Renzo
Provinciali:
ANARCHIA
E FUTURISMO. Un manifesto sconosciuto
Gian
Pietro Lucini:
ALCUNE
REVOLVERATE
a cura
di Alberto Ciampi
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immagini di Gian Pietro Lucini |
RENZO
PROVINCIALI: NOTA BIO-BIBLIOGRAFICA
Renzo Provinciali (Parma, 14 mar.1895-Roma, 2 ott.1981).
Anarchico e futurista, avvocato. Più volte incriminato; per vent’anni
(1912-1934) è “seguito” dalla polizia. A quattordici anni, partecipa alla
costituzione del Fascio anticlericale «F.Ferrer». Nel 1914 (Parma),
pubblica Alceste De Ambris nel suo disastro morale. Requisitoria. Nel 1911
(29 mar.) scrive a Palazzeschi, per invitare Marinetti a parlare al popolo
presso la Camera del lavoro. Organizza una manifestazione futurista a
Parma, seguita dall’interessamento di Marinetti col «Manifesto futurista
ai cittadini di Parma» dell’11 mag.1911. A giugno, Marinetti, su invito di
T.Masotti, tiene presso la C.d.L. di Parma il discorso «Bellezza e
necessità della violenza» .Provinciali crea un circolo futurista a Parma,
nel triennio ’11-’13, tramite il «Circolo libertario di Studi Sociali». E’
il periodo dell’espulsione di Provinciali dall’università. Sempre a Parma
fonda “La Barricata” (1 mag.’12-4 / 19 gen.’13), e “La Sferza” (22
nov.1913, a.I, n.1). Col primo numero de “La Barricata” (1 mag. 1912),
pubblica la prima parte del manifesto ‘Anarchia e Futurismo’ che oggi
ripubblichiamo (le altre tre, rispettivamente sui nn. 2 [15-31 mag.’12]; 3
[10-17 nov.’12] e suppl. a n.3[stessa data]). La testata predisposta da
Carrà, giunge solo al secondo numero. Pubblica i versi futuristi
Perù-Dinamite-Voli-Vita mea (1912). Dall’8 mar. al 21 giu.’13,
coll. a “La Barricata” di Bologna. Subì un processo per una serie di
articoli antimilitaristi su “Rompete le File”. Il 30 nov. 1913 il suo
ritratto (di Silieri-su “La Folla”) illustra un articolo su un altro
processo per oltraggio a mezzo stampa. Nel biennio 1914-15, collabora
fittamente a “L’Avvenire Anarchico” di Pisa. Nonostante l’allontanamento
dalle scuole, diviene avvocato e poi docente universitario a Parma e Roma
(qui diviene vice rettore). Per qualche notizia in più, si veda:
U.Sereni, Sindacalisti, futuristi, anarchici e dannunziani nelle
origini del Partito Comunista a Parma, in, Comunisti a Parma,
(Parma 1986). Alberto Ciampi
RENZO
PROVINCIALI
FUTURISMO E ANARCHIA
I Camille Mouclair, il chiaro pubblicista francese, pubblicava
tempo fa ne “la depéche de Toulose” un accurato studio sul
Futurismo, in rapporto al giudizio e la critica del pubblico e a gli
attuali avvenimenti guerreschi. E sono invero notevoli i criteri
pronunciati dal Mouclair in questo suo lungo articolo, denso di pensiero e
vario di forma, ma incompleto e manchevole, poiché egli ha appena sfiorato
il punto, dirò così, scabroso del Futurismo, cioè il punto di contatto con
l’ideale anarchico. Dice il Mouclair:”il Futurismo sta
costituendosi, trasformandosi, in un vero partito, poichè va annettendosi
delle idee politiche e sociali”. Ciò infatti è indiscutibilmente vero,
ma non è meno vero che il Futurismo non ha mai avuto una perfetta
apoliticità, che non si è mai ristretto in sole manifestazioni artistiche,
ma, uscendo dal confusionismo Marinettiano, ha assunto spesse volte varie
tinte politiche a seconda de gli avvenimenti e de gli uomini che questi
stessi avvenimenti promuovevano. Quando Marinetti pubblicò il suo
manifesto, che fu poi quello del Futurismo, sul “Figaro” di Parigi,
il 29 febbraio 1909, egli certamente non aveva ciò preveduto, dimodoché il
manifesto futurista non fu che la vibrata, violenta, nuovissima
espressione di giudizii estetici e artistici “di un poeta giovane e
delirante” come dice il Mouclair, di un grande poeta, aggiungo
io. Ma l’ora presente, l’ora critica del Futurismo, e due anni di
