Comunicato contro il 1º Agosto del SOA il Molino
Se tutto ciò che tocchiamo viene demolito,
la prossima volta prenderemo il municipio!
Oggi, 1 agosto, qualcuno festeggia la Svizzera. O meglio, si festeggiano i confini e le leggi. Si festeggia una nazione che del saccheggio e la devastazione di altri territori e popoli ha fatto la sua base di ricchezza e potere. Potere politico, economico e sociale.
La Svizzera, lo stato che sostiene e collabora con le nazioni che hanno messo a ferro fuoco la Siria e il Medio Oriente negli ultimi 9 anni. Che direttamente o indirettamente ha saccheggiato e colonizzato. Che, tramite le sue industrie, ad esempio la RUAG Holding SA, fornisce armamenti e sofisticati software a paesi in cui la coercizione e la repressione sono la base. Come la fornitura di armamenti per l’aviazione militare allo stato fascista turco di Erdogan, la cui convivenza con l’ISIS è provata, che ha portato avanti la persecuzione e il tentato genocidio del popolo curdo.
La Svizzera che, in un clima di falsa pace sociale, rinchiude i/le migranti sotto terra nei bunker o nei centri di accoglienza. Dove le banche e le multinazionali trovano ampio spazio per continuare i loro affari indisturbati. Dove il territorio viene usurpato per dare spazio a progetti a scopo di lucro e accumulo, con infrastrutture inutili e dannose, la cui base è la proprietà privata e individuale. Dove le bambine e i bambini sono costrett* a sottostare a sistemi scolastici che invece che stimolare il pensiero, la creatività e la partecipazione alla vita collettiva, inculcano l’obbedienza, la disciplina alle leggi e alle autorità, il nozionismo, al fine di diventare dei/delle brave cittadine. Dove il motore in tutto ciò sono unicamente soldi e potere.
In questo giorno qualcunx festeggia. Festeggia le istituzioni della democratica helvetia. Festeggia le leggi di polizia e le istituzioni dell’isolamento, della detenzione e della distruzione.
E anche oggi a Lugano, a Giornico e in vari altri posti del cantone, si festeggiano coloro che queste politiche le seguono e che hanno ordinato lo sgombero e la demolizione del Centro Sociale il Molino. Emblematico ancora una volta il caso di Lugano dove, senza vergogna alcuna e con una faccia di bronzo senza precedenti, una delle stesse persone all’origine delle decisioni fasciste di distruzione della parte abitativa dell’ex Macello – Karin Valenzano Rossi – prenderà la parola in piazza Rivolta fu Riforma. La stessa persona che, con l’altro neo municipale Filippo Lombardi, si presentò a sorpresa, entrambi sorridenti e disponibili, fuori dall’ex Macello, solo pochi giorni prima di quella che diventò l’ultima assemblea dello spazio. Dissero di essere venutx informalmente – all’oscuro del Municipio – dando la loro disponibilità al dialogo e la volontà di trovare una soluzione. Quale? Quella della distruzione e dell’infamia. Della menzogna e del doppio giochismo. Quella che ancora oggi ancora non permette di recuperare il materiale all’interno dell’ex macello. Persone piccole, viscide, infami, false: della stessa forma e sostanza che si esprime quando si espellono le sostanze in esubero in caso di forti dolori di stomaco.
E nel silenzio vile di vecchi sapori di olio di ricino e moschetto di colui che – a capo degli organi di giustizia e polizia di questo cantone – sa, dispone, ordina e disciplina, ecco che la demolizione, la ruspa, l’annientamento e la menzogna assumono la forma della “normalità” per risolvere i “problemi”. O anche necropolitiche: politiche di morte che decidono chi ha il diritto di vivere e chi no. Dalla Palestina, al Cile, al Kurdistan e in tutte le situazioni alla cui base esiste l’inconformità, la conflittualità e l’indisponibilità per il vivere imposto, il rumore della distruzione si fa norma.
Nel corso di 25 anni tutto quello che il CSOA il Molino o le rivendicazioni dell’autogestione hanno toccato e percorso, sono state distrutte, rase al suolo, trasformate, recuperate, annientate: l’ex centrale Termica, gli ex mulini Bernasconi, l’ex Campari, l’ex birreria Feldschösschen, il deposito dei bus Act, la Casa Laboratorio Inti, il Selva Squat, la casetta occupata in via Monte Boglia. Fino ad arrivare all’ex Macello e all’ex Vanoni. Sicuramente ne tralasciamo alcuni, ma questi sono tutti luoghi – o meglio ex luoghi – dove le ruspe hanno portato morte e distruzione, fomentando nuove costruzioni e progetti inutili. Altro che “poveri ragazzi e ragazze toccati dall’occupazione temporanea” di un luogo di chiusura, lasciato a deperire e abbandonato da anni. A Lugano le sole politiche “valide” sono sempre le stesse: distruggere, cementificare, internare, modernizzare, mentire. E la volontà di annientare qualsiasi forma di socialità, di vivere assieme, di politica diversa da quella imposta.
Ma a noi quello che preme è vivere in un mondo in cui il rispetto delle differenze e delle varie forme di vita sia la base. Vivere senza discriminazioni di genere, di razza, di classe. Superare tali limiti nella quotidianità, riflettendo, analizzando e costruendo nella pratica forme altre di relazioni: autogestite, antirazziste antisessiste e anticapitaliste. Dove ognunx possa esprimersi, relazionarsi, amare, vestirsi o svestirsi come meglio lo si ritiene opportuno nel rispetto e nella dignità di ognunx.
Una società dove la partecipazione di tuttx è importante e necessaria – non obbligatoria – dove non esiste delega ma presa di posizione attiva e consapevole. Un mondo senza frontiere, bunker e muri. In cui nessun* venga rinchiuso, per motivi di origine, documenti, pensiero, credo o perché non si rispetta la cosiddetta legge imposta. Auspichiamo un mondo in cui l’autogestione e l’autodeterminazione di ognunx siano il motore quotidiano, la spinta, la linfa la motivazione per affrontare il giorno e la notte. Pratiche che non ritroviamo nella struttura e nell’esistenza stessa di questo mondo e nella concezione dello stato, poiché essi stessi si basano su gerarchie, autorità, potere, su rapporti di subordinazione e di comando, tramite l’oppressione e la repressione.
Scardinare il potere, è per noi il primo passo per la costruzione di qualcosa di nuovo.
Ed ecco perché, in questo 1 agosto di apparente festa, vogliamo esprimere la nostra contrarierà e lontananza da questo tipo di società, da chi in nome di un falso dialogo annienta e distrugge.
E se tutto quello che ci prendiamo lo distruggete, la prossima volta il prescelto sarà il municipio di questa città.
Vogliamo vivere in libertà, selvagge e ribelli come siamo nate. Lo facciamo.
E non vi lasceremo in pace.
Senza giustizia nessuna pace. Senza libertà nessuna pacificazione.
Contro lo sgombero del CSOA il Molino.
Contro repressione e omologazione, contro il progetto Matrix e il suo mondo.
PER UN MONDO SENZA RUSPE E FRONTIERE
SOA il Molino
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