Stazione di Lugano, giovedì 16 giugno 2011, ore 23.30 circa. Un uomo giace immobile sul marciapiede davanti all’entrata principale. Nonostante la videosorveglianza e i costanti pattugliamenti di polizia e sicurezza privata, nessuno sembra inizialmente prestargli attenzione. Un ragazzo, attivista del Molino, scende dal treno e si avvicina per capire cosa succede. Appare subito evidente che l’uomo non è in grado di camminare e che non ha un luogo dove recarsi. Ma dove portarlo, visto che in Ticino -casa Astra a parte- non esistono strutture d’accoglienza per casi simili? Non resta che caricarselo sulle spalle, prendere un taxi e portarlo al Molino per la notte. L’uomo, di nazionalità rumena, in carrozzella con paralisi alle gambe, ci racconta (vedasi anche il settimanale “area” www.area7.ch) d’essere stato portato in polizia cantonale per un controllo documenti. Sotto pressione e di fronte alla confisca di soldi ed effetti personali per accattonaggio, reagisce vigorosamente. Come risposta gli agenti lo sbattono fuori, piantandolo davanti alle scale. Chiede aiuto per scendere ma gli viene risposto d’arrangiarsi. Una volta in strada, nonostante i grossi danni riportati alla carrozzella , prova a raggiungere l’Ospedale Civico per una riparazione. Troppo tardi, il servizio tecnico ha già chiuso. E l’ospedale non è un dormitorio. Dopo alcune telefonate a qualche ente senza risultato, arriva una pattuglia che lo carica e deposita in stazione. Senza carrozzella -come da lui richiesto perchè non utilizzabile- senza soldi e in una situazione fisica e mentale per lo meno precaria…

Il fatto è preoccupante e sintomatico. Al contrario di casi già successi nel passato – migranti picchiati, derubati, insultati e umiliati dalla polizia- qui si aggiunge la privazione della mobilità in situazione di handicap. Abbandonare un uomo in condizioni simili è la riprova che troppe cose non funzionano in Ticino, dove tutto è gestito su un piano di controllo/repressione e non di prevenzione/incontro. Probabilmente l’operato della polizia verrà valutato come “normale” , invocando al massimo le solite mele marce, ma a noi sembra piuttosto che l’utilizzo della violenza da parte della polizia di tutto il mondo sia una pratica sempre più diffusa, giustificata dalla stessa impunità di cui godono. Cosa che ipotizziamo succederà anche nel caso recente di una persona (guarda caso anch’essa straniera) picchiata dalla polizia a Ponte Brolla.

Ecco quindi emergere, nonostante tutti si dichiarino “innocenti”, il vero problema di fondo: la diffusione mirata del razzismo come abitudine quotidiana. In Ticino l’esempio è nel quasi plebiscito della Lega alle recenti elezioni, la cui mano operativa sarà il nuovo consigliere di Stato Norman Gobbi, distintosi, tra le altre cose, per i suoi ululati razzisti alla Valascia a un giocatore di colore. Il personaggio lo si conosceva già, non ci sorprende che stia mettendo in pratica le sue convinzioni xenofobe e razziste delineando la direzione da intraprendere: limitazione dei frontalieri, chiusura del centro registrazione di Chiasso, eliminazione delle aree di soste per nomadi e la conseguente proposta di sciogliere la commissione cantonale sempre sui nomadi. Preoccupante, anche se in fondo il suo predecessore Pedrazzini non è mai stato un esempio d’apertura (caccia agli ecuadoriani, espulsione dei sudanesi a Chiasso, dubbio suicidio di Antony alle Pretoriali di Bellinzona).

E noi? Ci faremo ancora abbindolare dai discorsi razzisti di Lega e Udc (rincorsi dai partiti borghesi), oppure sapremo opporci a questa deriva? Sappiamo infatti molto bene che la presenza dei lavoratori e delle lavoratrici frontalieri e/o stranieri (con o senza documenti) nella vendita, nella ristorazione, nell’edilizia (di cui salutiamo il prossimo sciopero del 4 luglio) è fondamentale. Come sappiamo che la situazione ticinese in materia di strutture d’accoglienza (un solo centro effettivo gestito dal Movimento dei Senza Voce a Ligornetto) è disastrosa, come dimostra il fallimento del ridicolo centro del comune di Lugano, chiuso recentemente. Oppure che la paventata invasione di rom e mussulmani mira solo a creare paure e capri espiatori: i dati forniti dal rapporto del Commissariato ONU per i Rifugiati indicano infatti che ad accogliere l’80% delle 43,7 milioni di persone in fuga dalle guerre non sono i paesi del “ricco” occidente ma i paesi “in via di sviluppo”!
Occorre fermarsi un momento, organizzarsi e agire. Noi, come già cominciato col presidio sotto la Lega e con l’azione dei cartelloni Udc, continueremo. Ma non basta, perchè il razzismo si combatte alle radici. È una devianza, utilizzata per creare paure e divisioni. Diffondiamo allora altri modi d’agire, ritessiamo un cambio culturale nelle scuole, sui luoghi di lavoro, nelle discussioni da bar, sui mezzi pubblici, sui media per combattere idiozie e luoghi comuni.

Contro ogni razzismo e frontiera, per un mondo che contenga molti mondi!

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