esperienza consigliano, impongono al Futurismo di tracciarsi una netta e
sicura linea di condotta in fatto di politica. Così tutte le incertezze,
tutti i dubbi, tutte le personcine pseudo-futuristiche saranno eliminate e
un più grande Futurismo sorgerà da questa purificazione. Ma, e qui sta
il busilli, su quale ideale politico potrà ispirarsi al nuovo
Futurismo? Già nel manifesto del futurismo, Marinetti esaltava ad un
tempo: ”la guerra, sola igiene del mondo, il patriottismo, il
militarismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si
lotta e si muore”. Stridenti illogicità queste, dal punto di vista
pratico e politico, ma ugualmente esaltabili per un artista che ignora
cosa sia la logica e non bada che a l’estetica. E questo estetismo
artistico può, poteva essere compatito allora anche dal futurista
anarchico, non ora che da taluni futuristi queste esaltazioni estetiche
sono state considerate e valutate come esaltazioni pratiche e
reali. Perciò io credo, anzi sono sicuro, che occorra una spiegazione
tra le due interpretazioni non diverse, ma opposte che sono state
accomunate da l’oscura ed infelice esposizione d’un concetto
artistico. E’ possibile che ancora i futuristi anarchici, i sovversivi
anche in generale, possano ancora dividere la responsabilità de le
esaltazioni tripoline di Marinetti e di De-Maria ? No, certamente. Perciò
in questa sua ora critica il futurismo deve dichiararsi, deve definirsi
lealmente e nettamente, deve passare il suo Rubicone.
II Esaminato questo punto ritorniamo alla nostra domanda. Con
quale ideale dovrà completarsi il Futurismo? Amo rispondere con un’altra
domanda: E’ possibile che un uomo coerente possa contemporaneamente
propugnare la più grande e generale rivoluzione nel campo de le arti,
volere in questo terreno l’anarchia più completa ed estesa ed essere un
perfetto conservatore ne la vita? O non mai, sarebbe un contro senso! E’
possibile che l’anarchia e la rivoluzione non camminino di pari passo sia
ne l’arte che ne la vita? Com’è possibile immaginare un’arte borghese
in una società anarchica, e un arte futurista in una società borghese?
Convenite che ciò è ben assurdo. Perciò il Futurismo non potrà essere
compreso e accettato se non quando nel mondo si sarà diffusa l’anarchia, e
così pure l’anarchia sarà sempre insuperabilmente ostacolata da le arti e
da la coltura arcaiche e fatte di pregiudizi e di convenzionalismi. E
infatti i nazionalisti e i monarchici compresero a tutta prima che il
futurismo era in stridente contrasto con le loro idee, e per questo lo
avversarono sempre e anche oggi, malgrado le bollenti ed affascinanti
dimostrazioni Marinettiane, tendenti a guadagnare, ad addescare ammiratori
per se, e gregari per il suo futurismo tutti questi messeri sono rimasti
ben freddi, ben indifferenti lasciando sbraitare il Marinetti a suo comodo
senza degnarlo di una misera adesione o di un tanto cercato
applauso. Difatti, come mai un monarchico, un borghese qualunque,
freddo e cinico a quanto sia libertà, socialismo, anarchia, ribellione,
potrà ispirarsi ad esaltare, le grandi folle polifoniche agitate dal
lavoro e da la rivolta? E qual’è la scuola che più si affini al
futurismo, che abbia anche essa un programma di violenza e di azione, di
ribellione e d’orgoglio? L’anarchia senza dubbio. Ed è solo questo ideale
che potrà dare al Futurismo ciò che gli manca, che potrà infondergli nuova
vita, che potrà purgarlo da gli elementi eterogenei che lo distraggono dal
suo vero cammino e che ne trasfigurano le dimostrazioni, le manifestazioni
più vitali. Questa è la sola via che dovrà seguire il futurismo, per
necessità storica, o altrimenti, seguendo la via per cui s’è incamminato,
troppo tardi s’accorgerà che quella via lo porta, inevitabilmente a
l’abisso.
