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28 NOVEMBRE 2006
Dal Molin, un quesito in cerca d’autore
Dal Molin, un quesito in cerca d’autore di Antonio Trentin Quello che il Comitato per il referendum sul “Dal Molin militarizzato” vuole, è cosa scritta nella sua stessa denominazione: dubbi non ce ne sono. Ma le parole giuridicamente capaci di arrivare a conseguire l’oggetto di questa “ragione sociale” - appunto l’apertura delle urne vicentine per un Sì o un No al progetto della base americana all’aeroporto - ancora non si trovano. Per dirla più in chiaro: da due settimane Giancarlo Albera e Luciano Volpato, capifila dei proponenti, stanno scrivendo e riscrivendo il quesito da sottoporre per il visto di ammissibilità ai “saggi” del Comune, e non ne vengono a capo. Lo fanno insieme con Gianni Cristofari, avvocato e consigliere comunale Ds, consulente legale su cui convergono suggerimenti e dritte di politici e di tecnici del diritto. Il risultato ancora non c’è. Le formulazioni si aggiungono una alle altre. Ce ne sono almeno quattro in tasca ai capi del Comitato pro-referendum. Sono state scritte per rispondere alle osservazioni del presidente del Comitato degli esperti comunali, l’avvocato Silvano Ciscato, che nel giorno dell’esame del primo testo - «Sei favorevole alla realizzazione del progetto Usa di costruzione di una nuova base militare nell’area dell’aeroporto Dal Molin di Vicenza?» - aveva tratto così le somme di un orientamento (maggioritariamente negativo) dei colleghi esaminatori: quesito troppo lontano dalle prescrizioni del regolamento, non imperniato sulle competenze del consiglio comunale, troppo orientato su un fatto topografico (la base lì, al Dal Molin) anziché sul “come” dell’impatto urbanistico. Certo: per chi vorrebbe il referendum come pura espressione di volontà popolare, gli arzigogoli letterari sul testo del quesito sono zavorra mal tollerata. Ma siccome le forme in democrazia sono sostanza, il Comitato dei promotori sa bene che davanti al Comitato degli esperti o il referendum ha una base tecnicamente fondata o è destinato a un nuovo stop. Che dopo quello di metà mese varrebbe come un k.o., perché - per quanta volontà ci mettano tutti - il quesito referendario non può diventare un tira-e-molla trascinato per mesi. Ripetere nel testo del possibile referendum l’interrogativo (generico) sull’“impatto sociale” della base, argomento su cui si fondano le prudenze decisionali del ministro Arturo Parisi? Concentrarsi sull’elemento amministrativo del futuro operativo a carico del Comune in caso di arrivo dei militari americani? Indicare come tema referendario proprio il “sì” politicamente convinto e tecnicamente condizionato che il centrodestra comunale ha mandato come propria volontà decisionale alla Difesa, votato dai 21 pro-base Usa della sala Bernarda? Sono queste le alternative tra cui scegliere, prima di andare di nuovo davanti al Comitato degli esperti a chiedere l’ammissione del quesito. Due settimane fa pareva che i tempi stringessero, per i promotori. Bene che andasse, adesso ci vorrebbero altre due settimane per arrivare a un okay o a un niet dei “saggi”. E se la loro risposta fosse negativa? Se le voglie referendarie degli anti-base cozzassero contro il già intravvisto muro dell’impraticabilità procedurale? «Il ministro Parisi aspetta di sapere se il referendum si farà... - rispondeva l’altro giorno, al convegno in Fiera del fronte del No all’aeroporto-caserma, Laura Fincato, deputata dell’Ulivo-Margherita -. Noi possiamo già dire che, se non ci sarà la consultazione popolare con il referendum dell’Amministrazione, il referendum lo faremo noi, aperto a tutti e chiedendo la collaborazione dei comitati, e manderemo quel risultato all’attenzione del governo».
