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25 NOVEMBRE 2006
«Il “2 dicembre” sarà rumoroso e pacifico»
Dal Molin. Il “popolo delle pentole” replica a chi teme violenze e vandalismi di G. M. Mancassola «Sarà una manifestazione pacifica, colorata, rumorosa, con bambini e genitori in testa al corteo». Il “popolo delle pentole” è già in marcia verso il 2 dicembre, giorno della grande adunata contro il progetto di una nuova caserma americana all’aeroporto Dal Molin. I comitati contrari all’insediamento militare serrano le fila e fanno scudo agli attacchi che arrivano da buona parte dell’arco costituzionale cittadino. Il timore di molti è che nel corteo si possano infilare gruppi di persone estranee alle vicende vicentine, interessate soltanto ad attirare l'attenzione con ogni mezzo e forma di protesta, anche la più violenta. Dietro le paure, ci sono le immagini di recenti manifestazioni, come il corteo di sabato scorso a Roma. «Chi teme che non riusciremo a controllare chi arriverà dall’estero, sappia che ci saranno soltanto delegazioni in rappresentanza di altri Paesi», afferma Francesco Pavin. Ad esempio, oltre al premio Nobel Dario Fo che sarà protagonista di un happening, è atteso anche un gruppo di indios dall’Argentina. La speranza degli organizzatori è che in città arrivino migliaia di persone: «Cinquemila sarebbe un numero che ci renderebbe soddisfatti», commenta Olol Jackson, dell’assemblea permanente contro il Dal Molin a stelle e strisce. Proprio per l’alto numero di manifestanti prospettato, i comitati insistono nel chiedere che vengano messi a disposizione pullman gratuiti: il Comune non appare intenzionato a concedere i mezzi, così la partita si deciderà in prefettura martedì prossimo. La domanda che tutti, in città, rilanciano è: riusciranno i promotori a controllare ogni eventuale intemperanza o tentativo di rovinare la festa, considerando l’alta partecipazione da fuori città? «Siamo noi i primi a voler proteggere i monumenti e il centro storico della città, per questo stiamo prendendo contatto con tutti gli aderenti per spiegare loro le nostre regole», afferma Germano Raniero». «Abbiamo già dimostrato come in occasione della riunione straordinaria sul Dal Molin del consiglio comunale, il 26 ottobre scorso, che le proteste contro il progetto americano sono una grande festa di piazza», dice Cinzia Bottene. «Chi viene al corteo deve rapportarsi con le decisioni dell’assemblea permanente», sottolinea Jackson. «Il 2 dicembre sarà rumoroso, pacifico, colorato. Questo è il percorso che ci siamo dati - ribadisce Pavin - nei nostri obiettivi ci sono le contraddizioni interne al Governo e la Giunta Hüllweck che vieta la partecipazione». Rispetto alle prese di posizione di molti partiti del centrosinistra, fra cui una parte consistente dei Democratici di sinistra, la Bottene si dice sicura: «Siamo convinti che la base dei Ds sarà in piazza con noi». Le pentole e i coperchi visti all’opera un mese fa sono già stati rispolverati.
Il racconto dei sei “reduci” ricevuti a Roma (g. m. m.) Il Dal Molin è davvero in testa ai pensieri del ministro della Difesa Arturo Parisi. Stando a quanto raccontano coloro che hanno preso parte alla delegazione dei comitati contrari alla caserma Usa, infatti, la diapositiva del Dal Molin campeggia addirittura sul display del cellulare del ministro. Per far capire ai suoi sei interlocutori che il problema lo conosceva davvero bene, Parisi ha esibito il telefonino, che nell’album di fotografie contiene anche un’immagine dell’aeroporto e del centro di Vicenza visti dal piazzale della Vittoria di Monte Berico. Ma questo è solo uno degli aneddoti delle due ore di faccia a faccia che i “reduci” hanno riportato con sé a Vicenza, dopo aver viaggiato per tutta la notte. Cinzia Bottene, Eugenio Vivian, Olol Jackson, Patrizia Balbo, Francesco Pavin e Germano Raniero hanno raccontato le loro sensazioni nel corso di una conferenza stampa improvvisata all’esterno dell’aeroporto dal Molin. Tanto improvvisata che è stata scambiata per una manifestazione non autorizzata, e qualcuno ha segnalato l’assembramento alle forze dell’ordine: dalla questura è arrivata al Digos per dare un’occhiata. Ci sono alcuni concetti che premono ai “reduci”: la disponibilità del ministro, che ricevendo la delegazione ha “legittimato” il movimento, per usare le parole di Pavin; la chiarezza con cui Parisi ha spiegato che nulla è deciso; l’apertura verso l’ipotesi referendaria, sempre che il comitato degli esperti giudichi ammissibile la seconda versione del quesito, non ancora presentata ufficialmente dal comitato promotore; la schiettezza con cui «Parisi ci ha detto che un Sì agli americani potrebbe creare problemi al Governo», per usare le parole della Balbo e di Vivian. Parisi si è mostrato competente, «anche se alcuni problemi non erano a sua conoscenza, come l’impatto sugli equilibri idrici», precisa l’ing. Vivian. Certo la mobilitazione non finisce qui: già ieri pomeriggio i comitati erano in piazza sotto le finestre della prefettura. «Resisteremo un minuto di più di chi vuole costruire la base», promette Raniero.
