|
26 APRILE 2006 dal Giornale di Vicenza
Un altro 25 aprile di fischi in piazza di G. M. Mancassola Il 25 Aprile vicentino fa il bis con una nuova contestazione scandita da bordate di fischi. Per i fischiatori è un’escalation: un anno fa avevano colpito il presidente del consiglio comunale, l’ex missino Sante Sarracco; questa volta, invece, il bersaglio è stato addirittura il ministro uscente per i Rapporti con il Parlamento, Carlo Giovanardi, sommerso di fischi e insulti da una trentina di estremisti di sinistra mentre parlava dal palco di piazza dei Signori e mentre passava in rassegna le forze armate. È questa la fotografia consegnata alle cronache dal 61° anniversario della Liberazione, che si conferma appuntamento fra i più politicamente bollenti. Gli applausi più convinti della mattinata, ad esempio, se li prende Franco Busetto, ottantacinquenne presidente regionale dell’Anpi, quando nella sua orazione abbandona la commemorazione tout court, per soffermarsi su temi di scottante attualità. Tre sono i passaggi che danno la svolta alla giornata. Prima, Busetto formula la speranza che i valori del 25 Aprile prendano dimora stabile nelle stanze di palazzo Chigi, sede della presidenza del Consiglio. Poi c’è un attacco alla riforma costituzionale elaborata dal centrodestra: «Purtroppo si è voluto snaturare la Carta, imponendo modifiche che riducono il ruolo del Parlamento e del Capo dello Stato». Le sue parole riecheggiano dagli altoparlanti il giorno dopo l’invito del premier in pectore Romano Prodi a votare “no” al referendum constituzionale di giugno. Infine, l’ultimo affondo sull’articolo 11, quello che fa dell’Italia un Paese che ripudia la guerra: «Il governo che si formerà tra non molto deve tenere ben fermo questo articolo, concludendo la presenza in Iraq». Alle spalle di Busetto, sul palco, la prima fila mormora: lì ci sono il ministro Giovanardi, dell’Udc, e la presidente della Provincia, Manuela Dal Lago, leghista. Esce una prima volta la parola “settarismo”, che Busetto rigetta con veemenza finché ancora ha la parola. Alcuni esponenti della Casa delle libertà fanno il gesto di volersene andare: tra loro c’è la Dal Lago. «Ho dovuto convincerli a rimanere, per avere la possibilità di replicare», dirà poi il ministro, che prende la parola per un preambolo sui valori della Resistenza. Giovanardi parla schietto: «Ringrazio tutti coloro che hanno permesso a me e a voi di vivere in un Paese civile e democratico, dove la libertà è come l’aria». Giovanardi ricorda Cefalonia e gli internati nei campi di concentramento: «Ebbero il coraggio di dire no per rimanere fermi ai loro valori». Poi parla della Resistenza, fatta da «ribelli per amore». Condanna la «parte sbagliata», quella dell’Olocausto e dei lager, quella della dittatura. Ed ecco la replica alle parole di Busetto: «Qualunque governo terrà presente questi valori. Il settarismo va bandito: la battaglia partigiana fu molto pluralista». Ed ecco la riforma della Costituzione e la data del referendum che si sta approssimando: «Non so chi ha ragione, il centrosinistra ha fatto a suo tempo la sua riforma, noi abbiamo proposto la nostra: a giugno il referendum lo deciderà. In democrazia tutte le ragioni vanno rispettate». Infine, la difesa della presenza italiana in Iraq. Ma ormai è troppo tardi, da due lati della piazza, dove sventolano bandiere rosse, effigi di Che Guevara, falci con martello, sigle di sindacati, vengono sparati fischi e “vattene” conditi da qualche isolato insulto. Non sono “no global”, ma più che altro esponenti dei partiti di sinistra, militanti, attivisti, simpatizzanti. La gazzarra si scontra con gli applausi e i “bravo” che arrivano soprattutto dal terzo lato, sotto la Loggia del Capitaniato, dove non sventolano bandiere né simboli. Dai cori si levano anche le voci di chi dice «adesso basta, lasciatelo parlare». In quel momento in piazza ci sono circa 400 persone, inizialmente erano un migliaio. Giovanardi prova ad andare avanti, ma la sua voce è sommersa: «Il tricolore rappresenta tutte le parti politiche. Grazie al 25 aprile posso parlare in questa piazza alla luce del sole. Evviva la Repubblica». Spopola invece la Sung Ae in fascia tricolore Applausi per la consigliera sostituta del sindaco E dire che per quest’anno l’Amministrazione comunale, nonostante le polemiche della vigilia sull’assenza del sindaco Enrico Hüllweck, sembrava essere uscita indenne dal palco del 25 aprile. In giro si vedono assessori in abiti casual, sul palco salgono Ernesto Gallo e un paio di consiglieri forzisti, ma la fascia tricolore ce l’ha lei, la sostituta designata, la consigliera del Gruppo misto Sung Ae Bettenzoli, autentico “oggetto misterioso della manifestazione”, che se la cava egregiamente con un discorso che aveva catturato applausi convinti da tutti gli angoli della piazza. Parla ai giovani da trentenne che quei fatti non ha vissuto, ma che ha studiato sui libri di storia o appreso dalla famiglia. «Durante la Seconda guerra mondiale, la mia famiglia ha subito la triste e tragica scomparsa dello zio Armando Frigo, tenente degli alpini, fucilato dai tedeschi nell’ex Jugoslavia dopo l’8 settembre 1943». La Bettenzoli non si scorda delle sue origini orientali: «La Korea, dove sono nata, è stata soggetta in quegli stessi anni dell’occupazione giapponese, e in seguito rimasta ancora, lungamente, in guerra, con la perdurante spartizione in due del Paese e del suo popolo». Poi, saluta gli alpini, dando loro appuntamento alla prossima adunata di Asiago, rende omaggio all’Europa unita, pacificata e gemellata, prima di concludere con un appello ai giovani per un futuro di libertà, uguaglianza e rispetto dei valori.
