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Viva la Resistenza irachena! Per la ripresa e lo sviluppo del movimento contro la guerra imperialista Il Comitato Promotore della "Campagna contro il 270 e i reati associativi" aderisce alle iniziative proposte dal "Coordinamento di lotta per la Palestina" di Milano e promosse in varie città del centro-nord da forze e organizzazioni politiche, gruppi ed organismi locali. Iniziative che si svolgono dal 10 al 16 dicembre: a Padova (sabato 10), a Cremona (domenica 11), a Bologna (lunedì 12), a Torino (martedì 13), a Genova (mercoledì 14) a Viareggio (giovedì 15), a Milano (venerdì 16). Alle iniziative di solidarietà al popolo iracheno e di sostegno alla Resistenza irachena partecipano Ahmed Karim, ex membro del Comitato centrale del Partito comunista iracheno ed oggi membro dell' "Opposizione patriottica" e Haiat Hweik, scrittrice e giornalista. Il Comitato Promotore della "Campagna contro il 270 e i reati associativi" interviene con un proprio contributo in riferimento all'attività svolta nei 10 mesi di Campagna. In campo nazionale ed internazionale la c.d. "lotta al terrorismo" è divenuta: - il cavallo di battaglia dell'imperialismo per ostacolare la lotta di classe ed il suo sviluppo; - inevitabile per favorire una politica, conseguente alla crisi generale del sistema capitalista, di aggressione, oppressione, sfruttamento e sacrifici contro i popoli e il proletariato. La repressione, il controllo sociale, la prevezione rappresentano lo strumento principe dell'azione degli Stati della borghesia per contrastare la lotta di classe. Gli avvenimenti dell'11 settembre 2001, presi a pretesto per varare nuove legislazioni "antiterrorismo", hanno accelerato il processo, già avviato negli anni precedenti, contro movimenti rivoluzionari e di liberazione a livello internazionale e contro le mobilitazioni anti-guerra e le lotte sociali a livello nazionale. Abbiamo assistito, così, da parte dell'imperialismo, in particolare quello Usa, alla istituzionalizzazione: - della guerra preventiva e permanente contro i c.d. "Stati canaglia" perché non disposti a piegarsi alle decisioni dell'imperialismo; - delle c.d. "liste nere" in campo internazionale. Oltre all'approvazione del 270 bis "allargato" e 270 ter e della "legge Pisanu" (con l'inserimento, all'art. 15, dei 270 quater, quinquies, sexies) in campo nazionale. Solo per fare esempi e ricordare provvedimenti e misure repressive oramai note. Parallelamente a questa nuova legislazione, è stato propagandato il concetto delle "liste nere", nelle quali sono stati inseriti movimenti di liberazione nazionale, organizzazioni rivoluzionarie, antimperialiste, islamiche, ecc.; movimenti ed organizzazioni contro cui adottare misure repressive e di restrizioni economiche (come il congelamento dei beni). Far parte di queste liste significa venir presi di mira e colpiti sul piano militare, con l'incentivazione di azioni belliche, di omicidi, di sequestri; sul piano giudiziario, con l'incriminazione per reati di "terrorismo". Nella sostanza con l'istituzione delle "liste nere" viene negato il diritto alla resistenza contro l'imperialismo, con il potere esecutivo di ogni Stato che si arroga il diritto di decidere chi è terrorista, definirne la pena, renderne esecutiva la condanna. L'esperienza di questi anni mostra: come il criterio di valutazione sia stato unicamente determinato dal punto di vista della classe al potere (in barba a tutte le convenzioni e le risoluzioni internazionali); che gli incriminati sono tali per il fatto di mettere in discussione la permanenza della classe al potere e il suo monopolio della violenza. Con il "270 ter" è stato introdotto un nuovo articolo che arriva a punire addirittura più pesantemente chi aiuta il "sovversivo", che lo stesso. Il 270 ter diventa un nuovo reato, grave dal punto di vista concettuale, perché punisce ogni tipo di aiuto a membri di c.d. "associazioni sovversive" (senza farne parte). E' grave perché punisce chi dà ospitalità, vitto, alloggio, assistenza a compagni rivoluzionari come, ad esempio, quelli delle Farc colombiane o del Fronte popolare palestinese; colpisce la solidarietà di classe da rivoluzionario a rivoluzionario, da compagno a compagno, oltre a quella da un punto di vista umano. In sintesi, con un articolo come questo, di estrema elasticità nell'attività preventiva e repressiva, è possibile incriminare chi ospita, anche per una notte, una persona accusata di appartenenza ad una organizzazione inserita nelle suddette "liste nere". La recentissima "legge Pisanu", una nuova legge in materia di "lotta al terrorismo internazionale", approvata a tempo di record (in 72 ore) e con un accordo