Oggi vertice in prefettura sul 2 dicembre (g. m. m.) Un nuovo vertice sul corteo anti-Dal Molin del 2 dicembre sarà di scena questa mattina in prefettura. La riunione dovrebbe servire a fissare la cornice dentro cui si muoverà il quadro del corteo. Fra le questioni da definire, c’è ad esempio, la richiesta avanzata dai promotori di poter disporre di autobus gratuiti che colleghino la stazione ai luoghi della manifestazione. E poi si dovrebbe stabilire una volta per tutte il tragitto che compiranno i manifestanti, attesi a migliaia non solo da Vicenza ma anche da molte province italiane e dall’estero. E qui si innesta il giallo dell’ultima ora. I promotori, infatti, vorrebbero passare per contrà S. Marco. Sulla via, però, si affaccia il palazzo dove ha dimora il sindaco Enrico Hüllweck. Ufficialmente, non ci sarebbero rimostranze né prese di posizione, ma qualche imbarazzo c’è. Ieri, quando ha appreso la notizia, il vicesindaco e assessore alla pubblica sicurezza Valerio Sorrentino ha subito informato il primo cittadino. Questo, dunque, il tragitto come viene descritto nel sito www.altravicenza.it: ritrovo alle 13 a Villa Tacchi in viale della Pace; tutti gli spezzoni del corteo si formeranno tra la caserma Ederle e villa Tacchi; partenza entro le 14; percorso: villa Tacchi, viale della Pace, corso Padova, contrà Porta Padova; ponte degli Angeli; contrà Vittorio Veneto; ponte Pusterla; contrà S. Marco; contrà dei Forti di San Francesco; Piazza Marconi; via Paglierino; viale Lamarmora; via S. Antonino; punto di arrivo: parco giochi di Lobbia (comune di Caldogno) poco oltre l'aeroporto Dal Molin, dove è previsto uno spettacolo conclusivo della manifestazione». Proseguono, intanto, i distinguo che stanno dividendo l’Unione di centrosinistra. I Ds, in particolare, appaiono lacerati fra la presa di posizione della segreteria provinciale contraria alla partecipazione, e le posizioni di singoli esponenti: è notizia di ieri che aderiscono al corteo i consiglieri comunali Valentina Dovigo e Gianni Cristofari. Con loro ci dovrebbe essere anche il capogruppo Luigi Poletto, che dopo aver firmato un documento che diceva no al 2 dicembre senza se e senza ma, ora annuncia che sabato scenderà in piazza. Alla manifestazione aderiscono anche Rifondazione comunista e la Cgil Veneto, contro la militarizzazione di Vicenza e a favore del referendum.
Dal Molin. I progettisti americani in municipio per discutere l’ipotesi di realizzare un accesso a sud, liberando via S. Antonino di G. M. Mancassola Primi passi per ritoccare il progetto della caserma americana al Dal Molin. Ieri mattina al secondo piano di palazzo degli Uffici, in piazza Biade, è stata avvistata una delegazione di professionisti e tecnici della caserma Ederle, con le cartelle e le carpette contenenti elaborati progettuali. A capo del gruppo c’erano Vincent Figliomeni, consigliere politico del comando Setaf, e Michele Lo Verde, uno dei progettisti. La porta a cui hanno bussato è quella dell’ufficio dell’assessore ai Trasporti Claudio Cicero. Di ufficiale, dall’incontro, non emerge nulla. Il sindaco Enrico Hüllweck, tuttavia, inquadra la riunione nell’ambito dei nuovi contatti avviati dagli americani per cercare di ridurre l’impatto del nuovo insediamento. Una delle ipotesi allo studio, spiega il sindaco, è il tentativo di limitare l’utilizzo di strada S. Antonino: l’intasamento dell’arteria che collega Caldogno con i quartieri a nord del capoluogo, infatti, è uno dei numerosi problemi sollevati dai comitati dei residenti e dal consiglio comunale calidoniense. E d’altra parte, quella viabilistica è una delle garanzie richieste dal documento approvato in sala Bernarda il 26 ottobre. «Ho chiesto all’assessore Cicero di avviare alcuni incontri preliminari - si limita a dire Hüllweck - ai quali ho preferito non essere presente per non dare la patente di eccessiva ufficialità». Dunque nulla da prendere troppo sul serio, almeno per ora: solo ipotesi, come un’ipotesi dovrebbe ancora essere, fino a prova contraria, la stessa caserma. Ma cosa c’è sul tavolo? Il sindaco lo aveva anticipato a metà novembre, quando aveva confermato il colloquio con i vertici Usa, che si erano resi disponibili a modificare alcuni dettagli del progetto. In particolare, potrebbe essere rivoluzionato il sistema di ingressi e uscite, oggi collocati lungo strada S. Antonino, con il rischio di aggravare gli ingorghi di cui già soffre l’arteria. In ballo, come noto, c’è una soluzione di ampio respiro, come la tangenziale nord: al momento, però, non ci sono certezze né sul progetto, né sui costi, né sul finanziamento. Un’opera di quella portata, inoltre, richiederebbe alcuni anni di lavorazione burocratica e di cantiere. Il pericolo, allora, è che l’insediamento militare, qualora venga