|
26 FEBBRAIO 2005 dal Giornale di Vicenza
Il villaggio Usa rischia di far acqua.
Padovani preoccupati: il Comune prevede di farlo sorgere nell’area dove corrono le due tubazioni del loro acquedotto. Franzina: «I vincoli saranno rispettati» di Piero Erle Il nuovo villaggio americano che il Comune vuole far sorgere lungo via Moro deve fare i conti del... tubo. Perché nella vasta area ufficialmente indicata dalla giunta per far sorgere villette in grado di ospitare mille nuove famiglie al seguito dei soldati Usa in arrivo alla caserma Ederle corrono nientemeno che le due condotte che dissetano l’intera città di Padova e i dintorni, trasportando in tutto qualcosa come 2200 litri al secondo di acqua potabile prelevata dalla falda acquifera dell’Alto Vicentino. «Se siamo preoccupati? Certo che lo siamo - risponde deciso Danillo Calaon, direttore tecnico e responsabile degli impianti dell’acqua per l’azienda Acegas-Aps - anche perché noi siamo direttamente proprietari del terreno sotto cui corre una delle due tubazioni, quella da 900 litri al secondo, e il Comune di Vicenza non ci ha detto nulla di questa sua decisione di far sorgere lì questo villaggio americano. Anche sul terreno dove corre l’altra tubatura, quella più recente da 1300 litri al secondo, c’è una servitù. Il Comune di Vicenza sa della presenza delle nostre tubazioni. È una questione delicata, perché dove c’è la proprietà devono restare a una certa distanza per legge (è chiaro che l’azienda, di proprietà del Comune di Padova e altri, non cederà di certo il suo terreno agli americani) e lo stesso vale per la seconda tubatura, perché si tratta di un servizio di pubblica utilità». Come noto, tutto il terreno sotto cui corrono i tubi dell’acquedotto - che tra l’altro ogni tanto sono collegati tra loro per permettere interventi di scambio d’acqua nelle tubature in caso di lavori o altro - devono essere mantenuti sgombri e accessibili dai mezzi di lavoro in ogni punto del tracciato. Basta guardare la piantina a fianco per capire che il nuovo villaggio Usa avrebbe comunque un corridoio, che poi diventano addirittura due perché le tubazioni non corrono sempre parallele, largo alcuni metri da mantenere sgombri e accessibili, nonostante si configuri di fatto come un’area militare. «Tutto è possibile, certo - aggiunge Calaon - perché possono anche proporci di spostare a loro spese le tubature. Oppure, come è avvenuto per un’altra lottizzazione progettata lungo via Moro, possono pianificare l’insediamento in modo da mantenere libero, e non intercluso, tutto il corridoio dove corrono le due tubazioni. Ma certo la garanzia del servizio pubblico è prioritaria». L’assessore all’urbanistica Maurizio Franzina risponde tranquillo: «Certo che lo sappiamo che c’è il vincolo. Ma non credo ci sarà problema: quello che stiamo progettando è un villaggio americano, fatto di villette a schiera distribuite in un’area di 400 mila metri quadri, e questo ci permetterà di garantire anche i corridoi dove corrono i tubi, magari prevedendo verde e alberature. Tra l’altro neanche gli Usa vogliono le case vicine a via Moro, per cui è facile che in quella fascia verso la strada si prevedano aree standard, a verde, e le case vengano previste al di là del corridoio dove ci sono le tubazioni». Vicenza quindi conferma l’intenzione di raggiungere un accordo con il governo degli Stati Uniti per realizzare il villaggio per 700 villette, alte al massimo 9 metri e collegate con un sottopasso alla caserma Ederle. E i proprietari dei terreni? «In questi giorni - risponde Franzina - stanno ricevendo la comunicazione dell’avvio di procedimento per la trasformazione di tutta l’area a destinazione F3-strutture militari. Poi, come prevede la legge, nel giro di tre settimane si potrà proporre al Consiglio comunale l’adozione della variante: è un’opera di interesse pubblico - conclude Franzina - e quindi non c’è il vincolo di far votare la delibera entro il 28 febbraio». I Verdi e don Bizzotto: «Vicenza si renda conto che diventerà una delle città più militarizzate» di Maria Elena Bonacini Un comitato contro il nuovo villaggio americano. L’iniziativa, che riunisce per ora una cinquantina di persone, è scaturita dall’assemblea sul tema svoltasi giovedì sera a S. Pio X e organizzata dai Verdi del quartiere, che ha visto la partecipazione di un centinaio di cittadini. Alla serata, moderata dal capogruppo del partito in Circoscrizione 3 Olol Jackson, ha preso parte anche don Albino Bizzotto, fondatore dell’associazione padovana “Beati i costruttori di pace”. Assente giustificato invece il vicepresidente nazionale dei Verdi, Gianfranco Bettin, bloccato dall’influenza. «La nostra - spiega Jackson - si candida a diventare la città-caserma più grande d’Europa. L’aeroporto Dal Molin sarà consegnato ai militari Usa e il Comune vuole costruire un parcheggio di 17mila metri quadri a Vicenza est e un nuovo villaggio americano vicino a via Aldo Moro. Il tutto su terreni agricoli che da polmone verde diventeranno distese di cemento a danno del territorio e dell’ambiente per farne la base logistica della guerra infinita». Entrambe le zone si trovano nell’area della Circoscrizione 3 e, proprio mercoledì sera il Consiglio di villa Tacchi ha dato parere favorevole alla variante di destinazione d’uso per l’area del parcheggio. «Non capisco però - continua il consigliere - perché sia invece stata bocciata una richiesta analoga per un terreno situato a poche centinaia di metri da quello del parcheggio». «Tutto questo - conclude - non può passare sotto silenzio come sta cercando di fare il Comune, agendo in modo “carbonaro”. Ci siamo quindi costituiti in comitato per aprire un dibattito finalizzato alla difesa del territorio che è anche un deciso no alla guerra, nel quale vogliamo coivolgere il più possibile la cittadinanza». Azione condivisa e sostenuta da don Bizzotto. «La pace - spiega il religioso - non può essere limitata alle manifestazioni o ai momenti emotivi. Si vuole trasformare Vicenza in una delle città più militarizzate, ma non si capisce di chi sia il progetto. Vogliamo quindi aprire un dibattito per verificare le scelte. Il mio non è un rifiuto delle persone ma della struttura militare. Sono d’accordo a bloccare il progetto per ribadire il no alla guerra, ma anche per il territorio e vorrei sapere il motivo di quest’operazione. Si dice infatti che è per una maggior sicurezza dal terrorismo ma Vicenza diventerà piuttosto un bersaglio. Sarò quindi al fianco di questo gruppo che dovrà però estendere il messaggio alla cittadinanza».
