Bocciati gli “affitti concordati”
«Sono ancora poco conosciuti»
di Nicola Rezzara
Uno zero segnato nella casella dei contratti depositati in Comune. Questo il bilancio a tre mesi dall'approvazione dell'accordo per gli affitti concordati, stipulato a maggio dal sindaco Stefano Fracasso e dalle associazioni di categoria degli inquilini e dei proprietari. Quello che a prima vista sembrerebbe un fallimento è considerato un periodo di rodaggio dai firmatari dell’accordo.
A metà maggio in Comune c'era stata la firma con le associazioni proprietari (Anpe, Confedilizia, Aspi e Uppi) e i sindacati inquilini (Coniav, Sicet, Sunia, Uniat).
Gli affitti concordati sono, infatti, uno strumento utile per limitare l'emergenza abitativa calmierando i prezzi degli affitti nelle zone ad alta densità abitativa, e favorendo quindi l'incontro di domanda e offerta. Nel Vicentino sono già stati adottati da Vicenza, Thiene, Schio, Bassano e Valdagno.
L'importo dei canoni d’affitto è stabilito dal Comune, in base alla metratura ed alla centralità dell'appartamento. Per esempio, l'affitto di un'abitazione di standard medio, fino a 50 metri quadrati in centro storico, può andare dai 225 ai 250 euro. In zona periferica per lo stesso locale si oscilla fra 141 e 189 euro. Oltre i centro metri quadrati si può andare dai 342 euro ai 429 in centro, e dai 198 ai 335 euro in periferia. Fra questi estremi, esiste una serie di fasce intermedie che tengono conto della posizione dell'abitazione, della qualità in base ai servizi che si hanno a disposizione, ed alla metratura.
Se proprietari ed inquilini accettano di accordarsi seguendo prezzi e parametri "concordati", entrambi possono ottenere agevolazioni. Per i proprietari diminuisce la durata del contratto (tre anni più due di rinnovo, contro il classico "quattro più quattro"), diminuiscono del trenta per cento l'imposta di registro e l'imponibile Irpef, mentre l'Ici si abbassa dal 6,7 per cento al 4 per mille. Per gli inquilini si riduce l'imposta di registro del 30 per cento e si ottengono dei vantaggi riguardanti l'Irpef in base al reddito; oltre, naturalmente, ad avere una rosa di scelte abitative a costi ribassati rispetto ai normali canoni.
Nonostante tutto questo, il meccanismo degli affitti agevolati non ha attirato l'attenzione di inquilini e proprietari, poiché dopo cento giorni dall'accordo deve ancora essere depositato in Comune il primo contratto concordato. «Ce l'aspettavamo - spiega l'assessore Giandomenico Giacomello, responsabile del progetto -. A Schio i contratti sono stati solo una ventina e a Vicenza un centinaio. E’ un'iniziativa che deve ancora entrare nella mentalità di inquilini e proprietari. Quando verranno stipulati i primi contratti, sono convinto che il passaparola allargherà il fenomeno, ma per ora c'è solo chi chiede informazioni».
L'assessore è convinto che sia solo questione di tempo ed in parte è d'accordo anche Paola Scalco, presidente dell'Anpe, l'associazione nazionale dei proprietari edilizia: «È necessario un periodo di rodaggio perché gli affitti partano» è la sua analisi.
Ma suggerisce qualche intervento riparatore: «L'iniziativa dovrebbe essere più pubblicizzata: a Vicenza, per esempio, con la bolletta dell'Enel veniva inviato un depliant sugli affitti concordati». E aggiunge «L’Ici al quattro per mille è ancora troppo alta. Abbiamo chiesto di abbassarla ulteriormente, ma il comuni non ci sentono».
«Discriminazione razziale a sinti e rom»
Denunciato Colman, sindaco di Piovene
Nel mirino delle associazioni l’ordinanza del primo cittadino
che impedisce la sosta di roulotte e carovane. «E inoltre da
due anni nega l’iscrizione all’anagrafe per due famiglie»
La replica: «Quel provvedimento è corretto. Prima del dialogo
viene il rispetto delle regole, e loro non sono assolutamente a
norma». Convocato per dopodomani un summit in prefettura
di Diego Neri
Sindaco denunciato per discriminazione razziale ed etnica nei confronti dei sinti e dei rom. Ieri mattina i rappresentanti di due associazioni, accompagnati da un legale, hanno presentato in procura una querela nei confronti del primo cittadino di Piovene, Maurizio Colman, accusandolo di trattare alcune famiglie nomadi in maniera diversa da tutti gli altri cittadini. Nello specifico, il riferimento è ad un’ordinanza nella quale «il Comune vieta la sosta in tutto il territorio ai cosiddetti “nomadi”, e solo a loro». Pronta la replica del sindaco: «Saremo noi a denunciarli domani perché sono tornati nel nostro Comune e non hanno rispettato l’ordinanza».
La vicenda è annosa e la presentazione della denuncia è solo l’ultima, clamorosa, azione contro un provvedimento che ha suscitato sia polemiche che consensi.
Al centro del caso le famiglie Levacovigh e Braidich, parenti fra di loro, che nel 2000 hanno acquistato un appezzamento di terreno in via Preazzi di Sopra, dove si sono stabilite con le loro roulotte. «Nessuno aveva intenzione di realizzare un campo nomadi - spiegano Carlo Berini e Nereo Turati, presidenti delle Opere nomadi di Mantova e Vicenza, che si sono recati in procura con Fabio Dalla Vecchia, dell’associazione “Sucar Drom”, e con l’avv. Varali -. Con la vecchia amministrazione avevamo avviato un percorso per trovare una soluzione a tutti i problemi tecnici. Una volta insediato il sindaco Colman, nel 2004, invece, il dialogo si è interrotto. Ha più volte detto che sinti e rom lui non ne vuole». Al centro del dibattito l’ordinanza 128 del 12 agosto 2005, «con la quale vieta ai nomadi la sosta in tutto il territorio comunale, aree private comprese. Chi sgarra rischia il sequestro dell’auto e 500 euro di multa, come avvenuto qualche giorno fa».
Le famiglie, in questi mesi, si sono spostate in continuazione in vari Comuni, ma da qualche giorno sono tornate a Piovene. «Il caso riguarda una trentina di famiglie dell’Alto Vicentino, che vengono scacciate da un posto all’altro. È una situazione scandalosa - precisa Berini - che abbiamo vissuto in Lombardia fino agli anni Settanta. Quando si arriva a una denuncia è una sconfitta per tutti, ma non sappiamo più cosa fare. Si tratta di gente che lavora recuperando ferro, non vi sono episodi di criminalità. Non dar loro l’iscrizione all’anagrafe significa privare queste persone di una carta di identità, della possibilità di votare e di avere una tessera sanitaria. In caso di processo chiederemo un congruo risarcimento».
Della vicenda sono stati informati il ministero delle Pari opportunità e il prefetto, che ha convocato per martedì un summit con tutti i sindaci.
Pronta la replica di Colman. «Se l’ordinanza non fosse stata corretta avrebbero potuto ricorrere al Tar. Io credo che non discrimini nessuno. Serve il rispetto delle regole, e queste persone non rispettano quelle urbanistiche ed igienico-sanitarie. Domani notificheremo loro una denuncia per l’inosservanza delle disposizioni dell’autorità: sono tornati a Piovene, in barba all’ordinanza».