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Quest'estate è stato approvato, a larga maggioranza, un "pacchetto antiterrorismo" che ha preso il nome di Legge Pisanu. Molti sono gli interventi restrittivi previsti da queste nuove norme: quelli forse più clamorosi sono dedicati, ancora una volta, ai reati associativi, in particolare all'art. 270 (associazione sovversiva). Con l'introduzione del 270 quater e del 270 quinquies (rispettivamente "arruolamento" e "addestramento" con finalità di terrorismo) viene messa una pesante "toppa" a quella smagliatura evidenziata qualche mese fa dalla "clamorosa" sentenza Forleo. Ma è col 270 sexies (condotte con finalità di terrorismo) che si coglie in pieno il portato politico di questa legge: tentare di dare, una volta per tutte, una definizione "giudiziaria" di cosa può essere considerato "terrorismo". Vale la pena citare direttamente il testo: "Sono considerate con finalità di terrorismo le condotte che, per la loro natura o contesto, possono arrecare grave danno ad un Paese o ad un'organizzazione internazionale e sono compiute allo scopo di intimidire la popolazione o costringere i poteri pubblici o un'organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto o destabilizzare o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche e sociali di un Paese o di un'organizzazione internazionale, nonché le altre condotte definite terroristiche o commesse con finalità di terrorismo da convenzioni o altre norme di diritto internazionale vincolanti per l'Italia." Bene: viene naturale associare queste norme all'attacco in atto contro le organizzazioni cosiddette "terroriste", principalmente di matrice islamica. E non è questa la sede per ragionare approfonditamente su qual è il reale portato politico e sociale di questo attacco e delle conseguenze che esso porterà. Ma provate a rileggere il testo del 270 sexies applicandolo ad uno sciopero generale, ad una aspra vertenza nel pubblico impiego, ad una campagna per il ritiro delle truppe italiane dall'Irak, ad un controvertice e ne coglierete in pieno la devastante portata sul piano della riduzione degli spazi di agibilità politica! Non ci vogliamo dilungare oltre. Ci teniamo però a spendere altre due parole sul quadro più generale dentro a cui si può (e a nostro avviso si deve) collocare questo ennesimo salto repressivo. In questi ultimi anni abbiamo assistito ad un progressivo inasprimento delle politiche repressive in Italia e a livello internazionale. Questo sviluppo reazionario è da considerarsi secondo noi ormai definitivamente "slegato" dai soggetti politici che ne sono materialmente artefici e va delineandosi sempre più come un elemento strutturale e costitutivo dell'attuale formazione economico-sociale, con il quale saremo nostro malgrado costretti a misurarci negli anni a venire. Volendo individuare storicamente un inizio di questo processo, ci sembra corretto collocarlo a metà degli anni settanta, quando l'ormai affermato sistema "globalizzato" iniziava a fare i conti con un ciclo di crisi economica da cui a tutt'oggi non è ancora uscito. Sul piano internazionale, questo ha significato lo sviluppo e il potenziamento di strumenti e strutture funzionali alle politiche imperialiste di guerra a "bassa intensità" che hanno portato miseria e distruzione in tutto il mondo. Sul piano interno, ha invece dato inizio ad un processo di ristrutturazione che si è tradotto nello scientifico smantellamento di tutti quegli spazi di "garanzia" che anni di lotte proletarie avevano faticosamente conquistato. Un "fronte interno" che si è esteso, in questi trent'anni, dall'attacco allo Statuto dei lavoratori alla precarizzazione di ogni rigidità operaia, dall'attacco alle "libertà civili" alla completa omologazione dell'informazione e della cultura, dall'attacco feroce alle organizzazioni proletarie al completo imbarbarimento delle relazioni politiche e sindacali. Il piano legislativo/giudiziario è stato lo specchio e spesso lo strumento strategico di questi attacchi. Abbiamo assistito infatti ad un processo, sviluppatosi per "emergenze", che ha via via azzerato ogni angolo "garantista" del sistema penale e giudiziario, affidandogli un ruolo sempre più importante nei processi di ristrutturazione sociale e politica di questi anni. Siamo passati, tanto per fare qualche esempio, dall'emergenza "terrorismo" all'emergenza "droga", dall'emergenza "mafia" all'emergenza "ultras", dall'emergenza "scioperi" all'emergenza "immigrati", in un continuum ininterrotto. Fino ad arrivare a quella attuale, in qualche modo suprema: l'emergenza "terrorismo internazionale". Ognuno di questi passaggi, debitamente supportati dal complesso apparato massmediatico, ha "rotto" alcuni standard, alcune consuetudini giudiziarie, legislative, interpretative, per affermarne, con la scusa dell'eccezionalità, di nuove che poi invece, nella realtà, hanno sostituito in maniera definitiva le precedenti. Uno dei compiti principali della strategia delle "emergenze" è quello di mascherare il reale rapporto di classe nello scontro tra chi sfrutta e chi è sfruttato, tra chi il potere lo detiene e chi il potere lo subisce, creando di volta in volta attorno ad esse una fittizia identità interclassista: tutti abbiamo paura del "terrorismo", tutti siamo vittime degli "scioperi", tutti temiamo gli "immigrati", e così via. Per queste ragioni abbiamo ritenuto importante avviare un lavoro di sensibilizzazione ed informazione attorno a queste tematiche, individuando in specifico nell'art. 270 e in generale nei reati associativi l'argomento emblematico che ci poteva consentire di sviluppare un lavoro concreto e nel contempo ci aiutasse a mantenere chiaro il contesto politico dentro a cui esso si inserisce. Uno degli obiettivi centrali della Campagna Nazionale è quello di fornire strumenti concreti da mettere a disposizione di chi prende parte attiva allo scontro sociale. In questo senso la recente pubblicazione del "Manuale di autodifesa politico-legale" ci sembra un passaggio importante. Ma soprattutto, il nostro lavoro vuole essere un'occasione di riflessione più generale, a cui invitiamo chiunque ha una sensibilità politica su questi temi, per rimettere al centro dell'azione politica collettiva di tutti noi il valore della solidarietà di classe, un "valore" non inteso in senso morale, ma come elemento concreto attorno a cui sviluppare oggi, in questo contesto sociale, identità e ricomposizione politica. Comitato Promotore della "Campagna contro l'art. 270 del C.p. e contro tutti i reati associativi" |