III Ma io vorrei chiarire un’altro punto interessantissimo di
questo mio parallelo tra l’Anarchia e il Futurismo: la partecipazione de
gli anarchici a le idee futuriste. Ma, in primis, perché gli
anarchici si sono così poco interessati de le aspirazioni
futuristiche? Le ragioni, invero, non sono né nuove, né molte: gli
anarchici non se ne interessarono mai, sia perché troppo assorti ne la
lotta politica ed economica, sia perché non ne furono punto invogliati
vedendo come le manifestazioni futuriste fossero malamente ispirate, anzi
travisate da uomini che di futuristi non avevano che il nome e
l’ambizione. E sono pienamente giustificati. Piuttosto biasimevoli
furono i ripetuti attacchi che, a i tempi de la fondazione, furono mossi
al Futurismo da i nostri giornali (il Libertario, la Rivolta
ecc.) che vedendo questa atmosfera ammorbante fattasi attorno al
Futurismo, sferzarono aspramente, senza curarsi di indagare accuratamente
quanto in questo vi era di bello e di buono. Più coscienziosi invece
furono gli articoli de la Demolizione di Nizza, che seppe dare del
Futurismo un equanime e illuminato giudizio. Ma, tornando a
l’argomento, io voglio rivolgere a i compagni che mi leggono il reciproco
de la domanda anteriore: E’ possibile che coerentemente, si possa
muovere una guerra mortale a ogni sorta di autorità politica, civile,
religiosa e militare, a quanto sia convenzionalismo, pregiudizio,
sfruttamento e ingiustizia, quando si voglia incoraggiare un’arte ed un
passato che non sono che l’esaltazione, l’apoteosi di quanto si vuole
distruggere ne la vita? E’ possibile che gli anarchici lascino ne
l’arte quanto vogliono distruggere nella vita, è possibile che lascino a
turbare, a deturpare un nuovo mondo risorto, una nuova, libera e
purificata, un’arte antica puzzolente e forcaiola? Sarebbe un
anacronismo ridicolo e ingiustificato!... E’ possibile, infine, che gli
anarchici non siano futuristi? O, non mai! io credo, io spero! Gli
anarchici, sono sempre stati profondamente futuristi, e comprenderanno
l’impellente bisogno di penetrare ne l’ideale Futurista, nel vero
Futurismo, Futurismo libero da le dittature e da le ambizioni e così gli
anarchici saranno ancora più perfetti, più coscienti de le rivendicazioni
politiche e artistiche.
IV Dunque futuristi-anarchici e
anarchici-futuristi, due ideali, due classi di persone che si
completeranno a vicenda. Come tante volte gli anarchici insorsero in
difesa di giovani sfruttati, di ingegni disconosciuti, apprendano a
combattere, a fianco de la politica, la battaglia quotidiana contro la
teocrazia letteraria, contro lo sfruttamento editoriale, altrettanto
ignominioso quanto quello capitalista. Così si otterrà una grande
vittoria, una vittoria gloriosa: l’aver segnato al proprio programma, a la
propria bandiera una nuova battaglia, un nuovo sacrificio, una
rivendicazione in più. O, dovrei ben esser superbo, se queste mie
povere note potessero davvero persuadere i compagni a la verità, al
bisogno di quanto io esposi, di quanto io incitai. Compagni d’Italia,
compagni di tutto il mondo, comprendiamo la nostra missione! Gettiamo
l’ideale Futurista nel rogo torrido e proteiforme de la fiamma del nostro
ideale e da questa vampa, da questo lavacro purificatore, lasciando tutte
le scorie, tutte le vergogne, tutte le ignominie esca vittorioso e
trionfante, come un grande Titano de l’Erebo, il vero, il grande, il solo
Futurismo! Renzo Provinciali |
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GIAN PIETRO LUCINI:NOTA BIO-BIBLIOGRAFICA
Gian
Pietro Lucini (Milano, 30 sett. 1867 - Como, 13 lug.1914). Affetto da
tubercolosi ossea, morto a 47 anni, sarà cremato, presenti Carlo Agazzi,
Luigi Conconi, Paolo Valera. Nel 1891, con Giuditta Cattaneo, si
trasferisce a Bre- glia e l’anno seguente si laurea in legge a Pavia, con
la tesi Considerazioni generali sull’azione dello stato in rapporto ai
diritti dei privati. Nel 1895 si sposa civilmente con la sua compagna.