Pronunciata la sentenza del processo a carico dei 17 occupanti dell’ex macello Stella Rossa, capitolo chiuso Quattro condanne, sette mesi la pena più pesante (d. m.) Dopo una lunga camera di consiglio, alle 17.30 di ieri è giunto il verdetto del giudice in merito al processo sul Centro sociale occupato Stella Rossa. Come riferito nella cronaca delle numerose udienze celebrate dal dott. Gastone Andreazza a partire dal 19 settembre 2003 a ieri, gli imputati erano diciassette: D. P., 30 anni, di Cassola; M. D. A., 37 anni, di Lusiana; R. L., 36 anni, di Padova; M. T., 25 anni, di Padova; C. Z., 39 anni, di Solagna; O. T., 38 anni, di Cassola; L. O., 55 anni, di Bassano; L. V., 39 anni, di Marostica; F. D. S., 49 anni, di Marostica; L. D. P., 45 anni, di Bassano; A. M., 38 anni, di Bassano; F. L., 40 anni, di Bassano; G. C., 41 anni, di Savignano (Bo); P. T., 39 anni, di San Zenone; A. G., 38 anni, di Bassano; D. C., 39 anni, di Solagna; e, infine, P. Z., 51 anni, di Bassano. Per tutti, l’accusa era di occupazione (in vari periodi e fino allo sgombero della polizia) dello stabile comunale di via Macello, sottrazione di energia elettrica e acqua e organizzazione di spettacoli senza le dovute autorizzazioni. T., Z. e P. erano inoltre accusati di aver occupato, il primo maggio 2002, anche l’ex macello di via della Ceramica, con organizzazione abusiva di spettacolo. Nella penultima udienza, quella di lunedì scorso, la pubblica accusa, rappresentata dal sostituto procuratore Linda Arata, aveva chiesto nell’arringa finale, durata un paio d’ore, complessivamente otto anni di reclusione, chiedendo poi per alcuni l’assoluzione o il non doversi procedere. Per la difesa, invece, sostenuta dagli avvocati Antonio Lovatini e Paolo Simonetto, i diciassette membri del gruppo Stella Rossa andavano tutti assolti. Nell’udienza di ieri, alla presenza anche dei vertici delle forze dell’ordine cittadine, fra i quali il commissario Alessandro Campagnolo e il comandante Gastone Bortolon dei Cc, il processo è giunto a conclusione. Il giudice Gastone Andreazza ha condannato D. P. per l’occupazione dello stabile di via Macello, il furto di energia elettrica e acqua e il non adempimento delle prescrizioni nell’organizzazione di uno spettacolo pubblico a sei mesi e quindici giorni di reclusione e al pagamento di 325 euro di multa, coi doppi benefici di legge; l’imputato è stato assolto, invece, dalle accuse di aver imbrattato con lo spray le pareti dell’edificio e l’occupazione, con relativa organizzazione di concerti, dell’ex macello di via della Ceramica. Per gli stessi reati, in aggiunta poi all’occupazione dell’edificio di via della Ceramica e l’organizzazione in quel sito di spettacoli abusivi, C. Z. (pure lei assolta per gli imbrattamenti), O. T. e F. L. sono state condannate a sette mesi di reclusione e 400 euro di multa ciascuna. Z. e L. hanno ricevuto i doppi benefici, T. invece la condizionale. Per l’intervenuta prescrizione dei reati di occupazione dello stabile di via Macello, furto di acqua ed energia elettrica e organizzazione di spettacoli, il giudice ha disposto il non doversi procedere nei confronti di L. O., L. V., D. C., A. G., G. C. e P. Z. Per questi ultimi tre reati, sono stati assolti per non aver commesso il fatto F. D. S., L. D. P., A. M. e M. D. A. Nei confronti di P. M. T., inoltre, il giudice ha disposto l’assoluzione per i primi due e la prescrizione per il terzo. Infine, P., D.A., L. e T. sono stati assolti dall’accusa di aver portato ad una riunione pubblica, svoltasi in città il 24 novembre di quattro anni fa, bastoni o mazze per l’offesa alla persona. |