, per essere accompagnato in carcere, il gip contesta anche il peculato. I due marescialli avrebbero usato l’auto di servizio, una Hyundai Jazz civetta per le attività di copertura, per affari personali. Cioè per incontrare a Tezze di Arzignano due amiche con le quali avrebbero intrattenuto «una relazione extraconiugale», come recita il capo d’accusa stilato dal pm Giacomelli. Questi incontri mondani sarebbero avvenuti tra l’aprile 2004 e il marzo 2005. I due militari, tuttavia, hanno replicato a questi sospetti osservando che dopo avere scoperto gli autori di un furto ai danni dell’imprenditore arzignanese Pangallo, avevano avuto una soffiata che stava per essere compiuta una rapina ai danni dell’orefice Ernesto Castaman e pertanto si aggiravano in zona per prevenire il colpo. Per deviare i sospetti dei potenziali rapinatori e per essere credibili come normali cittadini, si sarebbero accompagnati alle due avvenenti ragazze solo per copertura, ma non certo perché con loro avrebbero intrattenuto una relazione sentimentale. Lo scabroso capitolo dei soldi riguarda l’arresto del magrebino Azzedine Rhadbane, 38 anni, con domicilio a Cornedo in via S. Sebastiano 13. Egli viene bloccato dai militari il 2 aprile 2004 con un chilo di hashish. Sulla carta gli investigatori l’avrebbero pedinato e controllato, fino a quando hanno deciso di intervenire. In realtà, lo stupefacente sequestrato glielo aveva consegnato l’infiltrato che, osserva il gip, da qualche tempo collaborava illegalmente con i carabinieri. In quell’occasione Rhadbane sarebbe stato picchiato con il calcio di una pistola dopo l’arresto perché avrebbe cercato di investire il m.llo Menolascina. Subito dopo i carabinieri eseguirono la perquisizione domiciliare durante la quale sarebbe stato rotto un vaso nel quale Rhadbane custodiva 8500 euro. «Quei soldi non li trovai più», denunciò l’indagato (assistito dagli avv. Paolo Mele sr. e Sonia Negro), il quale esibì i suoi conti bancari dai quali emergeva il prelievo. Su questo punto sono in corso indagini, così come sulla seconda perquisizione del 30 maggio eseguita nello stesso alloggio, dopo l’arresto di Bouchaib Tougui. Fu in quell’occasione che alla presenza di Mirigliani e Menolascina, il brig. Saccozza avrebbe rotto un salvadanaio dei figli di Rhadbane impossessandosi dei soldi, appunto 35 euro. Lo stesso sottufficiale, analizza il gip Giuffrida, avrebbe cercato di impossessarsi anche di 5 mila euro contenuti in una tasca di un vestito della moglie di Rhadbane, ma quest’ultimo lo avrebbe visto e l’avrebbe diffidato. Su questo fatto c’è la testimonianza di un carabiniere che conferma quanto affermato da Rhadbane, e cioè che Menolascina, Mirigliani e Saccozza avrebbero rotto due salvadanai dei figli dell’immigrato prelevando i soldi. I 5 mila euro, invece, erano stati indicati nel verbale di sequestro. Il gip nell’ordine di custodia si dilunga anche sulla possibilità di inquinamento delle prove da parte di Menolascina, desunta dalle sue telefonate con diversi interlocutori, istituzionali e non. Il giudice indica anche quella del 5 dicembre 2004 con la quale Menolascina chiedeva, conversando con un cronista, che non fosse pubblicata la notizia sul nostro giornale dell’arresto di Gigliola Zenere di Arzignano, nel corso di un’operazione antidroga costata le manette anche a Sandro Rossato di S. Pietro Mussolino. La richiesta del militare, però, cadde nel vuoto, perché nell’edizione del Giornale di Vicenza dell’8 dicembre, nella cronaca di Valdagno, fu dato il regolare resoconto dei due arresti.


