Cercasi sindaco, si comincia presto Unione... in regola per le primarie
Un anno di procedure, urne aperte anche ai residenti stranieri, un euro di contributo per ogni voto
Firme di presentazione proprio come le liste in Comune e limiti di spesa per gli aspiranti candidati
di Antonio Trentin
Se i partiti di centrosinistra le vogliono davvero - come giurano (quasi tutti) ogni volta che possono - le consultazioni "primarie" per andare in cerca del futuro candidato sindaco di Vicenza adesso hanno regole scritte. Ancora da approvare definitivamente, ma dalle quali poco si scapperà, perché qualche dettaglio forse è ritoccabile, ma la sostanza no.
Le ha messe a punto, in dodici articoli, la commissione espressa ormai un anno e mezzo fa da Ds, Margherita, Verdi, Sdi, Udeur, Repubblicani europei (più l'Italia dei Valori e il Pdci in va-e-vieni, più Rifondazione rimasta sulla soglia come "osservatrice") insieme con un paio di associazioni d'area (Vicenza riformista, Cittadini per l'Ulivo), con il gruppo Bilancio partecipativo e con la lista civica Vicenza Capoluogo, che aveva la poltrona di vertice e che ieri era schierata con la sua dirigenza alla presentazione ufficiale. "Ora tocca alle segreterie confermare il lavoro fatto" ha commentato Andrea Pelosi, reduce dal ruolo di coodinatore-capo della lunga operazione per la messa a punto delle procedure.
Il modello e il meccanismo assomigliano naturalmente molto a quelli che l'anno scorso, in ottobre, portarono alla super-primaria nazionale da 4 milioni di votanti, in cui il 70 per cento dell'elettorato di centrosinistra assegnò a Romano Prodi il previsto ruolo di sfidante di Silvio Berlusconi per la presidenza del consiglio.
Ci dovrebbero essere, quindi, una commissione centrale comunale formata da tutti i partiti dell'Unione come promotrice della consultazione, un comitato di garanti senza tessera incaricato della supervisione, un voto aperto a tutti i cittadini su concorrenti che si sono fatti avanti grazie all'appoggio di un buon numero di sostenitori (previste tante firme quante ne servono per presentare una lista alle elezioni comunali: da 400 a 650). Gli aspiranti all’incarico di candidato sindaco della coalizione non dovranno essere transfughi recenti dal centrodestra, non dovranno spendere più di 2500 euro a testa per la propaganda, firmeranno preventivamente l'obbligo politico-morale ad appoggiare il contendente vincente.
L'idea del centrosinistra è di confermare l'apertura delle urne unioniste a tutti i residenti in città - quindi anche agli stranieri regolarmente censiti in anagrafe - e ai giovanissimi dai 17 anni in su, e cioè arrivati sulla soglia dell'età per essere elettori e in attesa dell'esordio proprio alle "comunali". Confermata dalla primaria 2005 dell'Unione anche la pratica dell'euro da versare al momento del voto: "Per pagare le spese organizzative e, se ci sarà un avanzo, per mettere a disposizione del candidato vincente una prima somma come espressione dell'appoggio di tutta la coalizione".
"Avevamo chiesto anche alla Casa delle libertà di partecipare alla redazione di un regolamento per le primarie - ha spiegato Pelosi - ma i partiti del centrodestra non hanno accettato. Al Comune, attraverso la commissione Affari istituzionali del consiglio comunale, abbiamo chiesto la possibilità che in futuro lo strumento delle primarie, regolamentato con condivisione generale, diventi un possibile strumento ufficialmente compreso tra gli istituti di partecipazione. Lasciato, ovviamente, alla libertà d'utilizzo da parte dei diversi schieramenti politici".