concesso il via libera da parte del Governo, venga completato e diventi operativo prima che la tangenziale sia completata. Una delle soluzioni potrebbe essere la creazione di un’alternativa a strada S. Antonino. Come? «Spostando gli ingressi verso sud», aveva anticipato Hüllweck nei giorni scorsi. Ora quella proposta sta prendendo forma concreta: l’idea è di sfruttare viale Ferrarin, che conduce al settore militare un tempo occupato dalla Nato. C’è però il problema della pista, che separa gli edifici militari dal settore civile, dove dovrebbe essere costruita la nuova caserma. L’ostacolo verrebbe aggirato costruendo una bretella di collegamento fra viale Ferrarin e la futura caserma, restando a sud della pista, senza quindi toccarla. Si tratterebbe di una sorta di parallela a viale Dal Verme, da ricavarsi appena al di là delle ultime case che si affacciano sulla circonvallazione cittadina. Il Comune vorrebbe che questa fosse soltanto una soluzione temporanea: in alcun modo non può essere scambiata per la grande compensazione della tangenziale nord. La bretella, con questo schema di ingressi e uscite, sarebbe utile durante gli scavi e il cantiere, e per tutto il tempo necessario in attesa che venga completata la tangenziale nord. Inizia così a prendere forma una delle modifiche suggerite dall’on. Mauro Fabris, capogruppo dell’Udeur alla Camera, durante un recente colloquio con l’ambasciatore americano Ronald Spogli. Proprio Fabris, con i colleghi capigruppo dell’Unione, questa mattina alle 9 incontrerà il ministro della Difesa Arturo Parisi. Fabris, che si è sempre detto contrario all’ipotesi attuale, cercherà almeno di convincere il ministro della necessità di trovare soluzioni alternative.
Politica. Il centrosinistra ha scritto le norme interne per trovarsi il candidato del 2008 Cercasi sindaco, si comincia presto Unione... in regola per le primarie Un anno di procedure, urne aperte anche ai residenti stranieri, un euro di contributo per ogni voto Firme di presentazione proprio come le liste in Comune e limiti di spesa per gli aspiranti candidati di Antonio Trentin Se i partiti di centrosinistra le vogliono davvero - come giurano (quasi tutti) ogni volta che possono - le consultazioni "primarie" per andare in cerca del futuro candidato sindaco di Vicenza adesso hanno regole scritte. Ancora da approvare definitivamente, ma dalle quali poco si scapperà, perché qualche dettaglio forse è ritoccabile, ma la sostanza no. Le ha messe a punto, in dodici articoli, la commissione espressa ormai un anno e mezzo fa da Ds, Margherita, Verdi, Sdi, Udeur, Repubblicani europei (più l'Italia dei Valori e il Pdci in va-e-vieni, più Rifondazione rimasta sulla soglia come "osservatrice") insieme con un paio di associazioni d'area (Vicenza riformista, Cittadini per l'Ulivo), con il gruppo Bilancio partecipativo e con la lista civica Vicenza Capoluogo, che aveva la poltrona di vertice e che ieri era schierata con la sua dirigenza alla presentazione ufficiale. "Ora tocca alle segreterie confermare il lavoro fatto" ha commentato Andrea Pelosi, reduce dal ruolo di coodinatore-capo della lunga operazione per la messa a punto delle procedure. Il modello e il meccanismo assomigliano naturalmente molto a quelli che l'anno scorso, in ottobre, portarono alla super-primaria nazionale da 4 milioni di votanti, in cui il 70 per cento dell'elettorato di centrosinistra assegnò a Romano Prodi il previsto ruolo di sfidante di Silvio Berlusconi per la presidenza del consiglio. Ci dovrebbero essere, quindi, una commissione centrale comunale formata da tutti i partiti dell'Unione come promotrice della consultazione, un comitato di garanti senza tessera incaricato della supervisione, un voto aperto a tutti i cittadini su concorrenti che si sono fatti avanti grazie all'appoggio di un buon numero di sostenitori (previste tante firme quante ne servono per presentare una lista alle elezioni comunali: da 400 a 650). Gli aspiranti all’incarico di candidato sindaco della coalizione non dovranno essere transfughi recenti dal centrodestra, non dovranno spendere più di 2500 euro a testa per la propaganda, firmeranno preventivamente l'obbligo politico-morale ad appoggiare il contendente vincente. L'idea del centrosinistra è di confermare l'apertura delle urne unioniste a tutti i residenti in città - quindi anche agli stranieri regolarmente censiti in anagrafe - e ai giovanissimi dai 17 anni in su, e cioè arrivati sulla soglia dell'età per essere elettori e in attesa dell'esordio proprio alle "comunali". Confermata dalla primaria 2005 dell'Unione anche la pratica dell'euro da versare al momento del voto: "Per pagare le spese organizzative e, se ci sarà un avanzo, per mettere a disposizione del candidato vincente una prima somma come espressione