Dall’ambasciata “segnali” d’insofferenza di Marino Smiderle Il ministro della Difesa, Arturo Parisi, riceve i no global vicentini, per quasi due ore, ma continua a negarsi all’ambasciatore americano, Ronald P. Spogli. Siamo in Italia e il ministro può, legittimamente, scegliere chi incontrare, quanto tempo dedicargli e chi invece evitare. Potrebbe anche decidere qualcosa, ogni tanto, specie sulla questione Dal Molin, che sta da tempo tenendo sulla graticola sia i vicentini che non ne vogliono sapere di una nuova base Usa, sia i vicentini che invece non ne vogliono sapere di perdere il lavoro per un’eventuale stop al progetto, sia gli americani che aspettano da mesi una risposta, dopo che il governo precedente aveva loro assicurato che non c’era il benché minimo problema. In Italia va così, inutile cercare di spiegarlo a mister Spogli, abituato a risposte chiare e precise. Ancor di più, è abituato a mantenere gli impegni che vengono presi. Dall’ambasciata di via Veneto, a Roma, non arriva alcun pronunciamento ufficiale, perché è per loro inconcepibile interferire pubblicamente e platealmente sulle scelte di un governo sovrano come, fino a prova contraria, è quello italiano. Tuttavia la pazienza e la cordialità stanno diventando corde sempre più tese che, dopo il gran ricevimento di Parisi ai vicentini dei Comitati del no, potrebbero subire clamorosi sfilacciamenti. Pare infatti che Spogli abbia chiesto, e pure fissato, diversi incontri col ministro della Difesa proprio per discutere del problema Dal Molin. Pare anche che il ministero abbia ripetutamente disdetto e procrastinato i medesimi incontri, forse perché il ministro non aveva risposte da dare all’ambasciatore. Finora tutti i ritardi sono stati digeriti, magari con qualche mal di pancia, dall’alleato americano che ancora non sa se potrà disporre del Dal Molin (dopo che Bush ne aveva chiesto la disponibilità a Berlusconi nell’ormai lontano 2003). Poi hanno visto che, minacciando scampagnate a colpi di pignatte da parte dei rumorosi comitati vicentini, si può strappare un appuntamento al ministro a stretto giro di posta, e allora, come si dice, gli sono girate. Ovvio che dagli ovattati uffici di via Veneto non esce alcun commento, nessuna dichiarazione. Si sa però che Spogli e i suoi più stretti collaboratori non hanno gradito. Non tanto il fatto che il ministro abbia ricevuto i comitati contrari all’insediamento della base americana, quanto piuttosto il fatto che siano stati ricevuti con rapidità, dalla sera alla mattina. Le risposte che ha dato il ministro ai rappresentanti dei comitati, peraltro, sono state, come al solito, dilatorie e piuttosto fumose. Prima voleva il parere della città, inteso come pronunciamento del Consiglio comunale; ora, dopo aver avuto il via libera alla base per le vie politico-amministrative tradizionali, pensa sia meglio aspettare il referendum. Spogli e gli Usa sono un pochino stanchi di aspettare, tanto gli appuntamenti, quanto le risposte. A questo punto preferirebbero un bel no, forte e chiaro, senza se e senza ma. Non riescono a trovare nessuno che sia in grado di dar loro neanche questo.