Uno tsunami di critiche sul carissimo progetto di centro per la famiglia

(g. m. m.) All’ex Coop girano carrelli pieni di incertezze e sgambetti politici. Il 3 novembre in consiglio comunale dovrebbe approdare la delibera per l’acquisizione del fabbricato di via Cavalieri di Vittorio Veneto in passato occupato da un supermercato della catena Coop e oggi nel mirino dell’assessorato agli Interventi sociali per realizzare un innovativo centro per la famiglia: dallo psicologo al bar “astemio”, l’ex supermarket nei progetti comunali verrà destinato a una gamma di servizi in grado di dare risposte ai problemi e alle necessità maggiormente avvertite dalle famiglie vicentine. La delibera, fortemente caldeggiata dall’assessore leghista Davide Piazza, aveva già patito i marosi della Giunta, approdando infine all’approvazione per l’acquisto alla cifra di 900 mila euro circa, da prelevare dai fondi dell’edilizia residenziale pubblica. La spesa complessiva stimata per acquisto e lavori di sistemazione è di circa 2,5 milioni di euro. Dopo il varo, fra mugugni, in Giunta, la nave si è incamminata verso il consiglio comunale, dove però soffiano venti di burrasca. Le nubi più minacciose si intravedono proprio dalla compagine di centrodestra, tanto che al momento, salvo colpi di scena, il progetto non avrebbe i numeri per essere approvato. Il primo segnale è arrivato dall’esame in commissione, che ha licenziato la delibera con una valanga di astensioni e qualche voto contrario. Il cammino, dunque, è tutto in salita e l’assessore Piazza dovrà fare un gran lavoro di mediazione. Fra i punti contestati, c’è la stima dei costi per l’acquisizione e c’è una situazione critica per le casse pubbliche in generale e per quelle comunali in particolare. Giovedì è in programma una riunione di maggioranza per provare ad appianare i contrasti. Nel frattempo, la circoscrizione 6, nel cui perimetro ricadrebbe il polo per le famiglie, è corsa ai ripari cercando di fare scudo al progetto, difeso con due ordini del giorno votati all’unanimità. Da un lato si punta a trasferire nell’ex Coop la biblioteca decentrata oggi ospitata alle Opere parrocchiali di Villaggio del Sole, in una sede ritenuta non più adeguata alle esigenze. Dall’altro, viene posto con forza un problema più volte denunciato dal presidente della zona 6, il forzista Matteo Tosetto: il capannone di via Cav. di Vittorio Veneto da quando è vuoto è ricettacolo di zingari, extra-comunitari, parcheggi non autorizzati di tir, soprattutto stranieri, e di prostituzione. Lo stabile - si legge nel documento approvato - si trova al centro del territorio circoscrizionale ed è dunque più accessibile a tutti gli abitanti dei vari quartieri; si presenta molto ampio e ricco di servizi: parcheggi, parco giochi, area verde, capolinea dell'autobus -; si trova nell'immediata vicinanza del centro civico di Villa Lattes, sede istituzionale della Circoscrizione. La vera battaglia, in ogni caso, sarà in sala Bernarda fra dieci giorni.


Vertice fra il vicesindaco e il comandante dei vigili
Sicurezza, ecco le telecamere nella zona calda di viale Milano

Entra nel vivo il progetto “Integrazione uguale sicurezza” con cui il Comune di Vicenza punta ad allargare il perimetro delle zone controllate attraverso telecamere. Ieri mattina il vicesindaco e assessore alla pubblica sicurezza, Valerio Sorrentino, ha incontrato il comandante della polizia locale, Roberto Dall’Aglio, per pianificare le prossime installazioni di sistemi di videosorveglianza. Al termine del vertice, Sorrentino ha indicato nel mese di dicembre il periodo in cui potrebbero iniziare le installazioni di telecamere. La zona nel mirino è quella di S. Felice e Fortunato e delle sue diramazioni: viale Milano, via Torino, via Napoli, via Firenze. Si tratta del quadrilatero all’ingresso ovest del centro storico è ritenuto “a rischio” per i ripetuti episodi di microcriminalità. Il Comune avvierà il progetto di installazione di alcuni impianti, che potrebbero essere potenziati se la Regione dovesse riconoscere un contributo economico alla richiesta di finanziamento avanzata nelle scorse settimane.