Un cenno particolare merita la tempistica cadenzata nel regolamento messo a punto dalla commissione. L'indicazione è che la procedura di consultazione dell'elettorato amico parta un anno prima della scadenza elettorale. L'anticipo è notevolissimo, rispetto alle abitudini dei partiti. "Serve a fornire le garanzie nel processo di scelta democratica - ha osservato Pelosi - ma anche a dare al candidato sindaco vincente il tempo di coordinare il programma con le forze che lo sostengono, di avere contatti con la società civile, di presentare con ampiezza il progetto amministrativo a categorie economiche e associazioni cittadine".
Funzionasse da subito, il calendario della "prima volta" è già scritto: avvio della commissione interpartitica a metà della prossima primavera, presentazione delle candidature in giugno, raccolta firme in estate, campagna dei candidati in ottobre, primaria in novembre. Appunto sei mesi prima delle elezioni per il Comune post-Hüllweck, previste per aprile o maggio del 2008.
Carcere, finita l’emergenza Dopo l’indulto fuori in 101
Nelle celle presenti 142 detenuti, oltre la metà sono immigrati
di Eugenio Marzotto
«Sono favorevole all’indulto, ma senza un vero percorso di integrazione al di fuori del carcere credo non serva a molto».
Sono le parole pronunciate dal vescovo Nosiglia, interventuto ieri alla festa del corpo di polizia penitenziaria per ricordare che il lavoro dei 110 agenti della Casa circondariale di via Dalla Scola «deve unire giustizia e carità, giustizia e fede. Per i detenuti voi rappresentate un modello».
Il lavoro della polizia si è “normalizzato” dopo l’indulto, è lo stesso comandante Giuseppe Lozzito a dichiararlo seppur con una cautela. Del resto i numeri spiegano che nel carcere di Vicenza le condizioni di vita sono cambiate dopo che 101 persone hanno goduto del provvedimento votato dai due terzi del parlamento.
Al primo gennaio 2006 i detenuti erano 274, oggi ne sono presenti 142: di questi 75 sono stranieri (in maggioranza provenienti da Albania e Marocco) e 86 sul totale sono in attesa di primo giudizio.
E sul provvedimento che tanto ha fatto discutere, il direttore dell’istituto di pena Irene Iannucci si allinea al pensiero del vescovo: «Sono d’accordo con l’indulto ma quello che serve adesso è un serio progetto di accompagnamento, un’uscita guidata per evitare che gli ex detenuti ritornino in carcere. In questo senso le prossime settimane saranno fondamentali per capire quanto il provvedimento reggerà per Vicenza».
Teme i mesi invernali il direttore, quelli in cui la disperazione e la solitudine può colpire chi è reduce da anni di carcere, chi magari un posto dove dormire non ce l’ha e la possibilità di un lavoro resta lontana.
«Finora i recidivi sono stati pochi - commenta la Iannucci - ma saranno le prossime settimane a dirci quanti ci ricascheranno».
I recidivi, coloro cioè che dopo l’indulto sono rientrati in carcere si contano nelle dita di una mano, «perlopiù tossici e alcolisti».
Ma ieri è stato un giorno di festa, con i poliziotti in gran divisa ad accogliere autorità e a dimostrare che nonostante la poca visibilità il loro lavoro conta eccome, tanto che recentemente hanno supportato i loro colleghi di altri corpi per la sicurezza degli stadi.
Dall’alto sono benedetti dal santo patrono San Basilide, ex soldato, militare che incontrò il vangelo dopo aver visto delle donne cristiane andare al patibolo. Molti secoli dopo l’immagine non cambia, tocca ai ragazzi della polizia penitenziaria farsi carico di vite perdute. È così che il capo dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del ministero di Giustizia Giovanni Tinebra spiega che «oggi il carcere non è più un luogo invisibile, fa parte della città a tutti gli effetti. Per questo la società deve tutelare i diritti dei detenuti».
C’è spazio anche per la commozione durante la festa della polizia penitenziaria vicentina, il dolore per la scomparsa prematura di Francesco Casalicchio è ancora vivo. Al giovane, morto in un incidente sul lavoro a Monteviale, è stata intitolata la palestra e in suo nome è stato piantato un albero.
