26 APRILE 2005

dal Giornale di Vicenza

SCHIO.«Scuse dei partigiani per l’Eccidio»
BASSANO.Contromanifestazione in via Matteotti
«Teatro, pensiamo alla gestione»

Franco Busetto, presidente provinciale dell’Anpi, 60 anni dopo si rivolge ai famigliari delle vittime
«Scuse dei partigiani per l’Eccidio»
«Se non il dolore, almeno le ferite si possano rimarginare»

di Paolo Rolli

«A nome dei diecimila partigiani veneti mi inchino di fronte alle vittime dell’eccidio di Schio, e porgo il più sentito cordoglio ai loro familiari e alle loro associazioni». Parole che qualcuno attendeva da sessant’anni, quelle pronunciate ieri mattina dall’on. Franco Busetto, presidente provinciale e regionale dell’Associazione nazionale partigiani italiani, e che sono risuonate durante l’orazione ufficiale in occasione delle celebrazioni del 25 aprile, che l’anziano parlamentare dell’allora Pci ha tenuto al Sacrario della Ss. Trinità. «Qui a Schio vi fu un eccidio che schegge impazzite del movimento partigiano commisero il 7 luglio del 1945, gettando un’ombra ed aprendo una ferita sulla purezza e sugli ideali della Resistenza - ha detto Busetto - come facemmo allora, ancora oggi esprimiamo la nostra condanna per quell’eccidio, che nessuno spirito di vendetta dell’epoca poteva giustificare. Oggi, a nome dei diecimila partigiani della Resistenza del Veneto, mi inchino di fronte alle vittime, e porgo il più sentito cordoglio ai loro familiari e alle loro associazioni». A sessant’anni di distanza dalla fine della Seconda guerra mondiale e dall’abbattimento del fascismo, parole di concordia e di pacificazione sono giunte proprio in occasione della ricorrenza della Liberazione, e da una voce assolutamente autorevole, cioè quella del presidente vicentino e veneto dell’Anpi, che ha messo, però anche in guardia dai rischi del revisionismo storico. «Lo vedo come un rischio di corruzione delle coscienze - ha detto Busetto riferendosi all’antifascismo ed all’antiresistenzialismo - questa è un’accusa che faccio alla destra politica italiana». Un doveroso omaggio da parte dell’oratore è andato anche a quei militari che l’indomani dell’8 settembre 1943 rifiutarono di consegnare le armi e combatterono assieme agli anglo-americani, come a quanti, rinchiusi nei campi di concentramento, preferirono la durezza dell’internamento piuttosto che combattere a fianco dei tedeschi. Ma l’attenzione di tutti è stata calamitata ieri mattina dal passaggio in cui l’anziano partigiano ha reso omaggio alle vittime dell’eccidio, augurandosi che «se non il dolore, che è insanabile, almeno quella ferita possa rimarginarsi, e che una rassicurante pace possa scendere nel cuore dei cittadini scledensi e nell’intera comunità di Schio». «Si è trattato di frasi rivolte soprattutto ai familiari di quanti sono morti nell’eccidio, e spero che siano state accolte bene - è il commento successivo di Busetto - Il dolore dei familiari per i propri morti non finisce mai, ma l’acrimonia e l’indignazione possono essere superate, e non credo che oggi vi siano ancora persone che non lo condividono».


Il gruppo “Officina 26 settembre” davanti al municipio denuncia vandalismi e minacce
Contromanifestazione in via Matteotti
tra canti, cartelli e un “grazie ragazzi”