Nel 1901 è incriminato per la recensione di un libro antimilitarista. La
collaborazione a «Poesia» di Marinetti, risale al 1905. Fra il 1908 ed il
1910 entra in contatto con C.Govoni-G.Gozzano U.Notari. P.Buzzi e
E.Cardile, in quegli anni, gli dimostreranno massima simpatia ed
attenzione. Già dal 1910, gli attriti col marinettismo, si faranno
sentire; proprio come avviene per gran parte degli anarco-futuristi.
Lucini manterrà rapporti con Palazzeschi-Papini-Prezzolini, nonché con
l’anarchico fiorentino U.Tommei.. L’ultima sua opera, Antimilitarismo,
resterà in bozze per la sopraggiunta morte. Individualista anarchico,
stirneriano; come dice Masini in Poeti della Rivolta, sarà
inammissibile alle mode e agli stessi ismi del suo tempo, impegnato sempre
dalla parte delle masse, del popolo, della folla ma geloso del suo io e
della sua inalienabile verità. Rivoluzionario e libertario non solo dei
contenuti ma anche delle forme, riassunse e saldò la protesta
antimonarchica e plebea del suo secolo con la rivolta anti-imperialista e
proletaria del nostro. La quantità degli scritti di Lucini è
sterminata, alcune opere, oltre quella qui in parte riproposta sono: Il
Libro delle Figurazioni Ideali (1894); Gian Pietro da Core,
(1895); L’Allegoria, (1897); La Nenia al Bimbo di un
Ci-Devant, (1898); La Ballata di Carmen Monarchia, (1900);
La Prima Ora della Academia, (1902); Ragion Poetica e Programma del
Verso Libero, (1908); Carme di Angoscia e di Speranza, (1909);
Apoteosi di Ferrer, (1910); La Solita Canzone del Melibeo,
(1910); Giosuè Carducci, (1912); Le Nottole e i Vasi,
(1912); Filosofi Ultimi, (1913); Il Tempio della Gloria,
(1913); Lettera a Carlo Agazzi, (1914); Enrico Ibsen,
(1914); Antidannunziana, (1914). Postume: Metafisica di
«Determinazioni», (1915); La Gnosi del Melibeo, (1910); Le Antitesi e le
Perversità, (1970); Libri e cose scritte, (1971); Poesie e
canzoni amare, (1971); I Drammi delle Maschere, (1973).
Inediti: Antimilitarismo, Letteratura erotica, Nuove
Revolverate con prefazione per presa di distanze dal marinettismo.
Ha collaborato a numerosissime pubblicazioni periodiche, fra le tante:
“La Gazzetta Agricola”, “Cronaca d’Arte”, “Domenica Letteraria”,“Provincia
di Como della Domenica”, “Giovane Italia”, “La Sfinge”, “Palcoscenico”,
“Il Tesoro”, “Il Menestrello”,“Il Secolo XX”, “Iride”, “Anthologie-Revue”,
“L’Educazione Politica”, “Emporium”, “La Gazzetta Letteraria”, “La Folla”,
“Poesia”, “L'ItaloArmeno”, “La Voce”, “Lacerba”, “Quartiere Latino”.
Su di lui si veda: “La Martinella”, Milano, n. XXIX, 1947; U. Fedeli,
Gian Pietro Lucini o il diavolo a Breglia, “Umanità Nova”,
a.XXXIV, n.37, 12 sett.1954, p.2; R.Baldassarri (di), Gian Pietro
Lucini, in,“Il Castoro”, nn.91-92, (1974); Petronio-Martinelli,
Novecento letterario in Italia, (1974); P.C.Masini, Poeti della
Rivolta, (1977); A.Ciampi, Futuristi e Anarchici, (1989). I
versi di questa raccolta sono tratti da: Gian Pietro Lucini,
Revolverate, edizioni di «Poesia», Milano 1909, pp.
