20 anni di storia sociale: l’Autogestione non s’imbalsama
Non sappiamo se i fatti di sabato notte entrano in un disegno per alzare la tensione. Ma di fatto appare evidente che si sta intensificando la pressione attorno al Centro Sociale, per probabilmente creare le condizioni che giustifichino un intervento di forza. E nonostante il municipio continui a sottolineare le buone intenzioni, riconoscendo mediaticamente il diritto all’autogestione e a trovare soluzioni alternative, abbiamo sempre più l’impressione che questi rimangono propositi di facciata.
Ma andiamo con ordine:
– da quando abbiamo accettato le trattative a oggi, il Municipio di Lugano non ha ancora proposto una sola alternativa, nascondendosi dietro tempi non ancora maturi.
– Durante le trattative si era deciso comunemente di evitare dichiarazioni a mezzo stampa per non creare ulteriori tensioni ed equivoci. Il proposito non è mai stato rispettato dal Municipio e continuamente, lo stesso Bertini o Borradori, si lasciano andare a dichiarazioni e a proposte che alzano il livello di tensione e che indicano chiaramente i loro intenti. Portavoce di tale campagna il CdT, sempre stranamente molto ben informato delle cose.
– Da anni ormai arrivano i progetti più assurdi per quello che loro definiscono un “ridare alla popolazione” uno spazio che fino al 2002 giaceva nell’abbandono totale e nel disinteresse generale. Si è passati dalla proposta di una cittadela per i bambini, alla biblioteca civica, al
campus dell’università, fino alle scuole medie, il cui progetto di fattibilità realizzato e poi accantonato sembrerebbe costato sui 300.000 fr.
– Nell’ultimo anno, dall’inizio delle trattative, si verificano continuamente dei controlli insoliti, ripetuti a tutte le ore del giorno, con agressività, provocazioni e insulti, da parte della polizia comunale di Lugano, che arriva in forze fuori dal cancello del Molino per verifiche di
identità, fermi, video e foto delle persone presenti all’esterno e all’interno. Il pretesto sembrerebbe quello di una situazione di piccoli spacci che nel corso degli ultimi anni si son trasferiti da altre parti della città all’esterno del Molino, probabilmente più riparato, e reso anche possibile dalle tante panchine piazzate fuori.
– Da ultimo le recenti due uscite (rispetto delle regole minime e la proposta di museo), improvvise e senza senso nel corso di una trattativa.
A noi appare quindi chiaro l’intento di volere forzare le cose, creando una situazione d’instabilità e le premesse per un intervento sicuramente meglio articolato e “condiviso” di quello, goffo e ingiustificato, del 2002 al maglio. Di similitudini ce ne sono parecchie e anche allora il Cantone la provò con la via del ricatto: o smettete con le attività musicali o interrompiamo le trattative e ne subirete le conseguenze (come poi avvenuto con lo sgombero). Anche oggi il ricatto appare evidente. O accettate le “nostre regole del quieto vivere” o non si va più avanti. Uno strano modo d’intendere il dialogo, imponendo delle regole che peraltro da sempre rispettiamo.
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La visione del mondo del Centro Sociale, cosa che in nessun modo negoziamo, evidentemente non corrisponde a quella del Municipio, così come, per fortuna, non per forza tutte le azioni di conflitto che si svolgono a Lugano sono riconducibili al Molino. Ma il fatto di dover sempre cavalcare tali differenze, al di là di ipocriti riconoscimenti di facciata, significa ancora una volta aver capito poco delle ragioni dell’esistenza di una tale esperienza d’autogestione. Noi ricordiamo solamente che in 14 anni di “macello” da qui è passata una quantità enorme e variegata di popolazione, probabilmente buona parte di tutti coloro che non possono o non vogliono conformarsi alla vetrina consumistica cittadina. Sarebbe quindi forse ora di smetterla di parlare di voler ridare lo spazio alla cittadinanza, quando questo è già la realtà.
Ma di fatto siamo sempre più convinti che questa situazione di tensione non sia casuale. Perchè reali alternative effettivamente percorribili, che permettano la sperimentazione dell’autogestione così come avviene oggi negli spazi dell’ex macello, non ne esistono più in quanto distrutte, o “riutilizzate” per gli innumerevoli mega-progetti della nuova grande Lugano. E di fronte al vuoto di proposte, all’autorità, non rimane altro che fomentare le tensioni, provocando lo scontro. Cosa che non ci stupisce particolarmente – come certi metodi di repressione polizesca – ma che ci sembra importante far notare.
