27 GENNAIO 2005

dal Giornale di Vicenza

An indaga sul Capannone.
Arsenale, tutti contro il tratta-rifiuti
Cogi, secondo "rosso"
La protesta arriva in Consiglio + Albera.
BASSANO."Non sono io l'autore degli atti teppistici"
Antenna, la giunta ci ripensi.

Milani: «Il nostro sospetto è che questo sia l’ennesimo camuffamento del centro sociale Ya Basta!»
An indaga sul Capannone
Un’interrogazione sul circolo Arci di via dell’Edilizia

di Silvia Maria Dubois

«Cosa succede dentro il Nuovo Capannone Sociale? E con quali licenze?».
Alleanza Nazionale, per mano del suo primo firmatario Luca Milani, inoltra al Comune un’interrogazione urgente per “identificare” natura e attività del nuovo centro di ritrovo di via dell’Edilizia 128, esistente in città da qualche mese ed ufficialmente registrato come circolo affiliato all’Arci.
Il dubbio? «Che sia l’ennesimo camuffamento di Ya Basta! sotto altre vesti - racconta Milani - visto che chi ha affittato il capannone è lo stesso gruppo di disobbedienti che in passato ha animato il centro sociale e successivamente ha occupato abusivamente altri edifici pubblici in città». L’interrogazione intende verificare la piena legalità del locale, l’osservanza di tutte le norme sulla sicurezza, le disposioni contenute nelle norme tecniche di attuazione del Piano regolatore e tutte le autorizzazioni contenute nella legge 287/91,“appreso che all’interno verrebbero somministrati alimenti e bevande al pubblico”.
An, dunque, chiede di indagare “se la stessa Amministrazione sia a conoscenza dell’esistenza del circolo, se la collocazione dello stabile sia adeguata e se le attività organizzate dal Nuovo Capannone Sociale, in particolare i concerti musicali e le proiezioni cinematografiche, rispettino le norme in materia di tutela del diritto d’autore, se si provveda a comunicare la propria programmazione alla Siae a cui anche versare regolarmente gli importi relativi”.
Qualche informazione a tal proposito, però, si riesce già ad avere. “Questi signori, in data 26 novembre, hanno presentato tutta la documentazione necessaria per aprire il circolo Arci - fanno sapere dagli uffici dell’Annona - da un punto di vista prettamente documentale, dunque, la situazione è regolare. Il problema nasce sul discorso della fruizione dei servizi che, per norma, dovrebbero essere erogati solo ai soci iscritti. Se bibite e concerti vengono offerti al pubblico, allora servono tante altre autorizzazioni. A questo punto, dunque, la demarcazione degli utenti si fa debole. I circoli privati sono una delle piaghe che abbiamo: come si fa a verificare che tutti gli utenti siano soci? E come si fa a verificare se le tessere vengono fatte al momento o no?».
«È noto e diffuso l’utilizzo di certe sigle di circoli usate come paravento per raggirare le normative vigenti e quelle che non ci sono - aggiunge Francesco Rucco, consigliere di An e cofirmatario dell’interrogazione, poi sottoscritta da tutto il partito - in questo caso, dietro ci sono sempre le solite azioni di persone appartenenti alle frange più estreme dei no global. Chiediamo all’Ammnistrazione di mantenere un monitoraggio serio e costante, affinché non si ripetano fenomeni come Ya Basta!».
Ma il problema, per An, non sembra essere solo di natura legislativa e di ordine pubblico.
"Come si apprende dal sito del Capannone - conclude Milani - qui figurano attività di dubbio valore culturale, come richiederebbe, invece, un circolo ricreativo. Qualche esempio? Ci sono anacronistiche feste antifasciste e deliranti assemblee studentesche sulle “strategie di controllo nelle scuole” ! Non dimentichiamoci, poi, che queste persone sono le stesse che hanno definito più volte i nostri soldati a Nassiriya degli assassini. Lo ripeto: qui c’è ben poco di culturale, servono dei controlli e degli approfondimenti sulla questione. E noi non ce ne staremo certo con le mani in mano».


S. Agostino . Residenti e ferrovieri schierati in massa contro il progetto di un impianto per scarti industriali
Arsenale, tutti contro il tratta-rifiuti
Affollata assemblea ieri sul progetto della Wisco

