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25 AGOSTO 2005 dal Giornale di Vicenza
Il passaporto per telefonare
Gli immigrati che gestiscono i 21 negozi in città, la maggior parte a San Felice,
rivendicano l’apertura alla domenica e chiedono di poter incontrare il sindaco:
«È il giorno in cui gli extracomunitari non lavorano e chiamano le famiglie» di Luisa Dissegna Per moltissimi immigrati alzare la cornetta del telefono e chiamare i propri cari dall’altra parte del mondo è l’antidoto contro la nostalgia. Così si moltiplicano anche in città i phone center internazionali, che permettono agli stranieri di chiamare casa o inviare e-mail senza prosciugare il portafogli. E cresce l’apprensione, l’insicurezza e i disagi di una parte di cittadini, già passati ai fatti un anno fa con una raccolta di firme, dopo gli arresti in via Napoli. Secondo un censimento dell’ufficio commercio del Comune, i phone center in città sono oltre 21. «Ma il numero potrebbe essere maggiore - assicura un funzionario, Giuseppe Savio -. Un call center non sempre è anche un’attività commerciale ma può essere solo un servizio. Quindi la licenza viene richiesta direttamente al ministero delle telecomunicazioni». Micro-realtà imprenditoriali, concentrate per lo più nei quartieri cittadini a “vocazione etnica”, vicino alla stazione o alle macellerie islamiche e ai doner kebab, che producono in Italia un giro d’affari che supera i 400 milioni di euro (fonte Il Sole 24 Ore). A Vicenza, soltanto in viale Milano se ne contano 5 in una manciata di numeri civici che va dal 23 all’81. Nelle immediate vicinanze ne funzionano altri 7, tre in via Firenze in soli 100 metri. E tre sono anche i locali in corso Santi Felice e Fortunato. Gli altri sparsi in più parti della città. Dopo le disposizioni anti-terrorismo del ministero degli Interni i locali di telefonia, i phone center sono tornati nell’occhio del ciclone. E sono già in atto misure che il titolare deve osservare per il monitoraggio delle operazioni dell’utente e per l’acquisizione e archiviazione dei dati, anche anagrafici. Così la prima cosa che il gestore algerino di “Il mondo al telefono”, in corso San Felice e Fortunato , chiede a chi entra è un documento d’identità. Per accedere ai terminali e navigare, per le attività di “money-transfer“. In questo phone center le postazioni Internet sono 5 dove gli utenti navigano tra siti di sport, cercano voli a basso costo per tornare a casa e notizie del loro paese. Inviano e ricevono e mail. «Rischiamo di perdere i clienti che non vogliono si leda alla loro privacy, ma la legge va rispettata - spiega - E’ necessaria una campagna d’informazione sulle norme antiterrorismo. L’utente dovrebbe essere cosciente che appena entra d’ora in poi dovrà esibire spontaneamente un documento». Mentre un ragazzo americano ritorna in macchina a prendere il documento, un giovane marocchino chiede spiegazioni sulle norme antiterrorismo, mentre esibisce il permesso di soggiorno per inviare 250 euro a sua madre. «Macché scherziamo - spiega serio - Questi soldi servono alla mia famiglia per mangiare». Chi può risalire ai trasferimenti di denaro fino a tre anni fa è il gestore mediorientale di un phone center “evoluto” in via Firenze. «Io non ho mai eseguito una transazione senza verificare l’autenticità di un documento. Ma a fronte di doveri ci sarà pure una controparte di diritti». Il diritto che i gestori dei phone center chiedono a gran voce è l’apertura nei giorni festivi, nelle domeniche, e orari di apertura più flessibili. Attualmente l’orario è fissato tra le 7 del mattino e le 22 e non può superare il limite delle tredici ore giornaliere. «Chi ha ideato questa chiusura vuole proibire che gli extracomunitari circolino per le vie la domenica e magari formino dei gruppi di ritrovo. Per loro non ci sono luoghi di aggregazione. Per noi non c’è guadagno» spiega un gestore di via Firenze. Gli fa eco Saleh Uddin che gestisce un call center in corso San Felice e Fortunato: «Chiediamo di vedere il sindaco. Per vivere e pagare le tasse dobbiamo guadagnare. La domenica è il giorno in cui gli extracomunitari non lavorano e possono chiamare le famiglie senza problemi di fuso orario. Nei comuni limitrofi è consentito, perché a Vicenza no?». La domenica è il giorno in cui c’è tempo per telefonare. Lo ribadisce Aziz, presidente dell’associazione senegalesi: «Anche le nostre famiglie non lavorano. Io chiamo almeno una volta la settimana per mezz’ora. È l’unico modo per stare vicino ai miei cari». Ma nei phone center non si incontrano soltanto stranieri. «Chiamando i cellulari da qui si risparmia quasi la metà e oggi non ci sono più soldi» spiega un signore vicentino di mezza età. Adesso a chiamare dalle cabine di Saleh ci vanno anche i turisti e i vicentini che hanno scoperto la convenienza.