360. Alberto Ciampi
GIAN
PIETRO LUCINI
REVOLVERATE
•
Da: La canzone del Giovane Signore.
«............................ Io sono tutto qui, o Signori, vi
esprimo; fiero protezionista ed uomo d’ordine, non vado in chiesa e
pregio la Santa Religione; vanto il liberalismo del Corrier della Sera
vescovile, e mi reggo col soldo, colla legge e la truffa: calo la
buffa nelle lotte civili per non farmi conoscere; uso de’ prestanomi in
losche società. Desidero morir, come conviensi, paralitico osceno,
salvando la morale, l’occhio spento, le mani rattratte, cencio
d’uomo sbiancato e miserabile, a pubblica e lodata
edificazione, colla assistenza estrema dell’estrema unzione e magna
pompa di
funerale. ............................................ Riavvolto
nelle pieghe del gonfalone, il volto glabro, pallido d’emozione, ben
pettinato e biondo d’acqua ossigenata, prezioso ostensorio, per
antonomasia, vero Padrone, sono il campione dell’italianità. La
mia tuba risplende come per gemme rare col triplice riflesso dei
moerri: porto la tuba come una tiara, meglio di una corona, nelle
permesse dimostrazioni al patrocinio armato delli sgherri».
Canzone, compiaciti, accogli il Peana. Ama, riamato, questo
signore. L’estetica si gode de’ baffi provocanti, dell’adipe
compressa e castigata dai panciotti bianchi, dai financiers sapienti
lusingatori, come nei cimiteri ai bei sarcofaghi, che serran le
carogne, si compiacciono i
fiori. .............................................. Bada e
rifletti, Canzone, in cortesia; ripeti sempre la palinodia: «Il
Galantuomo viva della propria onestà: dopo di noi il diluvio! Sarà quel
che sarà!.»
•
Da: Favoletta di un gallo.
................................. Il Gallo canta ancora per
tutto il vicinato il suo rosso peccato
sobillatore. Grida:«Chiricchichì, sono la turbolenza tra i timidi
animali; ho rejetto le greppie officiali, che ci impinguano, ma che
ci evirano. Mi rifiuto alla pentola borghese; sfoggio queste pretese
d’insegnare il mio canto a tutti quanti. Grassa truppa mi fa
d’avvisatore, epe tonde e spaventate si rivoltano dentro allo
strame. Ma il mio duro corpaccio vi sta inanzi ad impaccio. Che
mi direte un dì, se dietro alla fanfara del mio
chiricchichì procederà una schiera di Galletti ribelli, indomiti e
schietti?
Io son fiero e tenace cantatore, son l’instancabile
vigilatore, avviso di lontano, il nibbio, la faina, la volpe, il
traditore; noto e bandisco le colpe d’altrui; guerriero senza
macchia, forse donchisciottesco, trombetto all’aer fresco la
diana; porto corazza, gorgera e cimiero, sproni, e, nel rostro,
lucida partigiana; e piume rosse e nere».
Il
Gallo canta ancora rivolto all’aurora.
• Da:
Nuova ballata in onore delli Imbecilli di tutti i Paesi.
........................................... Conosco
l’Imbecilli delle Antologie, colle malinconie di castrare le statue e
le liriche, e di sciupare, nella melma, i fiori.
Ho
visto l’Imbecille a discutere Iddio senza averlo cercato ne’ fornelli
chimici.
Ho
visto molti Imbecilli canori come sciacalli che giuocavan, sui dadi, la
prima nota e l’ultima di certe canzoni peregrine non composte
ancora.
Ho
visto l’Imbecilli letterati, spudorati per le loro sciocchezze, menarne
vanto, come un incanto d’errori di sintassi e di gramatica.
Ho
visto l’Imbecille al Finimondo, l’Imbecilli politici, statisti e
arringa-popoli, sfacciati ed imprudenti, stolti e
paralitici.
Tra
l’Imbecilli e i Coccodrilli è poca distinzione: la Storia Naturale
spiega il Natale dell’una e dell’altra bestia: dal fango delle
inondazioni.
L’Imbecilli si soffiano il naso: noi non siam persuasi della
loro onestà.
Soffiansi il naso ed asciugansi l’occhi: queste lustre alli
sciocchi fanno di sicurtà.
