30 AGOSTO 2004
dal Giornale di Vicenza
Due inchieste sulla nube tossica.Una del PM,l'altra comunale.
Un comitato contro la legge 40.
Dopo l’allarme
Due inchieste sulla nube tossica Una del pm, l’altra comunale
(i. t.) Questa mattina il pm Alessandro Severi analizzerà il primo rapporto dell’Arpav sull’incidente di venerdì alla Vimet e deciderà come orientare l’inchiesta. Intanto, anche l’amministrazione comunale, come hanno riferito gli assessori alla protezione civile Marco Zocca e alle finanze Maurizio Franzina, esaminerà la situazione dell’insediamento produttivo riguardo alla salute dei cittadini.
La disattenzione di venerdì intorno alle 16.15 in via Monte Corbetta di un’autista dell’Unichimica (peraltro esperto perché periodicamente si recava nell’azienda per quella manovra), che stava caricando una cisterna di acido cloridrico e inavvertitamente ha immesso la sostanza nella vasca dell’acido nitrico innescando una reazione chimica, ha sollevato nuovi interrogativi da parte della gente del quartiere.
Se al magistrato inquirente spetterà valutare quello che è successo per verificare se ci sono reati, nel qual caso la responsabilità sarà automatica perché l’incidente è stato lapalissiano, all’amministrazione comunale toccherà una valutazione su un’azienda che in passato è stata al centro di discussioni. Gli assessori Zocca e Franzina l’hanno dichiarato sul teatro dell’incidente mentre la complessa macchina dei soccorsi stava ancora operando.
«Mi aspetto che le voci si rinfocolino - ha spiegato Emilio Mamprin, titolare della Vimet che dà lavoro a quaranta persone -, e questo può essere comprensibile sotto la spinta emotiva. Ma è anche giusto analizzare a bocce ferme il contesto di quello che è avvenuto e lo sforzo dell’azienda sul fronte della sicurezza. Quanto all’errore c’è poco da dire. Sulle cisterne, che sono poste all’esterno del ciclo produttivo, c’è scritto a caratteri cubitali qual è quella dell’acido cloridrico e quella del nitrico. Se uno poi sbaglia c’è poco da fare. Quanto alla sicurezza e alla salubrità dell’azienda, nel corso degli anni abbiamo investito parecchi soldi, tanto che da dieci anni nessuno nel quartiere si lamentava più. La nostra è una ditta orafa che utilizza in alcune lavorazioni dell’acido, ma la situazione è assolutamente sotto controllo e la gente può stare tranquilla, come del resto, paradossalmente, ha potuto vedere e valutare dopo l’incidente di venerdì che non ha causato feriti. Lo sforzo economico che abbiamo fatto in questi anni non è stato da poco».
La nube giallastra maleodorante che dopo la reazione chimica si è sprigionata dal deposito ed è volata verso la vicina caserma Ederle, ha parzialmente irritato alcuni ragazzi che stavano giocando a football americano. Diciotto studenti si sono recati in infermeria, ma soltanto due di essi sono stati trattenuti per un paio d’ore a scopo cautelativo.
Qualora dovessero essere individuati reati sarebbero di natura colposa e in quel caso il pm Severi aprirà un’inchiesta. Prima di farlo dovrà leggere il rapporto dei tecnici dell’Arpav che venerdì pomeriggio e fino a notte fonda, hanno eseguito prelievi dell’aria per valutare qual era lo stato del possibile inquinamento atmosferico. Problemi, com’è stato scritto, a partire dalle 20 di venerdì non ce ne sono più stati, anche perché l’intervento massiccio dei pompieri, guidati dall’ing. Carolo, attrezzati nella lotta agli inquinanti di tutti i tipi, ha impedito sul nascere qualsiasi tipo di propagazione.
Tra l’altro, in passato la procura di Vicenza aveva già svolto indagini sulla Vimet in seguito a segnalazioni dei residenti alla magistratura. L’inchiesta non aveva portato ad accertare anomalie. «Ma da allora - ha concluso Mamprin - Vimet ha compiuto ulteriori passi in avanti per salvaguardare la salute interna ed esterna. La nostra non è un’azienda pericolosa, come dimostrano questi ultimi dieci anni».
Fecondazione assistita. La Cgil di Vicenza lancia l’invito ai vicentini per sostenere i referendum
Un comitato contro la legge 40
Il sindacato: «Questo provvedimento crea ostacoli intollerabili»
di Silvia Maria Dubois
Se è vero che in estate gran parte della politica va in ferie, è altrettanto vero che le battaglie non possono permettersi il lusso di fermarsi nemmeno in questo periodo dell’anno. In particolar modo quella per abrogare la legge 40/2004 sulla fecondazione assistita. La Cgil, dunque, lancia l’invito: domani la cittadinanza è attesa presso la sede della circoscrizione 7, in via Vaccari, alle 17,30, per far nascere anche a Vicenza un comitato a sostegno dei referendum abrogativi, sull’esempio di gruppi già organizzati ed insediati, come quello di Padova.
Insomma, l’idea è quella di far nascere, anche materialmente, una vera e propria centrale d’azione che si batta per cambiare la legislazione in atto proseguendo nella raccolta firme e nelle azioni di mobilitazione necessarie per coinvolgere l’opinione pubblica, in vista della scadenza massima fissata per il 20 settembre.
«Sia pure con disagi, costi personali e sociali non indifferenti, le tecniche di riproduzione medicalmente assistita permettono di poter realizzare uno dei fondamentali desideri e facoltà umane: quello della paternità e della maternità - spiega la Cgil - questa nuova legge crea ostacoli intollerabili e sottintende un giudizio morale negativo nei confronti di queste pratiche.
Essa viola i più elementari diritti alla salute delle donne, limita la prevenzione delle malattie ereditarie e calpesta la libertà di ricerca scientifica, imponendo un’unica visione morale particolare a una società pluralista e multiculturale come quella italiana».
E mentre molte donne del panorma politico, associativo e sindacale cittadino rafforzano la cordata dell’opposizione, c’è anche chi si muove a nome di tutti in parlamento.
«Io sono presentatrice di due quesiti su cinque - racconta Lalla Trupia, deputata dei Ds - uno è quello che chiede di eliminare le parti peggiori della legge proteggendo la salute della donna e la libertà di ricerca; l’altro, forse il più importante, è quello che chiede di eliminare l’articolo uno, dove si attribuisce stato giuridico all’embrione: una specifica pericolosissima, da cui si potrebbe rischiare di modificare anche la legge 194, quella sull’aborto».
«A tutti noi, comunque, verrebbe voglia di appoggiare il quesito dei radicali, e cioé quello che chiede l’abrogazione totale della legge - prosegue la Trupia - se solo non fosse per i due grossi rischi che comporterebbe questa scelta: la possibilità che la Corte Costituzionale rigetti la proposta o, anche in caso positivo, il vuoto legislativo che si verrebbe a ricreare di nuovo in materia».
Una battaglia tutt’altro che facile, dunque, quella che aspetta le donne impegnate nel difendere la propria libertà di procreazione e di decisioni di coppia contro la legge 40.
« Siamo la vergogna del mondo - conclude la Trupia - questa legge è una contraddizione, è un freno improvviso al progresso della ricerca e all’evoluzione dei diritti dei cittadini. Per bloccare questa oppressione, ora, è necessaria un’alleanza trasversale che coinvolga varie rappresentanze, ma soprattutto l’opinione pubblica. La quale si sta dimostrando ben più lungimirante e sensibile delle istituzioni».