di Piero Erle

I Ferrovieri si ribellano al progetto di impianto per rifiuti liquidi speciali (anche pericolosi) dentro l’Arsenale. C’erano ben più delle cento persone che può ospitare la sala di S. Corona, ieri sera per l’assemblea pubblica convocata per legge dalla società Wisco (fondata dall’Enel e di Trenitalia) per presentare il suo progetto di impianto di trattamento all’interno dell’area dell’Arsenale-Ogr (Officina grandi riparazioni) a S. Agostino. Come forse pochi sapevano o ricordavano, nell’area dell’Arsenale c’è da trent’anni un depuratore da 50 mila litri al giorno, che si occupa delle acque di lavaggio delle carrozze dei treni dell’officina Ogr. Ma l’idea delle Ferrovie, d’intesa con l’Enel, è ora di quintuplicare la capacità (fino a 250 mila litri al giorno) e di trasformare questo impianto non più in un depuratore ma in un sistema di trattamento di rifiuti liquidi prodotti dalle industrie venete. A far scattare l’allerta ai Ferrovieri era stato l’articolo pubblicato domenica sul nostro giornale che dava conto del progetto già depositato - su indicazione della Regione che è l’ente competente - in Comune e Provincia. Pochissimi, prima, si erano accorti degli annunci a pagamento dalla società Wisco su alcuni quotidiani veneti. E anche gli enti pubblici sono praticamente caduti dalle nuvole, proprio perché il progetto è stato depositato per la consultazione. A ieri mattina l’assessore provinciale Walter Formenton spiegava di non sapere nulla del piano della Wisco, e ieri sera nell’affollata e calda assemblea l’assessore comunale al decentramento Marco Zocca (per la verità i più competenti in materia sarebbero gli assessorati all’ambiente e all’urbanistica) ha spiegato ai cittadini di aver a sua volta appreso della questione leggendo il nostro giornale. Insomma, nessuno se n’era ancora accorto ma l’iter per l’approvazione del progetto è già scattato da un po’, anche perché la Wisco - come è stato correttamente spiegato ieri sera - per accelerare i tempi ha deciso di chiedere, in base alla legge, che la Regione si esprima contemporaneamente sia sulla valutazione ambientale sia sul progetto in sé. E, come era prevedibile, la ricca ed elaborata presentazione dei tecnici ha solo dato il “la” a tutti coloro che erano lì in sostanza per dire il loro “no” all’impianto. Tra il pubblico anche vari consiglieri comunali (Giovanni Rolando, già autore di una domanda di attualità che sarà discussa in Consiglio comunale di oggi, e poi Franca Equizi, Ciro Asproso, Valentina Dovigo) e altri esponenti politici. Roberto Rovesti, responsabile della comunicazione per conto della Wisco, ha dato la parola all’ing. Sandro Sattin della Progeam che ha progettato l’impianto per Vicenza e gli altri previsti a Mestre, Verona e Treviso. E ha spiegato che si tratta di un ’adeguamento’ del depuratore attuale per cambiarlo ma anche per renderlo più sicuro, che le zone abitate (via dell’Arsenale e la zona al di là della ferrovia) sono distanti 5-800 metri, che non ci saranno problemi di emissioni in aria e così via. Ma il clou è arrivato dopo, con una raffica di domande, interventi e dubbi sottoposti al progettista che hanno naturalmente detto una cosa chiara e tonda: ai Ferrovieri quell’impianto pensato dall’Enel e dalle Ferrovie per fare business (cioè intercettare il mercato dei rifiuti industriali liquidi che finisce fuori regione) non lo vogliono di certo. All’assemblea sono intervenuti sindacalisti e dipendenti dell’Arsenale - dove ogni giorno lavorano 300 persone e più - che si ritroverebbero l’impianto per rifiuti direttamente in casa. Naturalmente si sono chiesti (e con loro tra il pubblico il socialista Ennio Tosetto) se le Ferrovie invece di investire su treni e carrozze vogliono adesso trasformare via via l’Arsenale in una nuova industria che punti sul business dei rifiuti. E sono intervenuti residenti che hanno ribattuto ai tecnici che i venti della zona le porterebbero proprio sopra le case, le polveri emesse dall’impianto. E sono intervenuti cittadini che hanno chiesto come mai per parlare di un progetto che interessa i residenti dei Ferrovieri si è andati a fare un’assemblea in centro storico. Il tutto tra scrosci di applausi rivolti in genere agli interventi più critici. Insomma, la gente ha detto ’no’. E ha tirato in ballo con forza il Comune perché traduca quel ’no’ in atti amministrativi. Stamattina, ha annunciato al microfono l’assessore Zocca, si svolgerà una prima riunione tra assessori competenti. Ieri sera - anche grazie all’ufficio ecologia del Comune, che era presente - sono stati chiariti anche i passi previsti dalla legge. Tutti i cittadini possono consultare il progetto in Comune o in Provincia e possono mandare le loro osservazioni alla Regione entro il 5 marzo. Il Comune e la Provincia possono invece esprimere i loro pareri entro il 15 marzo, da presentare sempre alla Regione che è l’unico ente cui spetterà decidere, dopo aver convocato la commissione di Valutazione di impatto ambientale. Sempre alla Regione tra l’altro è dato il potere sia di autorizzare lo scarico delle acque depurate verso il depuratore dell’Aim a S. Agostino, sia di approvare una variante urbanistica che autorizzi a costruire l’impianto. Perché un altro dubbio che il Comune dovrà affrontare in queste ore è se sia accettabile che un’area destinata a ’servizi ferroviari’ (e che potrebbe servire in futuro pure ai cantieri per il tunnel dell’Alta velocità) sia trasformabile almeno in parte in area per lo stoccaggio-trattamento di rifiuti speciali provenienti da tutto il Veneto.


Anche la cooperativa Futura ha ottenuto dal tribunale un ordine con il quale può chiedere in maniera coatta all’impresa costruttrice i soldi che avanza da quasi un anno. La ditta creditrice ha realizzato opere murarie
Cogi, secondo “rosso”
Nuovo decreto ingiuntivo, stavolta di 124 mila euro