Piangono l’Imbecilli; non ci credete; la cattiveria tira le
cuoja all’ignoranza, ma sopra a quanto avanza, combinano un grazioso
giuocherello; preparano il giubbetto a chi diffida, al rosso
farsetto stiran le vertebre.
L’Imbecilli hanno il catarro: essi aggiogano al carro,
invece de’ pazienti buoi, l’eroi dell’a venire.
Ho
veduto dei grandi Imbecilli girar poc’anzi a stuolo per il mio
paese, molte pretese sciorinando al Sole.
Ho
veduto l’altr’jeri a concistoro in un palazzo antico molti Imbecilli
foggiare un intrico contro il Pensiero.
Ed
ho veduto un Generale ameno ricondurre il sereno sulle tombe col
buon ajuto della cannonata, beata partecipazione del moschetto alla
galera, lezion buona e severa a chi
verrà. ................................. L’Imbecille è
crudele. Bestia rara! Le più rare s’accovaccian dentro all’are, le
preclare vanno a torno a buggerare, le più care sono preste a
malignare, le più avare danno fondo al fondo mare.
Ora
il mar, che fan seccare, stenta un poco a preparare funerali e bare; ma
verrà, quando verrà, la calamità. Piangeranno, grideranno! Chi sa
quanti in quel mattino strilleranno in un cantuccio, per la triste
avversità. Poco furbi, o troppo tardi? Per colmare la tormenta si
saran raccomandati alla comoda prudenza dei cerotti immostardati dai
magni economisti gagliardi e
liberisti. .......................................
• Da:
Dialogo per l’occasione di un qualunque anno nuovo.
«.............................. Eccoci, Bimbo e
Re: noi del Popolo tutti, e tutti Re; non facciam atto di
vassallaggio, pari con pari. Il villaggio è la reggia comune, tutti vi
regnano; ciascun villaggio è come un trono ingemmato: ogni anima ha
compreso, ogni anima compendia, nella sua, la vita di tutti; esplode
amore, lo riassorba, ne penetra il Mondo. Livide angoscie sul celo
della notte; ora non più. Abbiamo udito suonare le campane, davan il
suono delle anime nostre. Sole! La tenebra è morta; Sole, per
sempre! E carezze di luce e carezze di mani! Noi facciam pel
domani la sacrosanta communione tra l’infimo e il massimo. Portiam
bandiere rosse e corone d’alloro; abbiam deliberato sul Destino; lo
comandiamo; arrechiamo il tesoro dell’indiscussa
fraternità! Quindi...»
«Quindi, si sà, il velluto de’ tuoi geroglifici sarebbe
stato leggero sopra le nostre spalle in questo inverno: i simboli si
gloriano dell’eterno statu-quo e rimangono alla luce elettrica,
pallidi molto, né sono impellicciato per guardarci i polmoni dal
ghiacciato rovaio e dalla neve. Bimbo Gesù, tu vedi, giace in paglia
per mostra, in una paglia calda di seta e d’oro, e si sdraja al
soffice. Non convien disturbarlo; ragazzo utilitario, vero Ebreo di
razza, si è acconciato al regime monarchico...
•
Da: Meeting!. .................................. Cielo
crepuscolare: delle nuvole pazze a volare nuvole di scarlatto sotto
vento, bandiere accese a gridar la rivolta contro il governo del
Padreterno.
Bufere in terra: una Folla si pigia ed ondeggia, qua e là
schiumeggia di volti pallidi e lividi; urla e sferra la gonfia
minaccia; a stento i palazzi della piazza urbana costringon la
marata popolare, dighe fittizie e posticcie alla rabbia: ribolle la
Folla e s’incresta di gonfaloni rossi, come le nuvole, si accende ed
impazza.
Erto
il Tribuno, nel furor politico, sovrasta e declama e si
sbraccia: due popolani lo reggono a braccia. «Sì, per voi, e, per
sempre, per voi,... con voi tutt’ora,... poi che siete li Eroi delle
vicine rivendicazioni;...»
Romba l’applauso come una cannonata.