dell'appoggio di tutta la coalizione". "Avevamo chiesto anche alla Casa delle libertà di partecipare alla redazione di un regolamento per le primarie - ha spiegato Pelosi - ma i partiti del centrodestra non hanno accettato. Al Comune, attraverso la commissione Affari istituzionali del consiglio comunale, abbiamo chiesto la possibilità che in futuro lo strumento delle primarie, regolamentato con condivisione generale, diventi un possibile strumento ufficialmente compreso tra gli istituti di partecipazione. Lasciato, ovviamente, alla libertà d'utilizzo da parte dei diversi schieramenti politici". Un cenno particolare merita la tempistica cadenzata nel regolamento messo a punto dalla commissione. L'indicazione è che la procedura di consultazione dell'elettorato amico parta un anno prima della scadenza elettorale. L'anticipo è notevolissimo, rispetto alle abitudini dei partiti. "Serve a fornire le garanzie nel processo di scelta democratica - ha osservato Pelosi - ma anche a dare al candidato sindaco vincente il tempo di coordinare il programma con le forze che lo sostengono, di avere contatti con la società civile, di presentare con ampiezza il progetto amministrativo a categorie economiche e associazioni cittadine". Funzionasse da subito, il calendario della "prima volta" è già scritto: avvio della commissione interpartitica a metà della prossima primavera, presentazione delle candidature in giugno, raccolta firme in estate, campagna dei candidati in ottobre, primaria in novembre. Appunto sei mesi prima delle elezioni per il Comune post-Hüllweck, previste per aprile o maggio del 2008.
Ieri la festa della polizia penitenziaria alla presenza del vescovo Carcere, finita l’emergenza Dopo l’indulto fuori in 101 Nelle celle presenti 142 detenuti, oltre la metà sono immigrati di Eugenio Marzotto «Sono favorevole all’indulto, ma senza un vero percorso di integrazione al di fuori del carcere credo non serva a molto». Sono le parole pronunciate dal vescovo Nosiglia, interventuto ieri alla festa del corpo di polizia penitenziaria per ricordare che il lavoro dei 110 agenti della Casa circondariale di via Dalla Scola «deve unire giustizia e carità, giustizia e fede. Per i detenuti voi rappresentate un modello». Il lavoro della polizia si è “normalizzato” dopo l’indulto, è lo stesso comandante Giuseppe Lozzito a dichiararlo seppur con una cautela. Del resto i numeri spiegano che nel carcere di Vicenza le condizioni di vita sono cambiate dopo che 101 persone hanno goduto del provvedimento votato dai due terzi del parlamento. Al primo gennaio 2006 i detenuti erano 274, oggi ne sono presenti 142: di questi 75 sono stranieri (in maggioranza provenienti da Albania e Marocco) e 86 sul totale sono in attesa di primo giudizio. E sul provvedimento che tanto ha fatto discutere, il direttore dell’istituto di pena Irene Iannucci si allinea al pensiero del vescovo: «Sono d’accordo con l’indulto ma quello che serve adesso è un serio progetto di accompagnamento, un’uscita guidata per evitare che gli ex detenuti ritornino in carcere. In questo senso le prossime settimane saranno fondamentali per capire quanto il provvedimento reggerà per Vicenza». Teme i mesi invernali il direttore, quelli in cui la disperazione e la solitudine può colpire chi è reduce da anni di carcere, chi magari un posto dove dormire non ce l’ha e la possibilità di un lavoro resta lontana. «Finora i recidivi sono stati pochi - commenta la Iannucci - ma saranno le prossime settimane a dirci quanti ci ricascheranno». I recidivi, coloro cioè che dopo l’indulto sono rientrati in carcere si contano nelle dita di una mano, «perlopiù tossici e alcolisti». Ma ieri è stato un giorno di festa, con i poliziotti in gran divisa ad accogliere autorità e a dimostrare che nonostante la poca visibilità il loro lavoro conta eccome, tanto che recentemente hanno supportato i loro colleghi di altri corpi per la sicurezza degli stadi. Dall’alto sono benedetti dal santo patrono San Basilide, ex soldato, militare che incontrò il vangelo dopo aver visto delle donne cristiane andare al patibolo. Molti secoli dopo l’immagine non cambia, tocca ai ragazzi della polizia penitenziaria farsi carico di vite perdute. È così che il capo dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del ministero di Giustizia Giovanni Tinebra spiega che «oggi il carcere non è più un luogo invisibile, fa parte della città a tutti gli effetti. Per questo la società deve tutelare i diritti dei detenuti». C’è spazio anche per la commozione durante la festa della polizia penitenziaria vicentina, il dolore per la scomparsa prematura di Francesco Casalicchio è ancora vivo. Al giovane, morto in un incidente sul lavoro a Monteviale, è stata intitolata la palestra e in suo nome è stato piantato un albero.