Approvato il progetto di ristrutturazione della copertura dell’edificio destinato a diventare museo
Ex Cella, casa delle associazioni
Il recupero arriva alla seconda fase

di Luca Valente

Caserma Cella, la seconda fase del recupero è alle porte: la giunta comunale ha approvato il progetto definitivo per la manutenzione straordinaria del tetto del corpo principale. Un impegno di spesa per il quale sono stati stanziati 400 mila euro, finanziati tramite emissione di boc. Cifra che si aggiunge ai 300 mila euro già impegnati per la prima fase della ristrutturazione e ai 900 mila finiti nelle casse dell’amministrazione militare nell’agosto del 2001, quando la Cella fu acquisita dal Comune dopo una trattativa durata oltre 4 anni. I lavori alla copertura cominceranno il prossimo anno, ma intanto si vedono già i frutti della prima ristrutturazione, che ha riguardato le ex scuderie, fabbricato a sud del corpo principale della struttura militare, delle quali sono stati sistemati il tetto e gli ambienti interni. E proprio di un’ampia porzione dell’edificio ha preso recentemente possesso l’associazione scledense ricercatori storici “IV Novembre”, che il 5 novembre prossimo battezzerà ufficialmente la sua nuova sede: nel corso della cerimonia inaugurale, cui parteciperanno figuranti con divise originali della Grande Guerra, sarà allestita un’esposizione con una miscellanea di reperti e cimeli del patrimonio della IV Novembre. L’intero complesso, d’altronde, è destinato a diventare sede di diversi sodalizi culturali legati alle tradizioni militari, dalle sezioni locali delle associazioni alpini e marinai d’Italia all’associazione culturale “Vis Ignia”, fondata dai componenti dell’8° Reggimento artiglieria “Pasubio”. Il reparto, che aveva sede a Udine, dispone di una preziosa dotazione di beni mobili, in particolare arredi, libri, documenti ed armi. Anche il cannone della Serenissima Repubblica, che al momento è conservato al sacrario militare di Ss. Trinità, troverà collocazione nel futuro contesto museale che prenderà vita in via Rovereto. Non a caso la storica caserma rappresenta uno dei luoghi della memoria cittadina. Durante l’ultima guerra fu teatro di cruente vicende belliche: nella notte fra il 9 e il 10 settembre 1943 venne presa d’assalto dalle Ss tedesche che fecero quattro morti e nove feriti, mentre i mille fanti, alpini e avieri che vi erano acquartierati furono deportati. Divenuta alloggio delle truppe d’occupazione, vi furono imprigionate centinaia di persone e due partigiani, Ismene Manea e Biagio Penazzato, vi trovarono la morte dopo torture il 12 luglio 1944. Nel dopoguerra ritornò all’esercito, che la tenne fino agli inizi del nuovo millennio. È invece di proprietà della Pirelli il vicino villino Panciera, già appartenuto alla Marzotto e in precedenza alla Lanerossi: per lo storico edificio, uno dei simboli dello sviluppo urbanistico dell’epopea rossiana, non si prospettano però nel prossimo futuro recuperi o restauri. Anche il villino Panciera conobbe trascorsi “militari”, divenendo sede di particolari “signorine” durante i due conflitti mondiali. Attualmente l’edificio, occupato dalla sezione scledense della Croce rossa italiana, si trova in condizioni di evidente degrado, constatabile soprattutto sulla facciata, dove tinte ed intonaci appaiono rovinati dall’incuria. Al piano terra è inoltre visibile lo “sfregio” provocato dalla rimozione della doppia scala esterna, con il portone d’ingresso parzialmente murato.