(i. t.) Secondo cartellino rosso. La Cogi è sempre più nell’occhio del ciclone perché fa fatica a far fronte ai debiti e nonostante le rassicurazioni del suo patron, argomentate secondo qualcuno con eccessiva enfasi, i giudici firmano gli atti loro sottoposti dai creditori. Il loro pressing nei confronti del costruttore foggiano Giuseppe Coccimiglio alle prese con la costruzione del teatro si fa sempre più incalzante perché dopo avere cercato di parare i colpi, il mercato ha stabilito che la coperta finanziaria è diventata troppo corta. Il tribunale ha firmato un secondo decreto ingiuntivo di 124 mila euro con il quale obbliga la Cogi ad aprire i cordoni della borsa. Subito, e non poteva essere diversamente, il clima si è fatto pesante perché è la dimostrazione oggettiva che qualcosa fin qui non ha funzionato nella gestione del più importante cantiere della città che deve dare il teatro a Vicenza dopo un’attesa di sessant’anni. Il Comune ha fin qui pagato regolarmente lo stato di avanzamento lavori versando nelle casse della società appaltatrice 4 milioni di euro, ma evidentemente la gestione di entrate e uscite non è stata così lineare se ci si trova a questo punto. Coccimiglio alle critiche, anche dei suoi lavoratori che gli chiedevano di essere pagati, una settimana fa ha risposto come facevano gli imprenditori nella fase protoindustriale mettendoli alla porta e scatenando la loro reazione con un ricorso per comportamento antisindacale che sarà discusso dal giudice del lavoro la prossima settimana. Nel frattempo, si è appreso che dopo la Technoprove - società che avanzava 16 mila euro per il collaudo dei materiali e che non essendo stata pagata ha chiesto soddisfazione nelle aule di giustizia - è stato il turno della cooperativa Futura di Giuseppe Lombardi, assistita dall’avv. Michele Vettore, a muovere battaglia per vie legali perché dopo avere atteso invano il pagamento di quanto le spettava, ha dovuto rivolgersi al tribunale. Il nuovo decreto ingiuntivo è già stato notificato non senza qualche intoppo nelle due sedi della Cogi, quella legale in provincia di Arezzo a Terranuova Bracciolini in via Battisti 1/B, e quella amministrativa a Firenze in via Spartaco Lavagnini 18. L’impresario Lombardi, che è molto preoccupato perchè a causa dell’inadempienza della Cogi a sua volta ha difficoltà a far fronte alle richieste dei suoi muratori, aveva sottoscritto il 10 novembre 2003 un contratto di subappalto, autorizzato dal Comune, per la realizzazione di opere edilizie nel cantiere di viale Mazzini. La Futura, ha spiegato al giudice Lombardi, ha rispettato gli accordi in occasione dei singoli stati di avanzamento lavori, emettendo una serie di fatture tra il 23 dicembre 2003 e il 3 gennaio 2004. Fino a ieri non erano state onorate quantunque Lombardi avesse sollecitato più volte Coccimiglio di onorare quanto stabilito nero su bianco. Anche perchè il costruttore pugliese i soldi li ha incassati dal Comune, ma non ha versato i 115 mila euro pattuiti. In dicembre Futura dopo avere diffidato e messo in mora la Cogi ha dovuto rivolgersi in tribunale perché Coccimiglio ha preso Cappello. Pare che i rapporti di dare e avere tra le due aziende siano piuttosto complicati e l’esposizione netta di Futura sarebbe “solo” di 50 mila euro, dunque meno della metà dell’importo del decreto ingiuntivo. Ma la questione, comunque, è al vaglio dei legali. Fatto sta che Coccimiglio dopo avere fatto la voce grossa con i muratori licenziandoli, adesso si trova con i creditori alle calcagna che lo stanno inseguendo a suon di decreti ingiuntivi. Per questo la sua posizione appare problematica, a meno che con un colpo di reni sani i debiti e riprenda a correre nel cantiere smarcandosi dal pressing dei creditori. Il costruttore-presidente-allenatore ce la farà?

Quinto giorno di occupazione in viale Mazzini. I sindacati presidiano e il sindaco Hüllweck non nasconde difficoltà . Fracasso(Assindustria): «Stiamo seguendo con attenzione»
In cantiere creditori accanto agli operai
di Chiara Roverotto