«...perché dal vostro grido volontario, sorgono del
futuro le basiliche:... la civiltà pacifica, umana e liberata dalla
superstizione e dal servire; candida pace come una colomba che
trasvola tubando d’amore, gilio volante del vostro fervore; rossa
pace incendiata come un cuore di passione al reciproco diletto del
sacrificio compartecipato. E se in oggi, pur troppo, la pazienza, si
rubesta al coraggio della lunga astinenza; provate, Amici, a volere, a
pretendere; io pretendo con voi, umili Eroi del diuturno lavoro
defraudato! Ecco, s’intumidi l’onda benefica della
sommossa, smantelli e sommerga le mura decrepite, imposta impostura
millenaria della esosa Città, prigione ai sensi nobili e
sereni, ergasterio alle membra affaticate e non pagate. Luccica la
Città, sciala ricchezze vostre... oh, ricchezza d’imprestito,
sudore non pagato e rubato... Provate! L’Oceano attinge alli
scogli, li infrange e li inghiotte.»
Uragano di sotto nell’oceano delle teste riverse e
commosse. Il firmamento è tutto incendiato. «Pel giorno
profetato... (oh gesto molto estetico,) questo mercato di carni,
d’onori, di vite...»
Ribollon l’onde umane dell’oceano; braccia nel sangue
dell’ora accidua, braccia a rizzarsi e pugna. La rivolta.
«No, non per ora, no;... Ora, l’arma più duttile e
sicura:... il voto.-A me, per voi, poi che siete li Eroi oscuri e
disprezzati di tutta la grandezza, di tutta la bellezza della
Patria a me, che sono tutta la coscienza vostra, nato da voi, per
voi,...»
Riso
d’azzurro pel cielo si mostra foriero della luna, dentro una
chiostra di timide viole, dove le fiamme rosse agonizzano molto
tenere e miti, e le parole liricamente squillan la fanfara che il
buon tempo prepara, in sull’ajuto dell’urne affaturate e
lusinghiere.
«...e starò contro ai tristi facitori di leggi che vi
affamano; sarà l’anima vostra che grida, rampogna e condanna; e darò
tutto il sangue in contro ai privilegi, alle carceri orrende, alle
guerre, alle stragi... per Sol dell’avvenire,...»
D’oro una frangia di nuvole passa sulle viole del morbido
tramonto. ................................
•
Da: Ora.
Per
il 23 di Novembre 1908; quando duemila studenti austriaci aggredirono
duecento studenti italiani a Vienna e i caduti percossero e ferirono
ancora: ed a vergogna della monarchia, complice d’Asburgo nelle sue
diplomatiche rapine.
«Serbo, attendi! Sul pian di Cossovo Grande l’ombra di
Lazzaro s’alza; Marco prence da l’antro pur balza E il pezzato
destriero
annitrì ..................................... ..................................... «Ardi,
o face di guerra, ogni lido! Uno il cuore, uno il patto, uno il
grido: Né stranier, né aggressori mai più».
G.Carducci, Sicilia e la Rivoluzione Ora, erutti la
Patria la falange tricuspidata in sulle rive piane dell’Isonzo,
trapassi per l’onde frigide e cerule nel ventre d’Asburgo!
Ora,
per tutti i martiri e le forche e per le lunghe agonie
deprecate nelle murate fosse di Moravia, un dì, dal Cattaro
selvaggio allo Spielberg feroce; ora, pei morti sotto la
cannonata da Marghera al Caffaro, giovanetti plebei, stirpe di
nobili ed umili e superbi, succinti cannonieri di
Bandiera-Moro, fucilieri vivi e spavaldi garibaldini; ora, si
incinga, a vostra simiglianza la gioventù dell’odio millenario
irrorato di lagrime e di sangue. Ora, per voi, membra dilacerate dalla
Patria, fibre avulse dal cuore di Roma, Trieste e Trento!
Urli
alla morte tutta la Nazione, molosso colle fauci spalancate e
bramose! Torni alla prima, semplice azione, troglodita vendetta,
maravigliosa! Riacquisti al contatto seguito dalla sua
gleba saturnia e mamertina, come Antheo, la possanza latina. Su,
su, contro al nemico, al boja in gala cerimonioso del giovanetto
Oberdan assassinato; su contro al feritore anonimo e
sarcastico dell’anonimo imberbe studente italiano, già percosso e
caduto in sul selciato, incontro al viennese
Maramaldo. .........................................
