Hüllweck: «Referendum sugli Usa»
Il sindaco: «È il caso di chiedere ai vicentini se vogliono o no la caserma»
di G. M. Mancassola
Un referendum comunale sulla nuova caserma americana al “Dal Molin”. «Se i referendum hanno un senso, questa è l’occasione». La proposta è griffata Enrico Hüllweck, sindaco amareggiato e arrabbiato dopo il burrascoso dibattito in consiglio comunale di giovedì sera sulla trasformazione dell’aeroporto in una base a stelle e strisce.
«La delegazione americana ha ricevuto un messaggio negativo dalla discussione in aula, che continuo a ritenere un errore, perché del tutto inutile su un argomento ancora da definire: manca la certezza nelle scelte degli americani, manca la decisione definitiva del Governo, io stesso non avevo visionato il filmato prima di giovedì. Ero a conoscenza soltanto delle linee essenziali di un intervento che vale 800 miliardi di vecchie lire in investimenti, oltre ad aiuti per risolvere problemi viabilistici della città e alla garanzia di far funzionare l’aeroporto al meglio di giorno e di notte. Tutto questo con la promessa di non portare altro materiale bellico impegnativo in città. Sono qui da 50 anni con le armi, adesso volevano portare anche i bagagli, ma noi preferiamo tenerci solo le armi e cacciamo i bagagli».
Hüllweck fa i conti con gli schieramenti in campo: «È emersa chiarissima la netta contrarietà da parte del centrosinistra, mentre nel centrodestra soltanto Forza Italia si è espressa a favore. Da parte di An è venuto un “ni”, da parte della Lega Nord nessuno ha parlato, a parte la consigliera Equizi che ha fatto critiche pesanti. Servirà una verifica di maggioranza».
Il sindaco parla al mattino, riferendosi a quanto accaduto nella notte, mentre nel pomeriggio arriva una nota firmata dal segretario cittadino del Carroccio, Giuliano Tricarico, che dice di «aver accolto favorevolmente la presentazione delle infrastrutture del Dal Molin. Riteniamo che l’investimento per la realizzazione della struttura rappresenti un’occasione per la città. La proposta americana porterebbe all’imprenditoria vicentina e ai lavoratori un’opportunità di sviluppo che sarebbe doveroso considerare».
Parole simili a quelle del sindaco stesso, che ritiene l’operazione un’opportunità da accogliere, con una premessa: «Sia ben chiaro che non ho assunto impegni personali con nessuno. Credo ci siano aspetti positivi da considerare, ma mi attengo alla volontà della città. Male non sarebbe promuovere un referendum, per chiedere ai cittadini cosa ne pensano. Questi sono progetti importanti, per i quali bisogna avere il massimo consenso. Mi rendo ben conto che il referendum mette in mano una lama affilatissima a chi non ha mai maneggiato coltelli. Tuttavia, considerando tutti i rischi, sarebbe il modo per chiarire una volta per tutte: sì o no».
Nella consultazione popolare Hüllweck sembra riporre la fiducia che ha smarrito l’altra sera in sala Bernarda: «Gli americani e il Governo hanno ricevuto dal consiglio comunale un messaggio al 99 per cento negativo e questo crea una situazione di confusione totale. L’ipotesi ha subito una dura mazzata. Staremo a vedere cosa succederà».
Dalle parole del capo dell’Amministrazione sembra di capire che il dado, ai piani alti, non è ancora stato tratto: «Non risulta ci siano state decisioni definitive da parte del Governo Berlusconi. Nessuno mi è venuto a dire che c’è un trattato che vincola l’operazione: in realtà, il progetto mi è sempre stato dato come molto probabile. Gli stessi americani hanno sempre detto che rimane aperta l’opzione fra Italia e Germania. E purtroppo l’avvicendamento nei rispettivi governi rischia di modificare lo scenario: in Germania prima c’era un cancelliere di centrosinistra, oggi è di centrodestra; in Italia, è avvenuto esattamente il contrario». Traducendo, con chi tratta più volentieri l’amministrazione Bush: con Prodi o con la Merkel?
