|
30 NOVEMBRE 2006
«Qui si rischia la paralisi totale»
La paura per traffico e autobus di G. M. Mancassola Sale la febbre da 2 dicembre. A due giorni dal grande corteo contro il progetto statunitense di costruire una nuova caserma all’aeroporto Dal Molin, fioccano le adesioni da tutta Italia e fioccano le polemiche. Mentre i promotori registrano l’appoggio autorevole dell’astrofisica Margherita Hack, dai negozianti del centro storico e dal municipio rimbalza l’allarme per il traffico: «La città rischia la paralisi». Auto e bus. Il conto alla rovescia è già nella fase calda, eppure all’Aim ancora si interrogano sulla gestione del trasporto pubblico nel delicato pomeriggio di sabato. Gran parte delle linee degli autobus cittadini incrocia il percorso del corteo, che si snoderà da viale della Pace al Dal Molin, attraversando arterie cruciali come corso Padova, contrà S. Marco, viale D’Alviano e viale Dal Verme. Dal settore trasporti di Aim continuano a partire telefonate all’indirizzo del Comune, dove però rispondono che dalla prefettura non hanno ancora avuto notizie e informazioni, né ufficiali né dettagliate. Non è chiaro, quindi, se gli autobus subiranno deviazioni o se verranno sospese le corse. «Non sappiamo nulla, di questo non si è assolutamente parlato nella riunione di martedì in prefettura» si limita a dire il vicesindaco e assessore alla Pubblica sicurezza, Valerio Sorrentino. C’è di più: «La città rischia la paralisi» afferma l’assessore alla Mobilità Claudio Cicero. Il corteo, che attraverserà da un capo all’altro della città, coincide con il primo sabato di dicembre, con un pomeriggio di acquisti natalizi che dovrebbe calamitare sul capoluogo automobili da tutta la provincia. «A 48 ore dall’evento, io non sono ancora stato interpellato - incalza Cicero - per organizzare un servizio di controllo e gestione del traffico. La situazione rischia di diventare ingestibile. Poi non si dica che è colpa del Comune, perché noi avevamo avvertito di tutti i rischi». I negozianti. «La preoccupazione degli operatori del commercio per il corteo del 2 dicembre è evidente. La manifestazione passa infatti anche in zone ad alta densità commerciale e c'è chiaramente il rammarico per l' inevitabile disagio che subiranno i nostri colleghi con attività in quell' area. Siamo però anche consapevoli che il sindaco, il questore ed il prefetto hanno fatto il massimo per evitare di far passare i manifestanti in pieno centro storico, come avviene di solito. Difficile, probabilmente, fare di più per conciliare la richiesta di visibilità degli organizzatori del corteo e i bisogni di sicurezza e di subire i minori disagi possibili espressi dai cittadini e degli operatori del commercio». Questo il commento del presidente della sezione centro storico dell'Ascom, Luciano Pozzan. Molto più duro è il commento di Anna Jannò, portavoce dell’associazione “Le vetrine del centro storico”: «Siamo molto preoccupati, ci fa paura perché non si sa cosa potrà accadere e quali conseguenze ci potranno essere per chi lavora in centro. Vorrei ricordare che è un sabato di dicembre, un mese che rappresenta molto in questo momento di crisi economica. È giusto riconoscere la libertà di manifestare, ma c’è anche chi sabato lavorerà. Tutti noi ci auguriamo che non accada nulla, ma l’ingorgo del traffico appare inevitabile». Le adesioni. Dopo il premio Nobel Dario Fo, la manifestazione del 2 dicembre riceve un’altra adesione altisonante, quella dell’astrofisica Margherita Hack, che va ad aggiungersi a quelle di Oliviero Diliberto, Luca Casarini, “Patch” Adams, Beati i costruttori di pace di don Albino Bizzotto. Attraverso il consigliere regionale dei Comunisti italiani Nicola Atalmi, la Hack lancia anche un messaggio: «Aderisco alla manifestazione - rileva la studiosa - e sono contraria alla costruzione di una nuova base statunitense, perché bisogna essere coerenti con la nostra Costituzione che è contro la guerra, quindi contro l’ospitare basi che servono alla guerra, e riaffermare inoltre la nostra indipendenza di nazione europea non succube degli Stati Uniti». Dal canto suo Nicola Atalmi rileva: «È scandalosa la campagna allarmistica sulla stampa orchestrata trasversalmente da forze politiche di destra e di centrosinistra sulla manifestazione del 2 dicembre a Vicenza contro la base militare al Dal Molin. La manifestazione vuole essere una risposta democratica, popolare e civile al progetto di costruire la grande base militare in città a Vicenza». Al corteo è dedicata la trasmissione di approfondimento “In Piazza” in onda questa sera su TvA Vicenza alle 20.45.
