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31 OTTOBRE 2006
«Parisi non ha scartato via Moro»
«Parisi non ha scartato via Moro» di Gian Marco Mancassola L’hanno avvistato in tanti l’on. Mauro Fabris, numero due nazionale dell’Udeur, seduto al tavolo di villa Pamphili apparecchiato da Romano Prodi per discutere con la sua coalizione della Finanziaria. Poche poltrone più in là, allo stesso tavolo, c’era anche uno dei protagonisti del caso Dal Molin: Arturo Parisi, ministro della Difesa e uno dei leader della Margherita. La domanda sorge allora spontanea: sarà riuscito Fabris ad avvicinare Parisi e a dirgli due cosette sul Dal Molin? «Certo che ci siamo parlati - risponde - prima che iniziasse il vertice mi ha chiesto alcuni chiarimenti». Fabris è prudente, ma almeno due sono le impressioni che ha ricavato dal colloquio con Parisi. Primo: il Governo si prenderà tutto il tempo necessario per fornire al Comune le risposte sulle condizioni imposte con il voto in consiglio comunale. Secondo: non c’è solo il Dal Molin, perché Parisi non ha ancora scartato nulla, nemmeno l’ipotesi alternativa di via Moro elaborata dalla Provincia e caldeggiata dallo stesso Fabris. L’alternativa. Fabris è chiaro: «La porta del Governo non è chiusa a possibili alternative. Vale la pena ricordare che in origine la richiesta degli americani era di poter riunificare a Vicenza la 173a brigata aviotrasportata. Non si parlava di Dal Molin, solo Dal Molin. L’aeroporto è stato presentato come possibile soluzione, ma non è l’unica, come insiste a dire il generale Frank Helmick». Fabris invita, quindi, a cessare la contrapposizione politica e ideologica, per riflettere sulle implicazioni urbanistiche e ambientali del progetto: «L’ipotesi di un altro sito è realistica, ecco perché credo che il Comune avrebbe fatto bene a dire sì all’operazione, ma in un altro sito». Eppure, dopo il faccia a faccia del 16 ottobre, il sindaco Enrico Hüllweck aveva riferito che il ministro Parisi si era mostrato tiepido nei confronti del progetto della Provincia, per una questione di tempi e di praticabilità dell’acquisizione di terreni che ad oggi sono tutti privati. «Potrei dire che il ministro a me ha detto cose diverse - replica Fabris -. Se il problema sono i tempi, quando vengono riconosciuti interessi pubblici prevalente, si possono attuare strumenti straordinari per demanializzare un’area. Il problema è che ci vorrebbe una coesa volontà politica e amministrativa». I tempi del Governo. La riflessione sul sito alternativo comporta inevitabilmente una riapertura dei tempi sulla decisione finale da parte del Governo: «Siamo davvero tutti sicuri che sia utile andare avanti con urgenza? Non è meglio lavorare tutti assieme per cambiare collocazione? Ho sempre sostenuto che nel centrosinistra c’è chi ha sbagliato nel politicizzare il problema, ma è ora che anche nel centrodestra si esca dalla logica di cercare di mettere in difficoltà il Governo: caro Hüllweck, hai vinto la tua battaglia in Consiglio, ma sei davvero convinto che sia la strada giusta quella del Dal Molin?». L’appello di Fabris appare quasi un invito a nozze per la Lega Nord, che più volte, giovedì scorso, ha ribadito la necessità di considerare possibili alternative. «Il Governo, comunque, si prenderà tutto il tempo per dare risposte precise alle garanzie richieste dal Comune, che sono tante e tali da rendere quel Sì quasi un No», conclude Fabris. Referendum. In settimana, intanto, si riuniranno i saggi chiamati a decidere sul quesito referendario proposto dal fronte del No. La decisione appare complessa e probabilmente non basterà la seduta di venerdì alle 17 aperta anche al comitato. «È sconcertante - afferma il capogruppo dei Ds Luigi Poletto - che il sindaco sia contrario alla soluzione referendaria: è stato lui tra i primi ad indicare questo percorso. Sono speciose le argomentazioni a favore di una presunta incompetenza del Comune nel momento stesso in cui l'ordine del giorno approvato dalla maggioranza manifesta una “volontà deliberativa”. Si consideri poi che le ricadute del nuovo insediamento militare sono tutte entro il Comune di Vicenza e dunque spetta all'Amministrazione intervenire con specifici provvedimenti ancorché gli oneri siano assunti dagli americani: compete alle Aim l'approvvigionamento di acqua, luce, gas; spetta al Comune garantire la viabilità di accesso e la fluidificazione del traffico; è il Comune ad intervenire per minimizzare l'impatto ambientale. Competenza piena del Comune dunque»
Il sindaco metterà l’operazione statunitense ai voti del suo consiglio comunale Anche Caldogno si prepara a inscenare il suo consiglio comunale sul Dal Molin. Lo annuncia il sindaco Marcello Vezzaro (nella foto), dalle cui parole si intuisce come la riunione sarà molto meno blindata e molto più aperta ai cittadini. «Il Dal Molin non è una questione della sola Vicenza - dichiara - perché la zona interessata è anzi più vicina al centro di Caldogno che al capoluogo. Abbiamo il diritto di esprimere la nostra posizione». La giunta comunale calidonense torna così ad esprimersi sull'argomento Dal Molin, ribadendo la propria preoccupazione sul piano della militarizzazione dell'area e chiedendo la costituzione di un tavolo di dialogo e confronto tra tutti gli enti del territorio interessati dal progetto. Tanto che è stato proposto un ordine del