Ancora una volta, il termometro del fronte americano viene misurato leggendo le pagine della rivista on-line “Stars and stripes”, dedicata alle truppe statunitensi impegnate nelle basi europee. Il giornale informa che gli americani stanno proseguendo nel progetto di adeguamento del contingente di stanza a Vicenza. Il numero di soldati assegnati al 503° reggimento di fanteria a Vicenza è raddoppiato martedì. Si tratta di movimenti e riorganizzazioni sulla carta, in attesa di avere a disposizione nuovi spazi e nuove strutture.
Il potenziamento ha coinciso con il cambio della guardia al comando del reggimento, oggi retto dal colonnello Mike Fenzel. «Perché questi movimenti?», chiede il cronista Kent Harris. «L’esercito ha deciso così», risponde con un sorriso il portavoce in mimetica. Mentre gli spalti della politica nostrana si lacerano in mille disquisizioni, qualcuno lassù sembra aver già assunto molte decisioni.
Fabris, Cicero e la firma-mistero
L’onorevole Udeur: «Poca trasparenza, chiederò al Governo»
di Alessandro Mognon
Un mistero perfino per chi è vicino al governo: ma è stato firmato o no questo accordo con gli americani per il Dal Molin? Mauro Fabris, capogruppo dell’Udeur alla Camera, promette: «Torno a Roma e ne parlo con il ministero della Difesa e degli Esteri. E fra qualche giorno ve lo dico. Perché se quell’accordo c’è, altro che rilancio: per l’aeroporto civile è la fine...».
C’è perfino il giallo del sottosegretario alla Difesa Casula che ha chiuso le porte dell’aeroporto agli Stati Uniti: «Non vogliamo altre basi Usa, a Vicenza né altrove» ha detto. E Fabris non ne sapeva nulla: «Non so chi sia questo Casula...».
Comunque l’hanno chiamata “ricognizione”, quella che Fabris ha fatto ieri al Dal Molin. Un modo per dare un’occhiata a quello che c’è e capire come stanno realmente le cose con la annunciata cessione di mezzo aeroporto all’esercito Usa. Visto che, dice, chi doveva spiegare e informare non lo ha fatto.
Il riferimento è anche al consiglio comunale dell’altra sera quando improvvisamente sono saltate fuori mappe, bozze e film della nuova base militare Usa: «Non c’è da stare per niente tranquilli, perché non è stata detta tutta la verità. Non c’è stata trasparenza, la gente deve sapere cosa sta succedendo. E invece ancora una volta l’amministrazione di Vicenza si rivela incapace di gestire la città, un atteggiamento falsamente pilatesco di chi sapeva e non ha parlato».
Sono tanti i dubbi dell’onorevole vicentino dell’Udeur: «Questo accordo Italia-Usa, che io temo sia già stato fatto, significa che l’aeroporto diventa una base militare, altro che voli civili. Anche solo per motivi di sicurezza figurarsi se gli americani permetteranno che degli aerei decollino e atterrino. Già adesso non si può sorvolare la caserma Ederle...».
Fabris spiega di non avere nulla in contrario all’arrivo delle truppe Usa, ma come ci si è arrivati sì: «Questa storia non è stata ben gestita. E poi perché non si è trovato l’accordo per un’altra area? Perché proprio nel cuore della città?».
Poi c’è l’aeroporto civile. Definire pessimista Fabris è dir poco: «Bisognerà pur dire a questa società che sta investendo soldi che destino la aspetta. E se chiude tutto?». E c’è quello militare: «Sono stato in visita alle tre realtà dell’esercito che lavorano sull’altro lato del Dal Molin. Sono formazioni di eccellenza, di grande valore tecnico, come gli elicotteristi. Non è giusto che se ne vadano, contesterò sicuramente questo provvedimento, è una decisione sbagliata».
Così la palla passa ai ministri Parisi (Difesa) e D’Alema (Esteri): «Voglio sapere se quell’accordo è già stato firmato» assicura Fabris. E non sarà l’unico: anche l’onorevole Ds Lalla Trupia ha presentato ieri un’interrogazione urgente ai ministri competenti (compreso quello delle Infrastrutture per sapere se quell’accordo esiste «e quali iniziative i ministri intendano prendere in merito a questo accordo».
