CALCIO E POLITICA: LA VERA MAPPA DELL'ODIO
Ultima curva a destra: svastiche, croci celtiche, violenze...
L'ala neonazista degli ultras conquista le gradinate.
Da Roma a Torino, da Milano a Bari.
Protagonisti e strategia di un'occupazione che inquieta.

di Peter Gomez

Svastiche, croci celtiche, striscioni razzisti e persino, secondo alcuni testimoni, due grandi numeri neri impressi su dei cartelloni bianchi: l'uno È l'otto, la prima e l'ottava lettera dell'alfabeto, in questo caso naziste. La A e la H, le iniziali di Adolf Hitler. Basta guardarle le curve degli stadi per rendersi conto di come tutto, nel mondo degli oltre centomila ultras italiani, stia cambiando. Negli ultimi dieci anni il tifo si è spostato verso la destra estrema che adesso è padrona delle gradinate di Bari, Cagliari, Inter, Juventus, Lazio, Lecce, Piacenza, Reggina, Roma, Udinese e Verona. Una destra extraparlamentare e violenta sospettata di azioni di ogni tipo. Anche della bomba esplosa lunedì 22 novembre al museo storico della liberazione di via Tasso a Roma.

Cresce così la tensione e intorno ai campi da gioco crescono gli incidenti. Un'osservazione fatta su tutti i campionati, dalla serie A ai dilettanti, dimostra come nel pre e dopopartita si sia passati dai 197 scontri del 1997-98 ai 224 della scorsa stagione. Aumentano anche le squalifiche dei campi (28 contro 4), le contestazioni apparentemente insensate: ultima in ordine di tempo è quella organizzata il giorno dopo il derby contro i giocatori della Lazio prima in classifica "colpevoli" di aver perso la partita. Lievita infine anche il numero dei tifosi diffidati: 2002 nella stagione 1998-99, contro i 746 del campionato precedente. Una dopo l'altra cadono le curve un tempo considerate di sinistra o apolitiche. Dal 12 settembre a Roma i ragazzi del Commando Utras Curva Sud, i mitici Cucs da oltre vent'anni alla guida del tifo organizzato giallorosso, non espongono più il loro striscione. I Boys, Opposta Fazione e la neonata Asr Ultras, formazioni vicine a Forza Nuova, un movimento politico costola del Fronte Nazionale di Franco Freda, li hanno costretti (con le cattive) a sloggiare. E lo scorso 25 aprile, nel settore dove si ritrovavano abitualmente i Cucs, è stato esposto un lungo lenzuolo sul quale era scritto: "25 aprile: quando i vigliacchi si proclamano eroi".

A Torino un'altra curva tradizionalmente spaccata come quella del Toro è ormai più nera che rossa. Tanto che Pietro Iavarone, il ragazzo di 23 anni condannato con tre amici per l'omicidio di Abdellah Duomi, il marocchino fatto annegare a forza nel Po nel luglio del '97, è risultato appartenere agli ultrà dei Granata Korps.

Stesso discorso vale anche per il Milan. I bandieroni dove compariva l'effigie del comandante Che Guevara sono stati riposti in cantina. Sempre più spesso sugli spalti rossoneri fanno capolino gli slogan della destra estrema. Il 4 aprile scorso, mentre infuriavano i bombardamenti sulla Serbia, le curve nemiche laziali e del Diavolo hanno esposto un'identica scritta siglata sempre Forza Nuova: "Uccidete il soldato Ryan".

Facciamolo all'inglese

Negli stadi, denuncia il deputato diessino Roberto Sciacca, "s'intravede sempre più chiaro un piano della destra estrema per egemonizzare le curve e reclutare militanti. Non è solo un fenomeno italiano, ma europeo. Con evidenti agganci con analoghe esperienze neonaziste inglesi". Gli risponde Fabrizio Piscitelli, 33 anni, alias Diabolik, considerato la mente degli Irriducibili della Lazio, un'aggregazione di tifosi nata nel 1987 che nel 1993 ha preso il sopravvento sui più apolitici Eagles' Supporters. "Noi siamo di destra", spiega, "ma la politica deve restare fuori dallo stadio. Non capisco perché si possono tollerare giocatori che espongono tatuaggi del Che e non la curva nord che sventola qualche celtica. Che cosa c'entriamo con il nazismo? Il problema è un altro: i militanti di destra non hanno cittadinanza con questo governo. Sono stati cacciati dalle scuole, dai centri sociali e adesso si vorrebbe buttarli fuori pure dalle curve".

