27 FEBBRAIO 2005

dal Giornale di Vicenza

QUINTO.No al villaggio americano. La giunta chiude la porta.
"Il processo agli skinheads è da rifare"
"Teatro, finiamola con questa farsa"
E all'ultimo giorno la Giunta cambierà il volto di Vicenza

Quinto Vicentino. L’assessore Segato: «Troppi problemi per viabilità e qualità di vita»
No al villaggio americano La Giunta chiude la porta

di Tommasino Giaretta

Quinto chiude la porta in faccia agli americani. È definitivamente tramontata la possibilità di costruire un villaggio di 203 alloggi a beneficio dei militari americani della caserma Ederle. La "proposta di collaborazione", avanzata dallo studio Bruno Beghetto di Padova, era stata discussa la settimana scorsa in un consiglio comunale informale a porte chiuse, che aveva suscitato interesse e curiosità nei cittadini. Erano seguiti a ritmo frenetico altri incontri delle varie forze consiliari, fino alla riunione dei capigruppo con la Giunta. Qui è maturata la decisione di non procedere oltre in una operazione che richiedeva una variante urbanistica ad hoc, che avrebbe dovuto essere presentata entro il 28 febbraio. L’argomento non è stato neppure inserito all’ordine del giorno del Consiglio comunale convocato per le 20.30 di domani, a meno che il sindaco Secondo Pillan non intenda riservare un intervento nelle comunicazioni a fine seduta. A sciogliere la cortina dietro la quale si sono susseguiti i vari incontri tutti a porte chiuse è l’assessore Renzo Segato, ex segretario dei Ds: «Abbiamo detto no alla proposta di presentare una variante al piano regolatore, in quanto dopo una attenta analisi del problema abbiamo ravvisato che non c’erano i presupposti per portare l’argomento all’esame del Consiglio comunale». Una scelta salutata con favore dall’Udc e dal comitato di difesa "Diamante Verde" di Quinto e Gazzo, che per primi si erano esposti pubblicamente invitando la Giunta e la cittadinanza della frazione di Valproto dove era stato individuato il sito a unirsi sul fronte del "no". Secondo gli oppositori al progetto, la Giunta ha compiuto una scelta nel senso della salvaguardia dell’ambiente e dell’identità storica, sociale e culturale di un territorio ancora a misura d’uomo. «È stata una scelta di fondo - sottolinea l’assessore Segato - alla quale siamo arrivati attraverso una serie di verifiche tecniche e politiche. Un insediamento residenziale di tale portata avrebbe comportato una serie di rilevanti problematiche sul piano della viabilità, dei servizi ma ancor più sulla qualità della vita dei nostri cittadini». Quinto ha detto dunque no alla cementificazione di un’area di 120 mila metri quadrati per il villaggio Usa, ma anche no ad una ulteriore area di 60 mila metri quadrati di area agricola da destinare a zona residenziale, chiesta come contropartita dai proprietari disponibili a cedere i terreni. Una decisione che va a incidere enormemente sul piano economico, in quanto la Giunta rinuncia in questo modo a una entrata quantificata dai tecnici in 3,5 milioni di euro derivanti da oneri di urbanizzazione senza contare poi il gettito annuale dell’Ici che ne sarebbe derivato. «Il prezzo da pagare sul piano ambientale - conclude l’assessore Segato - era senza ombra di dubbio troppo elevato con una viabilità tutta da rivedere compreso un nuovo viadotto sul Tesina. La Giunta ha preferito investire per il futuro nella salvaguardia del proprio territorio».


La procura generale di Venezia ha impugnato la sentenza con cui il tribunale di Vicenza nell’ottobre scorso aveva assolto ventitré teste rasate
«Il processo agli skinheads è da rifare»