La polemica. L’assessore Donazzan interviene Non si spengono i fuochi che avevano infiammato il vertice in prefettura di martedì sull’organizzazione del corteo anti-Dal Molin. Sull’opportunità di far transitare o meno il serpentone dei 6 mila manifestanti in centro storico, ora interviene l’assessore regionale Elena Donazzan, di Alleanza nazionale, che si schiera con il sindaco Enrico Hüllweck. Per altro, la stessa Donazzan la scorsa estate era in prima fila, in piazza dei Signori, durante una iniziativa dei giovani di An contro il Dal Molin americanizzato. «Abbiamo conosciuto Genova nel 2001 e Milano nel marzo di quest’anno e poi tante piccole, e neanche tanto, insubordinazioni, violenze, aggressioni da parte dei soliti noti personaggi nullafacenti - dichiara l’assessore veneto - per cui mi auguro che sabato a Vicenza non succeda nulla nel passaggio del corteo contro il Dal Molin. Mi auguro che nell’ambito del corteo, o dei cortei, visto che dovrebbero essere due, che dietro alla facciata delle sigle istituzionali non si nascondano i soliti noti, pronti ad imbrattare la città e a compiere violenze». «Un centro storico come quello di Vicenza, interamente tutelato dall’Unesco, andava tutelato e quindi si poteva tranquillamente vietare il passaggio per il centro storico, dal momento che non ve ne è alcuna necessità - spiega -. Mi pare che talvolta le decisioni prese da chi di competenza non corrispondano al perfetto equilibrio e al senso di responsabilità, per cui mi associo al sindaco Hüllweck che ha manifestato tutto il suo disappunto per la decisione presa. A quanto pare nei cortei sfileranno nomi considerati ‘nobili’, ma che io ritengo di associarli a quei ‘pacifondai’, che con la scusa della pace inneggiano sentimenti di odio contro chi non la pensa come loro (altro che democrazia!) siano essi i governi di Destra, i nostri militari, i nostri caduti». «Vicenza - conclude Elena Donazzan - conosce i valori profondi della nostra patria, del senso di appartenenza comune e quindi non ha bisogno di sfilate di finti pacifisti perché ha nelle coscienze dei vicentini e nel suo territorio, i segni del sacrificio dei nostri caduti, proprio di quei militari, di quei caduti, che sono stati simbolicamente ammazzati un’altra volta pochi giorni fa davanti all’Altare della Patria a Roma. Mi auguro quindi che Vicenza sabato non faccia notizia e mantenga, ma di questo non sono certa, il suo spirito composto, responsabile e profondamente radicato nelle tradizioni del suo territorio e della sua storia».
Nei siti internet degli organizzatori i lunghi elenchi di aderenti, partecipanti e simpatizzanti (g. m. m.) Il “popolo delle pentole” conquista mezza Italia. Si allunga di giorno in giorno la lista degli aderenti, partiti, associazioni, sindacati, singoli cittadini. I siti internet degli organizzatori sono un forziere di curiosità e amenità varie. Di grande suggestione appare “Il Resto del Cremlino”, periodico di Piacenza, che parteciperà con la redazione a base di falce e martello. Niente male anche il gruppo “Bastardi Dentro contro la guerra, per la pace”. E poi via con la sfilza di sigle che, chi più chi meno, strizza l’occhio al mondo della sinistra radicale e degli spiriti anarchici. Si va dal Collettivo Ombra Rossa di Cittadella alla sezione del PdCi di Belluno “Ivan Kuznizov”, dal coordinamento anarchico veneto al Brescia Social Forum. Dalla Lombardia sono attesi anche il Comitato bergamasco per il ritiro delle truppe e il gruppo Bastaguerra di Milano. Dal Sud sono in arrivo Orientale Agitata Napoli, il comitato per la pace, il disarmo e la smilitarizzazione del territorio di Napoli, la Tavola sarda per la pace, il Laboratorio occupato Insurgencia, e Attac-catania. Molti anche gli artisti che hanno risposto agli appelli dei promotori: sul sito www.altravicenza.it compare il nome della popolare band Modena City Ramblers; c’è il cantautore vicentino Luca Bassanese, ci sono le band nostrane Skaart Crew, Impossibile Banda Ottoni, The Smarcies, Big Mama, mentre da Napoli si sono annunciati i Malaccio Sound System. Gli elenchi sono davvero sterminati e non cessano di essere aggiornati.