Quinto giorno di occupazione. E gli operai aspettano ancora gli stipendi. Gli operai, e anche i titolari di alcune ditte che, ieri mattina, sono arrivati in via Battaglione Framarin per solidarizzare con gli addetti licenziati e per dire « anch’io avanzo soldi da Giuseppe Coccimiglio ». Infatti, la fila dei creditori si allunga e se in molti non si sono ancora rivolti tribunale, lo faranno nei prossimi giorni. Del resto, la storia è sempre la stessa. Un copione che si ripete all’infinito, che lascia spazio a promesse che non vengono mantenute, a cambiali che vengono protestate. La lista di chi aspetta soldi dall'amministratore delegato della Cogi, nonchè patron del Foggia calcio non ha limiti. « La stessa impresa - racconta Loris Dottor, segretario provinciale della Fillea Cgil di Treviso - ha vinto l’appalto per la costruzione di un’ala dell’ospedale di Conegliano Veneto e un paio di operai non vengono pagati dal maggio scorso. Senza contare i versamenti che non sono mai stati fatti alla Cassa Edile. Abbiamo un procedimento aperto con l’Ufficio del lavoro, ma adesso, vista la situazione di Vicenza scatteranno le denunce ». Alla dichiarazione di Dottor si aggiunge quella del titolare della Elbostano, l’impresa subappaltatrice all’interno del cantiere per il teatro. « Noi - spiega il titolare, Ahmed Lastuki - oltre che a Vicenza lavoriamo per Coccimiglio anche nel Bergamasco sempre per la costruzione di un ospedale. Da tre mesi gli operai non ricevono un euro, malgrado ogni settimana l'amministratore ci rassicuri sui pagame nti ». Stesso problema anche per l'impresa Carta di Camin di Padova. Intanto, prosegue anche la catena di solidarietà per gli operai. « Abbiamo aperto un fondo - dice Antonio Toniolo segretario della Fillea Cgil - non si tratta di molto, però gli operai non hanno più nulla e sono in difficoltà con gli affitti, con le rate dei mutui. A questo punto non è più possibile che il sindaco di Vicenza non svolga il suo compito secondo le prerogative che gli consente la legge, a fronte delle gravi inadempienze riscontrate da parte dell’impresa nei confronti dei lavoratori licenziati senza giustificato motivo. La Fillea nazionale e quella provinciale chiedono che assuma i poteri sostitutivi e paghi i salari arretrati ai lavoratori. Contemporaneamente dovrà val utare la p ossibilità di revoca dell’appalto alla Cogi ». A decidere la procedura da seguire sarà il direttore dei lavori , l’ing. Mario Gallinaro il quale ha già messo in mora l’impresa un paio di settimana fa inviandogli una lettera nella quale si chiedeva una maggiore “organizzazione ” all’interno del cantiere. La risposta della Cogi è stata immediata : il riconoscimento di 196 giorni di ritardo per opere che non erano previste all’interno del capitolato. Dopo la relazione dell’ing. Gallinaro e del responsabile del procedimento che, per il Comune, è l’arch. Gianni Bressan, ci sarà la decisione della giunta. Nel frattempo i sindacati non hanno alcuna intenzione di sciogliere i cordoni attorno al cantiere, che resterà occupato fintantochè il giudice del lavoro non prenderà una decisione (l’udienza è stata fissata per il 2 febbraio) sui nove operai licenziati dopo la protesta di una settimana fa in Consiglio comunale. Intanto il sindaco Enrico Hüllweck non nasconde difficoltà per la conclusione del teatro, come ha dichiarato ieri ad un’ emittente loc ale facendo riferimento agli attacchi politici e strumentali che in questi mesi non sono mancati e sottolineando che la città aspetta quest’opera da oltre cinquant’anni e che, evidentemente, qualcuno non vuole che venga realizzata da lui . Anche Giuseppe Fracasso, presidente della sezione costruttori edili di Assindustria ieri era in cantiere. « Seguiamo con molta attenzione quello che sta avvenendo. Ci sono prima problemi tecnici da risolvere poi ci saranno quelli politici, ma le parti in causa si devono attenere al massimo rispetto delle normative in materia di lavori pubblici».

E ora i Ds lanciano l’appello «Venite tutti a manifestare»

(s. m. d.) «Mobilitare la città». In casa Ds, ora, è tempo di grandi iniziative, “tempo di piazza” come direbbe qualche nostalgico veterano della politica. «Diamo conferma che,per salvare il posto ai lavoratori del cantiere di viale Mazzini, la prossima settimana organizzeremo una grande manifestazione pubblica che coinvolgerà tutta Vicenza - racconta Daniela Sbrollini, segretaria provinciale del partito (foto a destra) - riuniremo i Ds del Comune e della Provincia, tutti i nostri aderenti e quelli del centro-sinistra, i sindacati e tutti i cittadini che desiderino partecipare a questo grande attestato di solidarietà verso gli operai del cantiere». Dalla sede del partito si fa sapere che il posto adeguato alla preannunciata manifestazione potrebbe essere i Chiostri di Santa Corona. «È un luogo adeguato - puntualizza la Sbrollini - dove poterci riunire e da dove poter lanciare il nostro messaggio alle istituzioni, incitandole a muoversi per risolvere questa vergognosa questione».


La protesta arriva in Consiglio
Commercianti infuriati. Il sindaco: «Non si torna indietro»