(c. z.) Mentre in sala consiliare il sindaco Giampaolo Bizzotto inizia a leggere il suo lungo discorso per la commemorazione del sessantesimo anniversario della Liberazione, da via Matteotti, amplificate da un megafono, giungono voci di ragazzi, che alternano dure parole di protesta contro l’amministrazione a canti della lotta partigiana. "Bella ciao" e "Soffia il vento" intonano i giovani dell’associazione bassanese “Officina 26 settembre” e del gruppo marosticense “No pasàran” e sventolano bandiere della pace con i colori dell’arcobaleno. Radunati di fronte al municipio con cartelloni e striscioni, sotto la pioggia hanno dato vita ad una contromanifestazione. Di fronte alle numerose persone rimaste fuori dalle stanze del palazzo municipale o ai passanti incuriositi, hanno così espresso il loro dissenso contro le nuove forme di violenza di stampo fascista che, a loro giudizio, si starebbero verificando con sempre maggior frequenza in città e nel comprensorio. «Martedì scorso a Marostica - hanno spiegato i manifestanti - sull’auto di un giovane di sinistra sono state incise con punteruoli e cacciaviti svastiche e croci celtiche, mentre sul parabrezza stato lasciato un volantino pieno di minacce firmato "camerati in armi"». Anche Bassano, proprio in concomitanza con l’avvicinarsi della ricorrenza del 25 aprile, sarebbe stata più volte teatro di episodi simili, tanto che i rappresentanti delle due associazioni hanno parlato di un’ escalation di intimidazioni e atti vandalici. All’amministrazione e alle stesse forze dell’ordine sono quindi stati rimproverati il disinteresse e la scarsa attenzione verso un problema che quei giovani ritengono sia stato finora ignorato. «È inammissibile - proseguono - che fatti gravi come questi si ripetano a sessant’anni dalla sconfitta del nazifascismo e in un comune come il nostro, decorato con la medaglia d’oro alla Resistenza». Numerosi i cartelli innalzati da «Chi conosce la storia rifiuta il fascismo: no al revisionismo» al «Qui giacciono tutte le realtà storiche soffocate dal sonno dell’indifferenza generale». La protesta, infine, si è appuntata sulla contestatissima lapide in onore dei caduti di tutte le guerre posizionata qualche anno fa nell’ara ai Caduti, accanto a quella in ricordo dei morti per la causa della libertà e della democrazia. «Che quella pietra venga tolta - chiedono unanimi - Non si possono mettere sullo stesso piano le guerre d’aggressione e le lotte di liberazione». I rappresentanti di Rifondazione comunista, ex partigiani, persone anziane che hanno vissuto gli anni bui della dittatura, la consigliera comunale Paola Facchinello, hanno seguito con attenzione l’intervento intonando alla fine «Bella ciao» sotto una violenta pioggia. Alla fine un «Grazie ragazzi» partito da chi ascoltava, accompagnato da un applauso, ha sciolto la manifestazione.


«Teatro, pensiamo alla gestione»
Asproso: «I costi lieviteranno, valutiamo un project financing»

di Chiara Roverotto

Fallita la Cogi, l’impresa che nel 2002 aveva vinto l’appalto per la costruzione del teatro di Vicenza, con il cantiere di viale Mazzini ancora occupato dal materiale dell’impresa fiorentina in attesa che il curatore fallimentare si pronunci o si metta in contatto con il responsabile del procedimento per conto del Comune. Con la Vittadello Intercantieri, seconda in graduatoria dopo la Cogi, che non ha ancora firmato il contratto per proseguire i lavori. Con gli operai che aspettano ancora le buste paga di febbraio e marzo dopo il decreto ingiuntivo che i legali della Cgil hanno inviato in tribunale, che il giudice del lavoro ha accettato e sul quale il Comune deve decidere se ricorrere o no al Tar, sul teatro si aprono anche altre discussioni. «Sarà pur vero - si legge in un’interpellanza del consigliere dei Verdi Ciro Asproso - che la città attende quest’opera da oltre sessant’anni, ma è garantito che la stragrande maggioranza dei vicentini avverte l’onere della gestione come una cupa minaccia, sia sulla solidità dei bilanci futuri, sia sull’integrità dei servizi erogati. In un paese come l’Italia - prosegue Asproso - , dove non s’investe in cultura e i contributi pubblici sono sempre più esigui, immaginare di tenere in vita un teatro con il ricavato dei biglietti e con le entrate dell’auditorium è pura follia. Da Udine e Torino passando per la più blasonata Verona, gli esempi di gestioni in affanno sono purtroppo infiniti e a nulla valgono le alchimie di tipo societario». Insomma, la questione è seria e dibattuta anche da altre parti politiche: finora l’attenzione è sempre stata rivolta alla costruzione dell’opera, ma forse bisognerebbe cominciare a pensare come gestire in futuro il civico, come mettere in moto un meccanismo che riesca a coniugare cultura, spettacoli, progetti con finanziamenti e investimenti. «Un’idea - riprende Asproso - potrebbe essere quella del project financing di cui ci si è riempiti la bocca per le proposte più diverse e strampalate: perché non coinvolgere direttamente i privati su un’opera come questa, assicurando loro un’adeguata remunerazione? Un riferimento da cui prendere esempio potrebbe essere il Kulturhaus gasteig di Monaco di Baviera, un vero e proprio centro commerciale della cultura, con negozi, librerie, bar, ristoranti oltre naturalmente al teatro. La legge quadro in materia di lavori pubblici, la 109 del 1994 prevede che i soggetti promotori possano presentare proposte per la realizzazione di lavori di pubblica utilità, inseriti nella programmazione triennale, entro il 30 giugno o al successivo 31 dicembre». Ogni proposta - ricorda il consigliere dei Verdi - dove essere corredata da un bozza di convenzione e da un piano economico finanziario che sarà esaminato e approvato dal Comune. In caso di affidamento, l’aggiudicatario ha la facoltà di istituire una società di progetto al fine di realizzare e gestire l’opera e può emettere anche obbligazioni. «I vantaggi per la collettività sarebbero indubbi: innanzitutto i proventi della vendita della Centrale del Latte, che oggi permangono pressoché inutilizzati in un conto infruttifero, potrebbero- secondo Asproso - essere utilizzati per dar corso ad interventi infrastrutturali indispensabili; l’onere gestionale, affidato al promotore e non più a carico del Comune o di una Fondazione pubblica, sarebbe remunerato secondo una logica negoziata e di reciproca utilità, il progetto culturale verrebbe invece regolato da una specifica convenzione. Certo, non è da escludere l’eventualità che il promotore presenti modifiche al progetto per vedersi riconosciute nuove potenzialità commerciali o direzionali, ma ritengo che una larga maggioranza trasversale sarebbe il miglior viatico per assicurare un iter accelerato. C’è anche l’ipotesi che nessuno si presenti…Quest’ultima evenienza è forse la peggiore, in quanto rivelatrice di un sicuro insuccesso finanziario». In sostanza il consigliere dei Verdi auspica «un serio esame dei fatti e l’avvio di una fase di confronto con Consiglio comunale e con la città». Anche perché ci sono altre questioni da considerare. «La firma del contratto da parte della Vittadello avverrà dopo la valutazione dei costi per la rimessa in moto del cantiere, questo è l'ultimo ostacolo, poi tutto ripartirà per la costruzione di un’opera che la città attende da oltre sessant'anni . Con questa breve dichiarazione rilasciata a “Il Giornale di Vicenza”, l'assessore ai Lavori pubblici Carla Ancora, archivia la devastante vicenda della Cogi costruzioni. L’assessore - conclude Asproso - dà per scontato che la ditta seconda classificata accetterà di ultimare il teatro senza altri colpi di scena e cosa non trascurabile, alle medesime condizioni avanzate a suo tempo. È legittimo tuttavia avanzare dei dubbi: la Vittadello aveva già praticato un ribasso d’asta di poco inferiore a quello della Cogi e quindi vicino alla soglia di anomalia. Il costo della manodopera e quello dei materiali è sensibilmente aumentato nei tre anni trascorsi dalla pubblicazione del bando. Il rischio di un nuovo contenzioso, con la pretesa della revisione del contratto di qui ad un anno, non è affatto un’ipotesi peregrina. Già in passato, come s’è visto, la fretta fu cattiva consigliera, ma ora che persino il sindaco si è rassegnato a non tagliare il nastro del nuovo teatro, mi chiedo se non sia giunto il momento di una pausa di riflessione sull’intero progetto». Scioperi e vertenze sindacali
Ecco i primi segnali d’allarme lanciati più volte in Consiglio