Anche Diabolik è un simpatizzante di Forza Nuova, movimento fondato in Inghilterra nel 1996 dai "rifugiati" Roberto Fiore e Massimo Morsello, due estremisti di destra già condannati per appartenenza ai Nar e diventati ricchi in Gran Bretagna grazie all'attività della loro Easy London: una sorta di agenzia di viaggi che manda ogni anno migliaia di giovani a lavorare all'estero (vedi articolo a pag. 178). A Roma la Easy London è diretta da un altro ex leader degli Irriducibili, Maurizio Catena, e forse proprio per questo il gruppo dei supporter della Lazio è stato il primo a introdurre nel nostro paese il tifo all'inglese, niente tamburi, solo voci e mani, stendardi e sciarpe colorate. Accanto all'attività di tifo vero e proprio, questo gruppo di ultras ne ha però un'altra, molto più commerciale. Soprannominati con cattiveria dagli avversari "Irriducibili spa", i tifosi laziali (5 mila iscritti e 100 attivisti) pubblicano una fanzine patinata, "La voce della Nord" (l'editore è Diabolik), hanno un sito Internet sempre aggiornato e dispongono di cinque punti vendita del loro materiale firmato "Original fans". In più possono contare su angoli riservati nei negozi ufficiali Lazio Point e una sorta di banchetto allo stadio durante le partite. Fatturano insomma decine di milioni. Con la loro presenza massiccia, la compattezza e l'aggressività gli Irriducibili hanno finito per costituire un problema per la Lazio di Sergio Cragnotti. La dirigenza ha tentato di tagliarli fuori dalla gestione delle trasferte, ha chiuso il rubinetto dei biglietti omaggio, ha revocato a uno a uno una serie di benefits. Ma dopo due mesi di faccia a faccia a muso duro è stata costretta a fare marcia indietro.

Tutto È iniziato nell'agosto del '99, quando Cragnotti ha deciso di far pagare 4 mila lire il biglietto d'ingresso al centro sportivo di Formello dove si allena la squadra e ha fatto sapere che chi voleva andare in trasferta doveva acquistare il pacchetto dal tour operator Francorosso. "Per esempio per la trasferta organizzata a Montecarlo per la partita di Champion's League, contro il Bayer Leverkusen, un tifoso spendeva 750 mila lire, mentre organizzata da noi costava solo 350 mila". Iniziano le proteste, sia degli ultras che dei club Lazio.

Due pizze in faccia

Alla presentazione all'Olimpico della nuova formazione appare uno striscione "Noi non siamo pomodori". A Formello fanno capolino scritte offensive contro la figlia di Cragnotti. La società manda in avanscoperta Guido Paglia, dirigente Cirio. "Faceva l'amicone, promesse su promesse che regolarmente non venivano mantenute". A ottobre, si arriva allo scontro finale. La Lazio annuncia che non permetterà più agli ultras di assistere agli allenamenti. Gli Irriducibili come risposta organizzano a Formello una festa del tifoso con porchetta. "E proprio quel giorno diramiamo anche un comunicato firmato dai tifosi biancocelesti (club e ultras insieme) in cui proclamiamo lo sciopero del tifo. Paglia all'hotel Summit, dove sono riuniti tutti i tifosi, dice che non esiste un vero malcontento e che siamo solo noi, gli Irriducibili, a montare il tutto". "È stato più forte di me", racconta Diabolik: "Quando l'ho visto gli ho dato due pizze in faccia e un calcio nel sedere". Il risultato? Nella trattativa Paglia viene sostituito dal deputato di An Gigi Martini (storico terzino della squadra scudetto del '74). Il biglietto d'ingresso a Formello è abolito "almeno per ora", i costi del pacchetto offerto dalla Francorosso vengono ridotti, e una quota di biglietti, variabile a seconda della partita, vengono gestiti, in pratica venduti, dagli ultras. La Lazio ha calato le braghe.