di Gian Marco Mancassola

La protesta contro il blocco totale delle auto per una settimana arriva questo pomeriggio in consiglio comunale. A suonare la carica sono negozianti e operatori economici del centro, che annunciano battaglia al termine di due diverse riunioni: da una parte l’Ascom e gli Artigiani; dall’altra le “Vetrine del centro”, Confesercenti, Cna, i “Portici di corso Fogazzaro” e i comitati dei commercianti di corso Padova, via Medici e S. Francesco. Tavoli distinti, ma decisione uguale: presentarsi in municipio alle 17.30, quando scatterà l’appello del Consiglio. Assente annunciato sarà, però, il sindaco. «Nessuna risposta da palazzo Trissino - si legge in un duro comunicato di Ascom e Artigiani - è giunta alle Associazioni Commercianti e Artigiani che avevano chiesto un incontro urgente con il sindaco Hüllweck e con gli assessori competenti, per capire come affrontare i danni alle attività commerciali e artigianali causati dal blocco totale del traffico previsto da mercoledì 2 a martedì 8 febbraio, dalle 9 alle 18. Se è sconcertante la mancata consultazione preventiva, è un’autentica dichiarazione di guerra non dare risposta alla richiesta di incontro avanzata a delibera avvenuta». «Non stiamo giocando alle tre scimmiette: non vedo, non sento e non parlo - attacca il presidente dei commercianti del centro storico Luciano Pozzan, portavoce delle numerose lamentele dei colleghi della città -. La motivazione, ovvero la lotta all'inquinamento ambientale, è condivisibile, ma perché scaricare il problema solo su commercianti, artigiani e le altre attività economiche?». «La protesta sarà forte, visto che di fronte abbiamo un muro che non sente ragioni - incalza Fiorella Bertoldo, presidente comunale dell'Associazione Artigiani di Vicenza -. Saranno distribuiti in tutta la città dei manifesti. Verranno stampati anche 30 mila volantini che faremo recapitare a tutte le attività». Oggi una rappresentanza degli imprenditori attuerà una forma di protesta prima e durante il consiglio comunale; al mattino, invece, in occasione del tradizionale mercato del giovedì, verranno distribuiti volantini e locandine in piazza dei Signori e nelle piazze limitrofe. La Circoscrizione 1 del centro storico, nel frattempo, metterà ai voti un ordine del giorno, firmato anche dal presidente forzista Maurizio Finizio, con cui si chiede di ritirare l’ordinanza come annunciata. Un altro affondo arriva dall’altra cordata anti-blocco, capitanata dalle Vetrine : «Se la preoccupazione, anche da noi fortemente condivisa, era quella di migliorare la qualità dell’aria, questo è il modo peggiore di intervenire e rischia anzi di aggravare la situazione. Un impegno di lunga lena per migliorare l’ambiente senza distruggere l’economia richiede chiarezza di programmi e la partecipazione dei cittadini e delle imprese. Tutto il contrario di quello che sta avvenendo con questa improvvisata e provocatoria decisione. Diciamo quindi no a questa decisione di blocco del traffico che riteniamo sbagliata e inutile, e che finisce per premiare ancora una volta la grande distribuzione. Siamo invece disponibili a iniziare un confronto serio per un progetto di interventi condiviso e siamo disponibili a programmare eventuali forme di limitazione del traffico che non penalizzino solo una parte della città». Infine, questo gruppo di associazioni e comitati invita operatori economici e cittadini a essere presenti in Consiglio per esprimere la protesta. Chi sicuramente non ci sarà è invece il sindaco Hüllweck, partito ieri alla volta di Roma dove lo attendono impegni istituzionali all’Anci nazionale. Prima di imbarcarsi, tuttavia, il sindaco ha ribadito la linea dura e il no a nuove deroghe o correzioni dell’ordinanza. «Non si farà marcia indietro - dice -, piuttosto mi sembra non ci sia alcuna buona volontà di collaborare: diamoci una mano, è un tempo lungo, ma è una settimana, non un mese. E d’altra parte, forse sarebbe il caso di chiedersi perché il sindaco fa questo. È evidente che non c’è alcun tornaconto personale: né per le tasche, né per i voti. Anzi». «Il fatto è - conclude Hüllweck - che è un provvedimento necessario in questa situazione. Ci siamo dentro tutti, lo devo fare, qualcosa bisogna pur fare. E poi mi chiedo: perché non si sono mossi quando sono stato denunciato?». Infine il sindaco conferma di aver chiesto di fare il massimo possibile per potenziare i mezzi pubblici. Oggi si terrà una riunione tecnica: allo studio centrobus gratuiti nel sabato e domenica del blocco e corse raddoppiate negli orari di uscita da scuola.

«A rischio i diritti al lavoro e all’istruzione»

(g. m. m.) Il pm10, cinico e baro come il destino, è riuscito ancora una volta a stupire: dopo 25 giorni di valori fuori legge non stop, martedì è accaduto quello che non aveva potuto nemmeno la nevicata della scorsa settimana. Le polveri sono scese sotto i 50 microgrammi per metro cubo d’aria, il valore per la protezione della salute. Complice il vento, la centralina di viale Milano ha rilevato 36 microgrammi. È la prima boccata d’aria dall’inizio del 2005. Ad alzare un nuovo polverone, tuttavia, è stato l’intervento del difensore civico Massimo Pecori, l’“avvocato” dei vicentini, che ha inviato una nota agli assessori a ecologia Valerio Sorrentino e alla mobilità Claudio Cicero. Dal punto di vista della legittimità - argomenta - «il provvedimento è immune dai vizi di incompetenza e violazione di legge». E tuttavia viene avanzata qualche perplessità «al momento di valutare se la discrezionalità amministrativa sia stata esercitata correttamente». Il risultato è che se da un lato il sindaco non solo può, ma deve intervenire «a tutela di un bene primario costituzionalmente riconosciuto e garantito, quale è la salute», c’è tuttavia «il concreto pericolo che l’azione amministrativa risulti viziata per eccesso di potere». Secondo Pecori, infatti, «il perseguimento di un interesse pubblico, seppur della massima rilevanza sociale, non può giustificare il totale sacrificio di altri interessi parimenti rilevanti dei cittadini. E mi riferisco, ovviamente, al diritto al lavoro, al diritto all’istruzione, al diritto delle persone a vivere e a mantenere relazioni e rapporti sociali. Diritti che con il blocco totale della circolazione, così come concepito, sembrano fortemente ed irragionevolmente compromessi». E non è finita qui: «Peraltro - incalza Pecori - il radicale mutamento delle linee guida dell’Amministrazione con riguardo al tema della “lotta all’inquinamento”, sino ad oggi incentrata sul blocco nei giorni di giovedì e venerdì per i soli veicoli non catalizzati o vecchi diesel, la cui incisività è risultata praticamente nulla, rischia di apparire incongruo e illogico. A mio parere per riequilibrare gli interessi in gioco ed evitare le censure sopra indicate si rende opportuno, quantomeno, adottare nei giorni di blocco totale delle auto misure idonee a garantire in modo effettivo il diritto alla circolazione dei cittadini con mezzi alternativi alle automobili, sì che il pericolo di lesione di altri beni costituzionalmente garantiti e indicati poco sopra a mero titolo esemplificativo sia in radice evitato». A corredo dell’intervento, pubblicato sul sito internet del difensore civico, vengono anche suggeriti i possibili interventi dell’Amministrazione: «Liberalizzazione dei bus per i cittadini che utilizzeranno i parcheggi di interscambio posti ai margini della zona interdetta al traffico; validità per l’intera giornata del biglietto dell’autobus acquistato da chi risiede all’interno della zona interdetta; potenziamento del servizio già attivo di noleggio di biciclette per chi lascerà l’auto in parcheggi di interscambio; gestione più equa e razionale dei permessi e delle deroghe, con eventuale previsione di una fascia oraria intermedia, anche assai limitata, di libera circolazione. Infine - conclude Pecori - l’Amministrazione potrebbe farsi promotrice di un accordo con la cooperativa che gestisce in città il servizio taxi per dimezzare le tariffe nei giorni di blocco del traffico per favorire chi, pur non essendo invalido, abbia problemi di deambulazione a causa dell’anzianità e per patologie transitorie o chi abbia urgenza di spostarsi da un luogo all’altro per l’insorgenza di imprevedibili esigenze». E a proposito di interventi, il gruppo dei Verdi, con un’interpellanza del consigliere Ciro Asproso, «dopo aver severamente criticato il sindaco per l'inerzia del passato, avverte ora la responsabilità politica di un pubblico sostegno al provvedimento di tutela della salute pubblica, ma chiede siano apportati alcuni correttivi: prevedere una deroga generale al blocco del traffico nella fascia oraria che va dalle 12,30 alle 14,30, ovviando in tal modo anche ai problemi degli ambulanti di piazza; emanare nel contempo un’ordinanza di limitazione del traffico pesante lungo la statale Pasubio; implementare la posa delle corsie preferenziali per i bus puntando a coprire almeno il 20% dei chilometri totali; estendere l'area Ztl; approntare uno studio di fattibilità per la metropolitana di superficie che possa includere i comuni di Torri di Quartesolo e di Montecchio Maggiore».