(d. n.) Il processo a carico di 23 skinheads, assolti in ottobre dal tribunale di Vicenza, è da rifare. La procura generale di Venezia ha infatti impugnato la sentenza con cui, dieci anni dopo gli arresti del leader del "Fronte Veneto skinheads" Pietro Puschiavo e di altri sei collaboratori, il collegio berico aveva assolto tutti perché il fatto non sussiste. A darne notizia è lo stesso "Fronte", che in un comunicato commenta di «dover far fronte ad una giustizia ampiamente politicizzata, pronta ad utilizzare metodi inquisitori di stampo sovietico e solerte nell’intraprendere azioni giudiziarie a senso unico, sospinte dal chiaro intento di criminalizzare una ben precisa area politica». Evidentemente non è questo l’intento della procura veneziana che ha chiesto un nuovo processo per i fondatori di un movimento che fin dalla sua origine aveva fatto discutere. Le 23 teste rasate (su un gruppo originario di una quarantina) aderenti del movimento di estrema destra - tra cui il capo storico Piero Puschiavo -, erano finite nei guai per aver «partecipato a riunioni, manifestazioni, raduni e convegni» diffondendo idee che accreditano la superiorità della razza bianca ariana sulle altre, con una visione storico-ideologica che fomenta l’intolleranza tra i popoli. Il processo ai 23 aderenti del FVS, tra cui i vicentini Fernando Canilli, 27 anni, Mario Fochesato, 41, di Lonigo, Thomas Gallio, 29, Michel Lupatini, 33, di Valdagno, Claudio Puschiavo, 41, fratello di Piero, e sua moglie Federica Zambonin, 37 anni, era durato a Vicenza circa sette mesi è fissato il 12 marzo del 2004. Con loro erano finiti in aula anche numerosi veronesi, tra cui Alessandro Castorina, Paolo Rinaldi e Luca Zampini, che all’epoca vennero arrestati dal procuratore veronese Guido Papalia. La vicenda giudiziaria di quest’inchiesta fu poi molto complessa. Il tribunale di Verona il 13 febbraio 2001 dopo due anni di processo si dichiarò incompetente a giudicare i 43 imputati perchè c’era un vizio d’origine giuridico. La pubblica accusa aveva già pronunciato le sue richieste di condanna e tutti si attendevano la sentenza, quando c’era stato il colpo di scena. I giudici scaligeri stabilirono che la competenza non era loro, ma dei colleghi di Vicenza perché il movimento era sorto tra Gambellara, dove abitava Puschiavo, e Lonigo, dove l’associazione culturale VFS ha anche la casella postale. Poi quando nel 2002 fa si profilò la possibilità di un colpo di spugna generalizzato per la prescrizione, il pm Alessandro Severi specificò nelle imputazioni altre due episodi più recenti: la manifestazione del VFS a Cernobbio e un convegno a Pordenone nel 2001. Diciotto imputati poi uscirono di scena in udienza preliminare, tutti prosciolti per prescrizione. Il 22 ottobre 2004, infine, il collegio berico assolse con formula piena anche gli altri 23 skinheads, ritenendo che il VFS fosse sì un movimento di ultra destra con una visione ideologica razzista, ma che nei fatti concreti nessuna testa rasata avesse violato la legge Mancino, cioè avesse istigato all’odio razziale. La procura veneziana è di diverso avviso. Fra qualche mese si potrebbe tornare in aula.


Fillea Cgil sul piede di guerra: «Il sindaco non parla in Consiglio, la situazione è sempre più grave». Ieri un concerto
«Teatro, finiamola con questa farsa»

di Chiara Roverotto

I toni tornano ad essere duri, le intenzioni bellicose. « Ma così non si può andare avanti...» . Ieri, poco prima del concerto che si è tenuto nella sala del cinema di Santa Bertilla a sostegno dei lavoratori della Cogi, i rappresentanti della Fillea-Cgil Antonio Toniolo e Danilo Andriollo hanno fatto il punto sul cantiere del teatro, bloccato dal 21 gennaio scorso dopo che l’amministratore unico dell’impresa che vinse l’appalto due anni fa, Giuseppe Coccimiglio, decise di licenziare i lavoratori che avevano scioperato perchè non avevano ricevuto lo stipendio. « Da allora il giudice Perina ha dichiarato illegittimo il provvedimento e ha reintegrato gli operai, ma il cantiere non si muove, è chiuso . Il Comune paga i lavoratori - ha spiegato Andriollo - p erò non sappiamo come e quando questa vicenda si sbloccherà. Abbiamo chiesto un incontro al sindaco, ma finora non ci ha ricevuti. Non solo, dopo parecchi rinvii doveva riferire in Consiglio comunale, ma per l’ennesima volta non è accaduto nemmeno venerdì scorso ». « Il sindaco non mantiene le promesse - puntualizza Toniolo -, dopo la manifestazione in piazza avevamo proposto un tavolo di concertazione sul quale si era dichiarato disponibile, una tavolo che di fatto non si è mai aperto. Non solo, non sappiamo se è stata inviata l’ennesima lettera alla Cogi, non sappiamo per quanto tempo il cantiere resterà chiuso. Di sicuro - precisa Toniolo - il sindacato continuerà il presidio fintantochè gli operai non verranno reintegrati e non verrà risolta la situazione, una volta per tutte ». Il braccio di ferro va avanti da tempo: relazioni dei tecnici da una parte, operato dell’Amministrazione comunale dall’altra. Se, come previsto dal capitolato, il Palazzo Trissino sta pagando gli operai, molti restano i punti da chiarire sul cantiere più importante della città. Un’opera da 23 milioni di euro bloccata da oltre un mese, che in quasi due anni ha accumulato oltre duecento giorni di ritardo, con un amministratore unico che non paga gli operai e non versa i contributi alla Cassa edile. « A nostro avviso - spiegano Andriollo e Toniolo - esistono da tempo tutti gli estremi perchè il Comune possa rescindere il contratto, ma evidentemente manca la volontà per farlo. I lavori non possono riprendere con la Cogi che in questi mesi ha solamente dimostrato la propria inaffidabilità e arroganza. Questo teatro deve essere finito e lo abbiamo ribadito più volte - proseguono i due sindacalisti -, ma con la tutela dei lavoratori, tutela che è stata calpestata già troppe volte. Chiediamo che gli operai vengano reintegrati, è un loro diritto e se servirà, faremo altre manifestazioni ». Dura anche la presa di posizione dei Comunisti italiani che chiedono al sindaco e alla giunta di rassegnare le dimissioni. «P erchè non si vuole parlare di teatro in Consiglio comunale ? - si legge in una nota - Perc hè questi continui rinvii? Perchè non si vuole affrontare l’argomento con chiarezza? Non si può accettare che le decisioni vengono prese in altre sedi e non si può accettare che la maggioranza di centrodestra non sia in grado garantire il numero legale per discutere di un tema fondamentale per questa città, come il teatro ». Durante il concerto di ieri si sono esibiti Luca Bassanese, i Marmaja, Alberto Cantone e Big Mama


