Ticinonline – 17.11.2021

Il presidente del Consiglio di Fondazione apre uno spiraglio agli autogestiti denunciati per violazione di domicilio

L’avvocato Stefano Camponovo indica le condizioni per l’eventuale ritiro dell’esposto in Procura: «Se la richiesta fosse accompagnata dal rincrescimento per l’atto illegale commesso e per il turbamento causato ai ragazzi…»

di Stefano Pianca
Vice Caporedattore
LUGANO – La notte è la stessa, quella del 29 maggio scorso, i luoghi sono pure vicini, ma gli esiti giudiziari corrono ormai su strade sempre più divergenti. Da un lato c’è il decreto d’abbandono, preannunciato dal Procuratore generale Andrea Pagani, per la demolizione dell’ex Macello (ma Costantino Castelli, avvocato degli autogestiti, ha chiesto nuovi interrogatori, tra cui quello del direttore dell’Istituzioni Norman Gobbi); dall’altro, invece, incombe la quindicina di decreti che sempre la Procura potrebbe emettere nei confronti dei molinari che occuparono la sede dell’ex Istituto Vanoni (tale è il numero di protagonisti che il rapporto di polizia è riuscito a identificare). Stessa notte, esiti divergenti.

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Ma se, per il primo filone d’inchiesta, la decisione finale è tutta nelle mani di Pagani, per l’altro filone un ruolo importante, addirittura decisivo, potrebbe ancora averlo la Fondazione Vanoni, proprietaria della sede dismessa dell’istituto per ragazzi in difficoltà, sede occupata per poche ore dai molinari. È infatti su denuncia della stessa Fondazione Vanoni per violazione di domicilio che la polizia è tempestivamente intervenuta, quella sera di fine maggio, per allontanare gli abusivi. Ed è in base a quell’esposto che in seguito la magistratura ha aperto un fascicolo.

Rispetto a maggio, sareste oggi disposti a riconsiderare e ritirare la vostra denuncia?
«Di principio no, se ci fosse semplicemente chiesto per una riconsiderazione fine a se stessa – risponde l’avvocato Stefano Camponovo, presidente del Consiglio di Fondazione della Fondazione Antonia Vanoni -. Se la richiesta fosse invece accompagnata dal riconoscimento che è stata violata la proprietà privata e dal rincrescimento, soprattutto nei confronti dei nostri ragazzi, per l’atto illegale commesso e per il turbamento causato loro, in quel caso faremmo le nostre valutazioni».

In pratica un atto di pentimento?
«Nessuno si accanisce. Ma di fronte magari all’ammissione di aver voluto solo attirare l’attenzione, di essersi resi conto di aver esagerato e di aver sbagliato… davanti insomma a un rincrescimento faremmo le nostre valutazioni».

Per alcuni si è trattato di una denuncia esagerata visto che lo stabile sarebbe stato comunque demolito da lì a poco…
«La nostra prima preoccupazione, quella sera, era che gli occupanti non si facessero male entrando dell’edificio dismesso. Che non ci scappasse un ferito. Non va dimenticato che lo stabile, per cui avevamo ottenuto la licenza di demolizione nel 2017, era da anni ormai chiuso».

E il secondo motivo?
«I ragazzi stessi del Vanoni. Anche se lo scopo dell’Istituto è quello reinserirli nelle loro famiglie, a volte non ciò è possibile perché manca la famiglia o non ci sono le condizioni per farlo. Per alcuni il Vanoni è diventato come casa loro e, anche se ora siamo provvisoriamente da un’altra parte, vederlo occupato quella sera ha fatto male ai ragazzi. L’hanno vissuta come una profanazione di casa loro».

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