I nomadi “spaccano” i sindaci
Piovene non ci sta mentre Malo si rimette al Consiglio
di Mauro Sartori
Tutti d’accordo, o quasi: un patto di lealtà per distribuire nel territorio le carovane di nomadi disposte a partecipare ad un progetto di integrazione e sedentarizzazione. Sono quattro i Comuni pronti a firmare la lettera d’intenti che sancisce l’accordo sulla realizzazione delle piazzole di sosta, il cui utilizzo sarà legato tuttavia alla volontà espressa dagli zingari stessi di seguire le disposizioni intercomunali. Fra Schio, Santorso, Marano e S.Vito di Leguzzano c’è intesa. Piovene Rocchette ha abbandonato il tavolo delle trattative, Malo tentenna e prende tempo.
La posizione di Maurizio Colman, sindaco piovenese, ribadita durante il comizio successivo alla fiaccolata di sabato sera, è chiara: «Il discorso è chiuso. Andiamo avanti per nostro conto. Non siamo la foglia di fico dell Alto vicentino. I miei colleghi vogliono fare un microinsediamento ma non hanno coraggio di andarlo a dire ai loro concittadini? Lo facciano senza il nostro appoggio. I progetti d’integrazione per i nomadi sono fallimentari. Che senso ha sperimentarne altri?».
Quella del collega maladense, Antonio Antoniazzi, è meno rigida. Finora ha partecipato a tutti gli incontri, sia in Prefettura che a Santorso, e non si sogna di abbandonare il vertice: «Però non sottoscrivo alcun accordo se prima non mi confronto con la giunta e con il consiglio comunale. Il consenso dev’essere ampio. Io non prendo da solo simili impegni».
Segnalato che il consiglio comunale è a larga maggioranza leghista, sembra ipotizzabile un no ai microinsediamenti nel territorio maladense, dove pure una famiglia di nomadi sta sostando da tempo, nei pressi del centro giovanile, non avendo creato per ora alcun tipo di problemi.
Va da sè che i tempi del prossimo vertice prefettizio si allungano e con essi ogni ipotesi di rapido accordo su una questione che ha sollevato un polverone a livello nazionale dopo la decisione di Schio di scavare un fossato anti - carovane in zona industriale.
«Non abbiamo stabilito date - conferma Pietro Menegozzo, sindaco di Santorso -. L’atteggiamento di Piovene complica le cose, ma andremo avanti anche senza Colman. Siamo dell’idea che i problemi vadano risolti, dovessero passare anni. Dobbiamo ragionare da amministratori e lasciar perdere ogni ideologia. Lavoro e scuola per i nomadi sono le chiavi per inseguire l’ipotesi di integrazione sociale. E questo non è possibile se cambiano continuamente paese».
Menegozzo si dice preoccupato della piega che sta assumendo la faccenda: «Alle carovane dobbiamo comunque garantire assistenza sanitaria e sociale. Con il clima che si sta instaurando, temo che succeda qualcosa prima o poi».
L’arrivo probabile delle piazzole di sosta non turba chi da anni si batte per il decoro della zona industriale: «Dobbiamo confrontarci con l’integrazione e il discorso non vale solo per i nomadi - afferma l’imprenditore Massimo Zampieri del comitato cittadino di sicurezza. - Però non dobbiamo nemmeno nasconderci dietro le piazzole. Tensioni ve ne sono ancora e non si risolvono con la bacchetta magica. Devono essere i nomadi a volere l’integrazione, rispettando semplici regole e norme a garanzia di civiltà e legalità. È quello che chiediamo noi che ogni mattina, quando apriamo i cancelli della fabbrica, dobbiamo fare i conti con leggi da rispettare e tasse da pagare. Lo facciamo volentieri, ma non ci possono chiedere anche di adeguarci alle abitudini e ai modi di vita degli zingari. Noi scledensi siamo in 40 mila, loro poche decine. Penso spetti a loro fare la prima mossa».