bipartisan il 31 luglio scorso, è finalizzata, in primo luogo, ad ostacolare la resistenza dei popoli oppressi, delle classi sfruttate e la lotta di classe in generale, oltre ad evitare il verificarsi di contraddizioni e contrasti come avvenuto a seguito della sentenza di assoluzione di Milano del 24 gennaio scorso da parte del magistrato Forleo. Il primo aspetto di questa legge è l'estensione dei poteri di intervento autonomo da parte delle forze di polizia e l'inasprimento di norme vigenti. Il secondo è la legalizzazione, da parte dello Stato, di attività precedentemente svolte in forma illegale. Questi più ampi poteri di polizia, nella accelerazione di quel processo di smascheramento della natura reazionaria dello Stato, confermano il fatto che lo Stato è uno strumento di coercizione con il quale la borghesia fonda il suo potere attraverso l'esercizio della violenza organizzata. Questa legge, come altre, tende a definire sempre meglio le aree da colpire e da sconfiggere. Nel caso specifico, la legge si rivolge contro quegli stranieri che promuovono la resistenza e si oppongono in qualsiasi forma all'oppressione che l'imperialismo esercita nei loro paesi. Inoltre, è rivolta contro: - chi lotta e si oppone nel nostro paese allo sfruttamento; - chi manifesta solidarietà e sostegno alle lotte dei popoli e alle loro avanguardie. L'art. 15 della legge, riguardante i 270 è, al riguardo, illuminante proprio se analizziamo la stessa sentenza di Milano del 24 gennaio scorso (riconfermata pochi giorni fa in 2° grado) che assolse 3 militanti islamici dall'accusa di "terrorismo internazionale", riconoscendoli, invece, a pieno titolo come combattenti per la liberazione del proprio paese. Un "vuoto" che dovevano assolutamente colmare Altro aspetto, di non secondaria importanza per lo Stato, è quello di sviluppare il più ampio consenso delle masse (o settori di esse), per legittimare agli occhi delle stesse provvedimenti e misure liberticide. La questione "sicurezza" offre loro un'opportuna occasione. Perché dovrebbero lasciarsela sfuggir di mano (?!). Infatti, diverse iniziative dello Stato hanno fatto rilevare come sia sempre più forte il tentativo di cooptare categorie di lavoratori e cittadini nella gestione del controllo, della prevenzione e della repressione. Esempi illuminanti sono la militarizzazione dei pompieri e della protezione civile; l'obbligo di schedatura di chi accede a internet imposto ai gestori di internet point; l'utilizzo dei controllori di autobus per schedare ed espellere gli immigrati o del personale di volo sugli aerei utilizzati per le deportazioni; l'obbligo di vigilanza per baristi sul divieto di fumare o bere alcolici per strada; fino alla schedatura di chi acquista biglietti per lo stadio o il teatro. Come le recenti esercitazioni c.d. di "antiterrorismo", avvenute a Milano, Roma, Torino e Napoli, dimostrano; "prove generali" nelle quali si è assistito alla mobilitazione congiunta di carabinieri, poliziotti, unità sanitarie, vigili del fuoco, sommozzatori, reparti speciali "antikamikaze", per un totale di 2.000 unità, alla presenza di rappresentanti della Cia. Il fine dichiarato è il solito: la "lotta al terrorismo"; lo scopo reale è, invece, l'intimidazione della parte più avanzata e combattiva delle masse popolari, il totale controllo del territorio, la generale militarizzazione della società E' fin troppo chiaro l'aumento dei poteri repressivi dello Stato a scopo preventivo, di fronte a possibili opposizioni sociali, per una politica antipopolare e di crescente militarizzazione. Al riguardo dobbiamo rilevare che i tentativi di cooptazione non sono scontati; e proprio per questo sarebbe un grave errore politico regalare intere categorie sociali al nemico di classe. Al contempo, forte deve essere la denuncia contro il tentativo di mobilitare le masse in senso reazionario, oltre a sviluppare un'azione di sostegno a quelle componenti interne a queste categorie che vogliono resistere ai tentativi di cooptazione. La denuncia, la contro-informazione, l'agitazione, la propaganda, oltre alla solidarietà ed al sostegno, hanno grande importanza, ma non possiamo, nel contrastare l'azione dello Stato, sul fronte interno come su quello internazionale, trascurare il terreno della lotta e della mobilitazione per comprendere e sciogliere le contraddizioni esistenti: tra lavoratori del posto ed immigrati, tra "più" sicurezza e meno libertà, per fare degli esempi. Soprattutto dobbiamo porre al centro della mobilitazione la contraddizione principale (in quanto inconciliabile): tra proletariato internazionale e borghesia imperialista. dicembre 2005 Comitato Promotore della "Campagna contro il 270 e i reati associativi" |