Ricordiamo che all’interno del Molino, in 20 anni di attività, di problemi grossi non ce ne sono stati, incendio e sgombero a parte. Di certo meno di un qualsiasi luogo di consumo pubblico. L’episidio di sabato notte fa parte del contesto che indicavamo sopra e lo chiariamo per capire la situazione. Già verso l’ora di cena, una macchina della polizia entrava nel prato dietro il Molino e puntava un faro all’interno dello spazio “bettola”. Cosa mai successa. Poi i consueti passaggi serali fino all’arrivo, dietro una segnalazione di una ragazza che era stata allontanata dal Centro Sociale in quanto diventata ingestibile, di vari agenti della comunale che si sono appostati subito dietro il cancello cominciando a controllare in maniera insensata e provocatoria chiunque uscisse. Alla richiesta di smetterla e di andarsene, i poliziotti hanno subito alzato i toni cercando lo scontro. Il tutto si sarebbe potuto risolvere senza problemi e conseguenze, con un minimo di buon senso, se non che un ragazzo viene fermato e portato in centrale – poi rilasciato dopo alcune ore e senza alcuna denuncia a differenza di quello riportato dai media – contribuendo a riscaldare utleriormente gli animi. In seguito altri due ragazzi del gruppo che aveva suonato sono stati fermati al di là del fiume da due pattuglie, pistole alla mano, ammanettati, portati in centrale a Lugano, picchiati, insultati – vari gli insulti omofobi (“vi abbiamo arrestati perchè avete suonato in quel posto di froci”) – minacciati e trasferiti a Noranco, dove ascoltavano gli sbirri confidarsi che “mancherebbe solo il via dalla magistratura per procedere allo sgombero”. Alla richiesta di spiegazioni per il comportamento della comunale rispondevano che “loro non condividono certi atteggiamenti”.
In 20 anni mai, a parte forse i tempi delle mobilitazioni contro il WEF con la posa di telecamere all’interno del maglio, o alla carica contro la clown army, mai si era registrata una così assidua presenza di provocazioni polizesche.
Nel tardo pomeriggio di oggi lunedì, infine un nuovo episodio. Una pattuglia di passaggio, con gli stessi agenti presenti sabato, si è presentata sotto il Molino con un atteggiamento provocatorio e minacciando “sta sera arriviamo e vi riempiamo di botte”.
Questa la situazione che si sta creando attorno al Molino.
Rispetto alle richieste di “conformità” fatteci dal Municipio – ricordando che al Molino non abbiamo bisogno di telecamere, sicurezza privata e imposizioni e che le mele marce indicate con arroganza dal PS cittadino, qui non vengono licenziate brutalmente, come fatto da un loro esponente dell’ente pubblico e che qui le persone non vengono espulse come si vorrebbe fare con i migranti indersiderabili – precisiamo un po’ di cose:
– siamo coscienti della questione rumore ed eviteremmo di essere elemento di disturbo, ma da sempre ripetiamo che con una minima possibilità di restare dove siamo, saremmo propensi a insonorizzare gli spazi e a fare gli alri lavori di miglioria, come già avvenuto al maglio (poi guarda caso subito sgomberato).
– All’interno dello spazio non è permesso lo spaccio di qualsiasi sostanza, così come il consumo di sostanze considerate pesanti, vizietto che sembra invece riesca discretamente bene ad alcuni esponenti municipali. E che, nonostante cerchiamo da tempo di mediare, trasmettere messaggi e cercare di risolvere la situazione creatasi all’esterno, essa è per noi il riflesso dell’alto consumo di sostanze presente in tutta la città, dell’assenza di sensibilizzazione non paternalista e autoritaria sull’abuso di sostanze e della mancnaza posti d’aggregazione al di fuori dal circuito commerciale.