Il partito è diviso sulla partecipazione alla manifestazione contro il progetto della nuova base americana (g. m. m.) È stata un’altra giornata campale, quella di ieri, per i Democratici di sinistra, impegnati in uno confronto intestino sull’adesione al corteo del 2 dicembre. Tutto nasce da una diversa lettura fornita dal livello provinciale e dal livello cittadino. La segreteria provinciale, retta da Daniela Sbrollini, si era espressa a inizio settimana all’unanimità per non partecipare alla manifestazione. Il direttivo cittadino, invece, ha chiesto di riconsiderare la decisione, esaminando meglio le modalità di svolgimento dell’evento. Molti esponenti del capoluogo, infatti, si dicono pronti a scendere in strada anche senza la copertura del partito. C’è chi parla di spaccatura fra l’ala moderata e riformista e le fronde più a sinistra della Quercia. C’è chi, invece, come Gianni Rolando, prova a fare il pompiere: «Non c’è palese contraddizione fra le due posizioni, tenuto conto che metà della segreteria provinciale, che si era espressa all’unanimità, in sede di direttivo cittadino ha votato la richiesta di riconsiderare la posizione». Nel frattempo, le cronache cittadine hanno dovuto registrare le minacce e le intimidazioni a cui è stata sottoposta la Sbrollini dopo la presa di posizione. Mentre i ragazzi che stavano volantinando in Corso affermano che lo scontro verbale non avrebbe avuto nulla di violento, essendosi trattato soltanto di una richiesta di chiarimenti, sul cellulare della leader provinciale diessina hanno viaggiato intimidazioni e minacce che ieri hanno raccolto attestazioni di solidarietà dalla segreteria cittadina dei Ds, dalla Rete civica vicentina e dalla Filcams Cgil. Una spruzzata di benzina sul fuoco, invece, ce l’ha messa il comunicato firmato da una quarantina di esponenti diessini, fra cui Ubaldo Alifuoco, Giuseppe Pupillo, Luigi Poletto, Claudio Rizzato, Diego Bardelli e Maurizio Scalabrin. Il titolo del comunicato non lascia molto spazio alle libere interpretazioni: «No al 2 dicembre senza se e senza ma». «Il No - si legge - anche alla luce delle intimidazioni subite da Daniela Sbrollini, alla quale va tutta la nostra solidarietà, è senza se e senza ma. Non ci possono essere dubbi nel non aderire ad una manifestazione quando è organizzata anche da chi ha recentemente cacciato il ministro del Lavoro Cesare Damiano da un convegno internazionale a Venezia o ha usato come slogan “Damiano servo dei padroni vattene a Roma” e offeso la memoria dei soldati italiani morti a Nassiriya. Naturalmente siamo solidali con i Comitati vicentini contrari al Dal Molin, contrarietà che ha visto i Ds uniti fin dall’inizio dell’intera vicenda». «Non ci sono garanzie, e nessuno può darle, che il 2 dicembre la manifestazione non proceda con slogan o atti inconsulti dai quali saremmo costretti a dissociarci come il malcapitato Diliberto. In ogni caso il nostro partito continuerà la sua battaglia nelle sedi politiche e istituzionali perché il Governo decida in tempi brevissimi per il no al raddoppio della base».
«Hüllweck dà gli autobus»
Ma il Comune smentisce L’autobus c’è, l’autobus non c’è. Continua il tormentone del servizio di trasporto gratuito dalla stazione ai luoghi del corteo contro la base americana che si terrà il 2 dicembre. Gli organizzatori della manifestazione si sono finora rapportati con la questura, deputata a valutare le modalità di svolgimento del corteo. Oltre all’autorizzazione per sfilare da un capo all’altro della città, i promotori hanno chiesto la possibilità di avere a disposizione autobus gratuiti da e per la stazione. La richiesta è stata trasferita sul tavolo del primo vertice in prefettura del comitato di pubblica sicurezza dedicato al corteo del 2 dicembre. La reazione dell’amministrazione comunale, attraverso il sindaco Enrico Hüllweck e il vicesindaco Valerio Sorrentino, è stata netta: no su tutta la linea, se la questura ritiene il servizio indispensabile deve requisire i mezzi di Aim. A creare ulteriore confusione ci ha pensato ieri il messaggio apparso sul sito internet www.altravicenza.it: «Autobus gratuiti da/per la stazione Fs: Hüllweck a denti stretti concede gli autobus per evitare che i manifestanti ritornino verso la stazione passando per il centro storico». La notizia viene seccamente smentita da palazzo Trissino, la cui posizione rimane irremovibile: se servono, vanno requisiti, con l’assunzione di ogni responsabilità per eventuali danni. Del problema si riparlerà martedì mattina, in occasione del secondo vertice in prefettura.