«Città senz’auto e a noi lasciano i Tir»
Farina del comitato Albera-statale Pasubio: «Sono allibito»

di Sandro Sandoli

La tregua è finita. Domani in strada Pasubio-angolo via Lobbia il “comitatone”, cui fa capo il territorio che va dal Villaggio del Sole a Motta, dissotterra l’ascia di guerra. Con più rabbia di prima. Il perchè lo spiega Giuseppe Farina, che da tre anni dà voce alla protesta dei circa diecimila residenti: «Sono quantomeno allibito. L’amministrazione comunale decide il blocco del traffico nel cuore della città e nelle zone limitrofe per sette giorni e non ferma i 2500 mezzi pesanti che tutti i giorni attraversano il rondò dell’Albera e puntano su Thiene. Il nostro problema è stato completamente ignorato. La grave situazione, in cui versano Villaggio del Sole e tutti i quartieri che sono attraversati dalla statale fino a Motta, per il Palazzo non esiste. È stata esclusa, da quella che dal 2 all’8 febbraio sarà la “zona proibita, proprio quella che dà il maggior “contributo” all’inquinamento di Vicenza». I dati e i grafici che visualizzano la presenza delle polveri sottili nell’aria Farina li porta sempre con sè e li commenta: «La concentrazione massima consentita lo scorso anno era di 55 microgrammi al metro cubo e abbiamo sforato 135 volte, quest’anno il limite è stato abbassato a 50 e dall’1 al 23 gennaio lo abbiamo superato, con picchi del doppio e del triplo, dal primo al ventitreesimo giorno. Senza interruzione. E questi sono i dati rilevati dalla centralina di viale Milano, dove di sicuro non passano i “nostri” 2500 Tir giornalieri. È stato detto che nel perimetro del territorio che sarà interdetto al traffico non potevano includere anche Villaggio del Sole e dintorni perchè sono uno snodo vitale per la circolazione provinciale: al limite potrei anche convenire, ma almeno dovevano dire alt ai camion costringendoli ad utilizzare la Valdastico. Sarebbe stato un ottimo esperimento, avremmo potuto sgombrare il campo dalle polemiche e constatare se togliendo di mezzo per una settimana i mezzi pesanti la situazione migliora». Durante la manifestazione di domani (dalle 17, con fiaccole e volantinaggio) verrà riproposta infatti la soluzione di sempre ovvero il dirottamento temporaneo dei “bisonti” in autostrada fino alla realizzazione della bretella Vicenza ovest-Isola. Precisa Farina: «L’ho spiegato anche all’assessore regionale Renato Chisso quando è venuto a Vicenza e sono ormai stanco di spiegarlo e rispiegarlo a quello comunale Claudio Cicero: sarebbe un provvedimento che agli autotrasportatori non costa nulla perchè il pedaggio è notoriamente a carico del committente. Non si può continuare ad accettare che passi per il rondò dell’ Albera l’80 per cento dei camion che devono andare a Thiene o, peggio ancora, che prenda la statale Pasubio perfino chi va nel Bellunese». Anche su un eventuale contributo al pagamento del pedaggio e sulla posibilità reale che un’ordinanza di blocco dei Tir possa essere impugnata e annullata, ci sono le risposte di sempre. Aggiunge Farina: «Come ho spiegato allo stesso Chisso, per il primo più che le parole valgono i conti: per rappezzare solo 500 metri quadrati di asfalto diventato una ragnatela per il continuo passaggio di mezzi pesanti sono stati spesi 380 milioni di vecchie lire, quindi alla fine sarebbe più conveniente stanziare 250 mila euro per gli autotrasportatori, in sostanza sarebbe una partita di giro. Circa il secondo, ripeto quello che ho detto all’assessore regionale a villa Lattes: per fare un provvedimento di chiusura della statale Pasubio ai Tir non occorre essere dei leoni. Basta seguire l’esempio dell’allora sindaco Variati, che il 10 dicembre 1990 chiuse viale Dal Verme ai camion per motivi sanitari, adducendo come motivazione proprio l’inquinamento registrato al villaggio del Sole. L’ordinanza era incontestabile: Hüllweck faccia altrettanto».