Certo resta la domanda: possibile che gli americani (e il Comune di Vicenza) presentino bozze e progetti se non c’è già una firma? «Ma qui si sta scoprendo l’acqua calda - spara come sempre spazientito l’assessore alla mobilità Cicero -. Ma quel Fabris è quello che si è fatto eleggere a Milano per caso? E poi, lui che è stato parlamentare, non sa niente della sua città? Quella che ho presentato in consiglio comunale è una bozza, un’ipotesi. L’ho ricevuta un paio di settimane fa. E comunque ci sono delle procedure da seguire. Dovevo parlarne prima? Ma se non sono sicuro di una cosa perché mai dovrei parlarne prima? Certo se gli americani si sono presi la briga di fare progetti, avranno avuto le loro garanzie. Ma questo io non lo so».
E la minaccia per l’aeroporto civile? «Gli americani non hanno intenzione di boicottare l’aeroporto. E comunque di questo se ne devono occupare le alte sfere. Io so solo che in cambio di quell’insediamento voglio qualcosa per la città». Il problema, caso mai, è se la città lo vuole, l’insediamento.
Evasione da 70 mila euro. La Regione studia le nuove regole di assegnazione delle case popolari
Ater, sospetto un inquilino su quattro
Cento segnalazioni inviate in procura
di Federico Ballardin
I “furbetti del quartierino” ci sono anche a Vicenza, ma dei quartieri veri, quelli formati dalle case dell’Ater. L’indagine dell’azienda territoriale promossa in questi ultimi mesi ha infatti accertato che un inquilino su quattro ha presentato un’autocertificazione dei redditi “sospetta” se non addirittura palesemente fasulla, per mantenere la casa popolare a condizioni di favore. Durante la verifica sono stati incrociati i dati dell’Inps, dell’anagrafe tributaria e i registri immobiliari.
Fascicoli in procura. Su quattrocento posizioni passate al setaccio, sono circa cento le segnalazioni inviate in procura che ora sta valutando se ci sono stati errori oppure se esistono gli estremi per un’azione penale per truffa. In termini monetari l’“evasione” annua accertata da questi primi riscontri si aggirerebbe sui 70 mila euro. Ad ogni modo l’Ater, da quando ha avviato la maxi revisione, che coinvolgerà presto tutte le 4.200 abitazioni in gestione, ha notato un’ “emorragia” di famiglie che lasciano le case popolari per trovare da sé un’altra sistemazione. Sarà un caso, ma di questi tempi - vedi “calciopoli” - a pensare male spesso s’indovina.
Il Comune controlla. L’assessore comunale Davide Piazza ha annunciato un incontro a breve con Ater e Amcps per mettere a punto un metodo, un sistema di controllo che il Comune intende applicare anche agli inquilini che occupano le case popolari.
Si rivede la legge. Tutto il sistema di assegnazione e anche di “conservazione” delle case popolari sta per cambiare. Due giorni fa, durante una riunione a Padova tra l’assessore regionale Massimo Giorgetti, i rappresentanti delle aziende territoriali venete e gli assessori alla casa dei capoluoghi di provincia, è emersa la volontà di una revisione della legge regionale numero 10 del ’96, considerata ormai obsoleta.
La volontà della Regione è di rivedere i criteri di assegnazione delle case popolari, ma si è parlato molto della necessità di effettuare controlli stringenti sui requisiti delle famiglie richiedenti, per favorire una rotazione delle abitazione e rispondere all’emergenza casa che in tutto il Veneto si fa preoccupante. A questo scopo sarà attuata una revisione periodica delle condizioni economiche delle famiglie (ogni cinque anni?). Insomma la casa popolare non sarà più assegnata per la vita, ma solo se si manterranno certi requisiti.
Il contributo. Da Venezia non arrivano soltanto belle parole o dichiarazioni d’intento, ma anche un cospicuo contributo per ristrutturare le abitazioni che non possono essere assegnate per la mancanza dei requisiti minimi. A Vicenza arriveranno due milioni di euro, che permetteranno di mettere mano a circa cento appartamenti, dei quali 50 soltanto nel comune di Vicenza.
L’ici. Infine Davide Piazza, assessore alla casa e al sociale, ha proposto una diminuzione dell’ici per le case dell’Ater a canone minimo che sono circa quattrocento, spiega il presidente dell’azienda, Marco Tolettini. «La legge ce lo consente - spiega Piazza - è chiaro che dobbiamo ragionarci sopra attentamente, assieme alla collega Favretto». Non è un mistero l’idea dell’assessore di aumentare l’ici per le case sfitte (proposta bocciata in giunta tempo fa) sul modello di altri comuni italiani, ma al momento si stanno soltanto raccogliendo i dati, partendo da quello eclatante, emerso pochi giorni fa, che parla di 3200 case inabitate in città a fronte di un migliaio di richieste di case popolari.