«Le tensioni sono colpa del Governo
che non riesce a prendere decisioni» (g. m. m.) «Ma che senso ha avuto il voto del consiglio comunale espresso il 26 ottobre?». Quel voto, ricorda il senatore forzista Pierantonio Zanettin, era stato chiesto al sindaco Enrico Hüllweck proprio dal ministro Arturo Parisi. E il Consiglio, pur con un esito sul filo, aveva manifestato un Sì condizionato ad alcune garanzie ritenute indispensabili. Accade, però, che ora lo stesso Parisi dica invece ai rappresentanti dei comitati che prima di decidere sul progetto americano attende l’espressione popolare. O meglio, aspetta di vedere come va a finire la procedura di ammissione del quesito referendario. Un ripensamento, se non una marcia indietro, che offre il destro a Zanettin per andare all’attacco della compagine governativa. Il primo passo è la solidarietà alla segretaria provinciale dei Democratici di sinistra Daniela Sbrollini per gli attacchi e le minacce subite dopo la decisione di non aderire «alla manifestazione no global contro l’ampliamento della Caserma statunitense di Vicenza, programmata il prossimo 2 dicembre». «Il vile atto intimidatorio - osserva Zanettin - si inserisce in un clima di tensione a livello locale, frutto della irresponsabilità del ministro Parisi, che dopo aver in diverse occasioni sollecitato il parere dell’Amministrazione comunale, ora tergiversa e rinvia di settimana in settimana una decisione definitiva sull’insediamento militare». «La operosa città di Vicenza - prosegue il senatore vicentino - non ha certo bisogno di questo clima di tensione ed intimidazione alimentato dalla maldestra regia di un Governo privo di una chiara linea politica». «Il Governo dica sì o no, ma dica qualcosa - conclude Zanettin - non può continuare a rimandare le decisioni, scaricando su Vicenza queste tensioni. Prima il silenzio dissenso, poi la richiesta di espressione da parte del consiglio comunale, poi l'attesa del voto di Caldogno, infine il referendum: con questo atteggiamento non fa che creare nuova confusione e nuovi problemi. La città non ne ha davvero bisogno».
Alle 20 a Piovene il Carroccio chiama a raccolta i fedelissimi a sostegno delle ordinanze del sindaco Colman Nomadi, la fiaccolata della Lega Solidarietà all’assessore Laugelli di Mauro Sartori L’assessore alle politiche sociali non si tocca. Parola di parroco. Gli attacchi concentrici all’operato di Emilia Laugelli in tema d’integrazione sociale delle famiglie nomadi, con tanto di mozione di sfiducia presentata dal centro-destra quasi compatto, hanno provocato reazioni in città non solo di carattere politico. Un cartello di personalità locali, nel quale spiccano i nomi della presidente della Caritas Dina Frigo, dello scrittore Mariano Castello, della farmacista Matilde Sella e monsignor Ludovico Furian, ha deciso di stendere un documento a difesa dell’assessore e delle politiche sociali. Documento stilato proprio alla vigilia della fiaccolata anti - nomadi indetta per stasera alle 20 a Piovene Rocchette (ritrovo piazzale degli Alpini) dalla Lega Nord provinciale, a difesa del sindaco Maurizio Colman, denunciato per le sue ordinanze contro le carovane. «Abbiamo lavorato assieme, su iniziativa dell’assessore Laugelli, per il progetto “Schio c’è” che si propone di contrastare situazioni di povertà e di educare ad una comunità solidale - scrivono i firmatari dell’appello. Ci sentiamo perciò in dovere di spendere qualche parola per lei, divenuta in questo momento il capro espiatorio dei problemi di Schio riguardo alla situazione del nomadismo». “Schio c’è”, il progetto a cui viene fatto riferimento, offre un aiuto economico, tramite un prestito di solidarietà senza aggravio di interessi, a persone che si trovano in un particolare disagio finanziario temporaneo. Un progetto mutuato da analoghe esperienze maturate in Toscana, dove i prestiti sono stati erogati anche a donne di etnia rom, le quali hanno reso la somma ricevuta lavorando presso una cooperativa sociale. «Secondo alcuni, le colpe della Laugelli consisterebbero nell’aver dato delle opportunità di inserimento ad una famiglia nomade. La difficile strada dell’integrazione di queste etnie, oltre ad essere un’occasione probabilmente irripetibile, dovrebbe essere una soluzione tranquillizzante anche per coloro che ne hanno timore e sono contrari a qualsiasi forma di recupero. Quale sarebbe la soluzione alternativa? - prosegue il documento - Spingere i nomadi ad occupare altri territori comunali, i quali poi li spingerebbero verso altri fin quando ce li troveremo di nuovo qui, a meno di non elevare muraglie? Mandarli tutti in prigione sulla base di una presunzione di colpa? Espellerli dall’Italia? Nessuna di queste soluzioni è praticabile». I firmatari credono nelle scelte scledensi e invitano gli altri Comuni a fare altrettanto: «L’unica cosa fattibile è che altri Comuni del Vicentino seguano l’esempio di Schio, ripartendo equamente l’onere, dando ai ragazzi nomadi più cultura, unico strumento efficace per indurli a percorrere altre strade e ad abbandonare quelle, talvolta praticate, della microcriminalità». L’ultimo messaggio contenuto sembra un esplicito invito a chi stasera si radunerà in piazza a Piovene per protestare: «Chi spinge ad una guerra contro queste etnie, non propone una soluzione ma solo l’esasperazione di un conflitto».
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