Siglano il patto con Schio per le aree attrezzate di sosta solo Santorso, Marano e San Vito I nomadi “spaccano” i sindaci Piovene non ci sta mentre Malo si rimette al Consiglio di Mauro Sartori Tutti d’accordo, o quasi: un patto di lealtà per distribuire nel territorio le carovane di nomadi disposte a partecipare ad un progetto di integrazione e sedentarizzazione. Sono quattro i Comuni pronti a firmare la lettera d’intenti che sancisce l’accordo sulla realizzazione delle piazzole di sosta, il cui utilizzo sarà legato tuttavia alla volontà espressa dagli zingari stessi di seguire le disposizioni intercomunali. Fra Schio, Santorso, Marano e S.Vito di Leguzzano c’è intesa. Piovene Rocchette ha abbandonato il tavolo delle trattative, Malo tentenna e prende tempo. La posizione di Maurizio Colman, sindaco piovenese, ribadita durante il comizio successivo alla fiaccolata di sabato sera, è chiara: «Il discorso è chiuso. Andiamo avanti per nostro conto. Non siamo la foglia di fico dell Alto vicentino. I miei colleghi vogliono fare un microinsediamento ma non hanno coraggio di andarlo a dire ai loro concittadini? Lo facciano senza il nostro appoggio. I progetti d’integrazione per i nomadi sono fallimentari. Che senso ha sperimentarne altri?». Quella del collega maladense, Antonio Antoniazzi, è meno rigida. Finora ha partecipato a tutti gli incontri, sia in Prefettura che a Santorso, e non si sogna di abbandonare il vertice: «Però non sottoscrivo alcun accordo se prima non mi confronto con la giunta e con il consiglio comunale. Il consenso dev’essere ampio. Io non prendo da solo simili impegni». Segnalato che il consiglio comunale è a larga maggioranza leghista, sembra ipotizzabile un no ai microinsediamenti nel territorio maladense, dove pure una famiglia di nomadi sta sostando da tempo, nei pressi del centro giovanile, non avendo creato per ora alcun tipo di problemi. Va da sè che i tempi del prossimo vertice prefettizio si allungano e con essi ogni ipotesi di rapido accordo su una questione che ha sollevato un polverone a livello nazionale dopo la decisione di Schio di scavare un fossato anti - carovane in zona industriale. «Non abbiamo stabilito date - conferma Pietro Menegozzo, sindaco di Santorso -. L’atteggiamento di Piovene complica le cose, ma andremo avanti anche senza Colman. Siamo dell’idea che i problemi vadano risolti, dovessero passare anni. Dobbiamo ragionare da amministratori e lasciar perdere ogni ideologia. Lavoro e scuola per i nomadi sono le chiavi per inseguire l’ipotesi di integrazione sociale. E questo non è possibile se cambiano continuamente paese». Menegozzo si dice preoccupato della piega che sta assumendo la faccenda: «Alle carovane dobbiamo comunque garantire assistenza sanitaria e sociale. Con il clima che si sta instaurando, temo che succeda qualcosa prima o poi». L’arrivo probabile delle piazzole di sosta non turba chi da anni si batte per il decoro della zona industriale: «Dobbiamo confrontarci con l’integrazione e il discorso non vale solo per i nomadi - afferma l’imprenditore Massimo Zampieri del comitato cittadino di sicurezza. - Però non dobbiamo nemmeno nasconderci dietro le piazzole. Tensioni ve ne sono ancora e non si risolvono con la bacchetta magica. Devono essere i nomadi a volere l’integrazione, rispettando semplici regole e norme a garanzia di civiltà e legalità. È quello che chiediamo noi che ogni mattina, quando apriamo i cancelli della fabbrica, dobbiamo fare i conti con leggi da rispettare e tasse da pagare. Lo facciamo volentieri, ma non ci possono chiedere anche di adeguarci alle abitudini e ai modi di vita degli zingari. Noi scledensi siamo in 40 mila, loro poche decine. Penso spetti a loro fare la prima mossa». |