Le macerie di Lugano, un’imperdibile esposizione di stampo dadaista

di Gianluigi Bellei / 07.06.2021

Che cos’è la bellezza? Come si manifesta? Dove la possiamo vedere, incontrare? Difficile rispondere. Siamo su di un terreno inclinato e scivoloso dove le definizioni si sprecano e nei secoli divergono. Così come nelle diverse parti del mondo e delle culture. Umberto Eco nella sua Storia della bellezza ci racconta del probabile stupore di un marziano di fronte a un dipinto di Picasso raffigurante un nudo femminile e la descrizione di una bella donna in un romanzo d’amore dello stesso periodo. «Non capirebbe quale sia il rapporto fra le due concezioni di bellezza».

D’altronde la Venere callipigia greca non è sicuramente simile alle raffigurazioni umane all’interno dell’affresco dell’inferno di Giovanni da Modena nella chiesa di San Petronio a Bologna. Né ha le stesse fattezze della Venere di Maravany di 23’000 anni prima di Cristo o delle Tre grazie raffigurate da Jean-Jacques Pradier nel 1831. Il bello è il buono, secondo gli antichi greci espresso nell’ideale della Kalokagathia. Scrive Teognide nel V secolo prima di Cristo che «ciò che è bello è amato e ciò che bello non è, non è amato».

Ma è per tutti così? Nel 2001 i Talebani distruggono le due gigantesche statue di Buddha di Bamiyan ritenute blasfeme. In Occidente si è parlato di scandalo ma per i distruttori era un atto dovuto. L’11 settembre del 2001 Al Qaeda attacca le torri gemelle di New York e allora si parlò di atto sublime come di fronte alla visione del Naufragio di Caspar David Friedrich.

In questi giorni assistiamo alla ripresa delle esposizioni. In giro per il mondo ce ne devono essere di bellissime, ma una è sicuramente da vedere e questa volta è proprio vicino a noi a Lugano. Si tratta delle macerie di una parte del ex Macello cittadino occupato fino a pochi giorni fa dai giovani che si proclamano autogestiti.

Niente di eccezionale, intendiamoci. Già nel Settecento si apprezzavano le rovine, magari di una chiesa gotica, e Friedrich Schiller scrive nel 1792 «che ciò che è triste, terribile, perfino orrendo ci attira con un fascino irresistibile». E accompagnare un delinquente sul luogo del suo supplizio? Folle intere seguono il suo incedere per scrutarne le sofferenze. Naturalmente ci sono dei precedenti illustri. Sicuramente alle nostre latitudini tutti avranno visto la mostra di Christo a Lugano. Beh, è stato proprio lui a creare le prime barricate a Parigi nel 1962 ostruendo una via con dei barili di petrolio. Le macerie di Lugano servono proprio come barricate per non far entrare questi ragazzi strani. In entrambi i casi gli artisti sono una coppia. Christo assieme Jeanne-Claude nel primo e Marco con Karin nel secondo. Assieme a un nugolo di comprimari. D’altronde lo sa bene Guy Debord il quale sostiene che nella società dello spettacolo «il gesto di chi distrugge è più importante dell’opera che viene distrutta».

Splendidi quei detriti accatastati fatti di pezzi di muro, fili, murales: un caos primordiale ante litteram. Ma ancora di più i bagliori notturni con il rumore della ruspa che distrugge, scardina, con uomini armati di oggetti baluginanti che scortano i giganti di ferro. Un’operazione dadaista con quel misto di romanticismo che piace ai dandy dell’arte. Una performance di quelle che resteranno nella vostra mente a lungo come quelle di Marina Abramović o di Joseph Beuys.

Questi artisti nostrani si muovono come i padroni dell’arte: sfacciati, egocentrici, senza regole. Parallelamente un gruppo di cantanti italiani gridano osannati da tutti: «Siamo fuori di testa!». È bello sapere che i vincitori operino fuori dalle leggi, che parlino di dialogo ma non siano in grado di realizzarlo; perché i potenti non ne hanno bisogno. Dialogano abbastanza fra loro.

Insomma, una bella mostra da visitare. Mica come quelle solite noiose che ci offrono reliquie del passato o misteriosi oggetti contemporanei. Dato che non hanno ancora realizzato il catalogo, personalmente consiglierei comunque di prendere al suo posto un piccolo ricordino da far vedere agli amici. Basta un frammento di muro da mettere accanto a quello di Berlino, se l’avete. Quando sono andato l’ultima volta li vendevano ancora. Se capita, e se siete fortunati o se lo conoscete, potete farvelo firmare dall’autore. Aumenterà sicuramente di valore nel tempo.

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