(c. r.) Scioperi, vertenze sindacali sempre aperte, operai che non vengono pagati, contributi che non vengono versati alla Cassa Edile, fornitori che si sono rivolti direttamente al tribunale per poter riavere i soldi che avanzavano dall’impresa fiorentina che aveva vinto l’appalto nel settembre del 2002. Non sono che alcuni passaggi “tecnici” degli ultimi due anni della gestione Cogi all’interno del cantiere di viale Mazzini, dove alla fine dell’anno, sulla base del capitolato, doveva essere consegnato il teatro. In realtà l’impresa è fallita, il curatore fallimentare si sta occupando di tutti i suoi beni compresi quelli all’interno del cantiere. La Vittadello, non ha ancora firmato il contratto, ma in molti sostengono che difficilmente riuscirà a reggere i costi con i quali aveva partecipato alla gara quasi tre anni fa. Intanto, la minoranza chiede una discussione in Consiglio comunale.

È del 1984 il primo progetto targato dall’arch. Gino Valle

(c. r.) Il progetto firmato dall’architetto Gino Valle (nella foto) prevede due sale da 900 e 400 posti. In realtà la città pensa ad un teatro da sessant’anni, compie svariati tentativi, che restano comunque nel libro dei sogni. Nell’84 arriva l’incarico per progettare il futuro di una Vicenza che si sta allargando sempre di più: nacquero così i piani Valle e il sogno del teatro, affossati però da liti e polemiche. Trascorre un decennio. Nel 1993 l’allora sindaco Achille Variati taglia dal bilancio comunale due voci: teatro e Basilica palladiana - uno dei progetti per quest’ultima doveva essere affidato a Renzo Piano - e così il sogno di una parte della città che reclama uno spazio culturale utilizzabile tutto l’anno svanisce per l’ennesima volta. Nel primo mandato l’attuale sindaco comincia a riparlare del teatro, vende la Centrale del Latte e ottiene i 46 miliardi che servono per finanziare l’opera. Nel 2001 arriva il nuovo progetto rielaborato da Gino Valle, quello che si sta tentando di realizzare ora.