Alta velocità, è sparita una galleria Pubblicata dopo 8 mesi la delibera del Cipe: manca il tunnel di Altavilla di Piero Erle Carta canta, finalmente, ma... Veneto dorme. È stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale, a otto mesi di distanza, la delibera del Cipe-Comitato interministeriale che approva il “collegamento ferroviario Verona-Padova di Alta velocità-capacità” inserito nel Primo programma delle opere strategiche previste dalla cosidetta legge obiettivo. La Corte dei conti ha registrato solo qualche settimana fa il provvedimento adottato dal Cipe presieduto il 29 marzo scorso dall’allora premier Silvio Berlusconi, ma adesso il via libera alla tratta Verona-Padova è legge statale. Ed emergono conferme e sorprese che già hanno scatenato reazioni ad esempio a San Bonifacio (la delibera del Cipe non riporta nulla sul tribolato passaggio in quella zona) ma anche a Vicenza. Per il semplice fatto che nel testo scritto finito in Gazzetta ufficiale non c’è più il tunnel previsto in zona di Altavilla. E le reazioni non mancheranno di sicuro. La storia. Come noto, di Alta velocità si discute dai primi anni ’90. Nel 2003 le Ferrovie hanno depositato il loro progetto (con tracciato lungo l’autostrada), ma ne è nata una lunga trattativa con Comune, Regione e ministero per progettare il passaggio in tunnel. Solo che c’era un problema di costi per cui la soluzione finale, come noto, è stata di dividere il piano in due fasi. E proprio il 21 marzo, appena pochi giorni prima della riunione del Cipe, il ministero delle Infrastrutture (guidato allora dal sen. Pietro Lunardi) ha proposto al Cipe di spezzare il progetto in due fasi distinte. L’accordo prevede anche che le Ferrovie sistemino tutte le stazioni tra Vicenza e Padova per renderle funzionali al Sistema metropolitano regionale (Sfmr). Cosa succede a Vicenza. Il nuovo progetto prevede che i binari tra Montebello e Vicenza si spostino dall’affiancamento all’autostrada A4 fino a correre vicino ai binari storici per giungere all’ingresso in città a Ponte Alto, con «ristrutturazione del dispositivo dei binari e dei relativi impianti di sicurezza e la costruzione di un parcheggio nella zona dell’attuale scalo merci». Questa è la cosiddetta prima fase, che prevede di realizzare le tratte fino a Montebello e tra Grisignano e Padova, mentre a Vicenza si arriva a fianco dei binari storici. Non c’è la galleria sotto Altavilla. Come detto San Bonifacio è sul piede di guerra, ma anche per il Vicentino ci sono sorprese da cui occorrrerà cautelarsi. Nelle prescrizioni infatti il Cipe dice testualmente che, nella fase 1, il tracciato dell’Alta velocità «dovrà correre, per una prima porzione, in affiancamento all’autostrada A4 Milano-Venezia e, successivamente, dovrà affiancarsi all’attuale linea ferroviaria Verona-Padova ottenendo un quadruplicamento della stessa linea fino all’esistente impianto della stazione di Vicenza». In sostanza, non c’è alcuna menzione della galleria che sarebbe prevista nella zona di Altavilla. L’assessore vicentino Claudio Cicero (vedi sopra) si sta già muovendo. La galleria di Vicenza c’è, ma verrà dopo. Per quanto riguarda Vicenza città, come noto la partita decisiva si giocò un anno fa, tra dicembre e gennaio, e alla fine al Cipe arrivò la proposta di ipotizzare sì la galleria sotto Vicenza, ma in un secondo momento. La fase 2 del progetto infatti, sancisce il Cipe, sarà «la realizzazione di un nuovo tracciato che sottoattraversa, in galleria, la stazione di Vicenza fino a Settecà, in prossimità dell’attuale fermata di Lerino, e prosegue in affiancamento alla ferrovia