Non sono io l’autore degli atti teppistici»
Il trentaduenne accusato di essere il responsabile dei vandalismi che hanno creato allarme e sconcerto in città prende carta e penna per gridare la sua «completa estraneità a tutti i fatti» che gli vengono contestati. La lettera è stata scritta domenica scorsa dopo la visita ricevuta dal suo avvocato difensore e inviata al nostro giornale
Il giovane si lamenta della vita in carcere e poi pone l’accento sul fatto accaduto a Camposolagna in novembre il cui autore, secondo un testimone, sarebbe un uomo dalle caratteristiche fisiche diverse dalle sue. Lo stesso, stando a Ferrero, che avrebbe profanato il cimitero della SS. Trinità. «Amareggiato» per la campagna denigratoria.
Andrea Ferrero ci scrive dal carcere di Vicenza

di Carlo Barbieri

Il legale di Andrea Ferrero, il trentaduenne accusato dei raid vandalistici ai danni delle auto e della violazione profanatrice del cimitero di Angarano, non parla con la stampa. In compenso è proprio il suo assistito, in carcere dal 20 dicembre scorso, a far sentire la sua voce dal San Pio X. Ferrero prende carta e penna e scrive al Giornale di Vicenza per gridare la sua «completa estraneità a tutti i fatti» che gli vengono contestati. Lo fa con un memoriale scritto direttamente su carta intestata del Ministero della giustizia - Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, intestazione a cui lui aggiunge la dicitura “il cimitero dei vivi”. La nota è datata domenica 23 gennaio e segue la visita ricevuta dal suo difensore. Il bassanese scrive sempre in stampatello, scivolando qua e là in errori infantili ma rivelando sostanzialmente buone capacità di scrittura e conoscenze di come si imposta una lettera, datandola con un formale “lì 23 gennaio 2004”. Riguardo i contenuti, lasciamo il giudizio ai lettori. Ferrero esordisce lamentandosi dello stato in cui, a suo dire, versa il San Pio X di Vicenza . «Docce fredde per la caldaia rotta - scrive -, sovraffollamento, richieste di colloqui con il direttore senza risposta. Quando ero fuori, dai media si sentiva spesso parlare male di questo carcere (scandali, diritti negati ecc.) ma solo entrandoci uno si rende conto che qui non funziona un c...!!!!» Seguono quelli che lui definisce “appunti difensivi non passibili di sequestro” e fa subito riferimento a quanto riferito da una persona sentita dagli inquirenti. «Nell’episodio specifico di Camposolagna - scrive Ferrero -, il testimone oculare afferma di aver visto una persona scappare in modo acciaccato e zoppicante, alto un metro e settanta-settantacinque con berretto rosso scuro, dell’età di 40 o 50 anni. Il testimone poi, visionando le mie foto segnaletiche afferma deciso che la persona che aveva visto, non ero io, considerando poi che il sottoscritto è alto un metro e 86 e quando cammina non zoppica ma ha un’agilità che solo un puma può avere!» «Questo episodio - secondo Ferrero - dà una svolta decisiva alle indagini visto che è chiaro che l’autore di quel fatto non sono io e visto che in un muro adiacente ai sabotaggi c’erano scritte delle frasi deliranti e minacciose nei confronti dei giornalisti del Giornale di Vicenza e a detta degli stessi inquirenti quelle scritte sono state fatte con lo stesso pennarello usato per imbrattare le lapidi e parecchi altri muri dove si sono svolti i deprecabili atti teppistici e soprattutto per scrivere le missive dell’estorsione inviate alla Questura!» Per Ferrero questo è il punto decisivo a sua discolpa: le frasi sarebbero state scritte con lo stesso pennarello a Camposolagna e in Angarano ma se la persona vista scappare sul Grappa è quella descritta dal testimone, secondo l’accusato, allora la profanazione del cimitero di Angarano è opera di quella persona zoppicante di 40-50 anni. «Ed è proprio questo elemento - scrive infatti - a far cadere come un domino tutte le accuse mosse nei miei confronti, ribadendo a più non posso la mia completa estraneità su tutti i fatti di cui sono accusato. Nonostante l’amarezza derivante da una impari e spropositata campagna denigratoria attraverso i mezzi mediatici, non mi abbatto, conscio di avere un’indole che pulsa, respira, si amplifica, si espande, si dilata e si trasforma! A testa alta chiedo a voi se il primo piano della mia fotografia rivela una persona depressa, asociale, brutale, manesca e irresistibilmente folle.... Ma sbattere il mostro in prima pagina “fa vendere di più”! I giornalisti sono imparziali? Indipendenti? Equilibrati? Tale risposta l’avrò solo nel vedere se questa lettera avrà lo stesso spazio dedicato agli inquirenti. Vi comunico che questa lettera sarà messa agli atti perché consegnata ai magistrati».

