Roberto Badaracco, Capogruppo PLR CC Lugano e deputato Gran Consiglio

L’ex macello di Lugano festeggia quest’anno i 10 anni di permanenza del Centro sociale autogestito (CSOA) denominato Il Molino. La sua presenza in questo luogo, molto criticata, dà adito a periodiche discussioni politiche, rafforzate dalle giustificate lamentele degli abitanti del quartiere, spesso disturbati da rumori e danneggiamenti. Il suo trasferimento dal Piano della Stampa nel 2002 fu il frutto di un accordo fra il Cantone e il Comune per evitare manifestazioni di forte impatto in centro città con il rischio di degenerazioni. Da quel momento Lugano ha convissuto più o meno bene con questa presenza talvolta ingombrante.

Seppur appartati in un luogo “protetto” il loro poter essere al di là della legalità infastidisce diversi cittadini e politici. La legge è uguale per tutti e tutti indistintamente devono rispettarla sia per le norme di sicurezza, sia per i permessi e le autorizzazioni, sia per le questioni edilizie ed igieniche. L’ex Macello non deve fare eccezione!

Questa soluzione, che doveva essere provvisoria e precaria, si rileva sempre più inadeguata per un centro sociale autogestito in pieno nucleo cittadino, su un’area storica e pregiata per la quale negli ultimi anni sono state formulate varie proposte di recupero (scuole, centro civico, ecc.). Inidonea anche per la sussistenza di continui problemi di ordine pubblico e per la difficile convivenza con gli abitanti in un quartiere centrale.
Non si mette in discussione il principio dell’autogestione, riconosciuto dal nostro sistema legale. La legge cantonale sui giovani promuove la realizzazione di centri di attività giovanile gestiti da associazioni giovanili “in uno spirito di autodeterminazione” (art. 1). I suoi effetti sui giovani in ottica di crescita sociale e culturale sono infatti indiscussi. È importante però essere consapevoli che il problema non è unicamente della città di Lugano e il Cantone ha precisi obblighi in questo settore.

L’ideale sarebbe quello di spostare gli autogestiti altrove, in un luogo periferico e senza alcun rischio di disturbo della quiete pubblica. Dal profilo politico e dell’opportunità prima di chiedere il loro “sfratto” occorre però trovare un’ubicazione alternativa dove possano trasferirsi. E qui sta il fulcro del problema: senza la collaborazione fra l’autorità cantonale e il comune di Lugano, con un coinvolgimento attivo degli autogestiti, ben difficilmente si potranno trovare soluzioni adeguate. L’azione di forza, o meglio lo sgombero forzato senza valide alternative, non avrebbe alcun senso e servirebbe unicamente ad accrescere le tensioni sociali e a creare inutili disordini con ripercussioni negative su tutta la cittadinanza.

È venuto il momento che le autorità cantonali e comunali competenti, unitamente a tutte le forze politiche responsabili, con il coinvolgimento democratico delle associazioni raggruppanti l’autogestione, concentrino i loro sforzi e pianifichino opzioni concrete e valide dove ubicare questi centri giovanili nelle varie regioni. Esempi in altre città, da Berna (Reitschule) a Zurigo (Rote Fabrik), stanno a testimoniare che l’esistenza dell’autogestione nelle grandi realtà svizzere è possibile senza generare problemi di ordine pubblico.

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