giorno con argomento “L’allargamento della caserma Ederle in area Dal Molin” per il prossimo consiglio comunale, che presumibilmente si terrà la prossima settimana: la data verrà decisa dalla conferenza dei capigruppo. La seduta sarà aperta al pubblico «per dare la possibilità ai cittadini di manifestare il loro parere». «Vogliamo dare alla città la possibilità di esprimersi - sottolinea il sindaco Vezzaro - e vogliamo portare all’attenzione del ministro della Difesa Arturo Parisi la nostra posizione, che non deve avere minore peso di quella del Comune di Vicenza: basta infatti guardare una cartina geografica per rendersi conto che l'area del progetto interessa entrambi i territori, facendo nascere una base militare a ridosso del centro cittadino». «Da mesi - ribadisce Vezzaro - esprimiamo la seria preoccupazione della popolazione di Caldogno, e in particolare dei residenti della frazione di Rettorgole e del quartiere Lobbia dove trova locazione l’attuale cono di volo della pista dell’aeroporto. Timori che si concentrano, in particolare, sulle problematiche di impatto ambientale, di sicurezza, di inquinamento e di viabilità. Nonostante questo non siamo mai stati coinvolti nel processo decisionale. Anzi, non possiamo non lamentare l’indifferenza con la quale gli enti preposti, il ministero della Difesa, la Provincia e il Comune di Vicenza, hanno risposto alle nostre richieste di visionare la progettazione per consentirci di avere delle basi oggettive sulle quali esprimere la nostra posizione». «Per questo, e per capire come mai sono state ignorate altre soluzioni alternative, di minor impatto ambientale e viabilistico - conclude Vezzaro - chiediamo l’immediata costituzione di un tavolo di dialogo e confronto con tutti i soggetti interessati, per poter prendere visione ed essere istituzione attiva nella definizione di un progetto che riguarda in maniera così importante il territorio».
Sondaggio di Panel data sulla presenza extracomunitaria: per sei veneti su dieci «il dialogo è difficile» Vicenza, la città tollerante Sul rapporto con gli immigrati meglio di Verona e Padova di Alessandro Mognon E così Vicenza, provincia con il più alto numero di extracomunitari del Veneto, è più tollerante di Verona e Padova. Ma sono i dati a dirlo. Anche se dall’indagine dell’istituto di sondaggi Panel Data sui rapporti fra veneti e immigrati islamici si scopre che per sei abitanti della regione su dieci il dialogo con la comunità musulmana è difficile se non impossibile. In tutto sono 580 le persone residenti nel Veneto che hanno risposto al sondaggio. Sei i quesiti (uno più articolato), fra conferme e sorprese. «Un campione non grande ma sufficiente a livello regionale» dicono a Panel Data. Mentre i numeri provincia per provincia sono troppo esigui per avere valore statistico. Ma hanno comunque un senso. Intanto quelli generali. Il 57 per cento degli intervistati alla domanda se «è possibile un dialogo o comunque una convivenza pacifica tra Occidente e mondo islamico alla luce degli ultimi fatti di cronaca italiana e internazionale» risponde no. Una tendenza ribadita dalla preoccupazione per la presenza sempre più numerosa di extracomunitari nelle città: il 21 per cento è molto preoccupato e il 51 abbastanza. Contro un 28 per cento che si dichiara poco o per niente in ansia. Ancora: il problema più temuto dai veneti rispetto all’immigrato islamico è il coinvolgimento in attività criminali (45 per cento) seguito dal fanatismo religioso (43 per cento). La poca volontà di integrarsi preoccupa il 25 per cento del campione, la forte diversità culturale il 19 per cento. Una prima inversione di marcia si vede alla domanda «conosce personalmente qualche extracomunitario e che opinione ne ha». Il 46 per cento risponde sì, e di questi circa l’85 per cento dice di avere un’opinione buona (68 per cento) e ottima (17). Come dire che la frequentazione diretta fa miracoli. O semplicemente riporta tutto, cronaca compresa, alla normalità Basta tornare alle questioni generali però che le cose cambiano: ai veneti non va molto a genio l’apertura di moschee o luoghi di preghiera per islamici. Nettamente contrario il 36 per cento e poco favorevole il 29. Contro un quasi 25 per cento abbastanza favorevole e un 9,8 molto d’accordo. Ultima, un’opinione sulle affermazioni del Papa considerate offensive dal mondo islamico: per il 90 per cento Ratzinger è stato frainteso, per il 10 ha sbagliato. E Vicenza? Come si diceva ne esce come la provincia più tollerante, nonostante la presenza record di extracomunitari. Ed escluse Belluno e Rovigo, dove gli immigrati sono pochi. Tre le differenze: solo il 45 dei vicentini per cento teme la presenza eccessiva di immigrati islamici contro la media del 51 per cento. Poi del 52 per cento che qui conosce qualche extracomunitario (la media veneta è del 46), solo il 10 per cento ne ha un’opinione negativa (contro il 15 per cento generale). Infine c’è una netta differenza anche sulla questione moschee: il 20 per cento degli intervistati vicentini è decisamente favorevole, cioè il doppio della media veneta. «Non scordiamo che Padova è sotto l’effetto via Anelli e Verona ha il problema del legame fra nordafricani e droga» dicono a Panel Data. Forse conta. Ma pensare a una Vicenza meno diffidente per natura non è peccato.
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