Le indagini
Pesanti gli indizi nei suoi confronti

(ca. b.) Numerosi gli indizi a carico di Andrea Ferrero. Il bassanese venne individuato e bloccato dalla polizia il 20 dicembre scorso in Prato Santa Caterina. Gli agenti del Commissariato erano arrivati a lui in seguito ad una segnalazione della Guardia di finanza che la sera del 28 novembre, in via da Ponte, avevano fermato il trentaduenne per un controllo. Quel tipo così “fuori posto” a quell’ora e in quel luogo, che aveva reagito con sputi e insulti non era passato inosservato. Una sua frase, in particolare, era stata registrata dalle Fiamme gialle, quella stessa frase che era contenuta in una delle lettere che Ferrero indirizzò al commissario Campagnolo chiedendo denaro e minacciando «un dicembre di fuoco»: “Chiesa romana e ....». I carabinieri di Bassano, dal canto loro, avevano rispolverato una vecchia denuncia nei confronti del trentaduenne che alla “Bedding” di Pove aveva infastidito una collega e aveva avuto battibecchi con altri dipendenti. Il titolare dell’azienda risulta tra le prime vittime dei raid vandalici: lui è il proprietario delle 50 piante di olivo spezzate il 30 ottobre. Le lettere. Sono tre, in buste confezionate con fogli di giornale, indirizzate al vicequestore con la dicitura in pennarello nero “rivendicazione attentati” e scritte con una biro. Il 5 novembre e il 3 e il 15 dicembre, tutte indirizzate al dirigente quale referente delle istituzioni. La penna e il grosso pennarello indelebile rinvenuti nello zainetto di Ferrero sono ritenuti dagli investigatori compatibili con quelli usati per le missive. La lettera è scritta al plurale, chi scrive si qualifica come un gruppo e dimostra di conoscere bene i dettagli del primo raid a Pove. Il fantomatico gruppo, sorpreso per il clamore suscitato sulla stampa chiede al Commissario di devolvere 2000 euro in beneficenza ai Cappuccini e che la cosa fosse dichiarata pubblicamente. Nella seconda, il 3 dicembre, si minaccia un “dicembre di fuoco”. Il 15 dicembre, due giorni dopo la profanazione del cimitero di Angarano la terza missiva. Nella lettera si spiega che nessuno ce l’ha coi morti. L’obiettivo è il Comune che avrebbe la colpa di aver sottratto 2600 euro a uno del clan autore dei raid vandalici. tale somma è quella che Ferrero avrebbe dovuto pagare, tra multa, costi di deposito e diritti giudiziari, per l’auto lasciata senza copertura assicurativa e sequestrata dalla polizia municipale. Al momento dell’arresto Ferrero aveva con sé uno zainetto contenente due quotidiani locali del 14 dicembre che riportavano la profanazione del cimiero di Angarano, un paio di guanti, una torcia da speleologo, alcune batterie, quattro accendini, una lima, un coltello a serramanico, un coltello multi-uso, una penna e un pennarello. Ma ciò che è più interessante è sicuramente quello che i carabinieri del Nucleo operativo di Bassano hanno trovato nel rifugio di Ferrero a Caluga di Valrovina. Sotto la tenda oggetti, avanzi di pasti e sicuramente molte tracce biologiche che ora sono al vaglio degli esperti del Ris di Parma per un raffronto con quelle trovate in Angarano. Dai laboratori dell’Arma potrebbe arrivare la prova decisiva a carico o a discolpa di Ferrero.


Recoaro. Mozione della minoranza sulla querela al comitato
«Antenna, la giunta ci ripensi»

(m. sc.) Alternativa Democratica chiede alla giunta Viero di fare un passo indietro: «Sia ritirata la delibera che autorizza il sindaco a procedere penalmente nei confronti di Erasmo Venosi e del Comitato Griffani». Questo il contenuto di una proposta di mozione, presentata in vista del prossimo Consiglio comunale, dalla minoranza del centrosinistra allargato. Pochi giorni fa, la giunta ha dato il via libera al sindaco per procedere a querela nei confronti del comitato che si batte contro l'installazione dell'antenna Umts vicino alle scuole. Casus belli un volantino divulgato dal comitato stesso che riportava considerazioni del fisico Erasmo Venosi, giudicate dall'esecutivo recoarese «diffamatorie e lesive della persona del sindaco e dell'amministrazione». La mossa di Viero e dei suoi ha lasciato «sconcertati» comitato e minoranze. Le quali passano ora all'azione con l'atto politico della mozione, che chiede anche «di motivare questa grave decisione, lesiva del diritto di espressione, patrimonio di ogni democrazia». «Speriamo in un ripensamento della maggioranza - afferma Gastone Caffini, capogruppo di Alternativa Democratica -. Non è di questo che ha bisogno il paese». «Così il sindaco lacera il tessuto sociale», gli fa eco il collega Giuliano Ezzelini Storti, appena rieletto segretario del circolo locale di Rifondazione Comunista. Intanto, Prc ha presentato una seconda interrogazione parlamentare sul caso antenne: prendendo ad esempio nazionale il caso di Recoaro, chiede ai ministri della Salute e dell'Ambiente un monitoraggio costante dei ripetitori.