Le frange più estreme delle tifoserie sono insomma in grado di condizionare le dirigenze delle squadre. E se poi possono agitare anche lo spauracchio dell'appartenenza a formazioni di destra, con tanto di cori, saluti romani e striscioni razzisti (per i quali le società sono costrette a pagare salatissime multe), tanto meglio. I presidenti, da nord a sud, capitoleranno ancora più facilmente. Il fenomeno è emerso in tutta la sua evidenza il 20 novembre del '94, in occasione degli scontri che a Brescia portarono al ferimento del vice-questore Giovanni Selmin. Nel '96 le indagini della Digos hanno permesso di stabilire che quel giorno gli incidenti non scoppiarono a caso. Il raid di Brescia era infatti stato deciso a tavolino e vi avevano partecipato non solo ultras della Roma, ma anche della Lazio. Alla base di tutto, secondo l'accusa, c'era la volontà di ricattare la nuova dirigenza giallorossa che, con l'avvento alla presidenza di Franco Sensi, aveva tentato di revocare le agevolazioni concesse dal vecchio patron, l'andreottiano Giuseppe Ciarrapico. Ma non basta. Al blitz aveva preso parte anche Maurizio Boccacci, interista, leader dei naziskin italiani, fondatore del disciolto Movimento politico occidentale, intenzionato con la violenza a recuperare popolarità. Gli andrà male. Verrà condannato insieme a un gruppo di pregiudicati per reati comuni. Sempre nel '96, a Roma, finiscono in manette altri 7 capi ultras della curva giallorossa. Sono accusati di aver minacciato funzionari della società per ottenere pacchetti di biglietti da rivendere a caro prezzo alle spalle dei tifosi veri: lo dimostrano le intercettazioni telefoniche. Ma la Roma, timorosa di contestazioni, subisce senza denunciare nulla. Il processo è in corso. Tra gli arrestati del '96 vi sono, tra gli altri, Fabrizio Carroccia, detto Er Mortadella, grande amico del direttore generale della Juventus Luciano Moggi (ancora oggi invitato ad assistere gratis alle partite dei bianconeri) e Mario Corsi, popolare speaker romanista di Radioincontro, l'emittente privata della Capitale che oggi ha ottenuto in sub-appalto da Rds le radiocronache delle partite dei giallorossi. Anche Corsi ha un passato di estrema destra. Ora lo rinnega.

C'è una regia?

Si puÒ leggere in tutto ciÒ un disegno per arrivare all'egemonia politica della curve? Carlo Balestri, creatore di Progetto Ultrà, un archivio del tifo finanziato dalla Regione Emilia Romagna per limitare i comportamenti intolleranti, ne dubita. "Il fatto", spiega, "è che le curve sono lo specchio del paese. Negli anni Settanta erano di sinistra, ma col tempo si è verificato uno spostamento. Tra ultras e società, poi, ci sono sempre stati rapporti complessi. Oggi però in molti si sentono presi in giro. Usati e buttati via. Proprio il presidente della Lega Franco Carraro ha dichiarato che il suo ideale di tifoso è quello con due tessere in tasca: una della squadra del cuore per le partite in casa, una della pay tv per quelle in trasferta. Sale così la tensione. Gli stadi sono sempre più militarizzati. E paradossalmente la forte presenza della polizia evita anche i contatti normali tra tifoserie facendo sì che vadano in crisi i gemellaggi con tifosi diversi. Ora per tutti il vero nemico sono le forze dell'ordine". La scorsa stagione, ben 910 tra poliziotti e carabinieri hanno riporto lesioni mentre presidiavano gli incontri. Nel 97-98 erano stati 644. Il tutto ha ricadute altissime. Maurizio Marinelli, sociologo e direttore del centro studi e ricerche della polizia, ricorda: "L'intervento delle forze dell'ordine costa circa due miliardi a domenica. in totale si spendono 80 miliardi l'anno. Le società si sono finora dette contrarie alla possibilità di contribuire almeno in parte alle spese. Sostengono che l'ordine pubblico è compito dello Stato, al quale già versano le tasse. Dimenticano però che già ora i club pagano la presenza domenicale dei vigili del fuoco".

A Verona, tradizionale piazza naziskin, a partire dal '96 gli uomini della Questura hanno iniziato a discutere ogni settimana di quanto era avvenuto in curva la domenica precedente con ultras e capi della tifoseria. A poco a poco i tifosi, osservati con binocoli e telecamere, hanno capito di non potersi nascondere dietro il gruppo. La polizia invece ha cominciato a distinguere tra quello che era il rito dello stadio e la violenza vera e propria. E ha capito in quali casi bisogna intervenire. "Un'esperienza importante", commenta Marinelli. Utile anche per evitare episodi come quello di Perugia-Milan dello scorso anno, quando la celere caricò senza motivo i tifosi rossoneri. Vennero sparati lacrimogeni ad altezza d'uomo. E a denunciarlo non furono i supporter del Diavolo, ma gli agenti della Digos che li accompagnavano nella trasferta.

hanno collaborato Daria Lucca, Daniela Onelli e David Perluigi.
L'Espresso 2 dicembre 1999