Alifuoco (Ds) attacca: «Ci troviamo nella confusione totale, di fronte a una valanga di deliberazioni delicatissime. Si rischia il sacco della città». L’assessore Franzina: «Sono decisioni attese dai cittadini da molto, troppo tempo»
E all’ultimo giorno la Giunta cambierà il volto di Vicenza
Scadono domani i termini della nuova legge regionale
Al mattino l’esecutivo esaminerà sei piani di iniziativa privata, fra cui Ponte Alto e area Ftv Il Consiglio discuterà ancora della zona industriale. Stop alle novità sui palazzi comunali?

di Gian Marco Mancassola

Doveva essere una maratona con un occhio costante al cronometro e invece finora è stata una sgambata viziata da troppe false partenze. Domani il consiglio comunale tornerà a riunirsi per la terza e ultima sessione dedicata all’urbanistica. A mezzanotte scadrà il termine del 28 febbraio, concesso dalla Regione per adottare varianti al piano regolatore prima che entri in vigore la nuova normativa. Da martedì e fino all’approvazione del primo piano di assetto territoriale (Pat, vale a dire il piano che delinea le scelte strategiche per il territorio comunale), il Comune non potrà più adottare varianti salvo quelle finalizzate alla realizzazione di opere e di impianti di interesse pubblico. I più ottimisti fanno intendere che ci vorrà almeno un anno prima di varare il Pat. Ecco spiegata la grande corsa alla variante degli ultimi giorni: il Consiglio avrebbe dovuto discutere e votare una decina di delibere in tre giorni. Nei primi due, tuttavia, è riuscito ad approvare soltanto una variante che interessa il progetto di recupero delle mura storiche. Poi la maggioranza si è arenata, perdendo il numero legale, sulla maxi variante che detta le nuove regole per la zona industriale. Domani sera si riprenderà, sempre che ci sia il quorum delle presenze: ma si dovranno prima dibattere e votare due ordini del giorno e sei emendamenti. In altre parole, si rischia che la seduta venga assorbita dalla zona ovest e non ci sia più tempo per le altre delibere, vale a dire per questioni come l’insediamento di edilizia residenziale pubblica a Maddalene, la bretellina della rotatoria dell’Albera, il parcheggio a servizio della caserma Ederle a Vicenza est, o la trasformazione dell’area artigianale di Anconetta. Il vero piatto forte, tuttavia, arriverà domani mattina sul tavolo della Giunta, dove l’assessore all’urbanistica Maurizio Franzina, proporrà l’adozione di sei piani, alcuni dei quali interessano vaste superfici. Si tratta del piano per la realizzazione di una palazzina con 13 mila metri quadri di direzionale e di un parcheggio da 800 posti a Ponte alto; c’è poi il tormentato piruea "Ex Lanerossi", che interessa una vasta area fra la ferrovia e il quartiere dei Ferrovieri oggi di proprietà della Pirelli Real estate, un nodo strategico per la viabilità di questa parte della città e per il progetto del tunnel viabilistico, che proprio lì troverà il suo ingresso; e il piruea Ftv, in un’area ancor più cruciale della città, accanto alla stazione delle Ferrotranvie, su terreni per la maggior parte di proprietà della Provincia. Sommando a questi tre piani, la cui adozione spetta alla Giunta, la delibera per la zona industriale, balza all’occhio come il ramo ovest della città nell’arco di mezza giornata si appresta a cambiare radicalmente fisionomia, almeno sulla carta. «Stiamo vivendo una situazione paradossale - attacca il consigliere dei Democratici di sinistra Ubaldo Alifuoco, vicepresidente della commissione Territorio -. Proprio nel momento in cui si parla di trasparenza, di urbanistica partecipata e concertata, l’urbanistica vicentina si sviluppa nella confusione totale. In queste ultime settimane, l'assessore ha catapultato sul tavolo della Commissione territorio