esistente per Lerino e Grisignano di Zocco». In ogni caso la delibera del Cipe dice sì al “corridoio” mentre rinvia tutto (anche la “salvaguardia urbanistica” del tracciato vero e proprio) al progetto definitivo dell’opera. Dato che la fase 2, tra l’altro, cambia anche l’altimetria dell’opera (si andrà sottoterra) i progetti definitivi, una volta integrati con la tratta di Vicenza, dovranno essere sottoposti «a ulteriori procedimenti di approvazione e finanziamento da parte del Cipe», riportano le prescrizioni. La nostra tratta è l’ultima della fila. Il programma comunque prevede che entro otto anni, e cioè nel 2014, siano in funzione le linee dell’Alta velocità da Milano a Napoli e da Torino a Verona. La Verona-Padova, insomma, sarà l’ultima della fila. E per di più divisa in due tappe. In ogni caso la delibera del Cipe indica i tempi anche per noi: l’Alta velocità con galleria sotto Vicenza ci sarà tra 11 anni e mezzo, a patto però che il via ai lavori arrivi entro il 2011. Come funzionerà l’opera. Come detto, le fasi del progetto sono due. Nella fase 1 viaggeranno sulla nuova linea i treni passeggeri di lunga percorrenza e i treni merci, mentre il trasporto locale e i treni da e per Treviso viaggeranno sui binari storici, assieme naturalmente ai treni merci destinati al Vicentino. In fase 2 invece la nuova linea ad Alta velocità (che passa sotto la città) sarà utilizzata per i treni passeggeri che non fermano a Vicenza, mentre «i treni di lunga percorrenza che effettuano servizio a Vicenza e quelli diretti a Treviso - scrive il Cipe - utilizzano la linea Alta velocità, ad eccezione che nel tratto di interconnessione di Vicenza, mentre i treni merci non destinati nell’area di Padova/Venezia possono essere instradati verso Treviso dalla interconnessione ovest di Vicenza, fermo restando che il trasporto locale è previsto sulla linea lenta». Insomma, a regime Vicenza sarà un nodo ferroviario: i treni merci da lì saranno dirottati versi Treviso. I costi. I soldi sono la questione principale: al momento non ci sono le risorse per la tratta Milano-Verona, già approvata dal Cipe tre anni fa, figuriamoci per quella veneta. In ogni caso la prima fase del progetto Verona-Padova prevede un costo di 3333 milioni di euro (rispetto ai 2630 del preliminare di tre anni fa), mentre con la seconda fase si sale a 4483 milioni di euro. Ma c’è anche da tener conto che la cifra globale per la Torino-Trieste (Corridoio 5) non può andare oltre i 7901 milioni di euro, il che rende al momento un vero e proprio “buco” il finanziamento dell’opera in terra veneta. Al momento infatti sono disponibili a bilancio solo 156,3 milioni di euro, e cioè neanche il 5% della cifra necessaria a realizzare anche solo la fase 1. Va detto però che la delibera stabilisce che lo Stato dovrà trovare fuori i soldi soltanto nel momento in cui si sarà passati dal progetto preliminare (approvato ora) a quello definitivo. Le prescrizioni. La delibera è sub judice, perché stabilisce che se il ministero dei Beni culturali, che si è riservato di dire la sua sulla tratta vicentina dopo che ci sarà il progetto della fase 1 e della fase 2, dovesse imporre nuove prescrizioni «il progetto dovrà essere ripresentato al Cipe» e riapprovato da capo. In ogni caso già adesso la delibera del Cipe impone una lista lunghissima di prescrizioni per l’impatto della nuova ferrovia per quello che riguarda opere di mitigazione ambientale, scarichi, gestione dei cantieri, sistemazione idraulica per il controllo delle falde e dei corsi d’acqua, valutazione di vibrazioni e rumori, tutela delle aziende agricole e altro.
|