Arzignano. Sempre più numerose le classi multietniche. Il dirigente: «Previsti corsi di recupero per imparare l’italiano» È boom di stranieri nelle scuole Primi nella classifica regionale per il numero di bimbi immigrati di Silvia Vincis Arzignano è prima nel Veneto per numero di alunni stranieri iscritti alle scuole materne e primarie per l’anno scolastico 2005-2006: su 1050 alunni totali, infatti, 265 sono stranieri. Seconda, con 233 iscritti, Montecchio: solo San Bonifacio arriva a quota 200. La presenza straniera si fa sentire di più alle materne: su 166 bimbi della scuola di Villaggio Giardino, 70 sono stranieri. «Sono dati che fanno riflettere - spiega il dirigente scolastico del primo circolo di Arzignano, Silvano Ceresato - ma che non devono creare facili allarmismi». «La scuola comunque ha bisogno di maggiore sostegno perché le difficoltà di inserimento degli alunni stranieri sono molte». Ad Arzignano le classi multietniche non sono una novità, ma di anno in anno si nota un aumento nel rapporto tra studenti stranieri e italiani. Lo scorso anno, tra i 198 bambini stranieri iscritti alle scuole elementari del primo circolo di Arzignano, 41 alunni erano indiani, 37 provenivano dall’ex Jugoslavia, 30 dal Bangladesh, 25 dall’Albania e così via, in un elenco che conta ben 27 diverse nazionalità. C’era un bimbo iscritto alle elementari per ciascuna delle seguenti nazionalità: Algeria, Argentina, Bulgaria, Costa D'avorio, Macedonia, Paesi Bassi, Perù, Repubblica Ceca, Serbia. «Il problema della forte presenza straniera - afferma Ceresato - si ripercuote, come è ovvio, nel mondo della scuola, primaria e materna, vista la giovane età degli immigrati, che per la maggior parte si fermano in città e costruiscono una famiglia, spesso anche numerosa. Gli alunni stranieri hanno evidenti difficoltà di inserimento in classe: all’inizio conoscono poco la lingua italiana, fanno fatica a socializzare con i compagni, hanno una scarsa alfabetizzazione di base e spesso non rispettano le regole scolastiche o igienico-sanitarie. Per questo sono stati organizzati laboratori e attività di recupero pomeridiane che comprendono anche un corso di full-immersion per imparare più velocemente la lingua italiana: questa per gli alunni stranieri resta comunque sempre la seconda lingua». Molto importante risulta anche il coinvolgimento della famiglia nella vita scolastica del proprio figlio. Spiega ancora il dirigente: «Tanti genitori, infatti, non si interessano delle attività e non vi partecipano perché si fidano ciecamente della scuola: noi cerchiamo invece di renderli partecipi del percorso scolastico. La direzione didattica inoltre, organizza ogni anno corsi di formazione per gli insegnanti, in collaborazione con il centro territoriale di formazione e con l’università Ca’ Foscari di Venezia». L’aiuto economico c’è comunque, perché le scuole con più di 200 alunni stranieri ottengono dei fondi specifici, ma resta forte il bisogno di personale qualificato. «Di recente - continua il dirigente Silvano Ceresato - ho inviato all’amministrazione comunale la richiesta di integrazione di 3 insegnanti nella scuola di Villaggio Giardino, 2 per il plesso di Via Mazzini e 2 per San Rocco: aspetto fiducioso una risposta». |