Terrorista è lo stato: fuori tutti/e dalle galere!
All’alba di giovedì 26 gennaio con una colossale ondata repressiva lo stato delle lobby e dei padroni ha privato della libertà 39 attivisti NO TAV arrestandone 25 e imponendo misure restrittive a 14.
L’operazione è il punto culminante di un disegno orchestrato da mesi, teso a criminalizzare un intero movimento che fino a questo momento non ha mai permesso al potere di creare divisioni al suo interno fra buoni e cattivi. Un altro grave segnale da parte di uno stato di polizia ormai generalizzato che investe l’intero quadro europeo, messo alle strette da una crisi che i tecnocrati del neoliberismo vogliono poter gestire senza il minimo dissenso! Un clima che non sfugge certamente alla fortezza elvetica: sabato scorso, a Berna, durante una manifestazione anti WEF, 150 attivisti sono stati fermati brutalmente dagli sbirri col chiaro intento di impedire ogni forma di rifiuto in merito alla kermesse delle lobby e dei potenti della terra.
Davos come la Val Susa vive in questi giorni una vergognosa militarizazzione del territorio (oltre 3000 gli effettivi militari sul territorio retico). Per poter decidere e banchettare sulle sorti del nostro pianeta, gli “esportatori di democrazia” arrestano preventivamente manifestanti in città a centinaia di chilometri di distanza, militarizzano i territori, chiudono gli spazi aerei, limitano la circolazione lungo le frontiere. Lo stato di eccezione di Davos rispecchia appieno le logiche di chi, da mesi, sta tenendo sotto scacco la Val Susa, dichiarando il non-cantiere di Chiomonte, sito di interesse strategico nazionale. Già dopo gli scontri del 15 ottobre romano un’infame campagna mediatica iniziava a preparare questo attacco.
L’obiettivo era e rimane soltanto colpire chi in Val Susa contrasta da sempre, non solo con il dissenso ma con la resistenza attiva, gli scellerati interessi di quanti intendono imporre la devastazione di una valle per realizzare un opera inutile e dannosa. Pennivendoli e servi della peggior specie si sono prodigati per incollare l’etichetta di terrorismo organizzato su di un movimento che da oltre vent’anni cresce e si compatta nella lotta concreta.
L’apparato repressivo si è ora mosso con decisione e, anche se il “democratico” procuratore Caselli si è affrettato a dichiarare che l’operazione non è tesa a colpire il dissenso ma solo singoli episodi, tutto lascia intendere, a partire dagli eterogenei percorsi dei colpiti (provenienti da tutta la penisola e militanti di diverse frange del movimento) sino alla grave inconsistenza delle accuse (per alcuni si parla di associazione a delinquere) che questa non è altro che la solita funzionale montatura del potere. L’ennesimo teorema di una propaganda repressiva che è necessario smascherare. La reazione del movimento anche questa volta è unitaria e in Valle come sempre si parte e si torna tutti insieme. Alla repressione rispondiamo con la solidarietà attiva a tutti i compagni e a tutte le compagne coinvolti/e e con la lotta dura sul territorio, iniziando da sabato 28 gennaio a Torino.
Solidarietà e complicità da Berna a Palermo
“Chi non terrorizza si ammala di terrore!”
N.b.
I comandi tedeschi e fascisti, consapevoli che gran parte della popolazione appoggiava i partigiani, usarono i civili come ‘merce di scambio nella lotta contro i ribelli.
Il manifesto di propaganda in allegato al testo di solidarietà con i fermati di Berna e la moltitudine NoTav illustra una drammatica realtà ancora attuale: in primo piano viene infatti raffigurato un pugno di ferro che abbatte un gruppo di partigiani (a simboleggiare una ‘potenza e superiorità ancora schiaccianti); sullo sfondo, invece, si vedono case in fiamme, chiaro monito verso chi appoggiava e sosteneva i partigiani, nonché minaccia di dura rappresaglia.
Luglio 1944, Archivio Istituto storico di Modena
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