del Consiglio comunale una valanga di deliberazioni in materia urbanistica. Bisogna pensare che dietro a queste decisioni si muovono interessi corposi. Cambiare la destinazione di un'area può voler dire modificarne di molto il valore indipendentemente dal bene dei cittadini. Ricordo che questa amministrazione ci ha fatto discutere un nuovo Prg (Crocioni) costato alcuni miliardi. Ora se ne sono dimenticati e si sta procedendo con un giro frenetico di varianti parziali che stravolgeranno il volto della città. Bisogna che i vicentini se ne rendano conto e che le organizzazioni si facciano vive prima che il "sacco di Vicenza" si compia». In queste ore, nel frattempo, sta maturando l’intenzione di congelare - come conferma l’assessore Franzina - la delibera destinata a cambiare la destinazione di tre palazzi comunali (palazzo degli uffici, ex Aci e Negrisolo) in vista della loro messa in vendita. Tutte le altre critiche vengono invece respinte al mittente dall’assessore: «A parte la zona industriale, di cui abbiamo già spiegato l’importanza per l’economia vicentina, il Consiglio dovrà discutere di varianti minori, che rispondono a esigenze avanzate dai cittadini e che hanno diritto di ricevere una risposta. In alcuni casi si tratta di piccoli aggiustamenti, per aiutare ad esempio persone in difficoltà, come in via Caminer. In altri casi, come il parcheggio della Ederle, si tratta di strutture anche al servizio della città. Alifuoco ha un quadro allucinato di quello che andremo ad approvare. Io non vedo alcun snaturamento e sventramento. Sono piccole questioni di cui hanno bisogno i cittadini. I piruea in Giunta? Si tratta di piani di cui si discute da anni, non da mesi né giorni».

Affollata assemblea organizzata dalla lista Impegno per la Sette
Ex Lanerossi, amianto e eternit «Il Comune pensi alla bonifica»
Raccolte numerose firme e i residenti inviano un esposto alla Procura

(c. r.) Al di là della destinazione urbanistica dell’ex Lanerossi (vedi a lato) , i residenti del Ferrovieri sono preoccupati per ben altro: per l’amianto esistente all’interno del vecchio manufatto, per i tetti in eternit (l’eternit contiene amianto) che stanno crollando. Nel corso di un’assemblea pubblica che si è tenuta nei giorni scorsi , promossa dalla lista "Civica Impegno per la Sette", sono state mostrate ai cittadini numerose fotografie. « Scatti fatti all’interno - spiega Gino Fisico - che provano quanto stiamo sostenendo da molto tempo. E alla luce di questo chiediamo al sindaco, prima di qualunque altra decisione sull’area, di tutelare la salute dei cittadini. A pochi metri - precisa Fisico- c’è un asilo, senza contare tutte le abitazioni. I danni dell’amianto, anche a distanza di anni, sono documentati e sappiamo che cosa provocano ». Al riguardo sono già state raccolte parecchie firme. « Ci siamo mossi - prosegue Fisico - in considerazione anche delle segnalazioni fatte da alcuni residenti che da qualche tempo assistono ad un via vai di automezzi che entrano nella proprietà per uscirne carichi di materiale alla rinfusa . Per questo abbiamo deciso di inviare immediatamente una petizione al sindaco affinchè provveda ad una verifica sulla situazione ambientale dell'area che, oltretutto, è da tempo oggetto di un progetto di recupero urbanistico del quale sentiamo solo parlare » . Ma non è finita, i cittadini riuniti in assemblea oltre alla petizione da inviare a Palazzo Trissino hanno deciso di rivolgersi alla procura della Repubblica con un esposto che verrà presentato nei prossimi giorni. « Chiediamo conclude Fisico - che vengano chiarite, una volta per tutte, eventuali responsabilità sulle cause del degrado e del ritardo alla luce di un progetto di bonifica che i cittadini del Ferrovieri non possono più attendere ».