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In merito alla accusa di eversione per San Precario a Bologna
Gli avvenimenti bolognesi di questi giorni ci portano come compagni e compagne del Comitato Cittadino contro i Reati Associativi a porre in modo ancor più evidente l'urgenza di una riflessione sulla repressione. In Italia viviamo in un periodo di recessione, dove la precarietà sociale inizia a lambire i margini di benessere dei ceti medi. Già larghe fasce di lavoratori subiscono da anni la precarietà lavorativa e abitativa, normata da leggi quali il pacchetto Treu del centro sinistra e la legge Biagi del centro destra. E' evidente che la forbice sociale si sta ampliando. I processi di crisi economica si riscontrano anche sul piano internazionale, e si manifestano con una crescente aggressività imperialista. Anche nella "ricca" Bologna si assiste, da ormai diverso tempo, ad una precarizzazione diffusa del tessuto lavorativo. Le fabbriche sono veri e propri laboratori dove si sperimentano tutte le tipologie contrattuali e dove fra flessibilità produttiva, precarietà contrattuale, cassa integrazione e licenziamenti, si stritolano i lavoratori. Lavoratori precari per lo più immigrati dal sud Italia, dall'Africa e dall'Asia. Operai che vanno a riempire i moduli nelle agenzie di lavoro temporaneo, e trovano case tramite gli strozzini. L'edilizia copre una grande fetta di precariato, dove muratori italiani e dell'est Europa, per paghe da fame in nero fanno turni massacranti. La precarietà inizia a toccare settori sociali scolarizzati, che sono massa per i nuovi lavori, ad esempio nei call center. L'università diventa sempre più selettiva per censo, si lega sempre più a doppio filo a logiche aziendali e di profitto. Le politiche antioperaie sul lavoro si accompagnano a una politica speculativa selvaggia sugli affitti. Tutto questo dentro un completo smantellamento dei servizi sociali: istruzione, sanità, trasporti. Dentro questo quadro, è evidente che vi siano lotte contro la precarietà sociale diffusa portate avanti dai settori sociali colpiti, che a vari livelli esigono maggiori garanzie per sè. Il processo di crisi trova nella resistenza dei lavoratori la sola barriera di contrasto. Resistenza che si manifesta in mille modi, e su piani diversi. La società in cui viviamo si basa su rapporti di forza, e gli spazi che di volta in volta i lavoratori si garantiscono sono conquistati a caro prezzo. Oggi gli spazi di democrazia si stanno pian piano chiudendo: una semplice protesta, come l'aver deciso di non pagare il biglietto al cinema, fa assumere allo Stato un atteggiamento durissimo. Gli spazi di mediazione si stanno sempre più restringendo, maggiore è la crisi e maggiore è l'arroganza del potere che si sente minacciato, sia a causa della resistenza dei lavoratori, sia per l'impossibilità di acquistare consenso, visti i minori margini di benessere. Quindi l'unico imperativo è colpire, distruggere, soffocare ogni dissenso, prima che si diffonda come un virus. Ovviamente il meccanismo del potere non si può basare solamente su repressione e controllo, ha bisogno del consenso, che trova ancora attraverso i margini economici che ci permette il "primo mondo". Diversi compagni e compagne sono accusati di vari reati con l'aggravante di eversione, per aver deciso di vedere un film senza pagare. Il PM Giovagnoli vuol colpire non tanto il gesto, ma lo spirito che muove chi lo compie. Gli apparati repressivi dello Stato tentano di porre un freno alla capacità di reazione e resistenza dei precari o meglio dei lavoratori tutti. Per fare questo il PM ha utilizzato l'apparato legislativo che lo Stato italiano possiede, il Codice Rocco di epoca fascista (che contiene il famigerato art. 270, cioé l'associazione sovversiva), aggravato dal Decreto Cossiga dell'inizio degli anni 80. Il Decreto Cossiga introduce il 270bis, attraverso un estensione delle tipologie di associazione sovversiva e della pena, rispetto al 270 del Codice Rocco. Nello stesso Decreto si introduce l'aggravante per eversione. Il decreto Cossiga, così come il Codice Rocco, vennero promossi dallo Stato come leggi eccezionali, tuttavia, la loro applicazione è divenuta definitiva. Per lo Stato il processo di controrivoluzione non si arresta mai, anzi progredisce sempre, sperimentando in periodi di alta conflittualità sociale leggi emergenziali che diventano poi la regola. In questi ultimi anni abbiamo assistito ad una impennata dell'utilizzo dell'associazione sovversiva, anche a Bologna. L'utilizzo dell'associazione sovversiva, e dell'aggravante per eversione, è tuttavia mutata; nei primi anni 80 l'applicazione di massa di questi capi d'accusa serviva per far scontare svariati anni di carcerazione preventiva a migliaia di compagni, ora serve per lo più a tenere sotto pressione, indagare, dividere tutti quei compagni e situazioni che sostengono il conflitto tra le classi, indipendentemente dalla tipologia d'azione o d'organizzazione. Reati associativi che non colpiscono solo militanti o strutture della sinistra rivoluzionaria e antimperialista, ma che servono in ultima istanza a colpire i lavoratori. La criminalizzazione e l'uso della polizia sono la dimostrazione di come il sistema economico stia attraversando un periodo di crisi, e dove le concessioni si tramutano sempre di più in pene, manganelli e manette. Come un tempo nelle grandi battaglie sindacali si chiedeva il pane ma anche le rose, i manifestanti che hanno deciso di non pagare il biglietto hanno chiesto le rose, ma ancora una volta lo Stato e la magistratura hanno dato in cambio spine. Bisogna iniziare a porre il problema dell'uso indiscriminato dei reati associativi e lottare contro le leggi fasciste, rompendo le barriere che esistono tra lavoratori e tra compagni. Rompere l'isolamento di chi è colpito è fare della solidarietà un'arma contro Stato e padrone (fate attenzione...). Troppo spesso la criminalizzazione e l'isolamento sono stati presenti anche tra compagni. Contrastare questo atteggiamento liquidatorio è un primo ma significativo passo per non subire l'arroganza dello Stato e dei suoi sgherri. Solidarietà con i compagni colpiti dalla repressione! Contro la criminalizzazione delle lotte! Per continuare la liberazione! No alle leggi fasciste! Comitato Cittadino contro il 270 e i reati associativi Bologna Bologna, 1 aprile 2005 |