– Per quanto riguarda il mantenimento dell’ordine e della pulizia, considerando il fatto che a suo tempo già vari consiglieri municipali in visita all’ex macello, denunciarono la decadenza in cui versava la parte “occupata” dalla città, ci sentiamo di rimandare al mittente. Che
comunque non c’è troppo da preoccuparsi, i nostri spazi li manteniamo e li puliamo senza che qualcuno ci debba dire come e quando farlo. Mentre per le immediate vicinanze invece sarebbe più utile sistemare i posteggi della cassa pensioni, probabilmente illegali, e forse non sarebbe male rimettere qualche bidone della spazzatura e del reciclaggio al posto del caos di parcheggi e delle troppe panchine.
Infine la proposta del museo. E qua sembrerebbe davvero che carnevale cominci e si concluda con le elezioni. Come valutare d’altronde il trasferimento del museo di storia naturale nell’ex macello, con tanto di mensa-ristorazione? E guarda caso realizzabile entro 4 anni, giusto la durata del futuro municipio. Accattivante, ma quanto davvero fattibile? Conoscendo bene gli spazi non osiamo nemmeno immaginare la quantità di soldi pubblici da investire per ristrutturare il tutto a norma museo. E poi perchè proprio qui? Perchè non usare ad esempio villa Ciani ormai disoccupata dalle feste vip dell’ex consigliere comunale liberale ed ex carcerato Enderlin, l’ex masseria o ancora meglio spostarlo a Faido, come più volte sollecitato? Buona anche l’idea di una mensa, peccato che tale progetto il municipio l’abbia già finanziato anni fa, ristrutturando la parte posteriore dell’ex macello e spendendoci un sacco di soldi, senza poi mai utilizzarla!
Insomma la situazione si fa difficile e le trattative a suo tempo cominciate sono ormai diventate una pura e semplice farsa, che non risolverà nulla. In 20 anni non abbiamo mai rifiutato il dialogo ma continuarlo ora, in un clima di sparate elettorali, di tensione e di ricatti, sarebbe ipocrita e non ne vediamo il senso. Non siamo immuni da errori e il Centro Sociale e l’Autogestione non sono certo il paradiso in terra, ma a livello di coerenza e di serietà ci sentiamo a posto, tanto più che parlare d’illegalità con chi, tra tanti esempi possibili, ha costruito il Lac sul lavoro in nero, con un sorpasso di 8 milioni e ha recentemente tagliato vari alberi illegalmente per un cantiere dubbio del campus della supsi, diventa alquanto ridicolo.
Che fare quindi? Se, come si continua a ripetere, ci si è davvero resi conto che tali esperienze antagoniste e di diversità fanno ormai parte di ogni “grande” città, la questione è più semplice di quel che appare. Che si faccia un passo lungimirante e si decida che gli spazi nei quali siamo ormai da 14 (quattordici!) anni continuino con questa esperienza d’autogestione. Poi si potrà eventualmente parlare dei dettagli e dei contorni in merito ad alcune questioni. Da parte nostra non vediamo neppure problemi nel convivere con situazioni altre (es. cittadella della solidarietà del PS, proposta ripresa dalla cittadella dell’autogestione fatta da noi 10 anni fa), anche se forse, al posto di imporre al Molino come dovrà comportarsi, sarebbe più utile definire cosa si intende per solidarietà.
Vari anni fa, nella sala cinema del Molino, piena di persone di diverse età e provenienze, l’architetto Tita Carloni ci parlava dei cambiamenti architettonici, urbanistici ed economici di Lugano e di come un contesto di speculazione sistematica abbia creato l’attuale degrado urbano, la distruzione del tessuto sociale e delle relazioni, plasmando una città indefinita, escludente, privilegiata e autoritaria, la cui polizia picchia i venditori di rose perchè definiti dal loro municipale come elementi di insicurezza. Ora proprio mentre viene lanciato il progetto “Lugano Orizzonte 2025” con l’apparente obiettivo di porre il/la cittadin* al centro dell’azione politica e amministrativa e ridare vita ai quartieri”, la farsa della sede del centro sociale sta riesplondendo in una città sempre più allo sbando, che in 20 anni non riesce ad accettare l’idea che un altro mondo esista.
D’altronde se il Centro Sociale non l’avessimo occupato saremmo ancora qui a rivendicarlo.
Il Molino non si tocca.
Non un passo indietro!
C.S.O.A. Il Molino
2/2/2016
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