Attivato un tavolo di lavoro con la Caritas e amministratori locali
Zingari, il vescovo Nosiglia
chiede aiuto alla Provincia
«Nella pianificazione territoriale individuare aree per i Rom»
di Eugenio Marzotto
È pronto ad andare fino in fondo su una questione tra le più ostiche e delicate, sfidando frontalmente il mondo politico e non solo. La questione zingari diventa prioritaria per il vescovo Cesare Nosiglia che con coraggio, insieme ad alcuni amministratori locali, ha lanciato la sfida della convivenza tra cittadini e sindaci da una parte e le comunità Rom e Sinti dall’altra.
E la prima ad essere coivolta in questa iniziativa è la Provincia: «Nelle sue competenze di pianificazione territoriale - spiega Nosiglia - la Provincia può rivestire un ruolo importante nell'individuazione, a livello di distretti socio-sanitari, di zone dedicate agli zingari, privilegiando decisamente molteplici insediamenti di piccole-piccolissime dimensioni».
Insomma, il vescovo chiede aiuto alla Dal Lago per l’individuazione di aree da destinare a campi nomadi di alcuni comuni e della città.
Nei giorni scorsi Nosiglia ha incontrato un gruppo di amministratori locali il cui territorio è interessato dalla presenza di famiglie di zingari. Mason, Schio, Malo, Sandrigo, Montecchio Maggiore, Creazzo, Quinto, Costabissara, Torri di Quartesolo, Camisano, Bassano e Vicenza. Incontro che faceva seguito agli “Orientamenti per una pastorale degli zingari del Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti”.
«Consapevole da un lato del mio dovere pastorale e dall'altro dell'essenziale e vitale necessità di rispettare l'autonomia della civica convivenza - ha spiegato il vescovo - sento la necessità di iniziare un confronto progettuale che possa meglio vedere la comunità ecclesiale e quella civile affrontare insieme possibili percorsi di convivenza, promozione umana ed integrazione per le persone nomadi».
Primo passo dell'incontro, coordinato dal direttore della Caritas diocesana don Giovanni Sandonà, è stata l'analisi della realtà vicentina e la ricerca di una maggior conoscenza di questo popolo. Per questo è stato presentato un documento dal titolo “Gli Zingari: una cultura da conoscere e valorizzare o difesa da una minoranza scomoda? Quali politiche di integrazione/inclusione sociale per affrontare le problematiche delle comunità zingare-nomadi e dei minori”.
«Solo imparando a dialogare con ogni persona, chiunque essa sia e in nome della sua dignità - afferma il direttore della Caritas diocesana don Giovanni Sandonà - potremmo pensare di intravedere percorsi e proposte che, mettendo insieme zingari, amministrazioni civiche e comunità ecclesiale, potranno sortire risultati di promozione umana e di miglior convivenza sociale, ovviamente nei tempi medio lunghi e qualora vi sia disponibilità e continuità nel perseguire gli obiettivi che ci si dà. Queste sono questioni di fronte alle quali anche gli amministratori locali spesso si sentono soli e per questo l'invito del vescovo è stato apprezzato dai presenti, ben consapevoli che la realtà non si può ignorare».
Non è tutto perché il piano messo insieme dalla diocesi prevede anche di «valorizzare e dare visibilità alle esperienze positive realizzate da enti locali, aziende sanitarie, istituzioni scolastiche, pubblica sicurezza e autorità giudiziarie, sia nel Vicentino che a livello regionale e nazionale. L'ultima è prevedere progetti - con priorità a quelli relativi all'istruzione, all'educazione e alla formazione al lavoro - nei Piani di Zona delle diverse aziende Ulss, creando se possibile una rete territoriale che favorisca nel medio-lungo termine il ruolo attivo e la partecipazione delle comunità Rom-Sinti».
Una sfida difficile ma necessaria secondo Nosiglia, «per trovare i modi di aiutare le comunità zingare, coinvolgendole il più attivamente possibile, a liberarsi da una condizione di passività e di emarginazione sociale». Il dado è tratto, il gruppo di lavoro proseguirà, ora bisognerà attendere quanto l’invito del vescovo sarà raccolto da tutte le istituzioni, Provincia compresa.