•
Da: Congedo le
Revolverate. ......................................... Chi dovrà
dunque ascoltarmi, se non colui che manca d’ogni cosa? Colui al
quale, ecco, io tributo l’armi, non le preghiere, per osare e
prendere?
Questo è il mazzo di vepri, di rose, di cardi, di
mortelle: non vi ho aggiunto l’elleboro: perché desidero non vi
scordiate mai.
Chi
vorrà dunque appressare le nari ed odorare e pungersi e lacerarsi le
guancie dentro i profumi e le corolle aspre? Chi risentire le
angoscie provate?
Ho
cantato la Morte e l’ho protetta sopra alle soglie della veniente
Vita; ho ridetto che senza questa divina ministra non altre culle
vagiran domani.
Chi
dunque vorrà proibirmi d’aggiungere al peana l’epicedio, la canzon
della strage all’inno della nascita?
E vi
diranno che ho nascosto bombe, sotto i fiori selvaggi, e che vi ho
convitati a nozze gaie, per assassinarvi in codesto banchetto
avvelenato d’insolita poesia, per un Valhalla erotto in mezzo la
Città.
Ma
chi potrà imputarmi il cieco delitto della incoscienza, della
bombarda scoppiata pazza, d’odio, d’entusiasmo e frenesia in mezzo
alla folla ed in mezzo alla piazza? Sciocchezza
anarchica, sacrificatasi co suoi nemici non fa per me.
No;
l’arme ch’io impugno è perfetta; l’arte la volle così; brunita e
rabescata, saggiata dal perito, di calibro grosso, per bestie
grosse; e il mio bersaglio è scelto e lucido.
Lo
designai, con cura, tra il greggie; l’ho postillato con croci
porpuree, Tarquinio, col giunco, decapitava, parlando col Messo del
Senato, i massimi papaveri di tra le siepi.
Dunque, ho premeditato; premeditai le vittime, scelsi l’arme
sicura, vengo a colpire, senza paura, giusto delitto allegro per la
mia superbia. Certo, l’ipocrisia d’ogni e qualunque uomo e la falsa
modestia, e il larvato corrompere, e il rubare con grazia col codice
benigno, e l’impostura, badessa venerabile; l’uccider lento e calmo
per fame, lo straziare coi triboli morali; e tutti li aguzzini
intemerati, e le baldracche che hanno seguito e conto, questa
Gente-per-bene pasciuta e riverita, tutta questa canaglia
favorita, e i vostri tradimenti, e la universa vigliaccheria, tutti,
a cartone lucido e specchiante per le palle blindate di feroce ironia,
codesta società di saltimbanchi, che schiaffeggio ed accuso ad alta
voce.
Uscite, giovanetti dalle coscienze bianche
spappolate, uscite, giovanetti edulcorati, laminati dal buon
terz’ordine boschino, riconfortati all’aure impoverite de’ respiri
melensi e cittadini; nonzoli, uscite, libidinosi bitorzoluti
dall’onanismo, emunti liceisti di mal francese, madamigelle pallide
di leucorrea, chierichetti mignoni insatiriti, vittime, collegiali,
compiacenti; uscite, galantuomini meschini e nevrastenici di
monarchia, belle speranze e prodotti d’Italia, eroi da un soldo,
poetini in fregola, poetesse di rossor’ catameniali, pie prostitute
de’ confessionali scintillanti ufficiali inuzzoliti, monaci,
monacelle, abati modernisti, incappucciati Anticristi del vecchio
rituale; uscite fuori funzionaretti indebitati, facili prosseneti
delle spose languide, intenzionali e feministe, cornuti compiacenti
per il benessere della famiglia che s’aumenta e insiste
capriciosetta; uscite fuor per la densa fanghiglia dell’alba
lutulenta e miseranda: lumache viscide tentano il passo, molli
tentaculi sporgono a prova; or si, or no, si giova il mollusco
flaccido, chiocciola o piovra lattiginosa e crudele; or no, or si,
pretende l’invertebrato il pasto:- no, Gente-per-bene!
domani, saran tutte le strade sbarrate, ingombre di cadaveri; vostri
cadaveri affratellati: sian tutte queste carogne sociali che
abbattei con piacere, l’una sull’altra, con giuste e numerose
revolverate.
Breglia, il 13 di Giugno 1908
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