L’amarezza del ministro (g. m. m.) «Non è stata una contestazione di piazza. C’erano alcuni gruppetti organizzati di Rifondazione comunista e dei Ds. La festa della Liberazione deve essere la festa di tutti; il sacrificio dei martiri della Resistenza ci ha dato la libertà di esprimere a tutti democraticamente le proprie idee». Carlo Giovanardi è di casa a Vicenza, che definisce splendida. Spesso lo si vede dalle parti di Fara e Breganze. Non è sorpreso della contestazione, anche se chiede ai carabinieri se è possibile procurarsi una videocassetta da spedire ai tiggì nazionali. «Non accetto il settarismo - dice - né mi lascio dire che a palazzo Chigi devono esserci i valori della Resistenza: ci sono sempre stati. Piuttosto, vorrei sapere cosa c’entra la Resistenza con l’Iraq. Non vedo la relazione. Fare polemica sul referendum vuol dire svilire i valori della Resistenza. Io non ho fatto comizi, mi sono limitato a rispondere a inaccettabili invasioni di campo». Accanto al ministro si è vista per tutto il tempo anche la presidente della Provincia Manuela Dal Lago, che non esita a condannare i fischi: «Ancora non hanno capito che il 25 aprile è nato per unire, non per dividere come stanno facendo queste persone. Devo dire che c’era da vergognarsene, perché dovrebbe essere una festa di tutti e invece c’è qualcuno che vuole continuare a dividere. Il ministro ha risposto in termini corretti, sottolineando il senso della democrazia. Purtroppo un gruppo di estrema sinistra ha rovinato la festa, capace solo di fischiare chi non la pensa allo stesso modo». Intorno al ministro ci sono i big dell’Udc berica, che intonano in coro: «Era tutto preordinato, un agguato in piena regola». E Giovanardi incalza: «Sta accadendo la stessa cosa in tutta Italia. Prodi ha dettato la linea e questi sono i risultati. Devono capire che la Resistenza è di tutti, non è cosa loro. Sono comunque particolarmente soddisfatto - ha concluso - che i cittadini presenti alla manifestazione, salvo piccoli gruppi organizzati con le bandiere di Rifondazione Comunista, abbiano apprezzato e applaudito il mio intervento. Un grazie particolare va a tutti quei partigiani che hanno donato la vita per restituirci la libertà, diversamente da altri che avevano in mente per l’Italia un regime totalitario comunista».
Il presidente dei Partigiani veneti difeso dal centrosinistra (g. m. m.) Divisi in piazza, divisi anche al bar. Archiviate le orazioni ufficiali dal palco, le due Italie divise descritte da Franco Busetto restano separate anche all’interno del Grancaffè Garibaldi, dove il centrodestra sorbisce cocktail alla frutta in piedi, mentre il centrosinistra si accomoda in disparte, intorno a un tavolo dove si siedono Busetto, l’on. Lalla Trupia, la segretaria diessina Daniela Sbrollini, il segretario della Cgil Oscar Mancini. Nessuno si scandalizza per i fischi, nessuno prende le distanze. Anzi. «È stata una provocazione bella e buona. Il ministro e la presidente della Provincia parlottavano ad alta voce durante il discorso di Busetto, dandogli del settarista», annotano Trupia e Sbrollini, che aggiunge: «Con la scelta di essere presenti sul palco volevamo dare un segnale di rasserenamento. Purtroppo Giovanardi con il suo intervento...». «Comunque, consoliamoci - prosegue la Trupia - questa è l’ultima volta che viene un ministro di centrodestra. Purtroppo, onorevoli e rappresentanti del centrodestra vicentino come sempre sono latitanti: io vivo nella solitudine». «C’è un vizio vecchio, ed è l’arroganza. È terribile, come se io non contassi nulla e invece ho fatto per anni il parlamentare - dice Busetto -. La realtà è che le associazioni partigiane hanno deciso di schierarsi contro la riforma della Costituzione». Il resto della giornata è un susseguirsi di commenti e prese di posizione. Marco Palma, segretario cittadino dei Comunisti italiani, attacca: «Volevano rovinare di nuovo la festa. I fischi contro chi provoca dal palco della commemorazione sono legittimi. Il ministro Giovanardi non ha ritenuto opportuno parlare di Resistenza e antifascismo, ma ha preferito creare un improponibile legame tra la lotta di Liberazione e i soprusi commessi in Iraq dalle truppe d’occupazione». Luigi Poletto, capogruppo dei Democratici di sinistra, parla di «intervento sorprendente. Grave e colpevole errore quello di Giovanardi: anziché svolgere pacatamente il suo ragionamento, ha polemizzato direttamente con l'oratore precedente e ha “provocato” la piazza quasi “cercasse” l'incidente. Una imperdonabile caduta di stile. La piazza? Qualche fischio, ma nel complesso una reazione controllata a una spiacevole provocazione. Questa volta la piazza è stata più serena, sobria e composta del palco».
|